IL GRANDE LIBRO DELLA FANTASCIENZA CLASSICA Romanzi brevi degli anni '30 A cura di Isaac Asimov, Charles G. Waugh e Martin H. Greenberg Prefazione di Piergiorgio Nicolazzini (C) 1991 INTERNO GIALLO de Camp-Copyright 1939 by Street & Smith Publications, Inc.; Copyright re- newed ~'1966 by L. Sprague de Camp. Reprinted by permission of the au- thor. Gold-Copyright 1938 by Street & Smith Publications, Inc.; renewed ~1966 by permission of Forrest J Ackerman, for Mrs. H.L. Gold. Weinbaum-Copyright 1939 by Better Publications, Inc.; renewed ~1967, by permission of Forrest J Ackerman. Bates-Copyright 1935 by Street & Smith Publications, Inc.; renewed ~'1963, by permission of Forrest J Ackerman. Williamson-Copyright 1932, renewed 01960 by Jack Williamson. Reprinted by permission of the Spectrum Literary Agency, Inc. Campbell-Copyright 1938 by Street & Smith Publications, Inc.; renewed 1966 John W. Campbell, Jr. Reprinted by permission of the agents for the author's Estate, the Scott Meredith Literary Agency, Inc. Russell-Copyright 1937 by Street & Smith Publications, Inc.; renewed ~' 1965. Reprinted by permission of the Scott Meredith Literary Agency, Inc. Leinster-Copyright 1934 by Street & Smith Publications, Inc.; renewed 6 1962. Reprinted by permission of the agents for the author's Estate, the Scott Meredith Literary Agency, Inc. Lovecraft-Copyright 1936 by Street & Smith Publications, Inc.; renewed ~ 1964. Reprinted by permission of the agents for the author's Estate, the Scott Meredith Literary Agency, Inc. Voolrich-Copyright 1938; renewed ~1966 by Cornell Woolrich. Reprinted by permission of the agents for the author's Estate, the Scott Meredith Litera- ry Agency, Inc. Titolo dell'opera originale: The Mammoth Book of Classic Science Fiction. Short novel of the 1930s 1989 by Robinson Publishing ~ 1991 Interno Giallo Editore s.r.l., Milano I edizione Edgar giugno 1991 INDICE Prefazione 7 Introduzione 12 L'ombra fuori del tempo di H.P. Lovecraft 68 Questione di forma di Horace L. Gold 124Il corpo di Jane Brown di Cornell Woolrich 185 Chi va l…? di John W. Campbell Jr. 242 Bivi nel tempo di Murray Leinster 296 AhimŠ, tutto questo pensare di Harry Bates 331 L'uomo in cerca del futuro di Eric Frank Russell e Leslie T. Johnson 369 L'arrivo della fiamma di Stanley G. Weinbaum 425 Dividi e domina di L. Sprague de Camp 500 Lupi dalle tenebre di Jack Williamson ®Quello che domani vi attende Š un futuro sbalorditivo: i vostri figli, o forse i vostri nipoti, potranno andare sulla Luna, potranno rendersi in- visibili, riusciranno a smaterializzare il proprio corpo a New York e materializzarlo in Cina... tutto in pochi secondi. Sbalorditivo, vero?~ Quale miglior sguardo verso il futuro, se non questo frammento tratto dall'editoriale di Harry Bates, che non solo inaugura il primo numero della rivista Astounding Stories, ma un intero decennio? Sin- golare coincidenza, infatti, perch‚ il primo fascicolo Š datato gennaio 1930... ma non si tratta semplicemente di una nuova riYista di fanta- scienza (anzi, di un nuovo pulp, come vengono definiti i periodici po- polari dell'epoca per il particolare tipo di carta), ma una di quelle de- stinate a esercitare l'influenza pi— duratura, non solo negli anni Tren- ta ma anche nei decenni successivi. D'altro canto, la fantascienza era nata ufficialmente solo pochi anni prima, nel 1926, con la pubblicazione del primo numero di Amazing Stories a opera del geniale e intraprendente inventore di origine lus- semburghese Hugo Gernsback, e stava quindi muovendo i primi passi. Del resto, lo stesso Gernsback aveva parlato della fantascienza (scien- tiflction nell'originaria formulazione, successivamente modificata in science flction nell'editoriale di Science Wonder Stories del giugno 1929) con una definizione che gi… anticipava il tono avveniristico-di- vulgativo di Bates. Non a caso, i due aggettivi "amazing" (sorprenden- te) e Nastounding" (sbalorditivo), andavano ad arricchire il gi… fiorente campo semantico del "meraviglioso", al quale avevano contribuito al- tre precedenti testate, meno specificamente indirizzate all'anticipa- zione scientifica, tra cui Weird Tales e The Thrill Boolc. La definizione di Gernsback parla apertamente di ®un affascinante romance inframmezzato da realt… scientifiche e visioni profetiche® e questo rimarr… il segno distintivo della fantascienza nella sua incar- nazione di genere apopolare", pubblicato cioŠ su riviste periodiche esclusivamente dedicate a questo tipo di narrativa. Gi…, ma che cos'era stata prima di allora la fantascienza? Dobbiamo prestar fede alla prodigiosa struttura teorica elaborata da Darko Suvin,l il quale, utilizzando concetti ripresi dal teatro brech- tiano, dal formalismo russo e dalla filosofia di Emst Bloch, interpreta la fantascienza in chiave socio-estetica come un mega-genere che at- traversa l'intera storia letteraria, dal mito dell'isola altemativa fino al recentissimo filone cyberpur~k, attraverso la metamorfosi dei generi dell'utopia, del racconto filosofico, del romanzo gotico, fino all'avve- nirismo ottocentesco e alla distopia, per convergere infine nell'opera di Wells e poi nella grande fioritura commerciale di questo secolo? Questa lettura ha per• il difetto tutt'altro che trascurabile di non ren- dere conto della molteplicit… della produzione contemporanea, che sembra costituire per Suvin, tranne poche eccezioni, motivo d'imba- razzo pi— che di indagine sui testi. Oppure dobbiamo individuare pa- dri fondatori pi— recenti e specifici, come il Frankenstein di Mary Shel- ley, i racconti fantascientifici di Edgar Allan Poe, l'avvenirismo di Ju- les Veme oppure lo scienlific romance di Wells? Non Š questa la sede per stabilirlo. Tuttavia mi pare che l'influenza esercitata da quest'ultimo sia indiscutibile, perch‚ a Wells non si pu• negare il merito di aver codificato gran parte dei temi avventurosi e speculativi all'interno della pi— autentica forma precorritrice della fantascienza, ovvero il romance scientifico: dai viaggi nel tempo in La m~cchina det tempo (The Time Machine -1895) alla manipolazione del corpo in L'isola del dottor Moreau (Island of Dr. Moreau - 1896), dal su- peromismo di L'uomo invisibile (Invisible Man - 1897) all'invasione aliena di La guerra dei mondi (The War of the Worlds - 1898), dall'im- maginazione distopica di Quando il donniente si sveglier… (When the Sleeper Wakes - 1899) all'esplorazione planetaria di I primi uomini sulla Luna (The First Men in the Moon - 1901). Tuttavia, il romance scientifico non Š solo wellsiano. Gi…, perch‚ non Š immaginabile un salto cosŤ netto dall'opera dello scrittore inglese alla nascita di Amazing, come forse non spiegano a sufficienza molte storie della fantascienza. Vi Š infatti una tradizione sommersa e mi- sconosciuta che, a partire dal modello originario o, comunque, pi— compiuto, si Š espressa in una produzione narrativa forse meno consa- pevole dal punto di vista speculativo ma tuttavia prodiga di risorse immaginative, che ha proliferato con una straordinaria variet… di toni e di accenti nel campo del meraviglioso, negli Stati Uniti come in In- I Darko Suvin, Metamorphoses of Science Fiction: On the Poetics and History of a Literary Genre, New Haven and London, Yale University Press, 1979; tr. it. Lia Guerra, Le metamorfosi della fantascienza. Poetica e storia di un genere letterario, Bologna, Il Mulino, 1985. VIII ghilterra. Del resto, questa fase di storia letteraria Š stata approfondi- ta soltanto di recente,' con una piena rivalutazione della sua estensio- ne cronologica e della sua portata complessiva, colmando cosŤ il vuoto fra una presunta tradizione "colta" e l'anima "popolare" della fanta- scienza dei pulp; Š un tragitto che parte dalle bizzarre fantasie mate- matiche di Charles Howard Hinton (fra i primi a usare consapevol- mente il termine di "scientific romance ) e passa attraverso George Griffith, M. P. Shiel, Arthur Conan Doyle, William Hope Hodgson, J. D. Beresford, S. Fowler Wright, John Taine, Olaf Stapledon, nelle ope- re dei quali pi— che mai abbondano viaggi immaginari, romanzi a sfondo utopico o evoluzionistico, guerre future, fantasie escatologiche o metafisiche. Inoltre, non si pu• dimenticare la natura fantastica e proto-fanta- scientifica di gran parte della letteratura americana dell'Ottocento, vero e proprio alaboratorio dei sogni", come recita il titolo di un recen- te volume antologico curato da Carlo Pagetti,2 che si ritrova nelle ope- re non solo di Irving, Hawthome, Poe, Melville, Bierce, Twain, Lon- don, ma anche di altri autori meno noti come Fitz-James O'Brien, Thomas Wentworth Higginson, Edward Everett Hale, Edward Bella- my. Questa tradizione in parte andr… a saldarsi con il flusso ininter- rotto di pubblicazioni avventurose tra la fine dell'Ottocento e l'inizio di questo secolo: dai dime novets di Irwin Beadle alle riviste di S. S. McClure e soprattutto di Frank Munsey (la prima e pi— celebre, The Ar- gosy, venne fondata nel 1882, poi seguita da ~he Au-Story nel 1905, The Scrap Book nel 1906 e The Cavalier nel 1908), mentre in Inghilterra George Newnes fondava The Strand Magazine ( 1891 ), presto imitato da altre celebri testate quali The Idter e Pearson's Magazine. Sulle riviste di Munsey pubblic• Edgar Rice Burroughs, forse il pi— importante e popolare autore di narrativa avventurosa to~t court oltre che specifi- camente fantascientifica, ma insieme a lui apparvero anche Ray Cum- mings, George Allan England, Ralph Milne Farley, Homer Eon Flint, Austin Hall, Abraham Merritt, Otis Adalbert Kline. Ma quali sono le caratteristiche di un genere consapevole dei forti legami con i suoi precursori pi— o meno immediati che finalmente tro- va una rivista su cui esprimersi? La definizione dello stesso Gemsback ' Cfr. Thomas Clareson, Science Fiction in America, 1870s-1930s: An Annotated Bibliography of Primary Sources, Westport, CT, and London, Greenwood Press, 1984; e Brian Stableford, Scientific Romance in Bntain, 1890-1950, London, Fourth Estate, 1985. 2 Carlo Pagetti, a cura di, ll laboratorio dei sogni: Fantascienza americana del- I'Ottocento, Roma, Editori Riuniti, 1988. E d'obbligo citare al riguardo un'ope- ra pionieristica, alla quale peraltro il volume di Pagetti s'ispira, ovvero l'anto- logia critica di H. Bruce Franklin, Future Perfect: American Science Fiction of the Nineteenth Century, London, Oxford University Press, 1968 (rev. ed. 1978). mi sembra fondamentale, dal momento che parla esplicitamente di romance, riconoscendo il debito verso la tradizione pi— recente e, in- consapevolmente, al di l… di essa, verso una forma narrativa con radici pi— lontane; chiunque abbia familiarit… con l'antitesi romance vs no- vel, gi… teorizzata verso la fine del Settecento, ma oggi riconosciuta co- me l'asse oppositivo fondamentale che ha strutturato la produzione letteraria dall'antichit… fino a oggi, sa che il romance Š la favola eroica che tratta di persone e di eventi immaginari, mentre il novel Š una rap- presentazione di vita e di costumi reali, ma soprattutto nella formula- zione di Robert Scholes il romance Š in pratica la corrente fantastica della letteratura, che sceglie la flction avventurosa. Gernsback, che di teoria letteraria Š per• digiuno, parla inoltre di "fattualit… scientifica" e "visione profeticaD, implicite anche nel sottotitolo della rivista, che promette "extravagant fiction today... cold fact tomorrown (racconti stravaganti oggi... freddi fatti domani), enunciando senza mezze misu- re il tipo di fantascienza che vuole pubblicare. Infatti sceglie come coordinate dello spazio narrativo test‚ individuato una specie di triangolo di ferro i cui vertici sono costituiti da E. A. Poe con Lo strano caso del signor Valdemar (The Facts in the Case of M. Valdemar -1845), Jules Verne con Hector Servadac ( 1877) e H . G . Wells con 11 nuovo acce- leratore (The New Accelerator -1901), senza dimenticare tuttavia l'ag- gancio con le riviste che proliferano nei generi popolari d'intratteni- mento e che propongono varianti del meraviglioso, sia esso "inquie- tanten, "misterioson, navventuroso", "esotico" o "sentimentalen. In so- stanza, Gernsback stabilisce l'identit… e delimita il territorio di un di- verso tipo di "meraviglioson, quello scientifico. I ripetuti richiami alla fattualit… e all'anticipazione sembrano sug- gerire per il testo fantascientifico il ricorso inevitabile a meccanismi di plausibilit… e di verosimiglianza, ma in realt… sono una sorta di schermo difensivo ~simile a quelli attivati dalle poderose e invincibili astronavi nei racconti di space opera dell'epoca), dietro il quale si cela una problematica esigenza di rispettabilit…; infatti, si tratta molto pi— spesso di principi enunciati piuttosto che dimostrati o verificati, per- ch‚ l'elemento avveniristico e profetico Š certamente in primo piano, ma solo come ingenuo pretesto per sviluppare il vero nucleo della nar- razione: I'appropriazione di uno sconfinato territorio fantastico di av- ventura. Come si Š visto, la prospettiva indicata da Gernsback si amplia al- l'inizio degli anni Trenta con la nascita dell'altra grande rivista, Astounding. Dopo alcuni anni di apprendistato, dove prevale la pub- blicazione di autori presi a prestito da un passato illustre o dalle rivi- ste puip dei generi contigui, ricchi di figure intercambiabili che obbe- discono ai medesimi meccanismi, comincia a delinearsi un… precisa identit… della narrativa fantascientifica su rivista. Non a caso, Astoun- ding entra in campo operando una vera e propria rivoluzione, la cui portata potr… oggi far sorridere ma che all'epoca si rivel• decisiva, pa- gando cioŠ i racconti due cents a parola all'accettazione, contraria- mente ad Amazing e ad altre riviste dell'Šra gernsbackiana, che paga- vano invece 1/2 cent a parola alla pubblicazione, ma soprattutto offren- do un certo spazio a firme nuove o comunque dall'inclinazione pretta- mente fantascientifica. Astounding annover• dapprima nella sua scu- deria autori come Ray Cummings, Miles J. Breuer, Paul Ernst, Francis Flagg, Sterner St. Paul Meek e Victor Rousseau, oltre ad Anthony Gil- more, pseudonimo comune di Harry Bates e Desmond W. Hall (rispet- tivamente direttore e assistente della medesima rivista) usato per fir- mare le celebri avventure di Falco Carse (Hawk Carse); ma la sterzata definitiva coincise con la nomina nel 1933 di un nuovo direttore, F. Or- lin Tremaine, che attir• nell'orbita della rivista autori come Nat Schachner, Stanton A. Coblentz, Raymond Z. Gallun, E. E. "Docn Smith, Stanley G. Weinbaum, Eric Frank Russell, Horace L. Gold, Do- nald Wandrei, lo stesso John W. Campbell Jr. (che pubblic• prevalen- temente sotto lo pseudonimo di Don A. Stuart, ma che soprattutto sa- rebbe diventato il leggendario direttore della rivista verso la fine del decennio, inaugurando la Golden Age), ma anche di veri e propri gi- ganti come Murray Leinster, Edmond Hamilton, entrambi gi… molto attivi su altre testate, e infine il giovane Jack Williamson. Per inquadrare il decennio 1930-1940 non c'Š metafora pi— azzecca- ta di quella usata da James Gunn: un autentico Uuniverso in espansio- nen, dove vengono colmati in ondate successive tutti gli spazi di esplo- razione, come gi… in un certo senso era accaduto con i voyages extraor- dinaires di Verne che avevano letteralmente saturato la geografia del globo, compresi i cieli e, seppur timidamente, persino il nostro satelli- te. ln questa frenesia espansionistica, la fantascienza continua di fatto a invocare la plausibilit… scientifica e la visione profetica, ma non esi- ta a metterle in subordine o a liquidarle senza mezzi termini di fronte alle distese sconfinate dell'universo, piene di misteri, mondi e razze sconosciute, che quando non si rivelano facilmente addomesticabili, diventano fatalmente lo spunto per titaniche battaglie e conflitti ga- lattici dove l'obiettivo Š la conquista, la supremazia o la semplice so- pravvivenza. Insomma, Š l'avventura a regnare incontrastata, come del resto ha suggerito lo stesso Isaac Asimov, curatore di questo volume (nonch‚ di un'altra celebre antologia dedicata allo stesso periodo, L'alba del do- mani); I'intuizione del nbuon dottoren Š chiara: nella prima fase (1926- 1938), la fantascienza Š a "dominante avventurosan. Si riafferma, in- somma, il principio secondo cui la scienza e la tecnologia vengono ce- lebrate come una sorta di ideale collettivo pi— che effettivamente prati- cate come strumenti di indagine speculativa; si respira uno sfrenato x I XI ottimismo che nasce da un entusiasmo epidermico pi— che da una ri- flessione sul ruolo del progresso scientifico, anzi dove quest'ultimo, in una sorta di impulso vitalistico e sfrenato, pare soltanto un veicolo per raggiungere uno spazio oggettivo di conquista e di conoscenza illimi- tata, come se inoltre l'atto di avventurarsi in quegli sconfinati territo- ri Eantastici fosse una reazione al profondo incubo della Depressione in cui gli Stati Uniti precipitano all'inizio del decennio, nonch‚ al- I'incombente minaccia hitleriana sull'Europa. Nelle opere di questo periodo l'elemento scientifico-tecnologico vie- ne esibito in maniera magniloquente, come iperbole di se stesso (non Š mai scienza, ma nsuperscienza"), come una sorta di inesauribile spet- tacolo pirotecnico che per•, a un'indagine pi— attenta, diventa un velo opaco e impenetrabile; quando invece non subisce questo destino, vie- ne ridotto alla sua natura puramente didascalica con indigesti brani esplicativi o interminabili dissertazioni pseudo-realistiche. La scienza Š quindi spesso ridotta a una funzione puramente "verbalen, perch‚ molti degli autori del periodo sono nulla pi— che semplici lettori di ri- viste di divulgazione, e solitamente le loro cognizioni non vanno al di l… del supplemento domenicale di un comune quotidiano; assai rara- mente fra essi vi sono veri scienziati, nonostante qualcuno esibisca in- genue credenziali, come per esempio Edward Elmer Smith, indiscus- so principe della space opera degli anni Trenta, diventato famoso per l'appellativo "Docn, anche se in realt… era soltanto un rispettabile chi- mico, esperto semmai in azzeccate formule per l'impasto delle ciam- belle . Solo pi— tardi, verso la fine del decennio, si svilupper… un atteggia- mento meno acritico, che guider… la fantascienza a quella che Š stata definita una sorta di npluralit… teorica", per cui vengono sistematica- mente sfidate le impossibilit… postulate dalle varie discipline scientifi- che. La magia Š impossibile? Be', ecco un testo narrativo che esplora un mondo dove la magia funziona sul serio. La teoria della relativit… sostiene che la velocit… della luce Š un limite invalicabile? Ebbene, ec- co un altro racconto che sfida questo principio. Ma questa esplorazio- ne dei limiti teorici contraddistingue una fase successiva, innescata dalla fantascienza di Astounding e in senso lato dell'Et… d'Oro di Campbell, quindi dovr… essere inquadrata nel decennio successivo, nonch‚ considerata come il primo passo verso una lenta ma graduale riappropriazione del bagaglio speculativo e letterario della fanta- scienza di Wells. Dunque, I'incarnazione "popolaren della fantascienza rappresenta per alcuni aspetti un impoverimento rispetto ai vertici raggiunti dagli scientific romances wellsiani. Lo scrittore inglese aveva sfruttato tutte le risorse di quella forma narrativa, trasformandola in uno strumento sofisticato non solo per l'indagine speculativa, ma scoprendo …ttraver- so di esso la vocazione pi— autentica della fantascienza: quella di farsi carico del rapporto ambiguo di un'epoca con il progresso e con la sua mitologia, non solo nell'ambito scientifico-tecnologico, ma nella di- mensione antropologica e sociale. Questa ambiguit… veniva esplorata in una modalit… narrativa in cui rifluivano elementi apertamente di- dascalici, ma soprattutto satirici, realistici e fantastici, dove la favola si piegava alle esigenze dell'estrapolazione e dell'analogia. Ma se la fantascienza delle riviste aveva preso da Wells solo il lato pi— epidermico, rinunciando a ogni ambivalenza e preferendo attinge- re a Burroughs e al ricco patrimonio di narrativa avventurosa ed es- senzialmente formulaica dei pulp, tuttavia nel ribollente e disordinato crogiolo degli anni Trenta - una sorta di universo all'indomani del big bang - vi sono schegge che mostrano una diversa consapevolezza e mantengono viva per esempio la tradizione utopico-distopica, che riaffiorer… pi— consapevolmente non solo nel decennio successivo, ma soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta. Se questi sono gli anni in cui vengono pubblicati classici come I soli che si scontrano (Crashing Suns) di Edmond Hamilton e Quando i mondi si scontrano (When Worlds Collide) di Philip Wylie e Edwin Balmer oppure i grandiosi cicli di "Skylark" e dei "Lensmen" di E. E. UDoc" Smith, o della "Legione dello Spazio" di Williamson, sono an- che gli stessi che salutano l'uscita di 11 mondo nuovo (Brave New World - 1932) di Aldous Huxley, cardine della letteratura distopica e legittimo successore della tradizione ottocentesca di Twain, London e Wells, che non solo si proietta verso l'Orwell di 1984 e di La fattoria de- gli animali (Animal Farm), ma estende la sua influenza fino a Vonne- gut, Bradbury e la "social science fictionn degli anni Cinquanta. Inol- tre sono gli anni dell'assai meno noto Swastika Night (1937) di Katha- rine Burdekin, sorprendente escursione sul tema della cosiddetta "sto- ria alternativan che narra di un'Europa futura dominata dai nazisti, oppure di Le montagne della follia (At the Mountains of Madness -1936) di H. P. Lovecraft, maestro del soprannaturale e grande visionario del- la letteratura americana (apparso appunto su Astounding, tra l'altro, proprio come L'ombra fuori del tempo, The Shadow Out of Time, com- preso in questa antologia) o, ancora, il primo dei romances interplane- tari di Clive Staples Lewis, Lontano dal pianeta silenzioso (Out of the Silent Planet - 1938), ispirato alla mitologia medievale e di chiaro sa- pore allegorico, e infine dell'immaginazione cosmica di un altro espo- nente di spicco del romance scientifico, Olaf Stapledon, con Last and First Men (1930), Q.l. 10.000 (Odd John - 1935) e 11 costruttore di stelle (Star Maker - 1937). E qui il cerchio si chiude, perch‚ la narrativa cosmica, rarefatta e fi- losofeggiante di Stapledon riflette l'immagine rovesciata della space opera di E. E. Smith e dei suoi epigoni: gli scenari sono gli stessi, il re- XII XIII spiro Š sempre quello delle smisurate vastit… del cosmo, superuomini e supercivilt… comprese, ma mentre in Smith lo scenario galattico Š una gigantesca arena per scorribande avventurose condotte al ritmo di un western o di un romanzo di guerra, in Stapledon Š il luogo di un'inedita speculazione intellettuale sul destino e sul ruolo dell'uma- nit…. E in questo decennio, insomma, che la fantascienza istituisce il grande laboratorio dove sviluppa un repertorio figurale e un intreccio di situazioni che preparano, attraverso un'irrimediabile espansione quantitativa e seriale, I'avvento del genere letterario che oggi cono- sciamo. E fra il pubblico di lettori che si va formando grazie alla proli- ferazione di riviste, facilmente sedotto dal ritmo crescente di mirabo- lanti invenzioni, vi Š gi… chi pochi anni dopo esordir… su quelle stesse pagine: la prima generazione di lettori di fantascienza che diventeran- no a loro volta autori e che, con nuovi punti di riferimento e una matu- rata consapevolezza, saranno pronti ad ampliarne i confini. Il viaggio continua... Piergiorgio l~licolazzini XIV yl Isaac Asimov INTRODUZIONE La fantascienza trova la propria voce Non c'Š accordo su dove collocare l'inizio della fantascienza. Non mancano anime tanto ambiziose da avanzare pretese sul mito platoni- co di Atlantide (350 a.C. circa), n‚ anime tanto liberali da essere pronte a includere in questo genere letterario il ciclo epico di Gilgamesh (2400 a.C. circa). A mio parere idee simili sono prive di fondamento. La fantascienza deve chiamare in causa nozioni scientifiche e tecnologiche, sia pure in modo indiretto. Deve inoltre occuparsi di una societ… sensibilmente diversa dalla societ… reale del suo tempo, e tale diversit… deve dipende- re da una differenza di livello scientifico e tecnologico. Se tutto ci• Š vero, la fantascienza non pu• precedere la diffusa consapevolezza del rapporto tra scienza e tecnica da un lato, e trasformazione sociale dal- I'altro, cioŠ non pu• precedere la rivoluzione industriale. Racconti pi— antichi vanno fatti rientrare nel genere della narrativa fantastica, ben- ch‚ vi si possa fare menzione di viaggi sulla Luna, come nella Storia ve- ra di Luciano di Samosata (150 d.C. circa). Vi sono, naturalmente, anche coloro che condividono questo punto di vista, e quindi ritengono che la fantascienza risalga ai primi decenni del diciannovesimo secolo. In questo caso il Frankenstein di Mary Shel- ley, scritto nel 1818, Š spesso considerato il primo esempio di questo ti- po di narrativa. Altri ritengono pi— giusto includere Frankenstein nella narrativa gotica, ossia nel filone inaugurato da Horace Walpole nel 1765 con 11 castello di Otranto. Anche opere successive spesso conside- rate tra le prime del genere fantascientifico- in particolare i racconti di Poe e quelli di Hawthorne - potrebbero pi— fondatamente essere as- segnate al genere gotico. Una possibilit… sarebbe allora quella di fare coincidere la nascita della vera fantascienza con la pubblicazione nel 1863 di Cinque setti- mane in pallone di Jules Verne. Verne scrisse fantascienza senza cedere agli allettamenti del gotico; fu inoltre il primo a scrivere quasi esclusivamente fantascienza, e a conquistare in tal modo fama e ricchezza. 111863 appare quindi con- vincente, come data di nascita del genere Tuttavia anche a questa proposta pu• essere mossa un'obiezione. La fantascienza, la si faccia cominciare nel 2400 a.C., nel 150 d.C., nel 1818 o nel 1863, ha sempre costituito un genere quantitativamente minoritario nell'ambito della letteratura in generale. Ben pochi autori hanno provato la loro mano in qualcosa che sia lecito definire "fanta- scienza", sia pure in base al pi— elastico dei criteri, e ancora meno nu- merosi sono gli autori che in tal modo hanno acquisito una certa noto- riet… - Jules Verne e H.G. Wells essendo i primi che mi vengono in mente, per il periodo precedente gli anni Venti. Perch‚ allora non porsi il problema dell'inizio della fantascienza co- me fenomeno di massa? Quando accadde che gli autori di fantascienza non fossero pi— poche unit…, ma diverse decine, e poi diverse centi- naia? Cosa ha aperto alla fantascienza la strada lungo la quale proce- de ancora oggi, quella di un fenomeno letterario straordinariamente popolare con molte decine di numi tutelari - basti citare Robert Hein- lein, Arthur C. Clarke, Anne McCaffrey, Frank Herbert, Ray Bradbury, Ursula K. Le Guin... e la modestia mi vieta di continuare? A mio avviso la risposta alle anzidette domande sta nella nascita del periodico di fantascienza (Magazine Science Fiction), che si pu• fare coincidere col primo numero di Amazing Stories pubblicato da Hugo Gernsback nell'aprile 1926. Ma vi Š chi si oppone strenuamente a questa tesi. Scrittori e critici che invocano per la fantascienza una piena rispettabilit… letteraria considerano i periodici di fantascienza un "ghetto", che ha ridotto la fantascienza e una branca della narrativa pulp (quella pubblicata per lettori di modestissima cultura su riviste di carta scadente detta putp- wood paper), e dissuaso gli autori "seri" dal cimentarsi in tale genere. Vi Š in questa obiezione un fondo di verit…. Il novanta per cento del- la fantascienza dei periodici consisteva in effetti in puerilit… adole- scenziali (non dimentichiamoci, per•, della legge di Sturgeon: il no- vanta per cento di qualunque cosa Š spazzatura). Ci• nonostante i pe- riodici di fantascienza sono stati un terreno fertile, in cui hanno potu- to irrobustire le loro capacit… giovani autori di talento; giovani autori che forse, in mancanza di quei periodici, non avrebbero mai potuto in- traprendere la carriera letteraria, o I'avrebbero intrapresa scrivendo tutt'altro. La fantascienza "letteraria" non avrebbe mai reso popolare il genere, anche se rese popolare alcuni grandi scrittori. Furono i pe- riodici di fantascienza a produrre questo effetto, anche se la fanta- scienza come genere dovette procedere carponi prima di camminare, e camminare Drima di correre. E quindi ingeneroso arricciare il naso davanti al periodico di fanta- scienZa, e chi lo fa rivela un atteggiamento altezzoso e pedante. (Alcu- ni pedanti in questione si sono fatti un nome scrivendo su periodici di fantascienza. CosŤ comportandosi essi corrono quindi anche il rischio di farsi cogliere in flagrante, nello sgradevole atteggiamento di chi morde la mano che l'ha nutrito.) Torniamo quindi alla fantascienza apparsa su periodici. All'inizio, neanche questo tipo di fantascienza ha avuto una vita facile. Dal mo- mento che il genere era ancora poco popolare, e pochi scrittori vi si ci- mentavano, non c erano abbastanza autori per mettere insieme una rivista mensile. Nei primi numeri Gernsback dovette ripubblicare opere di H.G. Wells e di Jules Verne, e solo poco per volta nuovi scrit- tori furono attratti dal nascente genere letterario. Questi nuovi scrittori erano spesso alle prime armi, quindi dotati di risorse espressive ancora rudimentali; oppure erano collaboratori di riviste pulp, che abbandonavano momentaneamente le loro banali sto- rie d'avventura (o di qualsivoglia altro tipo) per tentare il nuovo filone di narrativa popolare, avendo per• nozioni scarse o inesistenti di cosa realmente fosse la fantascienza. Di conseguenza le riviste degli anni Venti non hanno molto da offrire sul piano della qualit…. In quel periodo, come nei periodi precedenti e seguenti, si pu• dire che valesse il principio: quanto pi— lunga la storia, tanto migliore la qualit…. Questo, ovviamente, solo a grandi linee; le eccezioni sono nu- merose e significative. Quindi non stupisce che uno dei migliori esem- pi di fantascienza degli anni Venti sia The Skylark of Space, un raccon- to apparso a puntate su Amazing Stories nel 1928. Sfortunatamente non possiamo includere romanzi in questo elenco, dovendo accontentarci di "romanzi brevin - ossia di racconti pi— lun- ghi del normale, ma non tanto da non poter essere pubblicati su un singolo numero di rivista. Dal momento che banali considerazioni di spazio rendevano pi— facile pubblicare brevi che veri romanzi, alcuni dei migliori autori di fantascienza di quel periodo scrissero appunto romanzi brevi, come constateranno i lettori di questa antologia. Fu negli anni Trenta che la fantascienza pubblicata dai periodici co- minci• a trovare la propria voce. Anche quegli autori che mantennero un taglio pulp - vale a dire prolisso e per certi versi grossolano - si fe- cero pi— smaliziati, e pretesero dai lettori un certo impegno intellet- tuale. Negli anni Trenta Astounding Stories divenne rapidamente la pi— importante rivista di fantascienza. Il primo numero uscŤ nel gennaio del 1930, e in breve tempo la diffusione della nuova pubblicazione su- per• quella di Amazing Stories, sia perch‚ Astounding Stories offriva una migliore remunerazione agli autori, sia perch‚ il suo direttore, Harry Bates, abbandon• lo stile didascalico e la preferenza per le si- tuazioni di azione che caratterizzavano la rivista di Gernsback. Col numero di marzo del 1933, tuttavia, in piena Grande Depressione, William Clayton - l'editore - fallŤ. La testata fu acquistata dalla casa editrice Street & Smith, e la pubblicazione riprese col numero di otto- bre nel 1933, sotto la direzione di F. Orlin Tremaine. Tremaine rimase al timone per quattro anni, e il suo principale con- tributo fu l'idea delle storie "a variante concettuale" - vale a dire delle storie costruite su qualche ipotesi nuova e interessante, o su qualche nuova e interessante variante di una vecchia ipotesi. Tale impostazio- ne piacque molto ai lettori, e la rivista non rischi• mai pi— il fallimen- to. Un ottimo esempio di storia "a variante concettuale" Š Bivi net tem- po di Murray Leinster (pseudonimo di William F. Jenkins), pubblicato da Astounding Stories nel giugno 1934. Bivi nel tempo Š il primo tenta- tivo di sviluppare il tema degli itinerari temporali indipendenti, ossia dell'esistenza di universi che in questa o quella situazione-chiave pos- sono imboccare una strada oppure un'altra, ciascuna strada essendo per• dotata di una propria autonoma esistenza. (Quarant'anni pi— tar- di, i fisici impegnati a valutare alcuni degli aspetti pi— esoterici della meccanica quantistica dovettero fare i conti con questa nozione lein- steriana). Un altro interessante racconto dell'era Tremaine fu AhimŠ, tutto questo pensare! scritto dal precedente direttore della rivista, Harry Ba- tes. AhimŠ, tutto questo pensare! apparve nel numero del giugno 1935 di Astounding Stories. Bates non scriveva molto, ma quello che scrive- va era di buona qualit…. AhimŠ, tutto ~uesto pensare! Š la terrificante storia di una generazione evolutiva. L'autore pi— in vista dell'era Tremaine fu John W. Campbell Jr. Egli inizi• la propria carriera come autore di storie di tipo Usuperscientifi- co", sulla falsariga di E.E. Smith, e in questo campo fu secondo solo al- lo stesso Smith. Ma in seguito, sotto lo pseudonimo di Don A. Stuart, cominci• a scrivere storie molto pi— sottili, dal contenuto assai valido sia sul piano letterario che su quello dell'impatto emotivo. La prima storia di questo tipo fu Crepuscolo, pubblicato da Astounding Stories nel novembre del 1934. Il migliore, e il pi— lungo, dei racconti di Stuart fu per• Chi va t…? apparso in Astounding Stories nell'agosto 1938. Chi va la? Š incluso in questa antologia, e se non l'avete mai letto vi invidio, perch‚ Š senz'al- tro una delle storie pi— intelligenti e insidiosamente spaventose che vi possa capitare di leggere. Non vi dir• nulla della trama: Š senz'altro meglio che la scopriate da voi. Nel frattempo, per•, si era verificata un'altra piccola rivoluzione. Nel dicembre 1937, Tremaine era stato promosso a un pi— alto incari- co e lo stesso John W. Campbell era diventato direttore di Astounding Stories. Campbell si amrett• a mutare il nome della rivista in Astoun- ding Science Fiction; cominci• inoltre a cercare autori con pi— solide capacit… letterarie, e in grado di descrivere pi— fedelmente il mondo della scienza e il modo di lavorare degli scienziati. Nella maggior parte dei casi, per•, egli dovette ricorrere agli autori gi… disponibili, cercando di stimolarli e incoraggiarli. Horace Gold aveva scritto alcuni buoni racconti per Tremaine sotto lo pseudonimo di Clyde Crane Campbell. Ovviamente non poteva pi— servirsi di quel- lo pseudonimo nella nuova situazione. Sul numero di Astounding Science Fiction del dicembre 1938 Gold pubblic• quindi un racconto firmato col suo vero nome. Il racconto era Questione di for~na, incluso nella presente antologia. Si tratta di una descrizione, notevole per rea- lismo ed efficacia, delle avventure e disavventure di un uomo reso in- felice, come il titolo accenna, dalla propria forma. Un altro autore di Tremaine destinato a conquistare fama e allori fu L. Sprague de Camp. Il suo primo racconto apparve su Astounding Sto- ries nel dicembre 1937; fu l'inizio di una lunga collaborazione. Spra- gue de Camp possedeva una solida preparazione in campo storico e scientifico. Era inoltre uno dei pochi autori di fantascienza molto do- dati di senso dell'umorismo. Trov• una tribuna a lui particolarmente adatta quando Campbell decise di fondare una nuova rivista, da af- fiancare a Astounding Science Fiction. La nuova rivista si chiam• Unk- nown, e il primo numero uscŤ nel marzo 1939. L'idea era quella di un periodico di racconti di genere fantastico, ma non meno rigorosi sul piano della logica e della coerenza narrativa di quelli pubblicati in Astounding Science Fiction. Sprague de Camp divenne rapidamente una colonna della ri~ista, e il suo spiritosissimo Dividi e domina, con la sua originale, ma tutt'al- tro che assurda mescolanza di cavalleria medievale e moderna tecno- logia, apparve nel secondo numero, datato aprile 1939. Do ora la parola a dieci dei migliori romanzi brevi degli anni Tren- ta. H.P. Lovecraft L'OMBRA FUORI DEL TEMPO Dopo ventidue anni di incubo e terrore, salvato soltanto dalla dispera- ~r ta convinzione della fonte mitica di certe impressioni, sono contrario a garantire la verit… di ci• che scopersi in Australia occidentale durante la notte fra il diciassette e il diciotto luglio del 1935. Vi Š motivo di spe- rare che la mia esperienza sia stata una allucinazione totale o parziale, per la quale le cause certamente non mancavano. Eppure, il suo reali- smo fu cosŤ terribile che a volte mi sembra impossibile sperare. Se la cosa Š accaduta davvero, allora l'uomo deve prepararsi ad ac- cettare nozioni del cosmo, e del suo stesso posto nel ribollente vortice del tempo, la cui mera nozione Š paralizzante. Egli deve anche essere, -- messo in guardia contro uno specifico pericolo che Š in agguato, e che pur non potendo inghiottire l'intera razza, potrebbe comportare orrori mostruosi e inimmaginabili per taluni suoi membri particolarmente avventurosi. Per quest'ultimo motivo io sollecito, con tutta la forza del mio essere di abbandonare ogni tentativo di disseppellire quei frammenti di co- struzioni sconosciute e primitive che la mia spedizione progettava di studiare. Ammesso che fossi sano di mente e ben desto, la mia esperienza di quella notte non Š mai capitata a nessuno. Fu, inoltre, una spaventosa conferma di tutto ci• che mi ero sforzato di liquidare come mito e so- gno. Per misericordia di Dio non esistono prove, perch‚ nel mio terrore perdetti il temibile oggetto che - se reale e portato alla luce da quell'a- bisso malsano - avrebbe costituito una testimonianza irrefutabile. Quando m'imbattei per caso nell'orrore ero solo, e fino a oggi non ne ho fatto parola con nessuno. Non potevo fermare gli altri che scavava- no nella mia stessa direzione, ma il caso e lo spostamento della sabbia li hanno salvati finora dal trovarlo. A questo punto sento il dovere di formulare una dichiarazione precisa, non solo per il mio equilibrio mentale, ma per awisare coloro che vorranno prendermi sul serio. Queste pagine - il cui contenuto, almeno all'inizio, risulter… familia- re ai lettori pi— attenti dei periodici sia scientifici che d'informazione - le sto scrivendo nella cabina della nave che mi riporta a casa. Le dar• a mio figlio, il professor Wingate Peaslee, della Miskatonic University, I'unico membro della mia famiglia che mi sia stato vicino dopo la stra- na amnesia di molto tempo fa, e l'uomo pi— informato sugli aspetti pi— intimi del mio caso. Di tutte le persone che conosco egli Š la meno pro- pensa a ridicolizzare quanto narrer• di quella notte funesta. Non l'ho informato verbalmente dei fatti prima di salpare, perch‚ penso che per lui sia meglio essere messo al corrente per iscritto. Una comoda lettura e rilettura gli lascer… un quadro pi— convincente di quanto potrebbe fare la mia parola confusionaria. Di questo resoconto far… ci• che meglio crede; potr… rivelarlo, con un commento idoneo, in qualsiasi campo possa fare del bene. Per amore di quei lettori non al corrente delle fasi iniziali del mio caso, faccio prece- dere la rivelazione da un ampio riassunto degli antefatti. Mi chiamo Nathaniel Wingate Peaslee, e coloro che rammentano le cronache apparse suoi giornali una generazione fa - o le lettere e gli ar- ticoli in riviste di psicologia di sei o sette anni addietro- sapranno qualcosa di me. La stampa fu piena dei particolari della mia misteriosa amnesia fra il 1908 e il 1913, e si fece un gran parlare delle tradizioni di orrore, follia, stregoneria che covavano dietro la facciata di normalit… della cittadina del Massachusetts in cui abitavo, e abito anche adesso. Tengo a precisare che non v'Š traccia di pazzia o di episodi inquietanti nella mia parentela e vita giovanile. E un fatto importantissimo, in re- lazione all'ombra che cal• d'improvviso su di me per ragioni del tutto esteme. Pu• darsi che secoli di oscure leggende abbiano conferito ad Arkham, citt… vecchissima e piena di superstiziose dicerie, una speciale vulnera- bilit… a tali ombre, bench‚ anche questo appaia dubbio alla luce degli altri casi che studiai in seguito. Ma il punto essenziale Š che il mio cep- po e il mio passato sono del tutto normali. Ci• che accadde viene da qualche altra parte; da dove, ancor oggi esito a dichiararlo esplicita- mente. Sono il figlio di Jonathan e Hannah (Wingate) Peaslee, entrambi di sana, vecchia stirpe di Haverhill. Io nacqui e crebbi a Haverhill nella vecchia fattoria di Boardman Street presso Golden Hill, e non andai ad Arkham fin quando non entrai alla Miskatonic University come lettore di economia politica nel 1895. Per altri tredici anni la mia vita scorse piana e felice. Sposai Alice Keezar di Haverhill nel 1896, e i tre figli, Robert, Wingate e Hannah nacquero rispettivamente nel 1898,1900 e 1903. Nel 1898 divenni pro- fessore aggiunto e nel 1902 professore di ruolo. Mai provai il minimo nteresse per l'occultismo o la psicopatologia. Fu il giovedŤ quattordici maggio 1908 che ebbe inizio la strana amne- sia. La cosa fu improvvisa, sebbene in seguito mi rendessi conto che certe visioni brevi e luminose di parecchie ore prima - visioni caotiche che mi agitarono moltissimo perch‚ erano senza precedenti - ne dove- vano avere costituito i sintomi premonitori. Mi doleva la testa e avevo strane sensazioni - del tutto nuove per me - come se qualcun altro ten- tasse di impossessarsi dei miei pensieri. Il crollo avvenne verso le dieci e venti di mattina, mentre stavo te- nendo una lezione del VI corso di Economia Politica- storia e attuali tendenze della scienza economica - per gli studenti del primo anno e qualcuno del secondo. Strane forme cominciarono a danzarmi davanti agli occhi, e mi sembr• di essere in una stanza bizzarra, diversa dal- l'aula in cui mi trovavo. Pensieri e parole presero a divagare, e gli studenti si accorsero che qualcosa di grave stava accadendo. Poi mi accasciai privo di sensi sulla sedia, in uno stato di torpore dal quale nessuno fu capace di scuotermi. N‚ le mie normali facolt… tornarono a vedere la luce del nostro mondo per cinque anni quattro mesi e tredici giorni. Naturalment‚ fu da altri che appresi il seguito. Per sedici ore e mezzo non diedi segni di riprendere conoscenza, bench‚ mi avessero riportato a casa in Crane Street ventisette e mi avessero prestato le migliori cure mediche. Alle tre del mattino del quindici maggio, riaprii gli occhi e cominciai a parlare, ma ben presto il dottore e la famiglia si spaventarono a mor- te per la mia espressione e il mio modo di esprimermi. Fu chiaro che non ricordavo nulla della mia identit… e del mio passato, sebbene per qualche motivo sembrassi ansioso di nascondere questa circostanza. Guardavo in modo strano le persone intorno a me, e i movimenti dei miei muscoli facciali erano fuori dal normale. Anche nel mio modo di comunicare c'era qualcosa che non andava. Usavo gli organi vocali in modo sgraziato e incerto e la dizione aveva caratteristiche ampollose, come se avessi appreso la lingua inglese dai libri e con grande sforzo. La pronuncia era barbaramente estranea, e il lessico era pieno di strani arcaismi ed espressioni pressoch‚ incom- prensibili. Tra queste ultime, una in particolare fu ricordata - con precisione e angoscia - dal pi— giovane dei medici per oltre vent'anni. Perch‚ in quel periodo tale frase cominci• a prendere piede - prima in Inghilter- ra e poi negli Stati Uniti - e bench‚ complessa e indiscutibilmente nuo- va essa riproduceva in ogni minimo particolare le parole dello strano paziente di Arkham, che avevano disorientato la gente nel 1908. La forza fisica mi torn• subito, bench‚ necessitassi di una notevole quantit… di rieducazione all'uso delle mani, delle gambe e del corpo in generale. Per questo e per altre perduranti difficolt… connesse col vuoto di memoria, fui tenuto per un certo tempo sotto strette cure mediche. Quando mi avvidi che i tentativi di nascondere l'amnesia erano falli- ti la confessai apertamente e cosŤ fui libero di attingere notizie di ogni genere. Infatti, sernbr• ai medici che io avessi perduto interesse per la mia vera personalit…, non appena avevo scoperto che l'amnesia veniva accettata come un fatto naturale. Fu notato che i miei sforzi principali si indirizzavano verso l'appro- fondimento di certi argomenti della storia, della scienza, dell'arte, del- la lingua e del folklore alcuni terribilmente astrusi, altri di una sempli- cit… puerile; tuttavia quegli sforzi restarono al di fuori della mia co- scienza, alrneno in molti casi. Fu anche notato che possedevo una padronanza inspiegabile di mol- te cognizioni quasi sconosciute, una padronanza che tendevo non a esi- bire ma a nascondere. Solevo riferirmi, con noncurante sicurezza, ad avv‚nimenti di epoche oscure, al di fuori del campo della storia cono- sciuta, facendo poi passare questi riferimenti per uno scherzo quando mi accorgevo della sorpresa che causavano. E quanto al futuro, ne par- lavo in tal modo che due o tre volte fui causa di vero e proprio spavento. Queste misteriose alterazioni della coscienza cessarono presto, an- che se certi osservatori ne imputarono la scomparsa pi— a prudenza da parte mia che ad autentica mancanza di congnizioni. Infatti, dimostra- vo una insolita avidit… nell'assorbire lingua, usanze e concezioni del- I'epoca in cui mi trovavo, come se fossi stato uno studioso in viaggio, proveniente da una lontana terra straniera. Appena mi fu permesso, frequentai la biblioteca universitaria a tutte le ore, e in breve cominciai a far progetti per gli strani viaggi e gli spe- ciali corsi delle universit… americane ed europee che sollevarono tanti commenti negli anni successivi. Non soffrii mai per la mancanza di contatti eruditi, perch‚ il mio ca- so clinico mi era valso una certa celebrit… fra gli psicologi dell'epoca. Furono tenute varie conferenze su di me come caso tipico di sdoppia- mento della personalit…, anche se di tanto in tanto misi in imbarazzo i conferenzieri con bizzarri sintomi o con ironiche allusioni, opportuna- mente velate. Di vera cordialit…, per•, ne incontrai poca. Qualcosa nel mio aspetto e nel mio modo di parlare suscitava vaghi timori e avversioni in quelli che incontravo, come se fossi stato enormemente lontano da tutto ci• che sapeva di normalit… e salute. L'idea di un orrore nascosto, collegato con insondabili abissi, con una strana distanza, era singolarmente dif- fusa e radicata. La mia stessa famiglia non fece eccezione. Dal momento del mio ri- sveglio~ mia moglie mi aveva considerato con estremo orrore e disgu- sto, giurando che ero un illustre sconosciuto, e che usurpavo il corpo di suo marito Nel 1910 ottenne il divorzio e non volle mai pi— vedermi, ppUre dopo il mio ritorno alla normalit… nel 1913. Tali sentimenti fu- 15 rono condivisi da mio figlio maggiore e dalla figlia minore, che da al- lora non ho pi— veduti. Solo il secondogenito, Wingate, fu in grado di vincere il terrore e la repulsione che il mio cambiamento tendeva a suscitare. In effetti, mi sentiva estraneo, ma pur avendo solo otto anni si aggrapp• all'idea che il mio io normale sarebbe tornato. E quando fui di nuovo me stesso, lui mi cerc•, e il tribunale mi affid• la custodia del ragazzo. Negli anni successivi egli mi aiut• negli studi dai quali mi sentivo attratto e oggi, a trentacinque anni, Š professore di psicologia alla Miskatonic Univer- sity. Non mi meraviglio, per•, della diffidenza che suscitai, perch‚ certo la mente, la voce, I'espressione della faccia dell'individuo che si svegli• il quindici maggio 1908 non erano quelle di Nathaniel Wingate Pea- slee. Non tenter• di raccontare molto della mia vita tra il 1908 e il 1913, perch‚ i lettori possono raccogliere tutte le notizie essenziali alla luce del sole - come dovetti fare io stesso abbondantemente - dagli archivi dei giornali e dalle riviste scientifiche. Mi fu consentito di disporre del mio denaro, e lo spesi con parsimo- nia e nel complesso saggiamente, in viaggi e seminari presso vari centri di cultura. Anche nei miei viaggi, comunque, le bizzarrie non mancaro- no, e presero la forma di visite prolungate a luoghi remoti e desolati. Nel 1909 passai un mese sull'Himalaya e nel 1911 dest• molto inte- resse una gita in cammello che feci negli sconosciuti deserti d'Arabia. Che cosa mi accadde in quei viaggi non sono mai riuscito a saperlo. Durante l'estate del 1912 noleggiai una nave e salpai verso l'Artico, a nord di Spitzbergen, mostrando al ritomo segni di delusione. Pi— avanti nello stesso anno trascorsi settimane solitarie addentran- domi nei vasti sistemi di caverne calcaree della Virginia occidentale, oscuri labirinti cosŤ complicati che non si os• neanche tentare di rico- struire il cammino da me seguito. La mia permanen~a presso varie universit… fu caratterizzata da una assimilazione di rapidit… anomala, come se la mia seconda personalit… possedesse una intelligenza di gran lunga superiore al normale. Ho inoltre scoperto che il mio ritmo di letture e studi solitari fu fenomena- le. Apprendevo ogni dettaglio di un libro con una semplice occhiata e sfogliando velocemente le pagine, mentre la mia abilit… nell'interpre- tare figure complesse in un baleno faceva veramente paura. A volte comparvero resoconti piuttosto sgradevoli sulla mia capacit… di influenzare i pensieri e le azioni altrui, per quanto avessi avuto l'ac- cortezza di non fare mai sfoggio di tale facolt…. Altri sgradevoli resoconti riguardarono la mia intimit… con i capi di certi gruppi di occultisti, e con studiosi sospettati di legami con bande innominabili di odiosi ierofanti del Vecchio Mondo. Queste voci, ben- ch‚ mai confermate a quel tempo, furono senza dubbio corroborate dal tenore di certe mie letture; infatti la consultazione di alcuni libri rari nelle biblioteche non avvenne in segreto. Esistono prove tangibili - sotto forma di note a margine - del fatto che lessi attentamente libri come Cuttes des Goules del Conte di Erlette, De Vermis Mysteriis di Ludwig Prinn, Unaussprechlichen Kulten di Von Junzt, i frammenti dell'enigmatico Libro di Eibon e lo spaventoso Ne- cronomicon dell'arabo pazzo Abdul Alhazred. Per• Š anche innegabile che al tempo della mia strana trasformazione si assist‚ a una singolare recrudescenza di culti macabri. Nell'estate del 1913 cominciai a manifestare segni di noia e di calo di interesSe, e accennai a vari conoscenti che presto bisognava attendersi un imminente cambiamento in me. Parlai di episodi della mia vita pas- sata che riemergeva dall'oblio anche se molti astanti mi giudicarono insincero perch‚ i ricordi che comunicai furono casuali, e tali che pote- vano essere stati attinti da vecchie carte private. Verso la met… di agosto tornai ad Arkham e riaprii la casa di Crane Street, che era rimasta chiusa a lungo. L… installai un congegno di aspetto assai strano le cui parti erano state costruite da diversi fabbri- canti di apparecchi scientifici d'Europa e d'America che tenni accura- tamente nascosto alla vista di chiunque avrebbe potuto comprenderne il funzionamento. Coloro che effettivamente lo videro - un operaio, un domestico e la nuova governante- dicono che fosse uno strano miscu- glio di barre, ruote e specchi, alto non pi— di una sessantina di centime- tri, largo trenta e profondo altrettanto. Lo specchio centrale era circo- lare e convesso. Ci• fu confermato da quei fabbricanti che riuscii a rin- tracciare. La sera di venerdŤ ventisei settembre misi in libert… la governante e la ca,meriera fino a mezzogiorno dell'indomani. Nella casa le luci resta- rono accese fino a tarda ora, e arriv• in automobile un uomo magro, bruno, dall'aspetto straniero. Era l'una del mattino quando le luci accese furono viste per l'ultima volta. Alle due e un quarto un poliziotto osserv• la casa ormai buia, ma l'auto dello sconosciuto era ancora lungo il bordo del marciapiede. Alle quattrO l'auto non c'era pi—. Alle sei una voce esitante dall'accento straniero chiese per telefono che il dottor Wilson si recasse a casa mia, per risvegliarmi da uno stra- no svenimento Quella chiamata -interurbana - fu poi rintracciata co- me proveniente da una cabina pubblica della Stazione Nord di Boston, ma lo straniero bruno non fu mai pi— visto. L~ Quando il medico arriv• a casa mia mi trov• svenuto in soggiorno, in una poltrona davanti alla quale era stato trascinato un tavolo. Sul pia- i no levigato c'erano graffl, segno che vi era stato posato un oggetto pe- sante. Lo strano congegno era sparito e non se ne seppe pi— nulla. In- ubbiamente l'aveva portato via il bruno forestiero. 17 Nel caminetto della biblioteca vi erano abbondanti ceneri, evidente- mente lasciate dalla combustione dei residui di fogli di appunti su cui avevo scritto dall'inizio la storia dell'amnesia. Il dottor Wilson mi tro- v• la respirazione molto alterata, ma dopo una iniezione ipodermica essa divenne pi— regolare. Alle undici e un quarto del ventisette settembre mi agitai energica- mente e la mia faccia, fino a quel momento simile a una maschera, di- vent• un po' pi— espressiva. Il dottor Wilson not• che l'espressione non era quella della mia seconda personalit…, ma rassomigliava molto al mio aspetto precedente. Verso le undici e mezzo mormorai alcune stra- nissime sillabe, che non sembravano appartenere a una qualsiasi lin- gua umana. Diedi anche segni di stare lottando contro qualcosa. Poi, appena passato mezzogiorno - frattanto erano rientrate governante e cameriera - tornai a esprimermi in inglese. ®...tra i principali economisti di quel periodo Jevons incarna la cor- rente pi— propensa al collegamento con le altre branche della scienza. Il suo tentativo di correlare i cicli di prosperit… e depressione del com- mercio con i cicli fisici delle macchie solari rappresenta probabilmente l'apice di...® Nathaniel Wingate Peaslee era tornato, e il suo calendario interno era fermo al giovedŤ mattina del 1908, con gli studenti del corso di eco- nomia che fissavano attenti la logora cattedra sulla piattaforma. L'adattamento alla vita normale fu per me un processo penoso e diffici- le. L'oblio di oltre cinque anni della propria vita crea pi— complicazioni di quanto si possa immaginare, e nel mio caso i guasti cui porre rime- dio erano innumerevoli. Ci• che udii a proposito del mio comportamento dal 1908 in poi mi stupŤ e mi turb•, ma tentai di prendere la faccenda con la maggior filo- sofia possibile. Infine, riottenuto l'affidamento del secondogenito Win- gate, mi stabilii con lui nella casa di Crane Street e mi sforzai di ripren- dere l'insegnamento. Mi fu infatti offerto di nuovo il posto di professore universitario che gi… mi era appartenuto. Cominciai a insegnare nel febbraio 1914 e tenni l'incarico per un an- no. A quel punto mi accorsi di quanto mi avesse danneggiato l'espe- rienza dell'amnesia. Bench‚ perfettamente integro - almeno cosŤ spe- ravo--e senza lacune nella mia personalit… originaria, non avevo pi— I'energia nervosa dei vecchi tempi. Sogni confusi e strane idee mi tor- mentavano di continuo, e quando lo scoppio della guerra mondiale mi fece rivolgere l'attenzione alla storia, mi ritrovai a pensare a periodi e avvenimenti di natura stranissima. La mia percezione del tempo - la capacit… di distinguere tra succes- sione e simultaneit… - era alterata in modo indefinibile, sŤ che assurda- mente mi pareva di vivere in un'unica epoca, e di poter spaziare con la mente sull'eternit… per conoscere le epoche passate e quelle future. La guerra mi suscit• strane impressioni di ricordare certe remote conseguenze future; come se sapessi lo svolgimento degli eventi e po- tessi guardare indietro verso i loro esiti. Questi quasi-ricordi li seguivo con gran dolore, e con la sensazione che esistesse una barriera artificia- le, psicologica a dividerci. Quando, con circospezione, parlai ad altri di queste mie impressioni ne ricevetti risposte disparate. Alcune persone mi guardarono con disa- gio, ma gli esperti di matematica parlarono di nuovi sviluppi della teo- ria della relativit…, teoria destinata in seguito a diventare cosŤ famosa. Il dottor Albert Einstein, dissero, stava per ridurre il tempo a una mera dimensione. E Ma sogni e sensazioni inquietanti ebbero il sopravvento su di me, co- sicch‚ dovetti abbandonare il mio lavoro regolare nel 1915. Fui certo che le impressioni stavano assumendo una forma insidiosa, dandomi la continua idea che l'amnesia avesse comportato una qualche forma sacrilega di scambio, che la seconda personalit… fosse stata in realt… una forza impostasi da regioni sconosciute, e che la mia vera personali- t… avesse sofferto per la sostituzione. Da ci• fui indotto a meditazioni confuse e spaventose, circa lo stato del mio vero io durante gli anni in cui un altro aveva controllato il mio corpo. Le misteriose cognizioni e la strana condotta dell'inquilino del mio corpo mi preoccuparono ancora di pi— quando appresi ulteriori particolari da persone, giornali e riviste. Stranezze che avevano confuso i pi— parevano armonizzarsi terribil- mente con certe oscure cognizioni che mi avvelenavano il subconscio nel profondo. Presi a ricercare febbrilmente qualsiasi scampolo di noti- zia che si riferisse a studi e viaggi dell'altro me stesso durante gli anni bui. Non tutti i miei guai furono altrettanto astratti. Vi furono i sogni che crebbero in vivezza e concretezza. Sapendo come sarebbero stati giudi- ~, cati da molti, ne parlavo di rado con gli estranei, ma feci una eccezione on mio figlio e con certi psicologi di fiducia. Alla fine, per•, decisi di ~liziare uno studio sistematiCo di altri casi, per vedere se certe visioni j~i~ssero tipiche o meno tra le vittime dell'amnesia. ~' Fui aiutatO da psicologi, storici, antropologi e psichiatri di grande i~sperienza~ e da studi che comprendevano tutte le documentazioni di ~OppiamentO di personalit…, dai tempi delle leggende su presunti casi F possessione demoniaca fino al presente confortato da accertamenti 19 medici; quanto ai risultati, per•, questi mi preoccuparono pi— che con- solarmi. In breve appresi che i miei sogni quasi non trovavano riscontro nel vasto repertorio dei casi di amnesia. Rimase, tuttavia, un'esigua mino- ranza di casi che per anni mi angusti• e mi impression• per le analogie con la mia esperienza. Alcuni erano frammenti di antico folklore, altri casi clinici negli annali della medicina; uno o due erano aneddoti ri- portati quasi di sfuggita in opere di storia. Scopersi cosŤ che, se la mia particolare affezione era prodigiosamen- te rara, esempi di amnesia si erano registrati a lunghi intervalli fin dal- l'inizio della storia umana. In certi secoli se ne contavano uno, due o tre casi, in altri nessuno - o almeno nessuno di cui fosse rimasta traccia. L'elemento essenziale era sempre lo stesso: una persona di normale intelligenza veniva carpita da una seconda vita misteriosa e portata a trascorrere una esistenza assolutamente estranea, per un periodo pi— o meno lungo; una esistenza caratterizzata all'inizio da una goffaggine dei movimenti e della parola, poi da una massiccia acquisizione di no- zioni scientifiche, storiche, artistiche e antropologiche, acquisizione portata avanti con zelo febbrile e con un potere ricettivo anormale. Se- guiva un improvviso ritomo alla coscienza normale, tormentata in mo- do intermittente da oscuri sogni non classificabili, che richiamavano alla mente frammenti di ricordi confusi ma estremamente inquietanti. E la stretta somiglianza di tali incubi con i miei - persino nei minimi particolari - non mi lasci• dubbi sulla loro natura tipica. Uno o due ca- si avevano un legame in pi—, di tenue, blasfema familiarit… come se fos- si gi… giunto a conoscerli attraverso vie cosmiche troppo strane e spa- ventose da contemplare. In tre casi vi era un accenno specifico a una macchina sconosciuta, apparentemente assai simile al congegno che avevo in casa prima del secondo cambiamento. Un'altra cosa che mi turb• durante le mie ricerche fu la maggior fre- quenza di casi in cui una breve, fuggevole visione dei tipici incubi si presentava a persone non colpite da una vera e propria amnesia. Tali persone erano di intelligenza mediocre o al di sotto della media, e a volte cosŤ rozze da non far pensare che potessero essere veicoli di erudizione anormale e di acquisizioni mentali soprannaturali. Si ac- cendevano per un attimo di energia estranea; poi una brusca ricaduta e un vago ricordo di orrori disumani, presto svanito. Vi furono almeno tre casi siffatti negli ultimi cinquant'anni, uno solo quindici anni fa. Qualcosa aveva forse vagato alla cieca attraverso il tempo venendo da qualche insospettato abisso cosmico? Quei casi era- no forse esperimenti mostruosi e sinistri di una specie e di una paterni- t… al di l… di ogni sana immaginazione? Erano quelle alcune delle confuse speculazioni che turbavano le mie ore di riposo, fantasie favorite da miti scoperti durante i miei studi. Non potevo infatti dubitare che certe leggende di immemore antichit…, evidentemente ignote a medici e pazienti e collegate ai recenti casi di amnesia, costituissero una impressionante e temuta elaborazione di vuoti di memoria come il mio. Quanto alla natura dei sogni e delle impressioni che crescevano in me cosŤ celermente, ancora ho quasi timore a parlarne. Avevano un sa- pore di pazzia, e alle volte mi rassegnavo all'idea di stare uscendo di senno. Vi era un genere speciale di allucinazione che affliggeva coloro che erano stati colpiti da un vuoto di memoria? Si poteva ipotizzare che gli sforzi del subconscio per riempire un vuoto angoscioso con pseudo-ricordi avessero dato origine a misteriose divagazioni fantasti- che? In effetti proprio questa fu l'opinione di molti alienisti che mi aiuta- rono nella ricerca di casi simili al mio, e che condivisero le mie perples- sit… di fronte alle rassomiglianze esatte che scoprii, anche se una spie- gazione basata sul folklore mi apparve alla fine pi— plausibile. Gli alienisti non definirono la mia condizione come pazzia pura e semplice ma la classificarono piuttosto tra i disordini neuropatici. Il mio impegno nel cercare di delinearla e analizzarla invece di tentare invano di liberarmene o di dimenticarla, fu da essi caldamente inco- raggiato, come un giusto indirizzo terapeutico comforme ai pi— recenti indirizzi psicologici. Apprezzai in particolar modo il consiglio di quei medici che mi avevano tenuto sotto controllo nel periodo in cui ero sta- to posseduto dall'altra personalit…. I miei primi disordini mentali non furono visivi, ma riguardarono le questioni pi— astratte che ho gi… menzionato. Vi fu anche un senso di repulsione profonda e inspiegabile verso me stesso. Fui preso da uno strano timore di guardare la mia figura, come se gli occhi vi scoprissero qualcosa di completamente estraneo e orribile. Quando poi mi specchiavo e vedevo le mie consuete sembianze ba- nalmente vestite di grigio o di blu, provavo uno strano sollievo bench‚ per arrivarci dovessi vincere un disagio indescrivibile. Evitavo gli specchi e mi facevo radere sempre dal barbiere. Ci volle parecchio tempo perch‚ collegassi queste sensazioni con le fugaci impressioni visive che cominciarono a prodursi. La prima corre- lazione ebbe a che fare con la misteriosa sensazione di um controllo :I esternO e artificiale sulla mia memoria. ~ Ero certo che i frammenti di visioni che mi turbavano avessero un si- |; ~nificato profondo e terribile e uno spaventoso rapporto con me stesso, ~ma che una influenza tenace mi trattenesse dall'afferrare quel signifi- ato e quel rapporto. Poi sopravvenne la bizzarria dell'elemento tem- _ o, e con essa i disperati sforzi per collocare le fugaci immagini di sogni _ ammentari in uno schema cronologico e spaziale. ~Le immagini stesse furono dapprima pi— strane che orribili. Mi pare- va di essere in una enorme stanza a volta i cui possenti costoloni in pie- tra si perdevano quasi tra le ombre sovrastanti. In qualunque tempo o luogo si svolgesse la scena, il principio dell'arco era tanto noto e tanto usato quanto al tempo degli antichi Romani. Vi erano colossali, alte finestre rotonde, porte ad arco e piedistalli e tavole tanto alti quanto una stanza no}male. Grandi scaffali di legno scuro tappezzavano le pareti, pieni di volumi di dimensioni mostruose, con strani geroglifici sul dorso. Le pareti libere contenevano strane incisioni, consistenti in disegni curvilinei simili a grafici di funzioni matematiche e in iscrizioni cesel- late costituite dai medesimi caratteri dei grossi libri. La costruzione in granito scuro era di tipo megalitico, mostruosamente grande e con file di blocchi convessi in alto che si adattavano perfettamente alle file con- cave in basso che vi stavano sopra. Non c'erano sedie, ma la superficie dei grandi piedistalli era ingom- bra di libri, carte, materiale per scrivere, o che sembrava tale: recipien- ti di metallo purpureo decorati da strane figure e bacchette dalle punte colorate. Per quanto fossero alti, io riuscivo a vedere quei piedistalli co- me se li sovrastassi. Su alcuni vi erano luminosi globi di cristallo che servivano da lampade, e macchine incomprensibili formate da condot- ti trasparenti e sbarre di metallo. Le finestre erano munite di vetri e di solide sbarre. Bench‚ non osas- si avvicinarmi e guardare fuori, d  dove ero vidi cime ondeggianti di vegetali simili a felci. Il pavimento era fatto di solide lastre di pietra ot- tagonali, e non vidi n‚ tappeti n‚ quadri. In seguito, ebbi visioni in cui volteggiavo per ciclopici corridoi di pietra, e su e gi— per piani inclinati giganteschi fatti dello stesso mate- riale. Non esistevano scale, n‚ passaggi pi— stretti di dieci metri. Certe strutture per le quali fluttuai dovevano alzarsi verso il cielo per mi- gliaia di metri. Verso il basso vi erano molteplici piani di nere volte e botole sigillate da strisce di metallo che sembravano non venire mai aperte, e che da- vano una sensazione di particolare pericolosit…. Mi pareva di essere prigioniero, e l'orrore emanava da tutto quello che vedevo. Intuivo che i geroglifici curvilinei sulle pareti mi avrebbe- ro distrutto l'anima con il loro messaggio, se non mi fossi trincerato dietro una misericordiosa ignoranza. Pi— tardi i sogni mi portarono visioni, attraverso grandi finestre ro- tonde e oltre immensi tetti piatti, di curiosi giardini, di ampie zone ari- de e di parapetti di pietra alti e smerlati, ai quali conduceva il pi— ele- vato dei piani inclinati. Vi erano distese apparentemente infinite di edifici giganteschi, cia- scuno col suo giardino, allineati lungo vie lastricate, larghe almeno ses- santa metri. Gli edifici differivano molto l'uno dall'altro, ma pochi mi- suravano meno di duecento metri di lato. Alcuni parevano cosŤ enormi che dovevano avere una facciata di diverse centinaia di metri, mentre altri svettavano ad altezze indicibili nel cielo grigio e caliginoso. Parevano fatti principalmente di pietra o calcestruzzo, e la maggio- ranza comprendeva lo strano tipo di costruzione curvilinea che avevo notato nell'edificio in cui mi trovavo. I tetti erano piatti e coperti da giardini, e avevano i soliti parapetti smerlati. Talvolta vi erano nume- rose terrazze all'inizio e ampi spazi liberi fra i giardini. Nelle grandi strade c'era poco movimento, ma nelle prime visioni non riuscii a di- stinguere i dettagli. In alcuni luoghi vidi enormi torri scure e cilindriche che si elevavano ben oltre le altre costruzioni. Si rivelarono di una natura unica, e mo- strarono segni di vetust… e rovina che avevano del prodigioso. Erano costruite con uno strano genere di basalto tagliato in quadrati, e leg- germente affusolate verso la cima arrotondata. In esse non vi erano tracce di finestre o di altre aperture, eccezion fatta per certi enormi portoni . Notai anche degli edifici pi— bassi - butterati da eoni di intem- perie - che rassomigliavano a quelle torri scure e cilindriche nell'archi- tettura di base. Attorno a tutte quelle costruzioni particolarmente vec- chie e di forma cilindrica aleggiava una impalpabile atmosfera di mi- naccia e di paura concentrata, simile a quella sospesa sopra le botole ermetiche. Gli onnipresenti giardini erano quasi terrificanti nella loro stranez- za, con forme bizzarre e sconosciute di vegetazione che s'incurvavano su larghi sentieri, affiancati da monoliti decorati da incomprensibili bassorilievi. Cespugli simili a felci, di una grandezza abnorme, erano predominanti - alcuni verdi, altri di un pallore diafano, spettrale. Tra questi sorgevano grandi cose fantomatiche, simili a enormi equi- seti i cui tronchi simili a bamb— torreggiavano fino ad altezze vertigi- nose. Vi erano poi forme fronzute che ricordavano favolose cicadee, f, bizzarre macchie verde cupo e alberi simili a conifere. I fiori erano piccoli, incolori, di specie mai viste, in aiuole geometri- che e in genere in mezzo al verde. In qualche terrazza e nei giardini pensili germogliavano fiori pi— grandi e pi— vivaci, dai contorni quasi offensivi, sŤ da far pensare a una Q~ltivazione artificiale. Funghi di dimensioni, contorni e colori inim- ' 3 ~aginabjlj punteggiavano lo scenario con esemplari che testimoniava- una sconosciuta, venerabile tradizione di orticoltura. Nei giardini ~p grandi vi era stato un tentativo di imitare la capricciosit… della na- a, ma sui tetti era stata fatta una maggiore selezione e vi erano pi— _ timonianze dell'impiego dell'arte della potatura. ~ cielo era quasi sempre nuvoloso e umido, e talvolta si verificarono _ pe Piogge torrenziali. Ogni tanto, per•, vi erano sprazzi di sole, un ~ che pareva enormemente grande. Qualche volta vidi anche la luna, i cui mari avevano sfumature diverse dal normale, che non riuscii mai a identificare precisamente. Quando - molto di rado - il cielo notturno era sereno vedevo costellazioni quasi irriconoscibili. In alcuni casi ri- scontrai una certa somiglianza, mai una vera identit…. Dalla posizione dei pochi gruppi che identificai, stimai di trovarmi nell'emisfero terre- stre meridionale, presso il Tropico del Capricorno. ~1 lontano orizzonte era sempre pieno di vapori indistinti, ma vidi estensioni, fuori dalla citt…, di grandi giungle di felci sconosciute, di le- pidodendri e di sigillariacee, le cui fronde fantastiche ondeggiavano maliziose nei vapori vaganti. Di tanto in tanto qualcosa sembrava muoversi nel cielo, ma in quelle prime visioni non distinsi nulla di pi— chiaro. Verso l'autunno del 1914, cominciai ad avere rari sogni in cui fluttua- vo sopra la citt… e le regioni circostanti. Vedevo strade interminabili in mezzo a foreste di paurosa vegetazione con alberi dai tronchi chiazzati, scanalati e rigati, e in lontananza altre citt… misteriose come quella che insistentemente mi tormentava. Vidi mostruose costruzioni di pietra nera o iridiscente in radure e spiazzi dove regnava un'eterna penombra, e traversai lunghe strade rialzate sopra acquitrini tanto scuri che non distinsi la loro umida, ri- gogliosa vegetazione. Una volta vidi una zona che si estendeva per innumerevoli chilome- tri, cosparsa di rovine basaltiche corrose dal tempo, la cui architettura ricordava le torri senza finestre e dalla sommit… arrotondata della citt… che mi tornava continuamente nelle visioni. E una volta vidi il mare - una estensione senza limiti densa di vapo- ri, al di l… delle colossali banchine di pietra di una en˘rme citt… tutta cupole e archi. Grandi, informi ombre si muovevano in alto, e qua e l… la superficie si agitava in modo strano. Come ho detto, quelle visioni barbare non assunsero subito le loro ter- ribili caratteristiche. Certamente molte persone hanno sognato cose intrinsecamente pi— strane, cose composte da brandelli sconnessi di vi- ta quotidiana, di immagini e di letture, riunite sotto forma di romanzo fantastico dagli incontrollati capricci del sonno. Per un certo tempo accettai quelle visioni come naturali, bench‚ in precedenza non fossi stato mai un sognatore stravagante. Molte ano- malie oscure, mi persuasi, dovevano provenire da fonti banali, troppo numerose per distinguerle; mentre altre parevano riflettere una comu- ne nozione scolastica della flora e di altre condizioni esistenti nel no- stro mondo circa centocinquanta milioni di anni fa - nei periodi noti come Permiano e Triassico. Nel corso di alcuni mesi, per•, l'elemento terrificante comparve con forza rinnovata. Fu quando i sogni assunsero un indubbio aspetto di ri- cordi, e quando la mia mente cominci• a collegarli con le mie crescenti inquietudini, con la sensazione di controllo mnemonico, con la strana impressione sul tempo, col senso di disgusto provato durante lo scam- bio con la mia seconda personalit… del periodo 1908-1913, e molto pi— tardi con l'inesplicabile disgusto per la mia stessa persona. Quando certi precisi dettagli cominciarono a entrare nei sogni, il lo- ro orrore crebbe mille volte, finch‚ nell'ottobre 1915 sentii che dovevo fare qualcosa. Fu allora che intrapresi uno studio tenace di altri casi di amnesia e di visioni, pensando che cosŤ facendo avrei oggettivato i miei disturbi e mi sarei liberato delle emozioni che mi dominavano. Tuttavia, come accennato prima, il risultato fu all'inizio pressoch‚ opposto. Mi sconvolse scoprire che i miei sogni si erano verificati in al- tri in modo affine, tanto pi— che certi soggetti erano troppo giovani per pensare che avessero nozioni geologiche - e quindi un'idea di come si presentassero i paesaggi preistorici. E ci• che pi— conta, molti resoconti fornirono terribili particolari e spiegazioni in rapporto con le visioni di grandi edifici e giardini simili a giungle e altre cose. Erano gi… preoccupanti le visioni e le confuse im- pressioni, ma quanto accennarono o asserirono alcuni dei sognatori sa- peva di pazzia e di empiet…. Peggio di tutto, la mia stessa pseudo-me- moria fu sollecitata a concepire sogni ancor pi— sfrenati e allusioni a fu- ture rivelazioni. Ci• nonostante la maggioranza dei medici giudic• la mia iniziativa, nel complesso, opportuna. Studiai sistematicamente la psicologia, e sotto l'influenza di questo stimolo mio figlio Wingate fece lo stesso--i suoi studi lo portarono infi- ne alla sua attuale cattedra di professore. Nel 1917 e 1918 seguii dei corSi speciali alla Miskatonic University. Intanto la consultazione del- la documentazione medica, storica e antropologica divenne infaticabi- le, il che comport• anche viaggi fino a lontane biblioteche e infine la lettura dei terribili libri di tradizioni proibite dei quali si era tanto in- teressata la mia seconda personalit…. Alcuni di questi erano le stesse COpie che avevo consultato durante il periodo critico, e fui molto scosso nel vedere certe annotazioni marginali e apparenti correzioni dell'orri- ~le testo in una scrittura e in un idioma dall'aria stranamente disuma- Quelle annotazioni erano per lo pi— nelle rispettive lingue dei vari li- p, e chi le aveva usate pareva conoscerle tutte con identica padronan- ~- Una nota, per•, a margine degli Unaussprechlichen Kulten di von ~zt, differiva in maniera allarmante. Consisteva in geroglifici curvi- 1 25 linei tracciati con lo stesso inchiostro delle correzioni in tedesco, ma diversi da tutti i geroglifici umani a noi noti. Quei segni erano invece si- mili, senza tema di errore, ai caratteri che vedevo continuamente nei miei sogni, caratteri il cui significato talvolta mi pareva di conoscere, o di essere sul punto di ricordare. A completare la mia totale confusione, molti bibliotecari mi garanti- rono che, in base alle precedenti visite e ai cartellini di consultazioni dei volumi in questione, tutte quelle postille dovevano essere state fat- te da me durante il periodo della seconda personalit…. E ci• malgrado il fatto che non conoscevo, n‚ conosco, tre delle lingue ivi utilizzate. Met- tendo insieme le varie documentazioni, antiche e moderne, antropolo- giche e mediche, giunsi alla conclusione di essere di fronte a una cospi- cua mescolanza di mito e allucinazione, la cui ampiezza e assurdit… mi lasciarono letteralmente intontito. Solo una cosa mi consol•: il fatto che i miti risalissero a un'epoca cosŤ remota. Quale scienza perduta avesse suggerito immagini di paesaggi del paleozoico o mesozoico agli inventori di quelle favole primitive non sapevo immaginarlo, ma le im- magini erano l…. Comunque, doveva pur esserci qualche spiegazione per la formazione di um'allucinazione ricorrente. I casi di amnesia fornirono, indubbiamente, il modello generale del mito, ma in seguito la proliferazione di tradizioni fantasiose deve aver influito sui sofferenti di amnesia e colorato le loro pseudo-memorie. Io stesso avevo letto e ascoltato molte di quelle antiche saghe durante il mio vuoto di memoria - la mia ricerca lo aveva ampiamente dimostra- to. Non era dunque naturale che i sogni e le impressioni emotive suc- cessive si colorassero e si modellassero in base a quanto la mia mente aveva tratto in maniera indefinibile dalla seconda personalit…? Alcuni miti avevano importanti collegamenti con altre oscure leg- gende del mondo pre-umano, specialmente con racconti ind— che par- lavano di sbalorditivi abissi di tempo, e formavano una parte delle tra- dizioni dei moderni teosofisti. Mito primitivo e allucinazione moderna concordavano sulla tesi che la razza umana sia solo una - e forse la meno importante - delle razze altamente evolute e dominanti nella lunga vita del nostro pianeta, a noi ancora in gran parte sconosciuta. Cose di forma inconcepibile, insi- nuavano, avevano innalzato torri fino al cielo e scavato nei segreti del- la natura molto prima che lontanissimi progenitori anfibi dell'uomo fossero usciti strisciando dal mare trecento milioni di anni fa. Alcune erano calate dalle stelle, poche erano vecchie quanto il co- smo; altre erano nate rapidamente da germi terrestri tanto prima dei germi iniziali del nostro ciclo vitale, quanto quest'ultimo Š remoto ri- spetto a noi, di spazi di migliaia di milioni di anni, e di serie di altre ga- lassie e universi, di questo si parlava. Infatti il tempo, nel senso accet- tato dall'uomo, non ha in quest'ottica alcun valore. Ma parecchi racconti e impressioni riguardavano una razza relativa- mente recente, di forma strana e complicata, dissimile da qualsiasi for- ma di vita nota alla scienza, che sarebbe vissuta fino a cinquanta milio- ni di anni prima dell'avvento dell'uomo. Quella, si sosteneva, era stata la razza pi— grande di tutte perch‚ essa sola aveva conquistato il segre- to del tempo. Aveva appreso tutte le cose che mai si fossero conosciute o che mai si sarebbero conosciute sulla Terra, mediante una forza mentale capace di proiettarsi verso il passato e verso il futuro, anche attraverso abissi di milioni di anni, e di studiare le tradizioni di ogni epoca. Dalle realiz- zazioni di quella razza nacquero tutte le leggende di profeti, incluse quelle della tradizione religiosa umana. Nelle sue grandi biblioteche vi erano una quantit… di testi e illustra- zioni riguardanti tutte le epoche della Terra - storie e descrizioni di ogni specie passata o futura, con una documentazione completa della sua arte, delle sue gesta, delle sue lingue e della sua psicologia. In possesso di una tale scienza che abbracciava tutta l'eternit…, la Grande Razza prelev• da ogni epoca e da ogni forma di vita le concezio- ni e realizzazioni artistiche e tecniche che pi— si adattavano alla sua natura e situazione. La conoscenza del passato, ottenuta mediante una specie di proiezione mentale al di fuori dei sensi conosciuti, era pi— dif- ficile da ottenere che non la previsione del futuro. Nel secondo caso la direzione era pi— facile e concreta. Con idoneo aiuto meccanico una mente poteva proiettarsi avanti nel tempo, se- guendo l'oscura via extra-sensoriale fino ad avvicinarsi al periodo desi- derato. Poi, dopo sondaggi preliminari, carpiva le cose migliori tra le pi— eccelse forme di vita di quel periodo. Entrava nel cervello dell'or- ganismo prescelto e l… stabiliva le sue vibrazioni, mentre la mente so- Stituita tornava faticosamente al periodo di quella che l'aveva soppian- tata, rimanendo nel corpo di quest'ultima fin quando non si verificava il processo inverso. La mente proiettata nel corpo dell'organismo del futuro si atteggia- L va allora come un membro della razza di cui usava la forma esteriore, imparando il pi— rapidamente possibile tutto quanto vi era da appren- dere dell'epoca prescelta e delle sue cognizioni scientifiche e tecniche. ~- ~ Intanto la mente spodestata, gettata indietro nell'epoca e nel corpo ,della usurpatrice, veniva sorvegliata attentamente. Le era impedito di Fanneggiare il corpo che occupava e le veniva rubato tutto il sapere da ~bili inquisitori. Spesso la interrogavano nella sua lingua, quando ri- erche precedenti nel futuro avevano fruttato cognizioni di tale lingua. Se la mente proveniva da un corpo la cui lingua non poteva essere fi- !a~nente riprodotta dalla Grande Razza, allora ci si serviva di mac- ~e ingegnose che emettevano le frasi nella lingua straniera, come r strumento che emetteva brani di musica invece che singole note. I membri della Grande Razza erano immensi coni rugosi, alti tre me- tri e con la testa e gli altri organi di senso attaccati a membra estensibi- li, spesse una trentina di centimetri, che partivano dal vertice. Essi parlavano battendo o grattando enormi zampe o artigli attaccati in fondo a due dei quattro arti, e camminavano mediante l'espansione e la contrazione di uno strato viscoso attaccato all'ampia base di tre me- tri. Quando lo stupore e il risentimento della mente prigioniera erano svaniti e quando - nel caso che provenisse da un corpo molto diverso da quelli della Grande Razza - aveva perduto l'orrore per la sua forma sconosciuta e temporanea, le veniva concesso di studiare il nuovo am- biente, sperimentando avvenimenti prodigiosi e ampliando le proprie conoscenze scientifiche con sensazioni pressoch‚ simili a quelle della mente usurpatrice. Con adatte precauzioni, e in cambio di idonei servizi, le veniva per- messo di vagare per il mondo abitabile in gigantesche astronavi o in veicoli grandi come transatlantici, forniti di propulsione atomica, e di far ricerche nelle biblioteche che contenevano gli annali del passato e del futuro del pianeta. Questo riconcili• molte menti prigioniere con il loro destino. Perch‚ tutte erano avide di sapere, e quindi la rivelazione dei nascosti misteri della Terra- capitoli chiusi di passati straordinari e abissi vertiginosi del tempo futuro, che comprendevano gli anni successivi alle loro epo- che di origine - costituiva sempre, malgrado gli spaventosi orrori spes- so svelati, la somma esperienza della loro vita. Talvolta certe menti prigioniere avevano il permesso di incontrarsi con altre menti prigioniere prese dal futuro, per scambiarsi pensieri con la consapevolezza di vivere cento o mille o un milione di anni pri- ma o dopo la loro epoca. E tutte erano sollecitate a scrivere abbondan- temente nella loro lingua, su loro stessi e sulle rispettive epoche, poich‚ quei documenti venivano conservati nei grandi archivi centrali. Possiamo aggiungere che vi fu un tipo speciale di mente prigioniera i cui privilegi furono assai maggiori di quelli accordati alle altre. Si trat- tava di esiliate permanenli destinate a morire nel passato perch‚ i loro corpi del futuro erano stati catturati da membri della Grande Razza, i quali dovendo affrontare la morte cercarono di sfuggire all'annienta- mento della propria personalit…. Queste esiliate malinconiche non erano cosŤ comuni come si sarebbe potuto immaginare, poich‚ la longevit… della Grande Razza diminuiva in essa l'amore della vita, specialmente tra le menti superiori, capaci di proiettarsi. Da casi di proiezione permanente delle vecchie menti nac- quero molti di quei cambiamenti durevoli di personalit… notati nella storia posteriore, compresa quella del genere umano. Quanto ai casi normali di esplorazione, quando la mente usurpatrice aVeva appreso ci• che voleva del futuro si costruiva una macchina co- me quella che aveva permesso il primo trasferimento e effettuava a ri- troso il processo di proiezione. CosŤ essa rientrava nel suo corpo e nella sua epoca, mentre la mente prigioniera tornava al corpo del futuro, cui in re lt… apparteneva. . Solo quando uno dei due corpi era morto durante lo scambio, questa reintegraZione diveniva impossibile. In tali casi, naturalmente, la mente esploratrice - a somiglianza di quelle che sfuggono alla morte - doveva vivere fino alla fine della vita del corpo estraneo, oppure la mente prigioniera - a somiglianza delle esiliate permanenti - doveva finire i suoi giorni nel corpo e nella remota epoca della Grande Razza. Questo destino era meno orribile quando la mente prigioniera ap- parteneva alla Grande Razza, cosa possibile se si pensa che in tutte le epoche quella razza si interess• intensamente della propria. Il numero delle esiliate permanenti della Grande Razza nell'insieme fu scarso so- prattutto per le gravi punizioni previste in caso di sostituzione delle fu- ture menti della Grande Razza da parte di moribondi. Mediante la proiezione, furono presi accordi per infliggere terribili punizioni alle menti colpevoli nei loro nuovi corpi futuri, e talvolta fu- rono effettuati nuovi scambi obbligati. Casi complessi di sostituzione di menti esploranti o gi… prigioniere da parte di menti in varie zone del passato furono scoperti e attenta- mente controllati. In ogni era, a partire dalla scoperta della proiezione mentale, una quota piccola ma non nulla della popolazione fu formata da menti della Grande Razza appartenenti a et… passate, che vi si trat- tennero per periodi pi— o meno lunghi. Quando una mente prigioniera di origine estranea veniva reintegra- ta nel suo corpo del futuro, era purgata tramite una complessa ipnosi meccanica di tutto quanto aveva appreso a proposito della Grande Razza - Ci• per talune conseguenze preoccupanti connesse col trasferi- mentO nel futuro di un vasto bagaglio di cognizioni. I pochi esempi esistenti di palese trasmissione avevano causato, e causerebbero anche in futuro, grandi disastri. Ed era stato soprattutto in conseguenza di due casi del genere - stando agli antichi miti - che l~umanit… aveva imparato tutto ci• che sapeva della Grande Razza. Di quanto Š esistito fisicamente di quel mondo lontano eoni, restano F~ ~Itanto certe enormi, pietrose rovine in luoghi lontani e sotto i mari, e ;~ acune parti dei terrificanti Manoscntti Pnakotici. '~ Perci• la mente che faceva ritorno alla sua ‚ra conservava immagini ~bolissime e frammentarie di quanto aveva subŤto dal momento della -~ttura. I ricordi da sradicare erano stati sradicati, e in moltissimi casi llo un buio punteggiato di sogni si protendeva a ritroso, al tempo del imo scambio. Certe menti ricordavano pi— di altre, e il casuale acco- ~mentO di ricordi aveva, qualche volta, portato tracce del passato ibito nelle et… future. Probabilmente non vi fu mai epoca in cui gruppi o culti non conser- vassero tracce del genere. Nel Necronomicon si accenna alla presenza di un culto di quel genere fra gli esseri umani, un culto che talvolta for- nŤ un aiuto alle menti affinch‚ si librassero attraverso gli eoni partendo dai giorni della Grande Razza. Nel frattempo la Grande Razza divenne quasi onnisciente e si dedic• al compito di organizzare scambi con le menti di altri pianeti - e talvol- ta di esplorare il loro passato e il loro futuro. Cerc•, parimenti, di son- dare gli anni passati e l'origine di quella sfera nera e morta da eternit…, nel lontano spazio, donde era scaturito il suo patrimonio mentale- perch‚ la mente della Grande Razza era pi— antica della sua forma cor- porea. Gli esseri di un antichissimo mondo morente, edotti sui segreti ulti- mi, aveYano guardato innanzi in cerca di un nuovo mondo e di una nuo- va specie in cui vivere una lunga vita, e avevano mandato le loro menti in massa nella futura razza pi— adatta ad accoglierle, cioŠ gli esseri a forma di cono che popolarono la nostra terra un miliardo di anni fa. Nacque cosŤ la Grande Razza, mentre la miriade di menti rimandate indietro furono lasciate morire nell'orrore di stranissime forme. In se- guito tale razza avrebbe affrontato di nuovo la morte riuscendo per• a salvarsi grazie alla migrazione delle proprie menti migliori nei corpi di altri esseri con un periodo di sopravvivenza pi— lungo davanti a loro. Fu quello lo sfondo delle leggende e delle allucinazioni intrecciate as- sieme. Quando, attorno al 1920, le mie richerche assunsero una forma coerente, avvertii un lieve alleggerimento della tensione che le fasi pre- cedenti mi avevano causato. Dopotutto, e malgrado le fantasie solleci- tate da cieche emozioni, molti dei miei fenomeni non avevano una spie- gazione a portata di mano? Qualunque avvenimento fortuito avrebbe potuto indirizzarmi la mente verso studi occultistici durante l'amne- sia; e poi avevo letto le leggende proibite e conosciuto membri di culti antichi e malfamati. Tutto ci• poteva bene avere fornito il materiale per i sogni e le sensazioni disordinate che mi avevano assalito dopo il ritorno della memoria. Quanto alle note a margine scritte nei geroglifici del sogno in lingue a me ignote, ma a me attribuite dai bibliotecari, forse avevo appreso una infarinatura di quelle lingue durante la seconda vita, mentre i ge- roglifici furono indubbiamente creati dalla mia fantasia in base a de- scrizioni in vecchie leggende, poi riprese dai sogni. Tentai di verificare certi punti per mezzo di conversazioni coi capi di celebri sette, ma non arrivai mai a ricostruire i giusti rapporti. A volte le analogie in casi appartenenti a epoche distanti continuaro- no a perseguitarmi, come all'inizio, ma d'altra parte riflettei che il fol- klore era stato pi— universale nel passato che nel presente. Forse tutte le altre vittime i cui casi erano simili al mio vantavano profonde cognizioni e familiarit… con i racconti che io avevo scoperto soltanto durante la mia seconda vita. Quando quelle vittime avevano perduto la memoria, si erano immedesimate nelle creature dei familia- ri uniti a loro - i favolosi invasori che si diceva sostituissero le menti degli uomini - e avevano intrapreso ricerche che, secondo loro, li avrebbero riportati indietro a un immaginario passato non umano. Poi, quando riconquistarono la memoria, invertirono la direzione dell associazione e si identificarono con le precedenti menti prigionie- re, anzich‚ con quelle usurpatrici. Da lŤ i sogni e gli pseudo-ricordi che seguivanO gli schemi del mito convenzionale. Nonostante l'evidente goffaggine di tali spiegazioni, queste finirono per soppiantare tutte le altre nella mia mente, soprattutto per la poca consistenza delle altre teorie. E un ragguardevole numero di eminenti psicologi e antropologi a poco a poco giunse a condividere le mie idee. Pi— riflettevo, pi— il mio ragionamento mi sembrava convincente; e alla fine ebbi a disposizione un efficace baluardo contro le visioni e le impressioni che ancora mi assalivano. Mettiamo che vedessi cose stra- ne di notte. Ebbene, non erano che frutto di letture o di racconti orali. Avevo strane repulsioni e visioni? Anche quelle erano solo echi di miti assorbiti durante la seconda esistenza. Nulla di quanto sognavo, nulla di quanto sentivo era veramente importante. Confortato da tale filosofia, ebbi notevoli miglioramenti nell'equili- brio nervoso, bench‚ le visioni - pi— che le impressioni astratte - si fa- cessero pi— frequenti e ricche di particolari sconvolgenti. Nel 1922 mi senti in grado di riprendere il lavoro regolare, e sfruttai le nuove cono- scenze in mio possesso accettando un posto di lettore di psicologia al- l'universit…. La cattedra di economia politica era stata ormai affidata ad altri, senza contare che i metodi di insegnamento della scienza economica erano sensibilmente cambiati dal tempo dei miei anni migliori. Mio fi- glio a quell'epoca si accingeva a seguire gli studi di perfezionamento per arrivare alla cattedra, e cosŤ lavorammo assieme per parecchio temDo. ~nunque continuai a registrare con cura i sogni vivi, intensi e strava- ti che mi affollavano la mente. Questi appunti, pensai, erano di au- ntico valore come documento psicologico. Le fugaci visioni parevano ~ora ricordi, bench‚ io combattessi quella impressione con una buo- jdose di successo. 31 Scrivendo, trattai le visioni pi— fantasmagoriche come dati di fatto; ma dentro di me continuai a considerarle ragnatele illusorie della not- te. Non avevo mai fatto parola di questi problemi nelle normali conver- sazioni, per quanto certi riferimenti, filtrati come succede in casi del genere, avessero sollevato una quantit… di voci disperate sulla mia sa- lute mentale. E buffo constatare come tali voci si limitassero alla cer- chia dei profani, senza contare un solo seguace tra medici e psicologi. Delle mie visioni dopo il 1914 ne citer• qui solo poche, in quanto re- soconti e rapporti pi— completi sono a disposizione di chi vuole studia- re seriamente il caso. E evidente che con il tempo le strane inibizioni in un certo senso svanirono, visto che crebbe moltissimo la portata delle mie visioni. Comunque non sono mai state altro che frammenti disuni- ti, apparentemente privi di spiegazione. In sogno mi sembrava di acquistare una sempre maggiore libert… di vagabondare. Fluttuavo per misteriosi edifici di pietra, passando dal- I'uno all'altro per mezzo di enormi corridoi sotterranei, tali da formare vere e proprie vie di transito. Talvolta negli strati inferiori m'imbatte- vo in quelle gigantesche botole ermeticamente chiuse intorno alle qua- li aleggiava un'atmosfera di paura e di cose proibite. Vidi grandi piscine a mosaico, e stanze piene di strani e inspiegabili utensili dalle mille fogge, e colossali caverne con macchine complicate, le cui forme e i cui scopi mi erano sconosciuti e il cui rumore continuai a udire per anni nei sogni. Vorrei qui far notare che vista e udito erano gli unici sensi di cui disponessi nel mondo visionario. Il vero orrore inizi• nel maggio del 1915, quando vidi per la prima volta delle cose viventi. Questo accadde prima che gli studi mi avessero insegnato cosa dovevo aspettarmi, tenuto conto dei miti e dei casi clini- ci. Quando crollarono le barriere mentali, cominciai a intravedere grandi masse di sottile vapore in varie parti dell'edificio e nelle strade sottostanti. Queste si fecero pi— solide e nette, e infine ne distinsi i contorni mo- struosi con facilit… conturbante. Mi apparvero enormi coni iridescenti alti circa tre metri e larghi altrettanto alla base, fatti di materia rugo- sa, squamosa e semi-elastica. Dalla sommit… si proiettavano quattro membra flessibili, cilindriche, ciascuna di trenta centimetri di diame- tro, e rugose come i coni stessi. Le membra talvolta si contraevano fino quasi a scomparire, oppure si estendevano fino a circa tre metri. Due arti terminavano con enormi artigli o chele, in fondo al terzo vi erano quattro appendici rosse, a for- ma di tromba. Il quarto arto finiva con un globo irregolare, giallogno- lo, di circa mezzo metro di diametro e con tre grandi occhi scuri siste- mati lungo la circonferenza centrale. Quella testa era sormontata da quattro peduncoli grigi e sottili dota- ti di appendici a forma di fiore, mentre dal basso pendevano otto an- tenne o tentacoli verdastri. La grande base del cono principale era li- mitata da una frangia di sostanza gommosa grigia che muoveva tutta I'entit… mediante l'alternarsi di espansioni e contrazioni. 3 Il loro comportamento, bench‚ innocuo, mi inorridŤ pi— del loro aspettř, perch‚ non Š piacevole vedere oggetti mostruosi fare cose che notoriamente fanno solo gli esseri umani. Quegli oggetti si muovevano con intelligenza nelle grandi stanze, prendevano libri dagli scaffali, li portavano sui tavoli o viceversa, e talvolta scrivevano diligentemente con bacchette speciali sorrette dai tentacoli della testa verdastra. Le chele enormi venivano usate per portare i libri e nella conversazione il dialogo consisteva in una serie di schiocchi. Le creature non indossavano vestiti ma portavano cartelle o zaini ap- pesi alla sommit… del tronco conico. Di solito tenevano la testa e il membro che la sosteneva al livello del vertice del cono, ma spesso la sollevavano o I'abbassavano. Gli altri tre grandi arti pendevano spesso in posizione di riposo lungo i fianchi del cono e si contraevano fino a un metro e mezzo quando non servivano. A giudicare da come leggevano, scrivevano e azionavano le macchine - quelli ai tavoli dovevano svolgere attivit… intellettuali--ne conclusi che la loro intelligenza fosse molto maggiore di quella del- I'uomo. In seguito li vidi dappertutto; brulicavano per stanze e corridoi, sor- vegliavano macchine mostruose in cripte a volta, e percorrevano le am- pie strade su automobili gigantesche a forma di imbarcazione. Smisi di aver paura di loro quando compresi che pur essendo fisicamente diver- si costituivano una componente naturalissima del loro ambiente. Mi si rivelarono differenze individuali fra loro, e alcuni parevano es- sere sottoposti a qualche specie di controllo. Questi ultimi infatti, pur non essendo fisicamente diversi, mostravano disomogeneit… di gesti e t abitudini che li distinguevano non solo dalla maggioranza, ma anche tra di loro. Scrivevano moltissimo in una gran variet… di caratteri, o almeno co- sŤ mi parve nelle confuse visioni; mai nei tipici geroglifici curvilinei che avevo imparato a conoscere. Pochi, immaginai, usavano il nostro alfabeto corrente. Moltissimi lavoravano pi— lentamente della media 3/~- delle altre entit…. Per tutto il tempo dei sogni, la mia parte era quella di una coscienza ~; Corporea con una gamma di visioni maggiore del normale; fluttuavo, ~ppure ero costretto nei limiti delle strade normali e della velocit… del ~affico. Fu solo nell'agosto 1915 che certi sospetti di esistenza corpo- _ a preserO ad angosciarmi. Dico angosciarmi perch‚ la prima fase fu ~a associazione mentale astratta, ma terrificante, della ripugnanza ~porea, gi… rilevata, con le scene delle visioni. ~er qualche tempo la preoccupazione principale durante i sogni fu quella di evitare di guardarmi, e ricordo come fui grato per la mancan- za totale di grandi specchi nelle misteriose stanze. Mi turb• molto il fatto di vedere sempre le grandi tavole - la cui altezza non poteva esse- re inferiore a tre metri- non dal basso ma dall'alto. Poi la tentazione di guardarmi si fece sempre maggiore, finch‚ una notte non resistetti. Dapprima, abbassando lo sguardo, non vidi nulla. Un attimo dopo mi accorsi che ci• era dovuto al fatto che la testa era in cima a un collo flessibile di enorme lunghezza. Ritraendo il collo e ab- bassando lo sguardo, vidi la massa rugosa, squamosa, iridescente di un grande cono alto tre metri e largo altrettanto alla base. Fu allora che svegliai mezza Arkham con le mie grida, quando riemersi come un paz- zo dall'abisso del sonno. Soltanto dopo settimane di odiosa ripetizione finii per riconciliarmi in parte con quelle visioni di me stesso sotto mostruose sembianze. Nei sogni, allora, mi muovevo con il corpo in mezzo alle altre entit… scono- sciute, leggevo libri terribili presi dagli infiniti scaffali e scrivevo per ore alle grandi tavole con stili impugnati dai verdi tentacoli che mi pendevano dalla testa. Brani di quanto leggevo e scrivevo indugiavano nei miei ricordi. Vi erano annali di altri mondi e altri universi, e tumulti di vita senza for- ma al di fuori di tutti gli universi. Vi erano documenti su strani ordini di esseri che avevano popolato il mcmdo in passati dimenticati, e terri- ficanti cronache di intelligenze dai corpi grotteschi che lo avrebbero popolato milioni di anni dopo la morte degli ultimi esseri umani. rmparai capitoli di storia umana la cui esistenza nessuno studioso di oggi ha mai sospettato. La maggioranza di tali scritti era nella lingua dei geroglifici, che io studiai in modo bizzarro con l'aiuto di macchine ronzanti, e che era evidentemente un idioma agglutinante con sistemi di radici assolutamente dissimili da quelli esistenti nelle lingue uma- ne. Altri volumi erano in lingue sconosciute, che avevo appreso nella stessa strana maniera. Pochissimi erano scritti in lingue a me note. Pit- ture di pregevole fattura, sia inserite negli annali sia raccolte in colle- zioni a parte, mi aiutarono immensamente. E per tutto il tempo mi parve di scrivere la storia della mia epoca in inglese. Al risveglio, ricor- davo solo minimi brandelli senza significato delle lingue di cui ero pa- drone nel sogno, mentre conservavo il ricordo di intere frasi della mia storia. Ancor prima che avessi studiato i casi paralleli, o i vecchi miti da cui indubbiamente erano scaturiti i sogni, io seppi che le entit… che mi cir- condavano erano della pi— grande razza del mondo, quella che aveva conquistato il tempo e aveva inviato menti esplorative in ogni epoca. Seppi anche che ero stato sradicato dalla mia epoca mentre un altro usava il mio corpo in quell'epoca. Mi pareva di parlare, in una strana lingua fatta di battiti di artigli, Corl intelletti provenienti da ogni ango- lo del sistema solare. Vi era una mente venuta dal pianeta che noi conosciamo come Vene- re, che viveva in incalcolabili epoche a venire, e un'altra di una luna di Giove che viveva sei milioni di anni nel passato. Di menti terrestri ce n'eranO alcune appartenenti alla razza dell'Antartide del Paleogene, con ali, testa fatta a stella e di natura semi-vegetale; una alla gente- rettile della leggendaria Valusia; tre agli adoratori di Tsathoggua, iper- borei pelosi, pre-umani; una agli abominevoli Tcho-Tcho; due agli aracnidi dell'ultima era della Terra; cinque alla coraggiosa specie dei coleotteri che verr… subito dopo il genere umano, e nella quale la Gran- de Razza avrebbe un giorno trasferito in massa le sue menti pi— acute, nella imminenza di un'orribile pericolo, e parecchie a diversi rami del- I'umanit…. Parlai con la mente di Yiang-Li, un filosofo del crudele impero di Tsan-Chan che verr… nel cinquemila; con quella di un generale del bru- no popolo dalle grosse teste che govern• in Sud Africa nel cinquanta- mila a.C.; con quella di un monaco fiorentino del dodicesimo secolo, di nome Bartolomeo Corsi; con quella di un re di Lomar che aveva domi- nato su quella terribile terra polare centomila anni prima che i tarchia- ti e gialli Inutos giungessero dall'ovest per annientarla. Parlai con la mente di Nug-Soth, un mago dei bruni conquistatori del sedicimila; con quella di un antico romano, Titus Sempronius Blae- sus, che era stato questore ai tempi di Silla; con quella di Khephnes, un egizio della quattordicesima dinastia, il quale mi narr• i terribili se- greti di Nyarlathotep; con quella di un sacerdote del regno di mezzo ad Atlantide; con quella di un gentiluomo del SuffoLI~ ai tempi di Crom- well, James Woodville; con quella di un astronomo di corte del Per— pre-Incas; con quella di un fisico australiano, Nevel Kingston-Brown, che morir… nel duemilacinquecentodiciotto; con quella di Theodori- des, un ufficiale greco-bactriano del duecento a.C.; con quella di un an- ziano francese del tempo di Luigi XIII, Pierre-Louis Montagny; con quella di Crom-Ya, un condottiero cimmerio del quindicimila a.C., e oon tanti altri di cui il mio cervello non ha conservato gli impressio- nanti segreti e i prodigi che mi rivelarono. ~ Ogni mattina mi destavo in fermento, certe volte con la voglia frene- r~ tica di controllare la verit… di informazioni che rientravano nell'ambi- b delle moderne cognizioni umane. I fatti tradizionali assunsero ISpetti nuovi e di difficile valutazione, e mi stupii della fantasia onirica ~pace di aggiungere simili appendici alla storia e alla scienza. I~Rabbrividii per i misteri che il passato poteva celare, e tremai al pen- ~ero delle minacce che il futuro ci avrebbe riservato. Quanto veniva ennato nei discorsi delle entit… post-umane circa la sorte dell'uma- mi fece un effetto che non so tradurre in parole. Dopo l'uomo vi sarebbe stata la potente civilt… dei coleotteri, i cui corpi sarebbero stati catturati dal meglio della Grande Razza quando la mostruosa condanna fosse calata sul vecchio mondo. Pi— tardi, alla chiusura del ciclo della Terra, le menti trasferite avrebbero di nuovo migrato attraverso il tempo e lo spazio verso un altro luogo, per fer- marsi nei corpi delle bulbose entit… vegetali di Mercurio. Ma dopo di loro sarebbero venute altre razze, pateticamente abbarbicate al freddo pianeta e rintanate in profondit… piene di orrore, prima della rovina fi- nale. Frattanto, nei miei sogni, io scrivevo indefessamente quella storia della mia epoca che preparavo - in parte volontariamente e in parte con la promessa di maggiori possibilit… di consultazioni in biblioteca e di viaggi - per gli archivi centrali della Grande Razza. Gli archivi era- no in un colossale edificio sotterraneo vicino al centro della citt…, che imparai a conoscere bene. Quella miniera di informazioni che, secondo gli intendimenti, doveva durare quanto la razza e sopportare le pi— vio- lente agitazioni terrestri, superava tutte le altre costruzioni quanto a massiccia solidit…. Gli annali, scritti a mano o stampati su grandi pagine di una sostan- za derivata dalla cellulosa e straordinariamente resistente, erano rac- colti in volumi che si aprivano dall'alto ed erano conservati in cassette di un metallo sconosciuto, leggero e inossidabile, di colore grigio, deco- rate con disegni matematici e con il titolo nei geroglifici curvilinei del- la Grande Razza. Queste cassette erano sistemate in innumerevoli file di scaffali muni- ti di sportelli chiusi a chiave, lavorati nello stesso metallo e chiusi da manopole dall'intricato funzionamento. La mia storia fu assegnata a un determinato posto nelle volte del piano pi— basso o dei vertebrati, la sezione dedicata alle civilt… dell'uomo e delle razze pelose simili a ret- tili che ne furono i predecessori immediati nel dominio della Terra. Ma nessuno dei sogni mi fornŤ mai un quadro completo della vita quo- tidiana. Erano tutti frammenti oscuri, sconnessi, e certamente non si manifestarono nella giusta sequenza. A esempio, ho una idea molto im- perfetta di come fosse organizzata la mia vita nel mondo onirico; per• mi sembra di aver posseduto una grande stanza di pietra, tutta per me. Le mie limitazioni di prigioniero scomparvero a poco a poco, cosŤ alcu- ne visioni inclusero vividi viaggi lungo le grandiose strade nella giun- gla, soggiorni in citt… misteriose, esplorazioni di enormi rovine scure e prive di finestre, dalle quali la Grande Razza si teneva lontana per uno strano senso di paura. Vi furono anche lunghi viaggi per mare su naVi ti ir.~'rf~lihilmPnte v:'l()ci e ~ite sonra terre selva~e za, e in un lontano continente vidi i rozzi villaggi delle creature alate e con il nero muso prominente che si sarebbero evolute come razza do- minante una volta che la Grande Razza avesse mandato le sue menti pi— eccelse nel futuro, per sfuggire a un orrore strisciante. Uniformit… ed esuberante vegetazione erano sempre le note fondamentali del pae- saggio. Le colline erano basse e rare e di solito mostravano segni di atti- vit… vulcanica. Sugli animali che vidi potrei scrivere interi volumi. Tutti erano sel- vatici, perch‚ la civilt… meccanizzata della Grande Razza aveva aboli- to gli animali domestici, mentre il cibo era interamente vegetale o sin- tetico. Goffi rettili di grande mole sguazzavano in fumose paludi, flut- tuavano nell'aria pesante o si gettavano in mari e laghi; e tra quelli io immaginai di riconoscere vagamente i prototipi pi— piccoli e meno evoluti di molte specie - dinosauri, pterodattili, ittiosauri, labirinto- donti plesiosauri, e simili - resi familiari dalla paleontologia. Uccelli o mammiferi non ne scopersi. Il terreno e gli acquitrini pullulavano di serpenti, lucertole, cocco- drilli e insetti ronzavano di continuo tra la rigogliosa vegetazione. In ~L lontananza, sul mare, mostri sconosciuti nascosti sott'acqua zampilla- vano altissime colonne di schiuma nel cielo saturo di vapori. Una volta fui portato sotto l'oceano in un gigantesco sottomarino munito di ri- flettori, e intravidi orrori viventi di grandezza paurosa. Vidi anche le rovine di incredibili citt… sepolte e la profusione di vita crinoide, bra- chiopode, corallina e ittica che abbondava dovunque. Poche furono le informazioni che le mie visioni conservarono della fi- siologia~ psicologia, tradizioni, storia particolareggiata della Grande Razza, e molti dei punti sparsi che qui raccolgo furono spigolati dagli studi delle vecchie leggende e da altri casi, pi— che dai miei sogni. Col tempo, infatti, letture e ricerche si tennero al passo con i sogni, e 1 ~ in molte fasi le superarono, cosicch‚ taluni frammenti onirici furono egati in anticipo e costituirono verifiche di quanto avevo imparato. j~Ci• rafforzO in me la convinzione consolante che simili letture e ricer- ~he, Compiute dalla mia seconda personalit…, avessero costituito la ~nte di tutto il tessuto orribile delle pseudo-memorie. ~ L~antichit… del periodo cui si riferivano i miei sogni, evidentemente, _ ~ inferiore ai centocinquanta milioni di anni fa, quando il paleozoico ~ci• il posto al Mesozoico. I corpi occupati dalla Grande Razza non _ presentarono nessuna linea evolutiva - almeno provata scientifica- _ ~te- della fauna terrestre, ma possedevano una omogeneit… parti- _ re ed erano di tipo organico molto specializzato, collocabile a met… _ da tra lo stato ve~etale e auello animale. uno dei grandi arti flessibili era sempre semifluido, e sotto molti aspet- ti totalmente diverso dal cibo degli animali col… presenti. Gli esseri conici possedevano soltanto due dei sensi conosciuti--vista e udito - quest'ultimo esercitato mediante le appendici a forrna di fiore sui peduncoli grigi che stavano sopra la testa. Di altri sensi incompren- sibili - e comunque non ben utilizzabili da menti estranee e prigioniere racchiuse nei loro corpi - ne possedevano molti I loro tre occhi erano sistemati in maniera da consentire loro un campo visivo pi— ampio del normale. Il loro sangue era una specie di ic˘re verde scuro di forte den- sit…. Non avevano sesso, ma si riproducevano per mezzo di semi o spore che si raccoglievano sulla loro base e si sviluppavano soltanto sott'ac- qua. Per la crescita dei figli usavano grandi vasche poco profonde - ma i piccoli venivano allevati in numero modesto data la longevit… dei membri della loro specie - il normale periodo di vita andava infatti dai quattro ai cinquemila anni. Individui con evidenti difetti venivano eliminati appena si scopriva- no tali difetti. Le malattie o I'avvicinarsi della morte, in mancanza del senso del dolore fisico, venivano riconosciuti da sintomi puramente vi- sivi. I morti erano cremati con cerimonie solenni. Ogni tanto, come si Š detto, una mente acuta sfuggiva alla morte proiettandosi innanzi nel tempo; ma non si trattava di casi numerosi. Quando se ne verificava uno, la mente cacciata dal futuro veniva trattata con estrema gentilez- za fino alla morte del suo involucro estraneo. La Grande Razza formava un'unica nazione o lega la cui coesione era assicurata da blande regole. Le maggiori istituzioni erano in comune, ma esistevano quattro divisioni assai nette. Il sistema politico e econo- mico di ogni unit… era una specie di socialismo autoritario con le prin- cipali risorse distribuite in modo razionale e il potere affldato a un ri- stretto consiglio di governo eletto con i voti di tutti coloro che avevano superato certe prove educative e psicologiche. L'organizzazione fami- liare non era tenuta in gran conto bench‚ si riconoscessero i legami tra le persone di comune discendenza e i giovani fossero generalmente al- levati dai genitori. Rassomiglianze con atteggiamenti e istituzioni umane erano molto spiccate, naturalmente, in quei campi che riguardavano certi principi astratti, oppure registravano il predominio dei bisogni basilari e non specifici comuni a tutta la vita organica. Talune altre somiglianze veni- vano da una scelta cosciente perch‚ la Grande Razza sondava il futuro e copiava quanto le piaceva. L'industria tecnicamente molto evoluta richiedeva pochissimo tem- po a ogni cittadino; l'abbondante tempo libero veniva dedicato ad atti- vit… intellettuali ed estetiche di varia natura. Le scienze erano a un incredibile grado di sviluppo e l'arte era un '~ aspetto essenziale dell'esistenza, sebbene nel periodo dei miei sogni es- sa fosse gi… in una fase di decadenza. La tecnologia era grandemente stimolata dalla perenne lotta per sopravvivere e tenere in vita il tessuto fisico delle immense citt…, imposto dai mostruosi sollevamenti geolo- gici dei primordi. I reati erano sorprendentemente rari e venivano trattati con un siste- ma efficacissimo. Le punizioni andavano dalla privazione dei privilegi e dalla carcerazione, alla morte o a forti torture emotive, e non erano mai inflitte senza un attento esame dei moventi criminosi. La guerra, per lo pi— civile negli ultimi millenni, ma talvolta mossa contro i Vecchi Alati dalla testa stellata che popolavano l'Antartico, era un avvenimento insolito, ma orribilmente devastante. Un esercito enorme che faceva uso di armi simili ad apparecchi fotografici capaci di prodŁrre terribili effetti elettrici, veniva tenuto in efficienza per sco- pi di cui poco si parlava, ma evidentemente collegati con il perenne ti- more delle oscure, vecchie rovine senza finestre e delle grandi botole ermetiche ai piani sotterranei pi— bassi. La paura delle rovine e delle botole di basalto era soprattutto una questione di idee non dette, o al massimo di mezzi sussurri furtivi. Qualunque cosa essi racchiudessero, era assente dai libri che riempiva- no i comuni scaffali. Era l'unico argomento considerato tab— dalla Grande Razza, forse collegato sia con le orribili lotte passate, sia con il futuro pericolo che avrebbe un giorno costretto la razza a trasferire nel futuro le sue menti pi— fervide, in massa. Le altre informazioni offerte da sogni e leggende erano imperfette e frammentarie, ma quell'argomento era tenuto segreto in modo assai sooncertante. I vaghi miti antichi evitavano di parlarne - o forse qual- siasi allusione in proposito era stata tolta per qualche motivo. E nei so- gni, miei e di altri, le tracce erano pochissime. I membri della Grande Razza non si riferivano alla cosa intenzionalmente, e quanto se ne po- teva sapere veniva soltanto da certe menti prigioniere particolarmente acute e osservatrici. Secondo quei ritagli di notizie, il fondamento della paura stava in un a~ibile antichissima razza di entit… estranee, mezze polipi, venuta at- ~averSo lo spazio da universi incommensurabilmente lontani che ave- ~dominato la terra e altri tre pianeti del sistema solare circa seicento pioni di anni fa. I suoi membri erano solo parzialmente materiali - pndo il nostro concetto di materia - e il loro genere di coscienza e di ~zzi di percezione differiva notevolmente da quello degli organismi pstri. Per esempio, ai loro sensi mancava la vista; il loro mondo ~tale era costituito da impressioni misteriose, non visive. ~ano, tuttavia, abbastanza solidi per usare utensili di materia nor- ~, quandO erano in zone cosmiche in cui aveva senso servirsene, e necessitavano di alloggi - quantunque di genere particolare. I loro sen- si potevano attraversare tutte le barriere materiali, ma la loro sostanza no; certe forme di energia elettrica potevano distruggerli totalmente Erano capaci di moto aereo, malgrado la mancanza di ali o altri mezzi visibili di sollevamento. Le loro menti erano di tale natura che la Gran- de Razza non poteva fare scambi con loro. Quando questi esseri vennero sulla Terra, costruirono grandiose cit- t… di basalto con edifici senza finestre, altissimi, e distrussero orribil- mente gli originari abitanti del pianeta. Quella era la situazione quan- do le menti della Grande Razza saettarono nel vuoto da quel mondo te- nebroso e trans-galattico noto col nome di Yith nei sinistri e discutibili Frammenti di Eltdown. I nuovi arrivati, con gli strumenti che idearono, sottomisero con faci- lit… le entit… rapaci e le imprigionarono in quelle caverne della profon- da terra che queste ultime avevano gi… collegato con le loro abitazioni e dove gi… avevano cominciato ad abitare. Ne avevano poi sigillate le entrate e li avevano abbandonati al loro destino, dopo aver conquistato gran parte delle grandi citt… e rispar- miato certi edifici importanti per motivi legati pi— alla superstizione che a indifferenza, audacia, o zelo scientifico e storico. Ma, col passare degli eoni vennero segni indistinti e funesti che le co- se pi— anziane si erano fatte forti e numerose nel mondo sotterraneo. Vi furono sporadiche irruzioni di tipo particolarmente detestabile in cer- te citt… piccole e remote della Grande Razza, e in alcune vecchie citt… abbandonate che la Grande Razza non aveva popolato- luoghi dove gli accessi agli abissi sottostanti non erano stati opportunamente sigillati o sorvegliati. Dopo ci• furono prese maggiori precauzioni, e molti accessi furono chiusi per sempre - alcuni per• furono dotati di botole ermetiche per uso strategico, in caso di lotta contro le entit… pi— anziane, caso mai avessero fatto irruzione in luoghi imprevisti. Le irruzioni di quelle entit… dovevano essere state impressionanti ol- tre ogni descrizione, perch‚ avevano lasciato un marchio permanente nella psicologia della Grande Razza. Tale fu lo stato di angoscia perdu- rante che non fu mai detto il vero aspetto fisico di quelle creature. Mai riuscii a cogliere un chiaro accenno alle loro sembianze. Vi furono velate allusioni a una plasticit… mostruosa e a temporanei intervalli di invisibilit…, mentre altre voci frammentarie si riferivano al controllo e all'uso militare dei grandi venti da essi operato. Strani rumori fischianti e orme di piedi colossali con cinque impronte di dita circolari venivano ugualmente associati a quelle cose. Era chiaro che la futura catastrofe, cosŤ temuta dalla Grande Razza - I'incombente distruzione che un giorno avrebbe costretto all'esilio mi- lioni di fervide menti attraverso gli abissi del tempo verso strani corpi in un futuro pi— sicuro - aveva a che fare con la generalizzata irruzione degli esseri antichi, che avrebbero ottenuto la vittoria. Le proiezioni mentali attraverso le ere avevano preannunziato un ta- le orrore, e la Grande Razza aveva deciso che nessuno di quelli che po- tevanř fuggire doveva affrontarlo. Infatti la scorreria avrebbe avuto il sapore di una vendetta, pi— che di un tentativo di rioccupare il mondo esternO, e questo lo sapevano dalla recente storia del pianeta, perch‚ le loro proiezioni rivelarono un andirivieni di razze successive non di- sturbate dalle entit… mostruose. Forse quelle entit… avevano finito per preferire gli abissi profondi della Terra alla inquieta superficie devastata dalle tempeste, poich‚ per loro la luce non aveva la minima importanza. Forse si erano anche indeboliti attraverso gli eoni. In realt… si sapeva che sarebbero stati estinti al tempo della razza post-umana dei coleotteri, nella quale si sa- rebbero insediate le menti degli esuli. ~el frattempo la Grande Razza continu• la prudente sorveglianza con potenti armi sempre pronte, nonostante l'argomento fosse bandito dalla conversazione di ogni giorno e dalla documentazione visibile. E sempre l'ombra della paura senza nome aleggiava attorno alle botole sigillate e alle torri oscure e senza finestre. Ecco il mondo di cui ogni notte i sogni mi portavano echi indistinti e sparsi. ~Ion spero di darvi una vera idea dell'orrore e dello spavento contenuti in quegli echi, perch‚ tali sensazioni dipesero essenzialmen- te da caratteristiche inafferrabili - dalla differente sensibilit… della pseudo-memoria. Come ho detto gli studi mi consentirono una graduale difesa contro quei sentimenti sotto forma di spiegazioni razionali e psicologiche, e tale influenza positiva fu accresciuta dal misterioso potere dell'abitu- dine, che si dispiega col passare del tempo. Malgrado tutto, il vago ter- j, IlOre serpeggiante tornava di tanto in tanto, momentaneamente. Ma t non mi inghiottiva pi— come una volta, e dopo il 1922 io vissi una vita rmale di lavoro e di svago. ~ ~E Nel corso degli anni cominciai a capire che la mia esperienza - insie- v ~e con i casi analoghi e il relativo foL~lore - meritava di essere riassun- e pubblicata a beneficio degli studiosi pi— seri . Perci• preparai una _ ie di articoli che riassumevano tutta la storia, e li illustrai con schiz- ~approssimativi di forme, scene, motivi decorativi e geroglifici, cosŤ _me li ricordavo dai so~ni. Tali articoli apparvero a intervalli durante il 1928 e il 1929 nel Jour- nal of the American Psychological Society, ma non suscitarono molto in- teresse. Intanto io proseguii il diario dei miei sogni con cura minuzio- sa. Il I O giugno t 934 la Psychological Society mi spedŤ la lettera che aprŤ la fase culminante e pi— orribile di quella folle esperienza. La lettera re- cava il timbro postale di Pilbarra, in Australia Occidentale, e recava la ~irma di un uomo che scopersi essere un assai stimato tecnico minera- rio. Erano accluse alcune bizzarre istantanee. Ne riproduco il testo in- tegralmente, e i lettori comprenderanno senza dubbio quale e~fetto eb- bero su di me la lettera e le fotografie. Per un certo tempo rimasi inebetito e incredulo. Spesso avevo pensa- to che un certo fondamento di realt… doveva esistere in alcune parti delle leggende che avevano colorato i miei sogni, ci• nondimeno ero impreparato alla tangibile sopravvivenza di un mondo perduto e re- moto. Pi— terribili di tutto furono le fotografie, perch‚ l…, in un freddo in~ontrovertibile realismo spiccavano su uno sfondo di sabbia certi blocchi di pietra deteriorati dalle intemperie, che presentavano la sommit… convessa e la base concava in un modo per me assai eloquen- te. E quando esaminai le fotografie con una lente d'ingrandimento vidi chiaramente su quelle super~ici rovinate e butterate, le tracce di quei disegni curvilinei e di quei geroglifici la cui importanza era diventata per me cosŤ enorme. Ma ecco la lettera cui credo ci sia poco da aggiun- gere. 49, Dampier Street Pilbarra, Australia Occidentale 18 maggio 1934 Professore N.W. Peaslee presso American Psychological Society 30, Quarantunesima Strada Est l~lew York City, U.S.A. Egregio signore, a seguito di una recente conversazione con il Dottor E.M. Boyle di Perth, e di certi suoi articoli che il dottor Boyle mi ha appena inviato, ri- tengo consigliabile parlarle di cose che ho visto nel Gran deserto sabbio- so, a oriente del nostro terreno aurifero. In considerazione delle curiose leggende su antiche citt… con enormi opere in pietra e misteriosi disegni di geroglifici che lei descrive, sembrerebbe che mi sia capitato fra le ma- ni qualcosa di veramente importante. ~li indigeni parlano da sempre di ®grandi pietre con dei segni sopra®, e pare che abbiano molta paura di tali oggetti. Le collegano in qualche modo con le loro leggende su Buddai, il vecchio gigantesco che da secoli giace addormentato sottoterra, con la testa sul braccio, e che un giorno si sveglier… e manger… il mondo. Vi sono racconti antichissimi e ormai molto vaghi di enormi dimore Sotterranee fatte di grosse pietre, dove i corridoi conducono sempre pi— in profondit… e dove sono accadute cose orribili. Gli indigeni sostengono che una volta alcuni soldati in fuga dopo una battaglia penetrarono in uno di questi passaggi e non tornarono pi— indietro, ma che dal luogo co- minciarono a soffiare venti spaventosi dopo che costoro furono scesi. Tut- tavia non c'Š molto buon senso in ci• che raccontano gli indigeni. Ma ho ben altro da dirle. Due anni fa, quando esploravo la regione in cerca di giacimenti, a circa ottocento chilometri a est, nel deserto, mi im- battei in una quantit… di strani pezzi di pietra decorata, forse della misu- ra di un metro per mezzo metro, e dello spessore di circa sessanta centi- metri, logorati e butterati quant'altri mai. Dapprima non rilevai i segni di cui parlavano gli indigeni, ma poi os- servando meglio notai delle linee profondamente incise. Erano curve particolari, proprio come avevano affermato i nativi. Ce ne dovevano es- sere trenta o quaranta blocchi, alcuni quasi sepolti nella sabbia, e tutti in [ un raggio di circa quattrocento metri. Incuriosito, ne cercai altri e feci un attento calcolo del luogo con i miei strumenti. Scattai anche delle foto di dieci o dodici tra i blocchi pi— tipi- ci, le cui copie ho accluso alla presente lettera. Passai informazioni e fotografie alle autorit… governative di Perth, ma 3 non hanno assunto alcuna iniziativa in proposito. Poi conobbi il dottor Boyle, che aveva letto i suoi articoli nel Journal of theAmerican Psychological Sociely e dopo un poco, mi capit• di accenna- re alle pietre. Egli si dimostr• interessatissimo e il suo entusiasmo rag- giunse il colmo quando gli mostrai le istantanee. Disse che le pietre e i se- gni assomigliavano incredibilmente alle costruzioni da lei sognate e de- scritte nelle leggende. Aveva intenzione di scriverle, ma Š stato molto occupato. Intanto mi ha mandato quasi tutte le riviste con i suoi articoli e io vidi subito, dai suoi disegni e dalle descrizioni, che le mie pietre sono sicuramente dello stes- so genere. Lo rilever… dalle fotografie. In seguito ricever… notizie dal dot- tor Boyle. Ora comprendo quanto sia per lei importante tutto questo. Senza dub- bio lei si trova di fronte ai resti di una civilt… sconosciuta, forse pi— antica di qualunque altra, e tale da formare una base per le sue leggende. Come tecnico minerario ho nozioni di geologia, e posso dirle che questi blocchi sono tanto antichi da spaventarmi. Sono per lo pi— di arenaria e granitO, bench‚ uno almeno sia fatto di uno strano tipo di cemento o cal- CestruzzO. I - ~ Recano tracce evidenti dell'azione dell'acqua, come se questa parte del 3' ~Fndo fosse stata sommersa e poi fosse riemersa dopo lunghe ere - il tut- ~dopo che quei blocchi erano stati tagliati e utilizzati. Penso a centinaia ~migliaia di anni - o forse molti di pi—, Dio solo sa quanti. isto il suo precedente, accurato lavoro nel rintracciare le leggende e tto quanto ad esse si collega, non dubito che lei vorr… guidare una spe- one nel deserto ed effettuare degli scavi. Il dottor Boyle ed io siamo ~posti a collaborare in tale lavoro se lei, o organizzazioni da lei contat- ,ie, finanzieranno l'operazione. Io posso mettere assieme una dozzina di minatori per gli scavi pesanti - gli indigeni non servirebbero a nulla, perch‚ ho scoperto che hanno un terrore invincibile del luogo. Boyle ed io non ne abbiamo parlato con al- tri, perch‚ ovviamente spetta a lei avere la precedenza nelle scoperte e nel mento. Il luogo Š raggiungibile da Pilbarra in circa quattro giorni con un vei- colo fuoristrada - di cui avremo bisogno per il nostro macchinario. E pi— o meno a sud-ovest della pista di Warburton, del 1873, e a centosessanta chilometri a sud~st di Joanna SpUng. Potremmo abbreviare risalendo il fiume De Grey invece di partire da Pilbarra - ma tutto questo sar… meglio discuterlo al momento opportuno. Approssimativamente le pietre si trovano in un punto a circa 20ř3'14" di latitudine sud, 125~0'39" di longitudine est. Il clim~ Š tollido e le con- dizioni climatiche del deserto sono proibitive. Attendo con piacere sue notizie sull'argomento e sono veramente im- paziente di assisterla in qualsiasi progetto lei concepisca. Dopo aver esa- minato i suoi articoli, sono rimasto molto colpito dal profondo significa- to dei temi da lei toccati. Il dottor Boyle le scriver… in seguito. Se necessita di un mezzo di comu- nicazione urgente, pu• mandare un cablogramma a Perth e mi sar… tra- smesso via radio. Con viva speranza di una sollecita risposta, la prego accettare i sensi della mia stima. ROBERT B.F. MACKENZIE Sulle immediate conseguenze della lettera si pu• apprendere molto dai giornali. La mia grande fortuna di ottenere l'appoggio della Mis- katonic University, e tanto il signor Mackenzie quanto il dottor Boyle si dimostrarono preziosi nell'organizzare la spedizione in Australia. Non fummo troppo loquaci circa i nostri obiettivi, perch‚ l'intera faccenda poteva prestarsi in modo sgradevole ad essere trattata dai giornali po- polari come fatto sensazionale o faceto. Di conseguenza, i resoconti stampati furono pochi ma sufficienti a rivelare che si trattava di ricer- che di rovine australiane con particolari sulle fasi preparatorie. Il professor William Dyer del corso di geologia - capo della spedizio- ne antartica della Miskatonic University, nel 1930-31 -, Ferdinand C. Ashleyn, docente di storia antica, e Tyler M. Freeborn, docente di antro- pologia, insieme a mio figlio Wingate, furono le persone che decisero di accompagnarmi. Il mio corrispondente Mackenzie venne ad Arkham ai primi del 1935 e ci diede una mano nei preparativi finali. Si dimostr• un uomo affabi- le e di estrema competenza, sui cinquant'anni, di grande erudizione e con una profonda conoscenza di tutte le condizioni di viaggio in Au- stralia. Egli aveva veicoli fuoristrada pronti a Pilbarra, e noi noleggiammř un battello abbastanza piccolo da risalire il fiume fino a quel punto. Ci disponemmo a scavare in maniera accuratissima e razionale setaC- ciando ogni particella di sabbia ma senza danneggiare niente che po- tesse apparire in stato naturale o quasi. Salpammo da Boston a bordo dell'ansimante Lexington il ventotto marzř 1935 e facemmo una comoda traversata dell'Atlantico e del Me- diterraneo, poi attraversammo il Canale di Suez e il Mar Rosso percor- rendo poi l'Oceano Indiano fino alla meta. Non sto a dirvi quanto mi depresse la vista della piatta costa sabbiosa dell'Australia occidentale e quanto odiai la rozza citt… mineraria e i tetri campi auriferi dove i trattori caricarono il resto dell'equipaggiamento. Il dottor Boyle, che venne a riceverci, ci apparve anziano, piacevole e intelligente, e le sue cognizioni di psicologia gli permisero di ingaggia- re lunghe discussioni con mio figlio e con me. Disagio e attesa si mescolavano dentro di noi mentre il nostro grup- po di diciotto persone avanzava sulle aride estensioni di sabbia e roc- cia. Il venerdŤ trentuno maggio, guadammo un ramo del fiume De Grey ed entrammo nel regno della totale desolazione. Mi crebbe dentro un comprensibile terrore a mano a mano che avanzavamo verso il luogo dell'antico mondo delle leggende - un terrore, naturalmente, favorito dal fatto che i miei sogni disturbanti e le pseudo-memorie continuava- t no ad assalirmi con immutata intensit…. Fu il lunedŤ, tre giugno, che vedemmo il primo dei massi semisepolti. Non so descrivere l'emozione con cui toccai veramente - nella realt… della veglia - un frammento di costruzione ciclopica in tutto e per tutto simile ai blocchi dei muri degli edifici tanto spesso sognati. Vi era una inconfondibile traccia di incisioni, e le mani mi tremarono quando ri- 1, conobbi parte di uno schema curvilineo e decorativo, reso familiare da anni di tormentoso incubo e sconcertanti ricerche. Un mese di scavi port• alla luce un totale di circa milleduecentocin- t quanta blocchi in varie fasi di corrosione e frammentazione. Per lo pi— erano megaliti con estremit… superiori e inferiori ricurve. Una mino- ranza consisteva in blocchi, pi— piccoli, piatti, con superfici lisce, a ta- glio squadrato o ottagonale- come quelli dei pavimenti e dei selciati del sogno- mentre alcuni erano singolarmente massicci e ricurvi o in- dinati in maniera da far pensare che fossero stati usati per volte o co- stoloni~ o parti di archi, o contorni di finestre rotonde. .Pi— sCavammo in profondit… - e lontano verso nord-est- pi— trovam- ~o altri massi, anche se non riscontrammo tracce di una disposizione pinata dei singoli elementi . Il professore Dyer fu atterrito dalla incre- ~ile vetust… dei frammenti, e Freeborn trov• tracce di simboli ricor- ~ti in certe leggende antichissime e oscure della Papuasia e della Po- _ esia. Lo stato e la dispersione dei blocchi erano una muta attestazio- _ li Vertiginosi Cicli di tempo e di sollevamenti geologici di brutalit… _ nica. nevamo anche di un aeroplano e mio figlio Wingate andava 45 spesso a diverse altitudini per scrutare il deserto di sabbia e roccia alla ricerca di segni di contorni indistinti e di grandi dimensioni, di diversi- t… di livello del suolo o tracce di massi sparsi. I risultati furono negati- vi; ogni qualvolta pensava di aver visto un segno significativo, la volta dopo l'impressione era sostituita da un'altra di natura contraria a cau- sa della sabbia che si spostava col vento. Tuttavia una o due di quelle impressioni effimere mi colpŤ in modo strano e sgradevole. Sembravano collegarsi in un certo modo con qual- cosa che avevo sognato a letto, ma che non rammentavo pi—. Avevano qualcosa di orribilmente familiare, il che mi fece considerare lo sterile suolo con timore e apprensione anche maggiori. Durante la prima settimaiia di luglio, crebbe in me una inesauribile serie di impressioni confuse a proposito di quella zona a nord-est. Era orrore ed era curiosit…, ma in pi— vi era una costante e sconcertante sensazione di d‚j…-vu. Tentai ogni genere di espedienti psicologici per togliermi quelle idee dalla testa, ma senza successo. Divenni vittima dell'insonnia, ma ne fui quasi contento perch‚ abbreviava i periodi onirici. CosŤ presi l'abitudi- ne di fare lunghe passeggiate solitarie nel deserto, a notte fonda, di soli- to verso nord-est, laddove mi spingeva misteriosamente l'insieme dei nuovi impulsi. Talvolta, durante quelle passeggiate, inciampavo contro frammenti semi-sepolti. Bench‚ l… vi fossero meno blocchi visibili rispetto al pun- to da dove avevamo iniziato le ricerche, io ero sicuro che sotto terra essi fossero molto abbondanti. Il terreno era meno piatto che intorno al no- stro accampamento, e i venti prevalenti ammucchiavano la sabbia qua e l… in fantastiche collinette, mettendo in luce alcune tracce di antiche pietre ma probabilmente nascondendone molte altre. Io ero stranamente impaziente che gli scavi fossero estesi a quel ter- ritorio, eppure nel medesimo tempo inorridivo al pensiero delle even-, tuali scoperte. Era evidente che stavo scivolando in cattive condizioni ! di salute - e, quel ch'era peggio, senza rendermene conto. Un indice dei miei nervi malandati si pu• ricavare dalla reazione a j una strana scoperta che feci durante un vagabondaggio notturno. Fu la sera dell'undici luglio, quando la luna inondava le misteriose collinette di uno strano lucore. Girovagando un po' oltre i confini abituali, rinvenni per caso una grande pietra che pareva molto diversa da quelle finora scoperte. ~ra quasi del tutto nascosta ma io mi curvai e, tolta la sabbia con le mani, esaminai attentamente l'oggetto, facendo uso della mia torcia elettri- ca. Dissimile dalle altre, questa era perfettamente quadrata, senza su- perfici convesse o concave. Pareva, inoltre, di materia scura, basaltica, diversa dal granito o dall'arenaria o dal materiale simile al ceme~ dei frammenti ben noti. D'un tratto mi sollevai e corsi a tutta velocit… in direzione dell'ac- Campamento Fu una fuga inconscia e irrazionale, e solo quando fui nei pressi della mia tenda mi resi conto veramente del perch‚ avevo corso. E mi sovvenne un ricordo. La strana foresta scura era qualcosa che ave- vo sognato e di cui avevo letto, ed era collegata con i peggiori orrori del- le leggende antiche quanto l'eternit…. Era uno dei blocchi dell'antica costruzione basaltica di cui la mitica Grande Razza aveva paura--le alte rovine, senza finestre, lasciate dalle cose terribili, parzialmente immateriali ed estranee, che infestavano gli abissi profondi della terra e contro le cui forze, invisibili come il vento, erano state sbarrate le botole e appostate vigili sentinelle. Restai sveglio tutta la notte ma all'alba mi dissi che ero stato uno sciocco a lasciarmi sconvolgere dall'ombra di un mito. Invece di spa- ventarmi, avrei dowto avere l'entusiasmo dell'esploratore. Il mattino seguente misi gli altri al corrente della scoperta e insieme a Dyer, Freeborn, Boyle e mio figlio, mi incamminai per esaminare il blocco anomalo. Ma ci aspettava una delusione. Non mi ero fatto una idea precisa della posizione della pietra e il vento della notte aveva completamente mutato la disposizione delle collinette di sabbia. A questo punto affronto la parte cruciale e pi— difficile del mio raccon- to, tanto pi— difficile perch‚ non sono ben sicuro della sua realt…. A vol- te ho la spiacevole sensazione che non sognai n‚ fui indotto in errore, ed ~ questa sensazione di sicurezza--in vista delle prodigiose implicazioni che possono scaturire dalla verit… obiettiva della mia esperienza - che mi obbliga a fare il resoconto. Mio figlio - psicologo esperto, con una conoscenza completa del mio caso che giudicava con comprensione - sar… il primo giudice di quanto ~; sto per narrare. - = In primo luogo descriver• l'apparenza esteriore dell'episodio cosŤ co- ~e lo conoSCono quelli dell'accampamento. La notte tra il diciassette e diciotto luglio, dopo una giornata ventosa, mi coricai presto ma non scii a dormire. Alzatomi verso le undici e tormentato come al solito ~quella strana sensazione sul terreno di nord-est iniziai una delle mie lsseggiate notturne, dopo aver visto e salutato una sola persona - un Fnatore australiano di nome Tupper- al momento di lasciare la no- zona. a luna, appena in fase decrescente, brillava nel cielo sereno e ba- va le antiche sabbie di una radiosit… bianca, malata, che mi sembr• infinitamente malefica. Non c'era vento, n‚ ve ne sarebbe stato per cin- que ore almeno, come attestato da Tupper e da altri che mi videro scomparire tra le pallide collinette in direzione nord-est. Verso le tre e mezzo del mattino si lev• un vento violento che svegli• tutti al campo e fece cadere tre tende. Il cielo era senza nuvole e il de- serto splendeva ancora sotto il chiarore lunare. Quando il gruppo si diede a rialzare le tende, si accorse della mia assenza, ma tenuto conto dei precedenti la circostanza non cre• allarme. Tuttavia, almeno tre uomini - tutti australiani - avvertirono qualcosa di inquieto nell'aria. Mackenzie spieg• al professor Freeborn che quella era una paura mutuata dal folkore indigeno - i nativi avevano intessuto una strana trama di sinistre dicerie sui forti venti che a lunghi intervalli investono le sabbie quando il cielo Š sereno. Tali venti, si mormora, scaturiscono da strane dimore sotterranee dove sono avvenute cose terribili, e non si registrano mai se non vicino a luoghi dove sono disseminate le grosse pietre decorate. ~erso le quattro la tempesta di vento si calm•, di colpo come era iniziata, lasciando i cumuli di sabbia disposti secondo forme nuove e ignote. Erano appena passate le cinque quando arrivai barcollando all'ac- campamento e una luna gonfia e fungoide calava a occidente. Ero sen- za cappello, gli abiti stracciati, la faccia graffiata e insanguinata e sen- za torcia elettrica. Quasi tutti gli uomini erano tornati a letto, ma il professor Dyer fumava la pipa davanti alla sua tenda. Visto il mio stato chiam• il dottor Boyle, e tutti e due mi portarono sulla branda e mi fe- cero sdraiare. Mio figlio, svegliatosi per il trambusto, li raggiunse e tut- ti cercarono di farmi stare tranquillo per vedere se mi addormentavo. Ma io non avevo sonno. Il mio stato psicologico era assai strano, di- verso dalle sofferenze passate. Dopo un poco, insistetti per parlare, spiegai le mie condizioni in modo sovreccitato e confuso. Dissi che mi ero stancato troppo e che mi ero disteso sulla sabbia per un sonnellino. L… avevo avuto dei sogni ancor pi— terribili del solito e quando ero stato svegliato dal vento improvviso i miei nervi logori era- no saltati. Ero fuggito in preda al panico, cadendo spesso sulle pietre semi-nascoste, e cosŤ mi ero stracciato gli abiti e avevo preso quell'a- spetto malconcio. Dovevo aver dormito a lungo, ecco il perch‚ di tante ore di assenza. Nulla assolutamente accennai di cose strane viste o provate - eserCi- tai il massimo autocontrollo a tale riguardo. Dissi per• di aver mutato opinione a proposito del lavoro della spedizione e sollecitai che si fer- massero gli scavi in direzione di nord-est. Il mio ragionamento fu manifestamente lacunoso--accennai infatti al desiderio di non offendere i minatori superstiziosi, alla possibile in- sufficienza dei fondi stanziati dall'Universit…, e ad altre cose non vere o irrilevanti. Naturalmente nessuno fece caso al mio nuovo parere, nep- pure mio figlio che si preoccup• evidentemente della mia salute. J L'indomani mi alzai e girai per il campo, ma non presi parte agli sca- vi. Decisi di rientrare a casa il pi— presto possibile a causa dei nervi, e mio figlio mi promise di accompagnarmi in aereo fino a Perth - mille- seicento chilometri a sud-ovest - non appena avesse ispezionato la re- gione che io desideravo abbandonare. Se, riflettei, la cosa che avevo visto era ancora visibile, avrei potuto tentare di essere pi— preciso anche a costo di sembrare ridicolo. Era prevedibile che i minatori a conoscenza del folklore locale mi avrebbe- ro appoggiato. Per compiacermi, mio figlio effettu• la ricognizione lo stesso pomeriggio, volando su tutta la zona che avevo probabilmente percorso a piedi. Tuttavia, nulla di quanto avevo scoperto era rimasto visibile. Si trattava ancora del blocco anomalo di basalto - i movimenti della sabbia ne avevano spazzate le tracce. Per un attimo rimpiansi di aver perduto l'oggetto temuto con la mia folle corsa, ma adesso so che la L perdita fu un atto di misericordia. Preferisco credere che tutta la mia J esperienza sia stata una illusione, specialmente se, come spero di cuo- re, quell'abisso infernale non sar… mai trovato. Wingate mi condusse a Perth il venti luglio, anche se lui si rifiutb di abbandonare la spedizione e di far ritorno in patria. Mi tenne compa- gnia fino al venticinque, quando salp• il vapore per Liverpool. Ora nel- t la cabina dell'Empress, dopo aver meditato lungamente sull'accaduto ho concluso che almeno mio figlio deve sapere. Star… a lui decidere se t render nota la cosa o meno. Per far fronte a qualsiasi eventualit… ho preparato un riassunto degli avvenimenti che fanno da premessa - gi… noti ad altri in modo sconnes- so- ed ora narrer• con la massima brevit… quanto mi parve che acca- desse nel periodo in cui fui assente dal campo, quella notte terribile. Con i nervi a fior di pelle e sospinto verso il terreno di nord-est da quell'inspiegabile bisogno di ricordare misto a spavento simile a una brama perversa, camminai con passo deciso sotto la malefica, fulgida luna Qua e l… vidi, mezzo nascosti dalla sabbia, blocchi primitivi e ci- clopici, abbandonati da immemori eoni. La vetust… incalcolabile e l'orrore latente di quel mostruoso deserto Cominci• a opprimermi pi— del solito, e non potei fare a meno di pensa- e ai sogni alienanti, alle spaventose leggende che li avevano alimenta- tij agli attuali timori dei nativi e dei minatori sul deserto e le sue pietre scolpite. munque~ continuai il cammino come se fossi diretto a un conve- ~o soprannaturale~ sempre pi— in preda a sconcertanti fantasie, com- i~lsionj e pseudo-ricordi. Pensai a certi probabili contorni delle linee klcune pietre viste da mio figlio con l'aereo, e mi chiesi perch‚ mi Fsero sembrate subito cosŤ minacciose e familiari. Qualcosa tentava ~prirmj lo sportello dei ricordi, mentre un'altra forza ignota si ado- ~;ava per tenerlo chiuso. La notte era senza vento e la pallida sabbia si presentava con rilievi e avvallamenti simili a onde marine pietrificate. Non avevo una meta, ma mi spingevo avanti con una sicurezza dettata dal fato. I sogni si me- scolavano al mondo circostante ed ogni megalito sotterrato nella sab- bia sembrava far parte di stanze e corridoi infiniti di costruzioni pre- umane, scolpito e ornato di geroglifici i cui simboli ben conoscevo in seguito agli anni trascorsi come mente prigioniera della Grande Razza. A tratti immaginavo di vedere quegli orrori conici, onniscienti, che si aggiravano impegnati nei loro consueti lavori e temevo di guardare il mio corpo per tema di scoprirmi del loro stesso aspetto. Eppure per tutto il tempo io vidi i blocchi coperti di sabbia e stanze e corridoi; la luna che brillava maligna e le lampade di cristallo luminoso; il deserto infinito e le.felci ondeggianti al di l… delle finestre. Ero desto e sognavo nel medesimo tempo. Non sapevo fin dove mi stessi spingendo n‚ per quanto tempo avessi camminato - e neppure sapevo in quale direzione -, quando mi accorsi del cumulo di massi messi a nudo dal vento. Era il gruppo pi— cospicuo che avessi visto finora in un unico luogo, e mi colpŤ cosŤ profondamente che le visioni di mitici eoni passati svanirono di colpo. Vi fu di nuovo il deserto e la malvagia luna e i frammenti di un passa- to inimmaginabile. Mi avvicinai, mi fermai e gettai la luce della torcia su quella pila di rovine. Una collinetta era stata spazzata via dal vento ed era rimasta una massa irregolarmente rotonda di megaliti e di frammenti minori di circa dodici metri di diametro, alti da mezzo me- tro a due metri e mezzo. Fin dall'esordio, mi ero reso conto che in quelle pietre vi era qualcosa assolutamente senza precedenti. Non solo la quantit… non aveva l'e- guale, ma qualcosa nelle tracce del disegno, logorate dalla sabbia, mi colpŤ mentre le scrutavo sotto i raggi della luna e della torcia. Non che ve ne fossero di essenzialmente diverse dai reperti rinvenuti prima. Vi era qualcosa di pi— sfuggente. L'impressione scaturiva non quando guardavo le tracce una alla volta, ma quando l'occhio le coglie- va tutte insieme. Poi, alla fine, la verit… si fece strada dentro di me. La forma curvili- nea di molti blocchi era pressoch‚ identica - erano pezzi di una vasta struttura decorativa. Per la prima volta in quel deserto che aveva subi- to il logorio di-eoni, mi ero imbattuto nelle rovine di una costruzione nella sua antica posizione, rovinata e frammentaria, Š vero, ma ci• no- nostante reale in senso ben definito. Issatomi su un ripiano basso, mi arrampicai faticosamente sul cu- mulo, togliendo qua e l… la sabbia con le dita, e sforzandomi continua- mente di interpretare le variazioni di misura, forma stile, e rapporti di disegno. Dopo un poco mi ero fatto una vaga idea deila natura della co- struzione, e dei disegni che un tempo si estendevano lungo le enormi superfici La perfetta identit… dell insieme con certe mie visioni oniri- che mi spavent• e mi snerv•. Quello era stato un corridoio ciclopico, largo nove metri e alto altret- tantř, lastricato con blocchi ottagonali e coperto con solido soffitto a volta. Dovevano esserci stanze che si aprivano sulla destra, e alla estre- mit… doveva esistere uno di quegli strani piani inclinati che scendeva- no a maggiore profondit…. Sussultai con forza quando mi vennero certe idee, perch‚ esse dice- vano molto di pi— dei blocchi in s‚. Come sapevo che il livello doveva essere stato molto sotto terra? Come sapevo che il piano che portava in alto stava alle mie spalle? Come sapevo che il lungo passaggio sotterra- neo verso la Piazza dei Pilastri doveva trovarsi a sinistra, un piano so- pra di me? Come sapevo che la stanza delle macchine e la galleria che portava a destra verso gli archivi centrali doveva trovarsi due piani pi— in basso? Come sapevo che doveva esserci una di quelle orribili botole sigillate con il metallo nella parte pi— bassa, quattro piani sotto? Sconcertato da questa intrusione del mondo onirico, mi trovai tremante e bagnato da un sudore freddo. Poi, alla fine, con un contatto intollerabile, avvertii la corrente di aria fredda, debole e insidiosa, che sgorgava da un avvallamento situa- to circa al centro dell'enorme cumulo. In un baleno, come prima, le vi- sioni svanirono e vidi solo la malefica luna, il deserto sinistro, e il vasto cumulo della costruzione del Paleogene. Allora dovetti affrontare qual- cosa di reale e tangibile, eppure carico di infiniti richiami di cupo mi- stero. Quella corrente di aria non poteva infatti significare che una sola cosa, un nascosto abisso di grandiose proporzioni, sotto i disordinati blocchi in superficie. Il primo pensiero corse alle macabre leggende degli indigeni, a pro- posito di enormi dimore sotterranee tra i megaliti, dove avvengono co- se orribili e nascono i forti venti. Poi mi riaffiorarono i ricordi dei sogni e sentii confusi pseudo-ricordi tormentarmi la mente. Quale genere di Luogo stava sotto di me? Quale fonte primitiva e inconcepibile di cicli di miti antichissimi e tormentosi incubi ero sul punto di scoprire? L~incertezza non dur• che un attimo, perch‚ curiosit… e zelo scientifi- co mi tr:lc~in:~r~nr~ ~,V~rt; ~ r.~pr~ rP~ ~MI pareva di muovermi automaticamente, come preso nella morsa un destino ineluttabile. Misi la torcia in tasca e, lottando con una for- che non credevo di possedere, spostai di lato prima un frammento ~lossale, poi un altro, finch‚ scaturŤ una forte corrente ricca di umidi- I~:he ContrastaVa stranamente con l'aria asciutta del deserto. Comin- a delinearsi una fessura nera, e infine - dopo aver rimosso ogni Pllmento abbastanza piccolo per le mie forze - un malsano chiarore ~are iuumin• una apertura di grande dimensione, nella quale potevo Fodurrni. Estrassi la torcia e mandai il cono di luce nell apertura. All interno vi era un caos di rovine, che declinavano verso nord con un angolo di circa quarantacinque gradi, palesemente causate da qualche sprofonda mento antichissimo del terreno. Fra il fondo di quel mondo sotterraneo e il livello del terreno vi era un vuoto di oscurit… impenetrabile al cui limite superiore vi erano trac- ce di volte gigantesche. A quel punto, era chiaro, le sabbie del deserto stavano direttamente sopra um piano di strutture titar.iche che risali- vano ai primordi della terra, e non seppi immaginare, n‚ lo so adesso come si siano conservate attraverso eoni di sconvolgimenti geologici. Col senno di poi la semplice idea di una discesa solitaria in quell'a- bisso misterioso - e in un momento in cui nessuno sapeva dove mi tro- vassi - appare come l'apice estremo della follia. Forse lo fu, eppure quella notte mi accinsi alla discesa senza esitazione. Era ancora evidente che il destino continuava a guidare i miei passi. Usando la torcia a intervalli per risparmiare la pila, intrapresi una fol- le avanzata gi— per la china sinistra e ciclopica che partiva dall'apertu- ra, talvolta carponi se trovavo un buon appiglio per mani e piedi, e al- tre volte mi voltavo a guardare l'ammasso di megaliti, quando i movi- menti erano pi— precari e procedevo a tastoni. Ai lati si intravedevano in lontananza pareti in muratura, scolpite e diroccate, come mi apparivano sotto i raggi diretti della torcia. Di fron- te, per•, avevo le tenebre. Non tenni conto del tempo durante la scivolata verso il basso. Tanto era in fermento la mia mente per le tracce e le immagini sconcertanti, che tutte le questioni obiettive erano da me lontanissime. La sensibili- t… fisica era morta, e anche la paura era rimasta come un doccione grot- tesco e innocuo. Infine raggiunsi un pavimento piano cosparso di blocchi caduti, frammenti di pietra, sabbia e detriti di ogni genere. Dall'altra parte- forse a circa dieci metri - si ergevano mura massicce che culminavano in enormi costoloni. Potevo a malapena intuire che erano scolpiti, ma non ne distinguevo i particolari. Ci• che mi colpŤ di pi— fu il soffitto a volta. La luce della torcia non ar- rivava al tetto, ma erano ben visibili le parti inferiori degli archi mo- struosi. E la loro identit… con i miei numerosi sogni era cosŤ perfetta che fui colto da un forte tremito. Alle spalle e molto in alto una macchia luminosa ma fioca, mi ricor- d• il lontano chiarore lunare del mondo esterno. I]n vago residuo di prudenza mi avvertŤ di non perderlo di vista, altrimenti avrei potutř non avere una guida per il ritorno. Avanzai verso il muro di sinistra, dove erano pi— evidenti le tracce di incisioni. Il pavimento pieno di disordine era difficile da attraversare come l'ammasso di pietre pi— sopra, ma riuscii a trovare la via, se pure con difficolt…. In un punto spostai di peso alcuni blocchi e spazzai con il piede i de- Uiti per vedere come era fatto il pavimento, e rabbrividii per la com- pleta e lugubre familiarit… delle grandi pietre ottagonali la cui superfi- cie butterata era ancora abbastanza uniforme. Raggiunta una opportuna distanza dal muro diressi la luce lenta- mente e minuziosamente sui resti consumati delle incisioni. Sulla su- perficie di arenaria avevano influito antiche erosioni dovute all'acqua e si notavano strane incrostazioni che non seppi spiegare. 1- A tratti il muro era sconnesso e deformato, e mi chiesi per quanti al- tri eoni quell'edificio primitivo e nascosto avrebbe conservato presso- ch‚ intatta la propria struttura in mezzo agli sconvolgimenti terrestri. Ma furono soprattutto le incisioni a eccitarmi di pi—. Malgrado si stessero sbriciolando si potevano identificare facilmente a breve di- stanza e la completa e intima familiarit… di ogni particolare mi sbalor- dŤ. Qu nto ai principali attributi di quella antichissima costruzione, il fatto che mi fossero familiari non era poi cosŤ incredibile. Certi miti, che i creatori avevano fissato con vivezza impressionante, si erano incorporati in un patrimonio di misteriose tradizioni che, in qualche modo, erano giunte a mia conoscenza durante il periodo della amnesia, evocando nitide immagini nella mente subconscia. Ma come spiegare il modo esatto e minuzioso con cui ogni linea e spi- rale di quei misteriosi disegni combaciava con quanto avevo sognato per pi— di venti anni? Quale oscura e dimenticata iconografia poteva riprodurre ogni sottile gradazione e sfumatura che, notte dopo notte, ~` aveva assalito la mia visione onirica in maniera tanto costante, precisa e invariabile? Perch‚ quello non era un caso o una remota rassomiglianza. Il corri- doio antico di millenni e rimasto sepolto per eoni, nel quale mi trovavo, ~ra in modo certo e assoluto l'originale di qualcosa che io conoscevo nel |Sonno cosŤ intimamente come la mia casa di Crane Street a Arkham. E ZVero che i miei sogni mostravano il luogo in condizioni perfette, ma l'i- ltlentit… era comunque innegabile. Ero in grado di orientarmi perfetta- p~te. ~ La Struttura particolare in cui mi trovavo mi era nota. E noto mi era p luogo nella terribi le antica citt… del sogno . Ebbi la paurosa e istintiva ~ezza di poter visitare, senza perdermi, qualsiasi punto di quell'edi- p o di quella citt…, che era scampato ai mutamenti e alle devastazio- i:ere incalcolabili. In nome del Cielo, che cosa significava tutto que- Come ero arrivato a conoscere quelle cose? E quale muta realt… si ~a dietro agli antichi racconti degli esseri che avevano abitato in ~abirinto di pietra primordiale? parole non possono che richiamare in modo parziale il tumulto di into e stordimento che attentava al mio spirito. Il posto lo cono- ~ SapevO ci• che stava sotto di me e ci• che era esistito sopra, pri- ma che la miriade di piani altissimi fosse precipatata, ridotta in polve- re e detriti, formando un deserto. Non avevo pi— bisogno, pensai con un brivido, di tenere d'occhio la confusa macchia del chiarore lunare. Ero combattuto tra il desiderio di fuggire, e un febbrile miscugli.o di bruciante curiosit… e strano fatalismo. Che cosa era accaduto a quella mostruosa megalopoli dell'antichit… nei milioni di anni successivi al- l'epoca del mio sogno? Dei dedali sotterranei che si trovavano sotto la citt… e collegavano tutte le torri titaniche, che cosa era rimasto utiliz- zabile attraverso i sussulti della crosta terrestre? Ero capitato in un mondo completamente sepolto, di sacrilega anti- chit…? Avrei trovato ancora la casa dell'insegnante di calligrafia e la torre dove S'gg'ha, la mente prigioniera venuta dai vegetali carnivori dalla testa stellata dell'Antartide, aveva cesellato certe immagini sugli spazi vuoti delle pareti? Il passaggio al secondo piano in basso, che accedeva alla sala delle menti straniere, sarebbe stato ancora sgombro e accessibile? ln quella sala la mente prigioniera di una incredibile entit…, un abitante semi- sintetico della vuota cavit… interna di un pianeta al di l… di Plutone a diciottomila anni nel futuro aveva conservato una certa cosa che aveva modellato con la creta. Chiusi gli occhi e mi passai la mano sulla testa nel vano sforzo di to- gliermi dalla coscienza quei pazzi frammenti di sogno. Poi, per la pri- ma volta, sentii nettamente il fresco umido dell'aria circostante che si muoveva. Rabbrividendo, mi resi conto che una vasta serie di neri abissi, morti da eoni, dovevano spalancarsi da qualche parte davanti e sotto di me. Pensai alle stanze e corridoi spaventosi, e ai piani inclinati come li ri- cordavo dai sogni. Sarebbe stata ancora aperta la via verso gli archivi centrali ? L'ineluttabile fatalit… mi torment• insistentemente il cervello quando rammentai gli imponenti annali che stavano ben ordinati sugli scaffali nelle cassette rettangolari di metallo inossidabile. L…, dicevano i sogni e le leggende, si trovava tutta la storia, passata e futura, del continuum spazio-temporale scritta da menti prigioniere provenienti da ogni globo e da ogni era del sistema solare. Follia, certo, ma non ero capitato in un mondo tenebroso, pazzo come me? Pensai alle cassette di metallo chiuse ermeticamente e ai curiosi mo- vimenti delle manopole necessari per aprirli. La mia combinazione l'a- vevo stampata nella coscienza. Quante volte avevo eseguito quell'intri- cata routine di giri e pressioni diversi, nella sezione vertebrata terrestre del piano pi— basso! Tutti i particolari mi erano familiari e vivi. Se esisteva una cassetta come quella sognata, l'avrei aperta in un at- timo. E fu allora che la pazzia si impossess• di me. Un istante dopo gi… saltellavo e inciampavo tra i detriti pietrosi verso lo scivolo che porta- va a maggiori profondit…. Da quel punto in avanti le mie impressioni non sono molto attendibili, in effetti nutro la disperata speranza che tutto faccia parte di un sogno demoniaco o di una allucinazione scaturita dal delirio. Il mio cervello fu sconvolto dalla febbre e tutto fu percepito come attraverso una con- fusione mentale, certe volte solo intermittente. I raggi della torcia forarono debolmente l'oscurit… profonda, portan- domi fugaci visioni fantasmagoriche di mura e incisioni terribilmente familiari, rovinate da un'incuria plurimillenaria. In un punto una mas- sa enorme di materiale era caduta, cosicch‚ dovetti issarmi lungo un cumulo massiccio di pietre, alto quasi fino al soffitto da cui pendevano grottesche stalattiti. Era l'estremo apice dell'incubo, peggiorato dal tormento blasfemo degli pseudo-ricordi. Una sola cosa mi era ignota, cioŠ la mia dimensio- ne rispetto alle mostruose costruzioni. Mi sentivo oppresso da un senso di insolita esiguit…, come se la vista di quelle mura torreggianti per un povero corpo umano fosse cosa assurda e insopportabile. Non facevo che guardare il mio corpo vagamente inquieto per la forma umana che possedevo. E intanto saltavo, correvo, incespicavo nella mia avanzata nelle te- nebre dell'abisso, spesso cadevo causandomi lividi ed escoriazioni e una volta corsi il rischio di rompere la torcia. Ogni pietra, ogni angolo di quella profondit… demoniaca mi era noto e in molti tratti mi fermai e passai il raggio di luce sulle familiari volte in rovina. Delle stanze erano crollate del tutto, altre erano spoglie o piene di de- triti . In alcune vidi cumuli di metallo - parte intatti o quasi, parte rotti, frantumati o logori - in cui riconobbi i colossali pedistalli e le tavole dei miei sogni. Che cosa fossero state in realt…, non osai immaginare. Trovai lo scivolo verso il basso e cominciai a scendere, sebbene dopo P~ poco fossi arrestato da una voragine che si apriva come una bocca fra- stagliata, il cui punto pi— stretto non poteva misurare meno di un me- tro e mezzo di diametro. L… era precipitata l'opera in muratura, rive- lando incalcolabili, nere profondit… al di sotto. Sapevo che vi erano altri due piani sotterranei in quell'edificio tita- nico, e tremai di rinnovato panico ricordandomi della botola in quello pi— basso. Non dovevano esserci sentinelle ormai, perch‚ ci• che si era nascosto laggi— aveva terminato da tempo la sua odiosa opera e si era tissolto dopo una lunga consumazione. Per l'epoca post-umana, quan- ~;do fosse venuta la razza dei coleotteri, ci• che stava laggi— sarebbe sta- ~to completamente morto. Eppure tremai ancora, ripensando alle leg- ~ende degli indigeni. Mi ci volle uno sforzo disumano per saltare quel baratro spalancato, perch‚ il pavimento cosparso di detriti mi impedŤ di prendere lo slan- cio, ma la pazzia mi port• avanti. Scelsi un punto vicino al muro di si- nistra dove la fenditura era meno larga e il punto di approdo abbastan- za sgombro di pericolosi detriti, e dopo un terribile istante toccai l'al- tra sponda sano e salvo. Alla fine, raggiunto il piano inferiore, superai l'archivolto della stan- za delle macchine, nella quale erano fantastiche rovine di metallo, mezzo sepolte sotto le volte cadute. Tutto era esattamente come mi aspettavo e mi arrampicai fiducioso sopra i cumuli che sbarravano l'entrata di un grande corridoio trasversale. Quello, lo sapevo, mi avrebbe condotto sotto la citt… verso gli archivi centrali. Ere infinite si dipanavano mentre io inciampavo, saltavo, strisciavo lungo il corridoio pieno di rovine. Qua e l… notavo incisioni sui ,muri macchiati dal tempo - alcune note, altre forse aggiunte in periodi suc- cessivi ai sogni. Poich‚ quella era una grossa arteria sotterranea di col- legamento fra le abitazioni non vi erano archivolti, eccetto nel caso in cui la strada passava sotto gli strati inferiori dei vari edifici. A certi incroci mi spostavo di lato per guardare in basso dove si tro- vavano le stanze che ben ricordavo. Due volte soltanto scopersi cam- biamenti radicali rispetto ai sogni e in un caso tracciai i contorni del- I'archivolto che era stato coperto. Fremetti violentemente e provai una strana debolezza a effetto ritar- dato mentre dirigevo i miei passi amrettati e riluttanti lungo la cripta di una di quelle torri grandiose, rovinate, senza finestre, la cui muratu- ra in basalto parlava di una origine terribile e mitica. Quella volta primitiva era rotonda e del diametro di almeno sessanta metri, senza nessuna incisione sulla scura pietra. Il pavimento l… era li- bero da detriti; vi si notavano solo polvere e sabbia, e vidi le aperture che portavano sia in alto che in basso. Non c'erano n‚ scale n‚ piani in- clinati - veramente i sogni mi avevano rivelato quelle antiche torri co- me inviolate dalla favolosa Grande Razza. Coloro che le avevano co- struite, non avevano avuto bisogno n‚ di scale n‚ di scivoli. Nei sogni, l'apertura in basso era chiusa e sorvegliata. Adesso era aperta, nera e spalancata, ed emetteva una corrente di aria fredda e umida. Non volli pensare a quali illimitate caverne di notte eterna si celassero nel fondo. Dopo aver superato una sezione del corridoio piena di detriti dove dovetti procedere faticosamente aggrappandomi con le mani, raggiun- si un punto ove il soffitto era completamente sprofondato. I detriti for- mavano una montagna e io mi ci arrampicai sopra, passando poi per uno spazio vuoto, senza muri n‚ volte. Quella, riflettei, doveva essere la cantina della casa del fornitore di metallo, che dava sulla terza piazza, non lontana dagli archivi. Che cosa ne fosse stato, non potei immagi- narlo. Ritrovai il corridoio dopo la montagna di detriti e pietre, ma dopo averne percorso un tratto mi imbattei in un posto completamente ostruito dove la volta caduta toccava quasi il soffitto che mostrava pe- ricolosi cedimenti. Non so come feci a spostare e gettare da parte tanti blocchi da aprirmi un varco, n‚ come osai sconvolgere gli ammucchiati frammenti quando il minimo spostamento di equilibrio avrebbe potu- to far crollare le tonnellate di muratura sovrastante, riducendomi in poltiglia. Fu la pazzia pura a spingermi e guidarmi, se pure non fu pazzia tutta la mia avventura sotterranea - come spero--,una illusione infernale o un lungo sogno. Per• mi aprii un passaggio -o sognai di averlo aperto - nel quale potei infilarmi a fatica. Mentre procedevo come un serpente sopra al cumulo di rovine - la torcia, sempre accesa, la reggevo con la bocca - mi sentii lacerare dalle fantastiche stalattiti che pendevano so- pra di me. Mi stavo avvicinando al grande edificio sotterraneo degli archivi che pareva costituire il mio obiettivo. Scivolando e scendendo lungo il lato estremo della barriera, e ripresa la via per il rimanente tratto del corri- doio - ora tenevo la torcia in mano e l'accendevo a intervalli - giunsi infine a una cripta bassa, circolare, fatta ad archi, ancora in stupendo stato di conservazione con aperture lungo ogni lato. Le pareti, almeno quanto di esse vedevo nel raggio della torcia, erano E piene di geroglifici e cesellate con tipici simboli curvilinei, alcuni suc- cessivi al periodo del sogno. Quello, compresi, era il luogo predestinato, e imboccai subito un ar- chivolto familiare che, stranamente avevo pochi dubbi in proposito, | ~ conduceva a tutti i livelli sottostanti ancora esistenti. Quella vasta co- struzione protetta dalla terra, che custodiva gli annali del sistema sola- " re, era stata costruita con abilit… e potenza divine per durare quanto il sistema stesso. ~L'5 Blocchi di dimensioni straordinarie, posti con genio matematico e fissati con cemento di incredibile durezza, avevano formato una massa solida quanto il centro roccioso del pianeta. LŤ, dopo epoche pi— strane di quanto la mente sana possa concepire, la sua massa sepolta era in- tatta in tutte le linee essenziali; i grandi pavimenti erano coperti di pol- vere ma avevano scarse tracce di detriti, altrove cosŤ imponenti. La relativa facilit… del cammino da quel punto in poi mi diede stra- namente alla testa. La terribile impazieza fino allora contrastata dagli stacolj si trasform• in una specie di frenesia febbrile, e corsi a perdi- fiato lungo i corridoi dal basso soffitto, al di l… dell'archivolto, che ri- '~ cordavo con orribile precisione. ~; ~ Fui pi— che sbalordito dalla familiarit… di ci• che vidi . Da ogni parte i battenti degli scaffali di metallo, ornati di grandi geroglifici, avevano p~n aspetto terrificante; alcuni in ordine, altri aperti, altri deformati da forze geologiche, non abbastanza violente da aver ragione di quelle ti- taniche costruzioni. Qua e l… dei cumuli impolverati sotto scaffali aperti e vuoti indicaYa- no che le librerie erano state scosse dalle vibrazioni terrestri. Certe co- lonne recavano grandi simboli e lettere che designavano classi e sotto- classi di volumi. Una volta mi fermai davanti a una porta aperta, dove vidi le note cas- sette di metallo ancora a posto in mezzo alla eterna polvere sabbiosa. Allungando la mano, tolsi uno degli esemplari pi— piccoli, con una cer- ta difficolt…, e lo posai in terra per consultarlo. Il titolo era in geroglifi- ci, per• qualcosa nella disposizione dei caratteri mi parve insolito. Il curioso meccanismo della chiusura mi era perfettamente noto, feci scattare il coperchio ancora funzionante e non arrugginito ed estrassi il libro che vi era contenuto. Questo, come mi aspettavo, misurava cin- quanta centimetri per trentotto, ed era alto cinque centimetri. La sotti- le copertina di metallo si apriva dall'alto. Le robuste pagine di cellulosa non avevano subito l'usura della mi- riade di cicli di tempo, ed io esaminai le strane lettere del testo, colora- te e segnate a pennello, simboli dissimili dai consueti geroglifici curvi o da ogni altro alfabeto noto agli uomini eruditi, con un tormentoso e va- go risveglio della memoria. Mi venne in mente che quella era la lingua usata da una mente pri- gioniera che avevo conosciuta di sfuggita nei sogni, una mente origina- ria di un grande asteroide su cui era sopravvissuta una gran parte della vita e della tradizione arcaica del primitivo pianeta di cui formava un frammento. Contemporaneamente rammentai che quel piano degli ar- chivi era dedicato ai volumi che trattavano dei mondi extra-terrestri. Quando smisi di esaminare quel documento incredibile notai che la luce della torcia si stava affievolendo, e mi affrettai a inserirvi un'altra pila che avevo con me. Poi, munito di una luce pi— forte, ripresi la corsa febbrile negli infiniti meandri di corridoi e passaggi, riconoscendo qua e l… scaffali noti, e vagamente turbato dagli echi che producevo cammi- nando che sembravano fuori posto in quelle catacombe. Le stesse impronte delle scarpe sulla polvere vecchia di millenni mi fecero rabbrividire. Mai prima, se i folli sogni racchiudevano qualcosa di vero, piede umano si era posato su quei pavimenti. La mia mente cosciente non ha conservato nulla circa le ragioni di quell'insana corsa. Vi era, tuttavia, una forza di potenza malefica che influiva sulla mia volont… intontita e sui ricordi semisepolti sŤ che oscuramente sentivo di non correre a casaccio. Raggiunsi un piano inclinato che scendeva e lo seguii verso maggiori profondit…. La torcia saettava su tratti dei pavimenti, mentre correvo all'impazzata, ma non mi fermai per esaminarli. Il cervello in tumulto aveva cominciato a battere un determinato ritmo che mi faceva con- trarre all'unisono la mano destra. Volevo aprire una certa serratura, e conoscevo tutti i giri e le pressioni da farsi. Sarebbe stato come aprire una cassaforte moderna con la chiusura a combinazione. Sogno o no, lo sapevo e lo avevo sempre saputo. Non tentai neppure di spiegarmi come avesse fatto un sogno - o un brano di leggenda in- consciamente assimilata--a insegnarmi un particolare cosŤ preciso, complicato e astruso. Non era, infatti, quella esperienza, I'impressio- nante familiarit… con una serie di rovine sconosciute, e le identit… di tutto quanto con ci• che solo i sogni e i frammenti di mito avrebbero potuto evocare, un orrore che superava ogni spiegazione? Forse allora ebbi la convinzione - come l'ho adesso nei momenti di maggiore lucidit… mentale - di non essere perfettamente sveglio, e che tutta la citt… sepolta non fosse altro che un frammento di una febbrile allucinazione. Alla fine, raggiunto il piano pi— basso, passai in fretta a destra dello scivolo. Per oscuri motivi, cercai di attutire il rumore dei passi, anche se cosŤ facendo rallentai la velocit…. Vi fu uno spazio che io ebbi paura ad attraversare in quell'ultimo tratto di pavimento profondamente se- polto. Appena mi avvicinai, ricordai che cosa io temessi in quel punto. Si trattava di una delle botole sigillate e sorvegliate. Ormai di guardiani non ce n'erano, ma proprio per questo tremai e camminai in punta di piedi, come avevo fatto sotto la nera volta di basalto dove era spalanca- ta un'altra botola. Sentii una corrente di aria fredda e umida e desiderai che il mio per- corso fosse in un altra direzione. Perch‚ seguissi quella via, non avrei saputo dirlo ~ ~ Quando giunsi sul luogo, vidi che la botola era aperta. Al di l… rico- t minciavano gli scaffali, ed io vidi in terra, davanti ad uno di essi, un ~_ mucchietto pieno di polvere, laddove era caduta di recente una quanti- t… di cassette. Contemporaneamente fui afferrato da una nuova ondata di panico, anche se per un poco non ne seppi il motivo. E I mucchi di cassette cadute non erano inconsueti, perch‚ attraverso gli eoni quel labirinto senza luce era stato devastato dai sollevamenti della terra e aveva echeggiato a intervalli per l'assordante clamore di oggetti che cadevano. Fu solo quando avevo quasi superato quel punto che mi resi conto del perch‚ tremavo cosŤ forte. lon il cumulo, mi turbava, ma qualcosa che riguardava la polvere del pavimentO livellato. Alla luce della torcia, mi parve che quella pol- vere non fosse uniforme come avrebbe dovuto essere, in certi punti ap- pariva pi— sottile, in altri era stata smossa da pochi mesi. Non ne ero si- curo, perch‚ anche dove appariva pi— sottile lo strato di polvere era ~,Sempre notevole, eppure il sospetto di una regolarit… nella supposta di- guaglianza era una cosa inquietante. Quando portai la luce vicino a uno dei punti sospetti, non mi piacque affatto ci• che vidi, perch‚ l'illusione della regolarit… divenne grandis- sima. Era come se vi fossero linee regolari di orme composite, orme che andavano di tre in tre, ciascuna di circa trenta centimetri quadrati e con cinque impronte circolari di otto centimetri, una pi— avanti delle altre quattro. Quelle probabili impronte sembravano condurre in due direzioni, come se qualcosa fosse andata da qualche parte e poi tomata. Erano molto leggere e potevano essere ingannevoli o casuali, ma vi era un ele- mento oscuramente terrificante nel modo in cui mi sembravano dispo- ste. Perch‚ da un lato finivano davanti al cumulo di cassette che dove- vano essere precipitate non molto tempo fa, e dall'altro vi era la sini- stra botola, con il freddo vento umido, che si spalancava incustodita su abissi che oltrepassavano l'immaginazione. L'aver vinto la paura dimostra quanto fosse forte e prepotente lo strano senso di costrizione. Nessun motivo razionale avrebbe potuto trasci- narmi avanti dopo il terribile sospetto delle impronte e i ricordi dei so- grli che esse suscitarono in me. Eppure la mano destra, anche se tre- mante dalla paura, si contraeva ritmicamente nell'ansia di girare la serratura che sperava di trovare. Senza saperlo mi ritrovai oltre il mucchio delle cassette cadute e correvo in punta di piedi per corridoi di polvere intatta verso un punto che mi sembrava di conoscere fin troppo bene. La mente si poneva domande la cui origine e attinenza cominciavo appena a intuire. Lo scaffale era raggiungibile dal corpo umano? La mano umana avrebbe saputo controllare tutti i movimenti della serra- tura, secondo il ricordo di eoni ? E la chiusura sarebbe stata intatta e in grado di funzionare? E che cosa avrei fatto, che cosa avrei osato fare, che cosa speravo e temevo di scoprire? Sarebbe stata la prova di una te- muta verit…, tale da sconvolgere la mente di qualcosa al di l… della nor- male concezione del passato, o mi avrebbe dimostrato che stavo solo sognando? Per quello che ricordo, avevo cessato di correre in punta di piedi e stavo fermo a guardare fisso una fila di scaffali con geroglifici assurda- mente familiari. Erano in stato di conservazione quasi perfetto, e solo tre sportelli lŤ vicino si erano spalancati. Non so descrivere le sensazioni provate davanti a quegli scaffali, tan- to completo e insistente era il pensiero di conoscerli da lunga data. Guardai in alto, verso una fila vicina alla sommit… e oltre la portata del braccio e mi chiesi come fare ad arrampicarmi nel modo migliore. Uno sportello aperto a quattro file dalla base mi poteva servire, e le chiusu- re degli sportelli sigillati formavano dei possibili sostegni per mani e piedi. Potevo stringere la torcia tra i denti, come avevo fatto altrove, quando mi occorrevano le mani. Soprattutto non dovevo far rumore. Tirare gi— ci• che desideravo prelevare sarebbe stato difficile ma probabilmente potevo agganciare la chiusura mobile al colletto della giacca e portarlo come uno zaino. Mi chiesi ancora se la serratura sa- rebbe stata intatta. Quanto ai giri da fare, non avevo dubbi. Ma sperai che il movimento non provocasse cigolii o sfregamenti, e che la mano ` funzionasse a dovere. Mentre rimuginavo questi pensieri, avevo messo la torcia in bocca e cominciato a salire. Le serrature sporgenti erano appigli modesti ma come prevedevo lo sportello aperto mi servi parecchio. Usai il battente e il bordo dell'apertura per issarmi e riuscii ad evitare cigolii troppo forti. In equilibrio sul bordo superiore dello sportello e incurvandomi ver- so destra, raggiunsi la serratura che cercavo. Le dita, in parte intorpi- dite dall'essermi arrampicato, furono dapprima impacciate, ma in breve si adeguarono automaticamente al lavoro richiesto. E i movi- menti erano impressi nella mia memoria. Giunti da sconosciuti abissi di tempo, i segreti di quel congegno mi erano arrivati, chiss… come, nel cervello, corretti, in ogni dettaglio, e dopo meno di cinque minuti avvertii uno scatto la cui familiarit… mi fe- , ce sobbalzare perch‚ non mi ero preparato coscientemente. Un attimo ~; dopo lo sportello di metallo si apriva con un lievissimo cigolio. ,~-; Inebetito, guardai la fila di grigie cassette esposte e avvertii un tre- mendo rigurgito di inspiegabile emozione. A portata della mano destra vi era una cassetta i Cui geroglifici mi diedero un fremito doloroso pi— complesso del semplice spavento. Tutto tremante, riuscii a togliere la . cassetta fra una pioggia di detriti e a trarla verso di me senza fare mol- to rumore. Come la cassetta che avevo precedentemente maneggiato, anche questa era delle medesime dimensioni, con disegni matematici ricurvi |~ in bassorilievo. Il suo spessore era di quasi dieci centimetri. | Incastrandola fra me e la superficie su cui salivo, armeggiai con la 1~ chiusura e alla fine liberai il gancio. Sollevato il coperchio, spostai il ~- pesante oggetto sulle spalle e lo agganciai al colletto. Con le mani libe- re discesi fino al suolo polveroso e mi disposi a ispezionare il mio botti- ~no. ~ Inginocchiato nella polvere, tolsi la cassetta dalle spalle e la posai a terra davanti a me. Mi tremavano le mani e l'idea di estrarre il libro mi ~)rizzava e al tempo stesso mi attirava, o mi costringeva a farlo. Pian piano mi fu chiaro quello che dovevo scoprire, e quella constata- zione mi paralizz• quasi le facolt… mentali. Se la cosa era l… - e se io non sognavo - le implicazioni sarebbero sta- te insopportabili per lo spirito umano. Ci• che pi— mi tormentava era la momentanea incapacit… di sentire che si trattava soltanto di un so- gno. Il senso di realt… era tremendo - e ancora lo Š se ripenso alla scena. Infine, tremando, tirai fuori il libro dalla cassetta e fissai affascinato i ben noti geroglifici della copertina. Era in ottime condizioni e le lette- re curvilinee del titolo mi tennero in stato quasi ipnotico, come se aves- si potuto leggerle. In verit…, non potrei giurare di non averle lette aiuta- to da qualche barlume di ricordo transitorio e terribile. Non so quanto tempo pass• prima che osassi sollevare il coperchio di sottile metallo. Temporeggiai e trovai delle scuse con me stesso. Mi tol- si la torcia di bocca e la spensi per risparmiare la pila. Poi, nel buio, mi feci coraggio, infine sollevai il coperchio senza accendere la luce. Da ul- timo, feci scattare la luce sulla pagina aperta - irrigidendomi in antici- po per prevenire qualsiasi suono, qualunque cosa avessi scoperto. Guardai un attimo poi crollai. Stringendo i denti, evitai di gridare. Mi accasciai al suolo e mi portai una mano alla fronte nel buio che mi in- ghiottiva. Ci• che temevo e prevedevo stava l…. O io sognavo, oppure , tempo e spazio erano diventati una burla. , Probabilmente sognavo, ma vorrei dimostrare l'orrore riportando quella cosa alla Icue per mostrarla a mio figlio, qualora si trattasse di realt…. La testa mi girava in modo pauroso, sebbene nella totale oscuri- t… non potessero esserci oggetti visibili a vorticare davanti ai miei oc- chi. Idee e immagini del pi— puro orrore - eccitate dalle visioni che la fugace occhiata mi aveva spalancato - cominciarono a riversarmisi nella mente e a offuscarmi i sensi. Pensai a quelle probabili orme nella polvere e tremai al rumore del mio stesso respiro. Riaccesi la torcia e guardai di nuovo la pagina come la vittima di un serpente guarda gli occhi e i denti del suo distruttore. Poi, con dita incerte nel buio, richiusi il libro, lo rimisi nella cassetta, ne feci scattare il coperchio e la chiusura a gancio. Era quello che dove- vo riportare nel mondo esteriore, se veramente esisteva - se tutto l'a- bisso esisteva davvero - se io, e il mondo stesso, esistevamo dawero. Non so per certo quando mi rimisi in piedi traballando, n‚ quando ri- presi la via del ritorno. Mi rendo ora conto - come misura del mio senso di separazione dal mondo normale - che neppure una volta guardai l'o- rologio durante quelle terrificanti ore sottoterra. Torcia alla mano e con l'infausta cassetta sotto il braccio, mi trovai a procedere in punta di piedi in una specie di panico silenzioso, oltre l'a- bisso che emanava il vento e al di l… delle tracce simili a orme. Ridussi le precauzioni quando risalii i piani inclinati, ma non potei scacciare un'angoscia che non avevo sentito nel viaggio di andata. Ero terrorizzato all'idea di dover ripercorrere la nera cripta di basal- to pi— antica della citt…, dove fredde correnti scaturivano dalle profon- dit… incustodite. Pensai a ci• che aveva temuto la Grande Razza, a ci• che avrebbe potuto essere ancora in agguato anche se indebolito e mo- rente. Pensai a quelle orme a cinque cerchi e a quanto di esse mi aveva- no rivelato i sogni, e agli strani venti e ai rumori sibilanti ad essi colle- gati. Pensai ai racconti degli indigeni di oggi, pieni di orrore per i gran- di venti e per le rovine senza nome. t Dal simbolo scolpito su un muro sapevo qual era il pavimento giusto da imboccare e infine giunsi - dopo aver superato l'altro libro che ave- vo consultato - al grande spazio circolare da cui gli archivolti si dira- mavano. Alla mia destra, ben riconoscibile, stava l'arco dal quale ero entrato. Lo varcai, conscio che il resto del cammino sarebbe stato pi— difficile a causa delle macerie cadute al di fuori dell'edificio dell'archi- t vio. Il nuovo fardello della cassetta mi pesava e quando inciampavo sui detriti e i frammenti, perdevo facilmente il sangue freddo. Poi arrivai al cumulo di rovine alte fino al soffitto in cui mi ero aperto un angusto passaggio. Il mio terrore a passare di nuovo da quella stret- toia fu infinito, perch‚ la prima volta avevo fatto un po' di rumore e ora - dopo aver visto quelle orme - temevo il rumore pi— di ogni altra cosa. La cassetta, inoltre, raddoppiava il problema di attraversare la stretta fessura. Ma superai la barriera come potei e spinsi la cassetta attraverso l'a- pertura davanti a me. Poi, con la torcia in bocca, strisciai anch'io - la schiena graffiata dalle stalattiti - come poco prima. Quando tentai di riafferrare la cassetta, questa cadde in avanti lungo l~ il pendio dei detriti, facendo un baccano terribile e ridestando echi che E mi fecero venire i sudori freddi. Feci un rapido movimento avanti e la F ricuperai senza altro rumore, ma un attimo dopo lo slittamento di un blocco sotto i miei piedi sollev• un fracasso improvviso e senza prece- ~ denti. Quel fracasso fu la mia rovina. Perch‚, vero o falso, credetti di ', udire una risposta in modo terribile dagli spazi lontani alle mie spalle. Udii uno strillo, un suono sibilante che non somigliava a niente di ci• che si ode sulla Terra, e al di l… di qualunque adeguata descrizione ver- bale. Se fu vero, ci• che seguŤ fu una crudele ironia; se non fosse per il panico di quella cosa, la seconda cosa non sarebbe mai successa. Comunque sia il mio smarrimento era assoluto e privo di conforto. Presa la torcia in mano e afferrata malamente la cassetta, saltai e cara- collai all'impazzata in avanti con il cervello vuoto, incapace di pensare ad altro fuorch‚ a uscire precipitosamente da quelle rovine da incubo, verSo il deserto e la luna che lo contemplava dall'alto. ú~ ~* Me ne accorsi appena quando raggiunsi la montagna di detriti che rreggiavano nell'oscurit… oltre il tetto sprofondato, mi ammaccai, mi ~erii pi— volte per arrampicarmi sull'erto pendio di blocchi dentellati e i frammenti. Poi successe il disastro. Mentre superavo la sommit…, impreparato all'improvvisa pendenza, i piedi mi scivolarono e mi ritrovai in mezzo a una valanga di rovine il cui fragore, forte come un colpo di cannone, lacer• la buia aria della caverna con una serie di riverberazioni sonore da far scuotere la terra. Non ricordo come emersi da quel caos, ma un fugace frammento di conoscenza mi dice che mi lanciai, saltellai, mi inerpicai per il corri- doio fra il frastuono - cassetta e torcia ancora in mio possesso. Poi, nell'awicinarmi alla primitiva cripta di basalto che tanto teme- vo, fui colto da totale pazzia. Perch‚ come morirono gli echi della va- langa, emerse udibile la ripetizione di quel fischio spaventoso e scono- sciuto, che mi era parso di aver udito prima. Questa ~rolta lo riconobbi subito, e il peggio era che proveniva da un punto non dietro, ma davanti a me. Forse in quel momento gridai forte. Conservo di me l'immagine di un uomo in fuga attraverso la volta di basalto delle entit… pi— antiche e il suono dannato che scaturiva dalla botola aperta, oscura, infinitam‚nte profonda. Vi era anche il vento, non una semplice corrente fredda e umida, ma una raffica violenta che eruttava selvaggia e gelida da quel- I'abisso abominevole da dove proveniva il fischio. Mi affiorano ricordi di aver saltato e superato guardingo ostacoli di ogni genere, con quella raffica di vento e il suono acuto che aumentava di minuto in minuto, e che sembravano awolgermi e avvilupparmi di proposito. Quel vento, sebbene l'avessi alle spalle, pareva mi ostacolasse l'avan- zata, anzich‚ favorirla, come se mi tenesse con un laccio al collo. Incu- rante del rumore che facevo, superai una grande barriera di blocchi con notevole fracasso e fui di nuovo nella zona che portava in superfi- cie. Ricordo di aver guardato di sfuggita la stanza delle macchine e di aver quasi gridato quando vidi il piano inclinato che portava verso una di quelle botole, due piani pi— in basso, probabilmente spalancata. Ma invece di gridare, non feci che ripetermi che era tutto un sogno dal qua- le dovevo svegliarmi. Forse ero nell'accampamento, forse ero a casa, ad Arkham. E quella speranza protesse la mia integrit… mentale mentre risalivo il pendio verso il piano superiore. Sapevo, naturalmente, di dover attraversare la spaccatura di un me- tro e mezzo, ma ero troppo sconvolto da altre paure per rendermi conto fino in fondo dell'orrore fin quando non vi fui a ridosso. In discesa, il salto era stato facile, ma potevo scavalcare il vuoto cosŤ facilmente in salita e per di pi— impedito dalla paura, dalla spossatezza, dal peso del- la cassetta di metallo e dall'anomalo tormento di quel vento demonia- co? All~ultimo momento pensai a quelle cose e pensai anche alle entit… innominabili che forse stavano in agguato nei neri abissi sotto di me. La torcia ondeggiante faceva una fioca luce, ma da certi ocuri ricordi seppi quando ero vicino alla spaccatura. Le raffiche di vento gelido e le grida sibilanti e disgustose alle mie spalle agirono per un istante come un benefico oppiaceo, intontendo l'immaginazione di fronte all'orrore di quel baratro spalancato. Poi mi accorsi di altre correnti d'aria e di altri sibili davanti a me, maree di abominio che eruttavano dalla spac- catura salendo da profondit… inimmaginabili, A quel punto fui dawero sopraffatto dall'incubo. L'equilibrio menta- le se ne and• e ignorando tutto, all'infuori dell'impulso animale della |` fuga, mi dibattei e mi tuffai in avanti oltre i cumuli di rovine come se non vi fosse stato nessun baratro. Poi vidi il bordo dell'abisso, saltai co- me un pazzo raccogliendo fino all'ultimo grammo di energia e fui im- mediatamente inghiottito in un vortice di totale e profonda oscurit…, quasi materialmente tangibile. E qui finisce la mia esperienza, per quanto ne ricordo. Ogni altra im- pressione appartiene al dominio del delirio fantasmagorico. Sogno, pazzia, ricordi si mescolarono inestricabilmente insieme in una serie di allucinazioni fantastiche e frammentarie che nulla hanno in comune con cose reali. Una caduta terribile attraverso leghe incalcolabili di tenebre viscose e sensibili, una babele di rumori del tutto estranei a quanto noi cono- sciamo della Terra e della sua vita organica. I sensi assopiti ripresero vitalit… in me e captarono voragini e cavit… popolate da orrori fluttuan- ti, che portavano verso rupi, oceani e citt… brulicanti con torri di basal- to senza finestre, da cui non brillava mai la luce. I segreti del primitivo pianeta e dei suoi eoni incalcolabili mi balena- rono nel cervello senza l'aiuto di vista o udito, e seppi cose che neppure i sogni pi— pazzi avevano mai suggerito. Frattanto dita fredde di umido L vapore mi afferravano e mi abbrancavano, e quel fischiare dannato, so- prannaturale sovrastava acuto e diabolico tutte le gradazioni di fra- "b Stuono e silenzio nei gorghi della circostante oscurit…. In seguito vi furono visioni della citt… ciclopica dei miei sogni, non in rovina~ ma come l'avevo sognata. Io ero nuovamente nel corpo conico ~ non umano, mescolato con folle della Grande Razza e con le menti pri- E~ gioniere che trasportavano libri su e gi— per gli enormi corridoi e gli ampi piani inclinati. Poi, sovrapposte a quelle immagini, vi furono spaventose, fugaci vi- Sioni di coscienza non visiva: lotte disperate, contorcimenti per libe- rarmi da tentacoli rapaci di vento sibilante, una fuga insana, come un . ~ volo di pipistrello, per l'aria semi-solida, un febbrile scavare nelle tene- 'b :,~ bre flagellate da un ciclone, e un pazzesco incespicare e arrancare sugli ammaSSi di rovine. Una volta vi fu uno strano lampo invadente e semi-luminoso, un bar- me debole, diffuso, di uno splendore bluastro in alto, molto lontano. 64 65 Poi mi parve di sognare che scalavo e strisciavo, inseguito dal vento e mi dibattevo nel bagliore di una luna sardonica in mezzo a una giungla di detriti che scivolavano e ruzzolavano alle mie spalle in un fragoroso uragano. Fu l'insistenza maligna e monotona di quel chiarore lunare a dirmi alla fine che ero riemerso l… dove sapevo essere il mondo dei vivi. Ero bocconi e mi agguantavo alla sabbia del deserto australiano, e tutto intorno sibilava una bufera di vento, come mai ne avevo cono- sciute sulla superficie del pianeta. Avevo gli abiti a brandelli e tutto il corpo era coperto di lividi e di graffiature. Con molta lentezza mi torn• la coscienza, e non saprei dire a che pun- to svanŤ il sogno delirante e dove tornarono i ricordi normali. Pareva ci fosse stato un rnucchio di blocchi titanici, un abisso sottostante, una mostruosa rivelazione del passato, e un incubo orrendo alla fine - ma quanto di tutto questo era reale? La pila era sparita, e cosŤ pure la cassetta di metallo che forse avevo scoperto. Era mai esistita una cassetta del genere, o l'abisso, o il muc- chietto di rovine? Sollevai il capo, mi guardai alle spalle, e vidi soltan- to le sabbie sterili, ondulate del deserto. Ll vento demoniaco era cessato e la luna gonfia e irreale tramontava rossastra a occidente. Mi rimisi faticosamente in piedi e cominciai a muovermi barcollando in direzione sud-ovest, verso l'accampamento. Che cosa mi era accaduto veramente? Ero solo caduto nel deserto e ave- vo trascinato un corpo martoriato da un accesso di follia per chilometri di sabbia e blocchi sepolti? In caso contrario, come riuscire a sopporta- re la vita? Con questo nuovo dubbio, tutta la fede nella irrealt… delle mie visioni generate dai miti, si dissolse ancora una volta nei sospetti infernali di prima. Se quell'abisso era vero, allora la Grande Razza era reale - e co- sŤ i suoi blasfemi poteri e le sue scorribande nel cosmo-, gli enormi vortici del tempo non erano miti o incubi, ma una reall… terribile, da distruggere l'anima. Ero stato, veramente, trasportato in un mondo pre-umano di cento- cinquanta milioni di anni fa in quei giorni bui e sconvolgenti della am- nesia? Il mio corpo attuale era stato il veicolo di una spaventosa co- scienza estranea venuta dagli abissi paleogenici del tempo? E come le menti prigioniere di quegli orrori a forma di cono avevo realmente conosciuto la maledetta citt… di pietra nel suo splend˘re pri- mordiale, e mi ero introdotto in quei corridoi familiari nella disgustosa forma del mio catturatore? I tormentosi sogni di oltre un ventennio erano il frutto di ricordi mostruosi ma veritieri? Avevo veramente parlato un tempo con menti provenienti da irrag- giungibili angoli di tempo e spazio, imparato i segreti dell'universo, passato e avvenire, e scritto gli annali del mio mondo per le cassette metalliche di quegli archivi colossali ? E gli altri - quelle impressionan- 66 ti cose pi— antiche che emanavano pazzi venti e sibili demoniaci - era- no davvero una incombente minaccia in agguato, nascosta nei neri abissi dove lentamente si indebolivano, mentre mutevoli forme di vita trascinavano avanti i loro corsi multi-millenari sulla superficie del pia- neta, devastata dal tempo? A queste domande non so rispondere. Se quell'abisso e quanto rac- chiudeva erano reali, non esiste speranza. Allora, sul serio, incombe su questo mondo dell'uomo una beffarda e incredibile ombra fuori del tempo. Ma, fortunatamente, non esiste prova che tali cose non siano al- tro che nuove fasi dei miei sogni nati dal mito. Non ho portato alla luce la cassetta che avrebbe costituito la prova, e finora quei corridoi sotter- ranei non sono stati trovati. Se le leggi dell'universo sono benevole essi non saranno mai scoperti. Tuttavia devo dire a mio figlio ci• che vidi o credetti di vedere, e lascio a lui di giudicare come psicologo la portata della realt… della mia espe- rienza e di comunicare agli altri questo resoconto. Ho detto che la spaventosa verit… che sta dietro ai miei anni tormen- tati di sogni ruota assolutamente sui fatti reali di ci• che ritenni di aver visto in quelle ciclopiche rovine sepolte. E stato per me arduo, letteral- mente, stendere per scritto la rivelazione cruciale, bench‚ i lettori la avranno immaginata. Naturalmente, sta nel libro della cassetta - la cassetta che estrassi dal suo posto segreto fra la polvere di un milione di secoli. Nessun occhio aveva mai visto, nessuna mano toccato quel resoconto dell'avvento dell'uomo sul pianeta. Eppure, quando io accesi la torcia sul volume, in quell'abisso terrificante, vidi che le lettere stranamente colorate sulle pagine di cellulosa, scurite dal tempo e friabili, non era- no sconosciuti geroglifici dei primordi della terra. Erano, invece, le let- tere del nostro alfabeto comune; e le parole erano vergate in lingua in- glese, con la mia calligrafia. itolo originale The Shadow out of Time ne di Alda Carrer, su licenza di SugarCo Edizioni 67 Horace L. Gold QUESTIONE DI FORMA Il telefono irruppe stridulo nel sonno di Gilroy. Con gli occhi risoluta- mente serrati, il reporter si rovesci• sul fianco, affond• l'orecchio nel cuscino e tir• la coperta fin sopra la testa. Ma lo squillo imperversava. Quando aprŤ le palpebre ammiccando e vide la pioggia che rigava le finestre, strinse i denti a quello strepito insistente e alz• la cornetta, lanciando una maledizione nel microfono - non una trita imprecazio- ne, ma una fantasiosa opinione sulla sorta d'uomo che svegliava croni- sti stanchi alle quattro del mattino. --Non prendertela con me--rispose il suo direttore dopo un irrita- to silenzio.--E stata tua, l'idea. Tu hai voluto occuparti del caso. Hanno trovato un altro come-si-chiama. Gilroy si sveglib all'istante.--Un altro catatonico! --In York Avenue, vicino alla Novantunesima Strada, circa un'ora fa. E nel reparto osservazione del Memorial Hospital.--La voce a un tratto si abbass• in un tono confidenziale.--Vuoi sapere che cosa ne penso, Gilroy? --Che cosa?--chiese Gilroy in un bisbiglio fiducioso. --Credo che tu sia suonato. (~uesti catatonici sono solo dei vaga- bondi. Probabilmente si sono ubriacati fino a ridursi a quella cosa lŤ, la catatonia. Via, sii ragionevole, Gilroy, non si meritano pi— di una notiziola di quattro righe. Gilroy, sceso dal letto, si stava vestendo con una sola mano. --Non questa volta, capo--rispose convinto.--Certo, sono solo dei vagabondi, ma questo fa parte della storia. Senta... ehi! Lei avreb- be dovuto staccare un paio d'ore fa. Che cosa ci fa in ufficio? Il direttore pareva infelice:--Il vecchio Talbot. Domani compie ses- santasei anni. Ho dovuto confezionare un pistolotto sulla sua vita. --Che cosa? Perde il suo tempo a rifare una verginit… a quell'assas- sino, a quel bandito... --Prenditela calma, Gilroy--I'avvertŤ il direttore.--Ha met… del capitale del nostro giornale, e non Š che ci dia spesso fastidio. --Okay. Ma lui da solo tiene in piedi la criminalit… cittadina. Be', non ci metter… molto a tirare le cuoia. Pu• raggiungermi al Memorial, appena smonta? --Con questo tempo?--Il direttore riflett‚.--Non so. Tu hai un istinto di prima classe per le notizie, e se pensi che sia una storia coi fiocchi... oh, all'inferno, va bene! Il sorriso trionfante di Gilroy s'incrin•, quando il suo piede stracci• una calza. Appeso il ricevitore, il cronista si diede a esplorare cassetti spopolati, alla ricerca di un altro paio. La strada era gelida e desolatamente deserta. La neve annerita si stava sciogliendo in un deprimente pantano. Gilroy si rannicchi• nel suo cappotto e avanz• sguazzando nella fanghiglia verso Greenwich Avenue. Alto e magro com era, con la testa china contro la pioggia bat- tente, il soprabito svolazzante intorno agli stinchi ossuti, le mani af- -| fondate nelle tasche e i gomiti appuntiti che sporgevano a filo del cor- ř dinoccolato, assomigliava a un'infelice cicogna che si guardasse in- torno alla ricerca di un pesce. il Ma era tutt'altro che infelice. Anzi, era felice, come solo pu• esserlo un uomo con una sua teoria prediletta, quando i fatti cominciano a ~| schierarsi dalla sua parte. Mentre pesticciava nel fango, rabbrividŤ al pensiero del catatonico ~| che doveva esservi rimasto disteso per ore, incapace di alzarsi, fino a ~jl che l'avevano trovato e trasportato all'ospedale. Povero diavolo! Il pri- jl mo della serie era stato scambiato per un ubriaco, ma poi il poliziotto aveva visto il cerotto sul collo. "Paziente fuggito dopo operazione al cervello", aveva riportato l'o- spedale. Sembrava ragionevole, salvo che i catatonici non cammina- no, n‚ strisciano, n‚ si nutrono da soli - anzi, non compiono nessun movimento muscolare volontario. Gilroy, quindi, non era rimasto molto sorpreso quando nessun ospedale o chirurgo privato aveva re- clamato il presunto fuggiasco. Un autista di taxi avvist• colmo di speranza quella figura agitata nella pioggia. Gilroy represse l'impulso di abbracciarlo, per averlo salvato dal vento tagliente, e si cacci• dentro. --La notte giusta per un omicidio--osserv• l'autista in tono ozio- so. --Vuole farmi capire che gli affari vanno male? --Voglio dire che Š un tempo schifoso. . --Accidenti se lo Š--esclam• sarcastico Gilroy.--Non si lasci im- k pressionare~ per•. Ho fretta. Memorial Hospital, di volata! L~autista~ con aria partecipe, vir• verso il centro della strada e schiz- ~zo oltre un semaforo battendolo sul tempo. Tre catatonici in un mese! Gilroy scosse la testa. Era un vero enig- ma. Non potevano essere scappati. Perch‚, in primo luogo, qualcuno li avrebbe reclamati e, in secondo luogo, era fisicamente impossibile. E come si procuravano quelle nitide incisioni chirurgiche un po' sotto la nuca suturate con due punti da una mano professionale e protette da un professionale cerotto? Tagli recenti, per giunta! A suo giudizio, aveva grande importanza che fossero poveramente vestiti e in stato di lieve denutrizione. Ma che voleva dire? Scroll• le spalle. Il suo era come un sesto senso, ecco. Quando il taxi accost• bruscamente al marciapiede con uno stridore di freni, Gilroy pass• una banconota attraverso il finestrino e scese. La notte esplose all'improvviso, mentre la pioggia gli si avventava addos- so con un'ondata ruggente. Lottando col vento, il giornalista si lanci• verso la porta dell'ospedale. Fradicio e senza fiato, quasi si pentŤ della sua alzata d'ingegno: dare tanto peso a tre catatonici ridotti in miseria! Con cautela, infil• la ma- no nel cappotto viscido e tir• fuori una tessera completamente inzup- pata. La ragazza al banco dell'accettazione vi diede uno sguardo. --Oh, un giornalista! E successo qualcosa d'importante, stanotte? --Niente di speciale--rispose lui con noncuranza.--Un povero vagabondo trovato fra York Avenue e la Novantumesima. E nel reparto svitati? La ragazza scorse il registro e annuŤ--E un suo amico? --Il mio nipotino.--Mentre si allontanava, Gilroy e la ragazza tra- salirono al fruscio dell'acqua che sciabordava nelle sue scarpe a ogni passo.--Devo essere finito in una pozzanghera. Quando svolt• verso l'ascensore, la ragazza scuoteva la testa, le lab- bra increspate in una smorfia di matema sollecitudine. Poi, il pianter- reno scomparve. Percorse il corridoio imbiancato senza esitare, prestando orecchio con distacco accademico ai sommessi, orribili gemiti che giungevano dalla corsia principale. Vicino all'ambulatorio, lo ferm• il rumore del- I'ascensore. Gilroy si volt• a guardare. Comparve il direttore - un ometto intirizzito, bagnato fino alle ossa e disgustato. Il giornalista gli si fece incontro e, dopo averlo preso per il braccio, lo condusse in silenzio all'intemo dell'ambulatorio. Il diret- tore sospir• rassegnato. Il medico intemo dell'ospedale alz• appena lo sguardo quando i due presero posto discretamente fra i praticanti che facevano corona al letto. Senza sforzo, Gilroy sbirci• sopra le teste davanti, studiando il soggetto catatonico con occhio clinico. Il paziente era stato spogliato degli abiti bagnati, asciugato e frizio- nato con alcool. Totalmente passivo, i muscoli rilassati, gli occhi soc- chiusi, la bocca spalancata in un'ebete inerzia. Sul collo, la traccia scura lasciata dal cerotto. Gilroy si storse da un lato. Sotto i capelli ta- gliati, vide parte della sutura. --Catatonico, dottore?--chiese con tranquillit…. --Chi Š lei?--sbott• il medico. --Gilroy... Morning Post. Il dottore tom• a guardare il paziente sul lettino. _ Catatonia, certo. Nessuna traccia di alcool o di droghe inibitorie. Lieve denutrizione. Gilroy si fece largo educatamente nella cerchia degli studenti. --Lo choc da insulina non funziona, eh? Non c'Š motivo per cui debba funzionare. --Perch‚ no?--chiese il medico con un sussulto.--Funziona sem- pre in questi casi... Almeno, temporaneamente. --Ma non ha funzionato in questo, vero?--insist‚ brusco il gioma- lista. Il dottore chin• il capo sconfitto.--No. --Cos'Š tutta questa storia? E cos'Š la catatonia, comunque? Parali- si o che?--chiese irritato il direttore del giornale. --E l'ultimo stadio della schizofrenia, o demen~iaprecox, come la si chiamava una volta--rispose il dottore.--La mente si ribella alle re- sponsabilit… e cerca un periodo dell'esistenza in cui fosse libera dal- I'angoscia. Regredisce all'infanzia e scopre che esistono le preoccupa- zioni infantili; si spinge oltre, e si ribella anche a quelle, fino a giunge- re a uno stato prenatale. --Ma Š una degenerazione per gradi--asserŤ Gilroy.--Molto pri- ma del completo crollo psichico, lo schizofrenico viene individuato e ricoverato in un manicomio. E lŤ passa attraverso gli stadi dell'imbe- cillit… e dell'idiozia. Solo dopo molti anni di decadimento mentale si chiude a riccio rifiutandosi di usare i muscoli o il cervello. Il direttore sembrava perplesso.--E perch‚ lo choc da insulina do- vrebbe tirarlo fuori da quello stato? --Non che non dovrebbe!--scatt• Gilroy. --E invece sŤ--ribatt‚ il medico irritato.--La catatonia Š una ri- bellione negativa. L'insulina riduce io zucchero nel sangue fino a pro- e curare uno choc, e la fame improwisa scuote il catatonico dalla sua passivit…. --E vero--replic• Gilroy battagliero--ma questo non Š un caso di catatonia! E incredibilmente simile, ma non si Š mai sentito di un 't~ catatonico che non si rifiuti di compiere un movimento muscolare vo- lontario. Non c'Š ritenzione salivare! Secondo me, si tratta di paralisi. --Provocata da che?--lo rimbecc• il dottore. --Questo spetta a lei stabilirlo. Non sono un medico. Cosa ne dice di quella ferita alla base del cranio? yl --Stupidaggini! Non arriva a mezzo centimetro dal nervo motore. Si tratta di cerea fle~cibilitas... flessibilit… cerea.--Il medico alz• il braccio del paziente e lo lasci• andare. Il braccio ricadde lentamente. --Se ci fosse una paralisi generale, anche il cervello sarebbe stato col- pito. Sarebbe morto, a quest'ora. Gilroy alz• le spalle ossute e le rilasci•.--E sulla pista sbagliata, dottore--disse senza scomporsi.--La ferita c'entra di sicuro e la ca- tatonia non pu• essere indotta chirurgicamente. Pu• essere provocata da una lesione, ma la degenerazione sarebbe graduale. E i catatonici non camminano, n‚ strisciano. E stato deliberatamente abbandonato, come gli altri. --Si direbbe che tu abbia ragione, Gilroy--concesse il direttore. --C'Š qualcosa che non quadra, qui. Avevano tutti e tre le stesse feri- te? --Esattamente nello stesso punto, alla base del cranio e a sinistra della spina dorsale Ha mai visto una creatura cosŤ inerme? Provi a immaginarla mentre scappa da un ospedale, o anche da un chirurgo privato! Il medico conged• gli interni e riunŤ in fretta gli strumenti per una rapida fuga.--Non ne vedo motivo. Tutti e tre erano poveramente ve- stiti e denutriti; dovevano vivere in condizioni al di sotto del livello di sussistenza. Chi poteva volere fargli del male? Gilroy balz• davanti al medico, sbarrandogli il passo.--Ma non de- ve essere per forza una vendetta! Poteva trattarsi di un esperimento! --Per dimostrare che? Gilroy lo guard• con aria interrogativa.--Non lo sa? --E come potrei? Il giornalista si cacci• indietro sulla testa il cappello intriso di piog- gia e si precipit• verso la porta.--Andiamo, capo. Chiederemo a Moss d'illuminarci. --Non troverete qui il dottor Moss--disse il medico.--Non Š di turno stanotte e credo che domani lasci l'ospedale. Gilroy si ferm• di botto.--Moss... lascia l'ospedale!--ripet‚ sba- lordito.--Ha sentito, capo? Quello Š un dittatore, uno schiavista e un verme. Ma probabilmente Š il primo chirurgo d'America. Ma guardi. Notizie sensazionali che spuntano da tutte le parti, e lei se ne sta lŤ a tirare a lucido la biografia sanguinaria del vecchio Talbot!--Il suo cappotto si gonfi• nell'onda del rapido passo disarticolato.--Tre ca- tatonici trovati distesi per strada in un mese. Mai successo prima. Non possono camminare, n‚ strisciare, e hanno misteriose ferite alla base del cranio. Ora il pi— grande chirurgo del Paese viene buttato fuori a calci dall'ospedale che lui ha portato al primo posto in America. E lei cosa fa? Se ne sta seduto in ufficio a sciorinare storie su che tipo ga- gliardo sia Talbot sotto la sua apparenza viscida! Il medico udŤ con sollievo scivolare per il corridoio l'ultima eco di quella voce implacabile, incisiva, sorretta dalla logica. Ma prima di lasciare la stanza, guard• il paziente. Era meno sicuro che si trattasse di catatonia. Si sorprese a ripetere l'osservazione del direttore del giornale: dawero, c'era qualcosa che non quadrava. Ma che ragione poteva esserci, di operare tre derelitti e abbandonar- li a loro stessi? E come poteva 1 operazione avere provocato la catato- nia? In un certo senso, gli dispiaceva che il dottor Moss venisse licenzia- to. Il freddo dittatore schiavista avrebbe potuto fornire una buona teo- ria. Quella era la coscienza del medico, che parlava. Ma dentro di s‚ il dottore sentiva che avrebbe dato qualunque cosa, pur di stare lontano da quella morbida voce canzonatoria e da quella smorfietta irridente. All'altezza della Cinquantunesima Strada, Wood giunse all'ultimo uf- ficio di collocamento della Sesta Avenue. Con ben poche speranze, les- se le rozze iscrizioni in gesso. Era un'agenzia di collocamento per la- voratori dell'industria. Wood non era mai stato in fabbrica. Il solo im- piego che avrebbe potuto ricoprire, era di apprendista tappezziere a dieci dollari la settimana; ma aveva trentadue anni e l'agenzia avreb- be chiesto un pagamento immediato di cinque dollari. Se ne and• depresso, giocherellando con i tre decini in tasca. Tre de- cini, le monete pi— piccole e insignificanti d'America... --Trovato niente, amico? --Non per me--rispose Wood stancamente, senza quasi degnare di un'occhiata il suo interlocutore. Lanci• un ultimo sguardo al giornale prima di lasciarlo cadere sul marciapiede. Era l'ultimo che avrebbe comprato, decise; con il suo aspetto miserabile, non poteva rispondere alle inserzioni. Ma la sua mente si avvinghiava ostinata all'articolo dove Gilroy descriveva gli orrori della catatonia. Uno stato che, per un capriccio nato dalla fru- strazione, Wood trovava adesso dotato di una bizzarra attrattiva. Al- meno, i catatonici avevano un tetto e di che mangiare. Chiss… che non fosse possibile simulare quella malattia... L'altro aveva continuato a studiarlo. --Laureato, eh?--chiese mentre Wood si allontanava. Wood si ferm• e si pass• una mano sulla faccia irsuta. Luridi polsini uscirono dalle maniche sfrangiate. I capelli troppo lunghi, lo sapeva bene, gli si arricciavano dietro le orecchie.--Si vede ancora?--chie- -Se con voce amara. --Ci puoi scommettere. Uno che viene dall'universit… si riconosce iontano un miglio. Wood storse la bocca.--Felice di sentirlo. Dev'essere una luce inte- riore che brilla fra gli stracci. --Sei un idiota, a venire qua con la tua istruzione. Qui vogliono so- lo dei disgraziati che non sanno dove sbattere la testa... Tipi come me, con tanti muscoli e niente cervello. Wood lo studi•. Era troppo ben vestito e troppo sveglio per aver va- gato fra le agenzie anche solo da poco tempo. Doveva avere appena perso il posto, forse cercava compagnia. Ma ne aveva gi… incontrati prima, di tipi come quello, con lo sguardo insensibile di un lupo che scelga le sue prede fra i disoccupati. --Senti--gli disse Wood--io non ho niente di quello che tu vorre- sti. Sono ridotto con trenta centesimi. Scusami, se me la batto dalla mia stanza con i libri e lo spazzolino da denti prima che li agguanti il custode. L'altro non si ritrasse, n‚ si lasci• andare a virtuose proteste.--Non sono cieco--rispose quieto.--Lo vedo bene che sei ridotto male. --Allora cosa cerchi?--scatt• Wood.--Non dirmi che cerchi com- pagnia da un tipo lercio, ma con la patente di ex-universitario... Il suo bistrattato amico ebbe un gesto di fastidio.--Risparmia la scena del cane rabbioso. Mi hanno appena scartato per un lavoro, per- ch‚ non ho fatto l'universit…. Settantacinque al mese, alloggio e vitto assicurato, come assistente del dottore. Ma mi hanno cacciato perch‚ non ho la laurea. --Hai tutta la mia comprensione--disse Wood, e si volt•. L'altro l'afferr•.--Tu sei laureato. Vuoi il lavoro? Ti coster… la paga della prima settimana... La mia percentuale, capisci? --Io non ne so niente di medicina. Ero un esperto di codici in un uf- ficio di cambio, prima che la gente rimanesse a corto di soldi per gli investimenti. Vuoi che decifri qualche codice? Quello Š il meglio che posso fare. Wood si stizzŤ quando lo sconosciuto gli si affianc•, tenendo il suo passo stracco. --Non c'Š bisogno che ne sappia qualcosa di medicina. Basta che tu abbia la laurea, un po' di muscoli e di cervello, ecco tutto quello che vuole il dottore. Wood si ferm•, voltandosi di botto. --Non mi prendi in giro? --Ti dico di no. Ma non voglio portare l… un testone e farmi sbattere fuori di nuovo. Devo farti le domande che hanno fatto a me. Davanti alla prospettiva di un lavoro, la diffidenza di Wood si dis- solse. Sentiva al tatto i tre decini in tasca - decisamente esigui, e poco rassicuranti. Significavano due hamburger e due tazze di caff‚, o un letto in qualche lurido dormitorio. Due magri pasti e la notte nell'umi- da aria di marzo; o un letto e niente cibo. --Spara--disse risoluto. --Qualche parente? --Dei cugini di quinto grado nel Maine. --Amici? --Nessuno che mi riconoscerebbe, ormai.--Wood scrut• la faccia dell'altro.--Che cos'Š questa storia? Che c'entrano i miei amici, o pa- renti... _ Niente--si amrett• a rispondere lo sconosciuto.--Solo che devi |- viaggiare un po'. Il dottore non vuole che ti trascini dietro una moglie, o che devi interrompere il lavoro per scrivere delle lettere, capisci? Wood non capiva. Era una spiegazione singolarmente zoppicante, ma ormai era concentrato sui 75 dollari al mese, sulla stanza e il vit- to... Cibo! --Chi Š il dottore?--chiese. --Non sono scemo.--L'altro sorrise a muso duro.--Tu ci verrai con me e mi farai anticipare da lui la mia percentuale. Wood si avvi• insieme al suo compagno verso l'Ottava Avenue. Se- duto nella metropolitana, evit• d'incontrare sguardi pur casuali e di- stratti. Teneva i piedi fuori del corridoio, contro la base del sedile, cosŤ da nascondere la suola schiodata e sventagliante della scarpa destra. Aveva le mani ruvide e screpolate, tenacemente incrostate di sporco. Risentito, sconfitto, con l'aria di un maturo cane randagio. Che possi- bilit… aveva di essere assunto? Ma perlomeno lo sconosciuto aveva ri- schiato un nichelino per il suo biglietto. L Wood lo seguŤ fuori della stazione della Centotreesima Strada e del- la Central Park West; insieme salirono sulla collina verso Manhattan Avenue e proseguirono lungo diversi isolati per il centro. Poi la sua guida corse lesta su per la scaletta di una vecchia casa. Wood, che ar- rancava pi— lento, represse l'impulso di scappare, ma gi… assaporava la deprimente sensazione di chi si vede rifiutare un lavoro. Se solo avesse potuto tagliarsi i capelli, far stirare il vestito e aggiustare le scarpe! Ma a che serviva pensarci? Gli sarebbe costato un paio di dol- ~- lari. E poi, non c'era niente da fare per quegli orli sfrangiati. --Vieni!--lo chiam• il suo nuovo amico. Wood raddrizz• la schiena e rimase a guardare la casa, mentre l'al- tro suonava deciso il campanello. Era un edificio di tre piani, nessuna dicitura sopra il campanello, nessuna insegna di un qualunque studio medico sulle finestre dai pesanti tendaggi. Dall'esterno, poteva sem- brare una pensione mal tenuta. La porta si aprŤ. Un uomo della sua et…, di media corporatura, ma notevolmente sovrappeso, blocc• l'ingresso. Portava un camice bianco da laboratorio~ Gli occhi mobili e arcigni parevano incongrui nel pal- ~lore della faccia morbida. --Ancora qui?--chiese impaziente. --Non Š per me, questa volta--rispose il testardo amico di Wood. --Ho portato un laureato. Wood si ritrasse umiliato, quando lo sguardo acuto del grassone percorse il suo abito gualcito e consunto e si ferm• con disgusto sui lunghi capelli che si gonfiavano scomposti intorno alla faccia famelica e mal rasata. Ecco, gi… se lo sentiva: "Non fa al caso nostro". Ma il grassone spinse da parte con la gamba un bel collie e aprŤ del tutto la porta. Stranito, Wood seguŤ il suo accompagnatore nell'angu- sto corridoio e, per dare un'impressione amichevole, si chin• ad acca- rezzare le orecchie del cane. Il grassone li condusse in una stanza nu~ia sul fronte. --Come si chiama?--chiese con indifferenza. Wood sentŤ la risposta bloccarglisi in gola. Dovette tossire. --Wood--disse. --Qualche parente? Wood scosse la testa. --Amici? --Non pi—. --Che laurea? --Scienze, Columbia, 1925. L'espressione del tipo corpulento non cambi•. Infil• la mano nella tasca sinistra e ne prese un portafoglio.--Che accordo ha con que- st'uomo? --Deve avere il mio salario della prima settimana.--In silenzio, con uno sguardo vorace e patetico, Wood osservb svariate banconote verdi mutare di mano.--Posso lavarmi e sbarbarmi, dottore?--chie- se. --Non sono io il dottore--replic• il tipo florido.--lo mi chiamo Clarence, senza titoli davanti.--Si volt• rapido verso il troppo curio- so sconosciuto.--Che cosa stai a fare qui? L'amico di Wood arretr• verso la porta.--Be', tanti saluti--disse. --Un bel colpo per tutti e due, eh, Wood? 11 laureato annuŤ e sorrise felice. Gli era del tutto sfuggita la traccia d'ironia in quella voce dura. --L'accompagno di sopra, nella sua stanza--disse Clarence, non appena il socio in affari del nuovo assunto se ne fu andato.--Credo che ci sia un rasoio. Uscirono nello scuro corridoio, tallonati dal collie. Una lampada scoperta pendeva da un unico filo sopra un tavolo pieghevole. Sul mu- ro, uno specchio ovale in una cornice dorata rimandava l'immagine di Wood, sciatta e disordinata, sopra il logoro tappeto steso sul pavimen- to fino a una porta che dava sul retro della casa. Con un'erta spirale, una stretta scala si arrampicava verso il primo piano. Era una casa triste e trascurata, ma l'idea del lusso di Wood si era fatta meno esi- ~ente. --Aspetti qui, devo fare una telefonata--disse Clarence, e chiuse alle sue spalle la porta di una stanza di fronte alle scale. Mentre vez- zeggiava il collie, pi— che disposto a fare amicizia, Wood sentŤ Claren- ce parlare con voce forte e naturale al di l… del pannello. --...Pinero ha riportato un uomo. Tutte le risposte perfette... Co- lumbia, 1925... Non un centesimo, a giudicare dall'aspetto... Chiamo Talbot? Per quando?... Okay... Torner… appena avr… finito con il consi- glio di amministrazione?... Va bene... Be', che differenza fa? In ogni ca- so, da loro ha avuto tutto quello che voleva. Wood sentŤ lo scatto del ricevitore che veniva posato sulla forcella e poi rialzato. Moss? Quello era il direttore del Memorial Hospital, il grande chirurgo. Ma l'articolo sui catatonici accennava qualcosa circa il suo allontanamento dalla clinica. --Pronto, Talbot?--diceva intanto Clarence.--Venga domani a mezzogiorno. Moss dice che sar… tutto pronto per allora... Okay, non si agiti. Questa Š veramente l'ultima volta!... Non si preoccupi. Andr… tutto bene. Anche il nome di Talbot suonava familiare a Wood. Poteva essere quello di cui aveva parlato il Morning Post, il filantropo di sessantasei anni. Probabilmente voleva essere operato da Moss. Be', non era affar suo. Quando Clarence torn• nel corridoio in penombra, Wood pens• solo ai suoi 75 dollari al mese, con vitto e alloggio; ma, soprattutto, aveva un lavoro! Poche settimane di cibo decente e la possibilit… di comprar- si qualche vestito nuovo, e in men che non si dica si sarebbe liberato del suo disfattismo. Dimentic• perfino la sua meraviglia per l'assenza di una targa pro- fessionale e di quelle targhette con l'indicazione della sala d'aspetto, quali s'incontrano di solito nello studio di un medico. Riusciva a pen- sare solo alla sua stanza pulita al terzo piano, affacciata, chiss…, su un cortile luminoso. E a una rasatura... Il dottor Moss abbass• la cornetta con movimenti studiati. Quando percorse a grandi passi il corridoio bianco dell'ospedale verso l'ascen- Sore, avvertŤ pi— di uno sguardo curioso, ma la sua faccia rosea, accu- ratamente sbarbata, non concedeva risposta a quegli occhi interroga- tivi. Nell'ascensore, se ne rimase con le mani cacciate con noncuranza nelle tasche. Il lift non os• guardarlo, n‚ rivolgergli la parola. Presi cappotto e cappello - lo spazio intorno al banco dell'accetta- Zione sembrava pi— affollato del solito, popolato com'era di uomini ~ con lo sguardo penetrante del reporter - il medico proseguŤ con passo e~ sostenuto. Un tipo alto, sorprendentemente magro, che continuava a fissarlo come un uccello da preda, prese la testa dei cronisti che sciamavano alle sue calcagna --Non pu• andarsene senza una dichiarazione alla stampa, dotto- re--disse il tipo allampanato. --Non mi riesce affatto difficile--ribatt‚ lui senza fermarsi. Si arrest• sul marciapiede, con la schiena freddamente rivolta ai giornalisti e, senza fretta, chiam• un taxi con un cenno. --Be', almeno pu• dirci se Š ancora direttore dell'ospedale--insi- st‚ lo spilungone. --Chiedetelo al consiglio degli amministratori fiduciari. --Un'ipotesi sui catatonici, allora? --Chiedetela ai catatonici.--Il taxi gli si ferm• davanti. AprŤ riso- lutamente la portiera e prese posto. Mentre si allontanava, sentŤ il suo persecutore esclamare:--Che freddo rettile schifoso! Non si volt• indietro a godere della loro sconfitta. Malgrado la cal- ma esteriore, neppure lui si sentiva molto tranquillo. Quel tipo del Morning Post, Gilroy, o come si chiamava, aveva scritto un articolo sensazionale sui catatonici abbandonati ed era giunto ad affermare che non erano affatto quello che si pensava. Lui aveva cercato in ogni modo di tenersi fuori dalla furiosa disputa fra le contrastanti supposi- zioni. Talbot possedeva una quota consistente del giornale. Bisognava dirgli di mettere fine a quegli articoli, anche se ormai tutta la stampa stava andando a rimorchio. Era stata un'intuizione brillante, capire che i pazienti non erano as- solutamente affetti da catatonia. Ma il reporter del Morning Post si era assunto un compito formidabile, se voleva scoprire come tre uomini colpiti da una paralisi generale fossero stati abbandonati senza la pi— piccola traccia della loro provenienza, e che relazione esistesse tra le incisioni e il loro stato. Lui stesso aveva risolto il problema solo da po- co. Il taxi tagli• verso la Settima Avenue e proseguŤ verso la periferia. Il canzonatorio sorriso di congedo del dottore si dissolse. La mobile bocca sbianc•, le labbra si tesero in un'espressione tetra. Dove avreb- be trovato i soldi, adesso? Aveva attinto ai fondi dell'ospedale fino a lasciare un buco vertiginoso, e non era bastato. Simili a una voragine senza fine, le sue ricerche potevano prosciugare una dozzina di fondi. Se avesse potuto convincere Talbot, dimostrargli che i suoi falli- menti non erano stati altrettanti scacchi, che questa volta non avreb- be fatto fiasco... Ma Talbot era un tipo duro da fiaccare. Non un centesimo sarebbe uscito dalla sua borsa tirata, fino a che non l'avesse completamente persuaso di aver superato la fase sperimentale. Questa volta non avrebbe fallito! Giunto nella strada del dottore, il taxi si ferm•. Moss scese agilmen- te e salŤ gli scalini di fronte fiducioso, senza guardare n‚ a destra n‚ a sinistra, bench‚ fosse una bella giornata con un caldo sole dorato ‚, tra le due file di vecchie case, si distinguesse Central Park verdeggiante di germogli. AprŤ la porta ed entr• quasi con impazienza nello stretto corridoio scuro, ignorando il collie festante che saltava per salutarlo. --Clarence!--chiam•.--Porta gi— il tuo nuovo assistente. Non vo- glio neanche mangiare.--Si tolse il cappello, il cappotto e la giacca e li appese distrattamente a un gancio vicino allo specchio. --Ehi, Wood!--grid• Clarence su per le scale.--Sei pronto? Sentirono un passo rapido e leggero dal terzo piano. --Clarence, ragazzo mio--disse Moss con voce bassa e incalzante --ho capito qual era il problema. Non abbiamo fallito, in realt…. E te lo dimostrer•... Seguiremo esattamente la stessa tecnica! --Allora perch‚ sembrava che non funzionasse, prima? I piedi di Wood apparvero tra le ringhiere al secondo piano.--Capi- rai appena sar… finito--bisbigli• Moss in fretta. Wood si unŤ a loro. Quel pur breve periodo trascorso dopo l'assunzione, era bastato a trasformarlo. Aveva perso la sensazione demoralizzante di essere un inutile relitto umano. E se ora si presentava ben rasato e pulito, non per questo i suoi occhi brillavano di gioia. --Wood... il dottor Moss--disse Clarence in tono sbrigativo. Wood farfugli• un discorsetto incoerente, inteso a informarli che era felice, anche se non ne sapeva nulla di medicina. --Non Š necessario--rispose suadente il dottore.--Le insegnere- mo di pi— noi, in materia, di quanto potrebbe spiegarle la maggior parte dei chirurghi in una vita. Poteva significare tutto e niente. Wood non cerc• di capire il senso di quelle parole. Era stata la punta di trattenuta ferocia nella voce sommessa, a turbarlo. Sembrava un ben strano modo di rivolgersi a un uomo assunto per spostare gli apparecchi e svolgere le mansioni pi— ordinarie. Li seguŤ in silenzio in una sala operatoria rilucente, rivestita di pia- strelle. Si sentiva meno a suo agio che nella sua stanza, ma quando al- lontan• dalla mente l'intonazione di Moss come un accento natural- mente sarcastico, che lasciava capire pi— di quanto intendesse vera- mente, cedette ancora al suo entusiasmo. Si guardb intorno, mentre il medicO si lavava le mani e le braccia in un profondo lavandino. ~el centro della sala, si trovava un tavolo operatorio, rivestito da un lindo lenzuolo senza neppure una grinza. Sopra il piano, si divaricava- no i cinque globi di una lampada scialitica. Era una stanza ben orga- ata~ Perfino lui poteva vedere come tutto fosse a portata di mano del dottore: i vassoi con i tamponi, le garze e le pinze, e un dispositivo per la sterilizzazione che emetteva nuvolette di vapore. --Noi conduciamo molti esperimenti chirurgici--spieg• il dottor Moss.--Lei, pi— che altro, dovr… occuparsi degli anestetici. Mostragli come si fa, Clarence. Wood osserv• con attenzione. Pareva semplice: aprire e chiudere le bombole del ciclopropano, dell'elio e dell'ossigeno, tener d'occhio i quadranti per evitare che si formassero miscele troppo ricche, badare ai mantici e al filtro dell'acqua.... Gi… sapeva che gli anestesisti ben addestrati controllano la miscela aspirandola appena dal naso. Su suggerimento di Clarence, inspir• leggermente dal cono bisbigliante. Ma non sapeva del ciclopropano, cosŤ rapido, che a volte anche gli anestesisti pi— esperti ne rimangono tramortiti... Giaceva sul pavimento con le braccia e le gambe puntate verso l'alto. Quando cerc• di distenderle, rotol• su un fianco. Gli arti si protende- vano ancora rigidi. Era intontito dall'anestetico. Qualcosa che somi- gliava a un cerotto chirurgico gli tirava la pelle in una zona sensibile del collo. La sala era buia, dietro le persiane verdi abbassate a schermare la luce di fuori. Da qualche parte sopra di s‚, in fondo al locale, sentŤ un respiro affannoso e, prima che potesse drizzarsi per indagare, udŤ mol- teplici passi che salivano verso la porta. Si ritrasse sulla difensiva. La porta si spalanc•. La luce brill• nella stanza. Wood balz• in pie- di... e scoprŤ che non poteva stare eretto. Ricadde in una posizione ac- cucciata, di fronte a quegli uomini che l'osservavano con freddo inte- resse. --Ha cercato di alzarsi--asserŤ uno. --Che altro si aspettava?--sbott• Wood. Ma dalla bocca gli uscŤ un ringhio confuso e feroce, inarticolato. Sconvolto e furioso, alz• lo sguardo verso gli osservatori. --Tienilo d'occhio, Clarence--disse Moss.--Io mi occuper• del- l'altro. Wood volse la testa dalla minacciosa canna della pistola puntata su di lui e vide il dottore sollevare l'uomo sul lettino. Clarence indietreg- gi• verso la finestra e alz• la tapparella. Un vivido chiarore lunare ri- scosse il paziente che, mostrandosi a Wood di profilo, fiss• gli occhi vacui sulla rosea faccia levigata di Moss, senza pi— lasciarla. Dietro le sue orecchie, si arricciavano lunghi capelli scomposti. --Ecco qua, Talbot--disse Moss al vecchio.--Vivo e vegeto. --Lo tiri gi— dal letto, e vediamo se si comporta come diceva lei.-- Il vecchio si agitava nervoso poggiandosi al bastone. Moss trasse le gambe del paziente sul bordo del letto e lo alz• fatico- samente in piedi. Per un poco, quello rimase dritto senza bisogno di aiuto, poi, d'un tratto, croll• sulle mani e sulle ginocchia. Allora guar- d• Wood in faccia. Solo dopo un minuto di sbigottimento, Wood riconobbe quel volto. L'aveva visto ogni giorno della sua vita, ma mai con tanto distacco. Gli occhi vacui, rotondi, i muscoli rilassati in un'espressione idiota. Satvo che era ta sua faccia... Fu un'esplosione di panico. Si guard•, per quanto poteva: due gam- be pelose si dipartivano dalle sue spalle, per finire nelle due zampe an- teriori di un cane, saldamente poggiate sul pavimento. Avanz• incespicando verso Moss.--Che cosa mi avete fatto?--ur- l•. SortŤ un ululato ferino. Il dottore spinse gli altri verso la porta e ar- retr• guardingo. Wood sentŤ le labbra stirarsi sopra le zanne. Clarence e Talbot erano nel corridoio. Moss, vigile sulla soglia, le dita sulla maniglia, lo guar- dava intento, gli occhi glaciali e impassibili. Quando balz•, Wood si abbatt‚ con la spalla contro la porta, richiusa di scatto dal dottore. --Sa cosa Š successo--giunse la voce di Moss attraverso il pannel- lo. Non del tutto vero. Wood sapeva che era successo qualcosa, ma ri- fiutava di credere che la faccia dell'uomo strisciante, che lo guardava stupidamente, fosse la sua. Eppure, lo era. E lui stesso si trovava sulle quattro zampe di un cane, con un cerotto chirurgico sopra una ferita che gli bruciava sul dorso del collo. Da stroncare e annichilire chiunque - troppo fantastico, per potervi credere. Pens• disperatamente all'ipnosi. Ma gli bastava voltare la te- sta, per vedere in pieno quello che era stato il suo corpo, poggiato sulle mani e le ginocchia, come se non potesse stare in piedi. Lui era fuori del suo corpo. Innegabile. In qualche modo, ne era sta- to tirato fuori; con qualche droga, o I'ipnosi, Moss l'aveva ficcato nel corpo di un cane. Doveva ritornare nelle sue membra originarie. Ma come si fa a tornare nel proprio corpo? L'intelletto di Wood si lanci• alla cieca in tutte le direzioni. A mala- pena sentŤ i tre uomini allontanarsi dalla porta ed entrare nella stanza attigua Ma, d'un tratto, la sua mente si gel• per il terrore. Il suo corpo umano appariva completo e impenetrabile, ermeticamente chiuso al- la sua identit…, orrnai estranea. I ~ Le sue lacrime animalesche, sgorgate in un gelido terrore, si accom- pagnarOnO a uno scricchiolio di mobili: il bastone di Talbot si arrest• i~ con un picchiettio inquieto, insistente. --Questo dovrebbe aver convinto anche lei, no, Talbot?--Adesso E era Moss, che parlava.--Le loro identit… si sono scambiate, senza il -~ minimo mutamento nella rispettiva conformazione mentale. Wood trasalŤ. Voleva dire... no, assurdo! Ma tutto ci• spiegava come ~mai il suo corpo strisciasse sulle mani e le ginocchia, incapace di riz- zarsi in piedi. Significava che l'identit… del collie era dentro il suo cor- po! --D'accordo--giunse la risposta di Talbot.--Ma che mi dice del- I'operazione? Non Š doloroso, il trasferimento dei cervelli in due crani diversi? --Non Š possibile trasferirli in crani diversi--lo contraddisse Moss con una punta di fastidio.--Non collimano. E poi, non c'Š bisogno di scambiare tutta la materia grigia. Come spiega che certe persone ab- biano conservato la loro identit…, dopo l'asportazione di parte del cer- vello? SeguŤ una pausa.--Non so--ammise Talbot dubbioso. --A volte le parti del cervello rimosse contenevano centri nervosi: Š subentrata la paralisi, ma l'identit… era pur sempre presente. Allora, in quale parte del cervello era contenuta? Wood non fece caso al mormorio di risposta del vecchio, ma rimase intento ad ascoltare Moss, tutte le sue paure soffocate dal tendersi del- le orecchie, nell'ansia divorante di capire che cosa gli avesse fatto. --Rifletta--disse il chirurgo.--L'identit… doveva trovarsi in qual- che parte del cervello che non era stata tolta, n‚ poteva essere toccata senza uccidere il paziente. Ecco dov'era. Esattamente alla base del- I'organo, dove uno scalpello non poteva giungere senza passare attra- verso il cranio e il tronco dell'encefalo, con tutti i centri vitali. LŤ si trova nascosto e al sicuro un piccolo corpo misterioso, con un diame- tro di neanche un centimetro, detto ghiandola pineale. E questa che, in qualche modo, controlla l'identit…. Una volta era un terzo occhio. --Un occhio, che ora controlla l'identit…?--esclam• Talbot. --Perch‚ no? Le branchie dei pesci nostri progenitori sono diventa- te la tromba di Eustachio che presiede al nostro equilibrio. "Fino a che non ho sviluppato una nuova tecnica per rimuovere la ghiandola, estraendola da sotto il cervello, anzich‚ passare attraverso il cranio, non si sapeva nulla al riguardo. In primo luogo, cercare di raggiungerla nel secondo modo, avrebbe significato uccidere il pa- ziente e, d'altro canto, le iniezioni endovenose o d'altro genere non hanno alcun effetto. Ma quando ho scambiato le ghiandole pineali di un coniglio e di un topo, il coniglio ha preso a comportarsi come un to- po, e il topo come un coniglio; nei limiti del possibile, si capisce. Puro empirismo: funziona, ma non so perch‚. --Allora, perch‚ i primi tre si comportavano come... qual Š la paro- la? --Catatonici. Ecco, gli scambi in realt… erano stati portati a termi- ne con successo, Talbot; ma ho ripetuto tre volte lo stesso errore, fino a che non ho capito. A proposito, mettete a lavorare quel reporter su qualcosa di meno scottante. Sta arrivando pericolosamente vicino al- la verit…. A parte la ritenzione salivare, le vittime si comportavano quasi come i catatonici, e pi— o meno per lo stesso motivo. Io ho scam- biato la ghiandola pineale dei topi con quella dei tre soggetti. Bene, lei pu• immaginare come si comporterebbe un topo, dovendo controllare il corpo relativamente esteso di un uomo. E al di l… delle sue possibili- t…. Ma la differenza tra il corpo di un cane e quello di un uomo non Š cosŤ grande. Il cane Š disorientato ma, in ogni modo, tenta di control- lare il suo nuovo apparato. --E un'operazione dolorosa?--chiese ancora Talbot. _ Assolutamente indolore. L incisione Š molto ridotta e si cicatrizza in breve tempo. Quanto alla ripresa, pu• osservare lei stesso quanto sia rapida. Ho operato Wood e il cane ieri sera. Il cervello canino di Wood si diede a una fuga precipitosa rifiutando di funzionare in modo razionale. Se fosse stato ipnotizzato o drogato, avrebbe avuto una possibilit… di ritorno, prima o poi. Ma la sua identi- t… era stata strappata con la violenza e in modo permanente dal suo corpo e immessa a forza nel corpo di un cane. Era totalmente inerme: dipendeva in tutto e per tutto da Moss, se voleva rientrare nelle sue forme legittime. --Quanto vuole?--chiese Talbot con tono furbesco. t --Cinque milioni! ~- Il vecchio emise una risatina stridula.--Gliene dar• 50.000 in con- tanti. --Per scambiare il suo corpo morente con uno giovane, forte e sa- t no?--gli fece eco Moss calcando ogni aggettivo.--Il prezzo Š di cin- .~ que milioni. --Le dar• 75.000 dollari-- ribatt‚ in tono definitivo Talbot. --Raccogliere cinque milioni Š fuori questione. Impossibile. Tutto il mio denaro Š bloccato nelle mie... ehm... finanziarie. Devo impiegare L` la maggior parte del reddito per le merci, gli stipendi, le spese generali e l'attrezzatura. Come pensa che possa raccogliere cinque milioni in contanti? i~ --Non lo penso--rispose Moss con una punta beffarda. e Talbot perse le staffe.--Allora dove vuole arrivare~ --L'interesse su cinque milioni Š pari esattamente aila met… del suo reddito In breve, per usare il suo gergo finanziario, sto mettendo un piede a forza nei suoi racket. Wood sentŤ il singulto indignato del vecchio.--Non se ne parla nep- l~ pure!--esclam• rauco Talbot.--Le dar• 80.000 dollari. Sono tutti i F Contanti che posso racimolare. --Non sia sciocco, Talbot-- rispose Moss mortalmente calmo. --Non voglio i soldi per arricchirmi. Ho bisogno di un reddito sicuro F ~ e abbondante; quanto basti per proseguire nei miei esperimenti senza dover dissanguare gli ospedali e trovarmi ancora a corto di liquido. Se uestO esperimento non m'interessasse, non lo farei neppure per cin- ~que milioni, per quel che mi possono servire. --80.000!--ripet‚ Talbot. --Si attacchi ai suoi soldi fino al giorno che creper…! Vediamo, con un'angina pectoris cosŤ avanzata, non dovebbe durare pi— di sei mesi a partire da adesso no? Wood sentŤ il b stone del vecchio vibrare tremulo sul pavimento. --Ha vinto, ricattatore a sangue freddo--si arrese Talbot. La risata di Moss, poi Wood udŤ scricchiolare i mobili, quando i due si alzarono e andarono verso le scale. --Vuole vedere ancora Wood e il cane, Talbot? --No. Sono convinto. --Liberati di loro, Clarence. Ma non abbandonarli pi— in strada perch‚ i reporter pi— furbi di Talbot ci possano ricamare sopra. Metti un silenziatore alla pistola. Lo troverai a pianterreno. Dopo lasciali nella vasca con l'acido. Atterrito, Wood gir• gli occhi qua e l… per la stanza. Doveva scappa- re con il suo corpo. Perch‚ scappare da solo avrebbe significato non tornare mai pi— nel suo corpo: mai, dopo la separazione, Moss avrebbe potuto restituirlo alle antiche fattezze. Ma si trovavano al secondo piano, sul retro della casa. Anche se ci fosse stata una scala antincendio, non avrebbe potuto aprire la fine- stra. La sola via di uscita era dalla porta. In qualche modo doveva girare la maniglia, correre il rischio d'in- contrare Clarence o Moss sulle scale o nell'angusto corridoio, e poi aprire la pesante porta d'ingresso, guidando e proteggendo il suo cor- po! Il collie, esiliato in altre spoglie, uggiolava stupefatto. Wood ricac- ci• l'istintiva paura che gli serrava il cervello animalesco. Doveva es- sere freddo. Dal pianterreno, sentŤ i passi pesanti di Clarence intento a cercare qua e l… nelle stanze il silenziatore. Gilroy chiuse la porta della cabina telefonica e si frug• in tasca alla ri- cerca di una moneta. Fra tutte le invenzioni della scienza umana, la cabina telefonica Š la dimostrazione lampante di come questo sia un mondo per gente sotto i due metri di altezza. Quando infine tir• fuori una monetina il giornalista urt• con il gomito contro la porta poi, mentre comp˘neva il numero chinandosi verso il microfono, fu co- stretto a piegarsi come un bastone da passeggio. Ma Gilroy aveva al- lenato il suo corpo allampanato ad adattarsi agli oggetti concepiti se- condo una scala inferiore alla sua. L'esiguit… dello spazio non gli dava noia. Spinse tuttavia all'indietro il cappello sformato ed emise un debole fischio di scoraggiamento. 84 --Fammi parlare con il capo--disse. Il ricevitore gracchi• contro il suo orecchio, poi il direttore lo salut• distrattamente. Il cronista sa- peva che era appena giunto e stava sparpagliando le carte sulla scriva- nia, all'inseguimento dell'ultimo messaggio arrivato.--Capo, qui Š Gilroy--annunci•. t --Che cos'hai scoperto sui catatonici? 11 volto ossuto del reporter si accigli•, grave e scorato.--Niente, ca- po--rispose con voce atona. --Dove sei stato? --Al Memorial, tutto il giorno, a guardare i catatonici e aspettare una illuminazione. Il direttore prese un tono comprensivo.--Che cosa ne pensi? --Non ne penso niente. Sono assolutamente idioti e immobili, e nessuno qui intorno ha un'idea che valga la pena di ascoltare. Che co- sa mi dice dei rapporti della polizia e degli ospedali? _ Li stavo guardando proprio prima che mi chiamassi.--SeguŤ una breve pausa. Gilroy sentŤ un fruscio di fogli spinti qua e l….--Ec- coli qui. La sezione per le impronte digitali non ha nessun riscontro in archivio. E nessun dipartimento di polizia di qualunque paese, citt… o metropoli ha riconosciuto le fotografie. _ E gli ospedali intorno a New ~ork?--domand• Gilroy con un barlume di speranza. --Nessun paziente scomparso. E Il giornalista sospir• e scroll• le spalle con un gesto eloquente. E~ --Bene, tutto quello che abbiamo sono dati in forma negativa. Devo- '~ no averli scelti maledettamente con cura. Tutti i giornali del paese hanno pubblicato le loro fotografie, ma a quanto pare, quelli non han- no un amico, n‚ un parente, n‚ precedenti penali. --Che ne dici di un bell'articolo strappalacrime?--I'incoraggi• il direttore.--Come mangiano, come sono inermi nei loro vecchi abiti strappati? Mettere gi— una ricostruzione ipotetica delle loro vite, ba- sandoti sui lineamenti e sulle mani. Che ne dici? Non male, eh? --Oh, capo--gemette Gilroy.--Io do forfait. Quella roba non Š il mio genere. Non sono un piagnone. Non abbiamo un elemento su cui lavorare. Questi vagabondi non hanno assolutamente nessun collega- ~; mentO con la vita. Non possiamo scoprire chi erano, da dove vengono, o che cosa gli sia capitato. La voce del direttore prese un tono tagliente e incisivo.--Ascolta- mi, Gilroy!--proruppe.--Smetti di lamentarti, hai capito? Io dirigo questO giornale, e finch‚ non deciderai di lasciarlo, ti mander• a occu- parti degli annunci delle nascite, se ne avr• voglia. ''Tu pensavi che questo fosse un buon servizio e mi hai convinto. Be- ~ne, lo penso ancora! Voglio che tu ricostruisca la storia di questi cata- onici. Voglio che scopra tutto su di loro e come si sono ridotti pe~io dei paralitici rimbecilliti. E cosŤ anche il pubblico. E non mi fermer• fino a che non lo sapr•. Hai capito? "Mettiti al lavoro e non mollare. Non lasciarti buttare gi—! E giusto per farti capire come ti appoggio... ti do carta bianca per le spese, a tua discrezione. Ora, in un modo o nell'altro, risali all'origine di questi catatonici! n Gilroy per un po' rimase senza parole.--Be', accidenti--balbett• confuso--far• del mio meglio, capo, non sapevo che la pensasse cosŤ. --Noi due porteremo in luce questa faccenda dall'a alla zeta, Gil- roy. Ma vieni un'altra volta a lamentarti e a dire che dai forfait, e ti ri- troverai a fare il fattorino per qualche altro giornale. Mi hai capito? E dico sul serio! Gilroy abbass• deciso il cappello.--Ho capito, capo--dichiar• con tono virile.--Pu• contare su di me fino in fondo. Sbatt‚ il ricevitore sulla forcella, aprŤ la porta e uscŤ con una nuova determinazione. Si sentiva investito di tutta la potenza della stampa - e non era una sensazione ingiustificata: la forza e le risorse d'intelli- genza di un vasto giornale metropolitano erano schierate compatte dietro di lui. Ben pochi segreti potevano sfuggire al suo occhio indaga- tore. Aveva bisogno solo di pazienza e di un sottile spirito di osservazio- ne. Trovare il primo indizio sarebbe stato il compito pi— difficile; do- po, tutta la storia si sarebbe dipanata da sola. Marci• verso l'uscita dell'ospedale. Dietro di s‚, sentŤ dei passi frettolosi, poi avvertŤ un lieve tocco sul braccio. Si gir• e abbass• lo sguardo sul medico interno dell'ospedale che, vestito in borghese, rientrava per il suo tumo. --Lei Š Gilroy, vero?--chiese il dottore.--Bene, stavo pensando alle incisioni sul collo dei catatonici... --E cosa mi dice?--domand• il giornalista subito sul chi vive, ti- rando fuori un taccuino. --Vuoi di nuovo mollare?--domand• il direttore del giornale dieci minuti dopo. --Non io capo!--Gilroy poggi• il taccuino con gli appunti steno- grafici sopra il telefono.--Sono sulla pista buona. Il medico intemo qui al Memorial mi ha fornito un vero indizio. Lui ha dedotto che i ta- gli sul collo dei catatonici sono stati aperti per toccare qualche parte del cervello. Le incisioni penetrano lungo una tangente a mezzo centi- metro dalle vertebre, quindi non hanno niente a che vedere con la spi- na dorsale. Dice che da quell'angolatura Š impossibile arrivare alla zo- na posteriore del cervello e che, entrando da dietro, non si arriva a nessuna parte importante del collo che non si raggiunga pi— facilmen- te dalla gola o attraverso la bocca. "Se con quell'incisione non tagli il midollo spinale, Š impossibile spiegare la paralisi generale, e il midollo decisamente non Š stato toc- cato. NQuindi, lui pensa che le incisioni dovessero aprire la via verso qual- che parte alla base del cervello che non si poteva raggiungere da so- pra. Anche se non sa di quale parte si tratti, o come l'operazione abbia indotto la paralisi generale. NAfferrata l'idea? Bene, ecco qui il colpo finale: per arrivare a un punto esatto del cervello, di solito si toglie un bel pezzo di cranio nei dintorni. Ma queste incisioni sono state prestabilite fino all'ultimo millimetro, anche se il dottore non sa a che scopo. Il chirurgo ha ope- rato basandosi unicamente sulle misurazioni, come in un volo cieco. Lui dice che solo tre o quattro persone in tutto il paese potrebbero averlo fatto." --E chi sono, intelligentone? Ti sei fatto dare i nomi? Gilroy si offese.--Si capisce: Moss a New York, Faber a Chicago, Crowninshield a Portland, e forse Johnson a Detroit. --Bene, cosa stai aspettando?--url• il direttore.--Vai da Moss! --Non riesco a trovarlo. Si Š trasferito dalla sua casa sul Riverside Drive e non ha lasciato il nuovo indirizzo. Era piuttosto seccato. Il consiglio dell'ospedale ha chiesto le sue dimissioni e lui se ne Š andato con una brutta fama di cattivo amministratore. Il direttore pass• all'azione.--Questo ci lascia con quattro uomini da rintracciare. Trova Moss. Io chiamer• gli altri chirurghi che hai no- minato. Sembra un buon inizio. Gilroy riappese. Con una mezza dozzina di lunghi passi, coprŤ la di- stanza dall'uscita dell'ospedale, con la sua sgraziata, ma rapida anda- tura da animale da preda. Wood era in balŤa di un panico paralizzante. Sapeva bene di esserne bloccato: impossibile in quello stato studiare un piano di evasione ep- pure, era impotente a controllare la foga atterrita del suo cervell˘ ca- nino. Clarence avrebbe impiegato ben poco a trovare il silenziatore e sali- re le scale per uccidere lui e il suo corpo. Prima di allora, doveva scap- 1~ pare insieme al suo precedente contenitore Vacillando~ si rizz• goffamente su due zampe e prese la maniglia fra ~li arti anteriori, ma quelli si rifiutarono di stringere la presa. SentŤ arence fermarsi, poi un rumore, come di qualcuno che frugasse nei cassetti. Era terrorizzato. Morse furiosamente il pomolo ma la preda gli sci- ~ol• fra i denti. Morse pi— a fondo. Una fitta di doˇore gli attravers• le ~give delicate, ma l'ottone s'intacc•. Appeso alla maniglia, si abbas- ~` s• a terra, piegando bruscamente il collo per ruotare il pomello. Lo scrocco si liber• dal gancio. Wood si gett• da una parte, tirando indie- tro la porta mentre cadeva. Come si aprŤ uno spiraglio, vi cacci• il mu- so e l'allarg• a forza. Da sotto, ancora l'eco dei passi pesanti. Senza far rumore, entr• nel corridoio e guard• per la tromba delle scale. Nessuna traccia di Cla- rence. Tutto a un tratto l'assistente uscŤ da una stanza e si avvi• verso le scale. Appena sentŤ lo scatto metallico, Wood si accucci• tremante: il silenziatore era stato applicato alla pistola. Sbarr• la strada al suo corpo, che si ferm• senza protestare, la faccia idiota penzolante sopra il gradino. Clarence giunse alla base delle scale e salŤ tranquillo. Wood si tese, aspettando che svoltasse la curva e apparisse in vista. Come scorse i due fuggiaschi, I'assistente s'irrigidŤ di botto, spalan- cando la bocca in una smorfia stupefatta. La pistola tremante e impo- tente al suo fianco, li fissava, il grasso collo pallido ora esposto e invi-- tante. Poi, gli si gonfi• il torace e la laringe s'indurŤ per lanciare un grido. Ma Wood scoprŤ i lunghi denti? si lanci• in alto, dritto verso Claren- ce e le zanne scattarono ancora a mezz'aria. La morbida carne si lacer• fra le sue mascelle. Rovesci• Clarence a terra, caddero per le scale e rotolarono verso il pianterreno. L'assisten- te si dibatteva rantolando. Wood avvertŤ un improvviso fiotto di san- gue che gli eccit• un appetito sconosciuto, poi si divincol• e atterr• sulle zampe. Il suo corpo arranc• dietro di lui, fermandosi ad annusare Clarence, ma il legittimo proprietario lo trascin• via schizzando verso la porta d'ingresso. Dal retro della casa, giunse il passo in corsa di Moss che si precipita- va a indagare. Wood morse selvaggiamente la maniglia, tirando indie- tro a tutta forza, terrorizzato all'idea che il dottore arrivasse prima che avesse aperto la porta. La serratura scatt•. Wood, con il corpo, spalanc• l'uscio e il suo al- ter ego lo seguŤ ciondoloni fino alla scaletta estema. Dopo averlo spin- to fm sul marciapiede, Wood lo pilot• di furia verso il Central Park West, fuori della portata di Moss. Si guard• indietro e vide il dottore che li guardava dietro la tenda sulla porta. Agghiacciato, trascin• l'uomo-cane in uno scomposto ga- loppo fino all'angolo, dove sarebbe stato protetto dal traffico. Aveva scampato la morte, lui e il suo corpo erano ancora insieme, ma Ťl suo panico ingigantiva. Come poteva nutrire il suo compagno, dargli riparo e difenderlo da Moss e dai gangster di Talbot? Ma prima di tutto, si rese conto, avrebbe dovuto proteggerlo dagli sguardi dei curiosi. Perch‚ il suo corpo affamato si aggirava in cerca di preda sulle mani e sulle ginocchia, e la vista di un corpo umano che strisciava annusando qua e l… suscitava un disgustato interesse. Non pass• molto, che si trovarono circondati. Wood aveva una paura d'inferno. Con i denti, si tir• dietro il suo in- t volucro per la strada e ne guid• l'incerta marcia fino all'altro lato del- la via, dove il Central Park poteva nasconderli con i suoi alberi e i suoi cespugli. Moss era stato pi— pronto. Un automobile nera sfrecci• oltre un se- maforo rosso e piomb• verso di loro. Dall'altro lato, una vettura della polizia zigzagava fra il traffico, con la sirena spiegata, finch‚ si ferm• di fianco alla coppia. L'automobile nera rallent• di colpo. Wood si accucci• a difendere il suo corpo, fissando torvo la coppia di poliziotti che si precipitava verso di loro. Uno dei due lo cacci• via con il piede, e l'altro sollev• il suo corpo per le ascelle, cercando di far- lo stare in piedi. _ E completamente suonato, pensa di essere un cane--disse l'a- gente con tono pietoso.--Pronto per il reparto svitati, eh? Il primo annuŤ. Wood perse la ragione. Attacc•, schioccando le ma- scelle con ferocia. Il suo corpo si unŤ all'assalto, ringhiando orribil- mente e mordendo a destra e a manca. Una mossa folle, senza speran- za, ma non poteva comunicare. Doveva far qualcosa, per non lasciarsi dividere dal suo compagno. Gli agenti lo respinsero a calci. D'improvviso si rese conto che forse non l'avrebbero caricato con il suo corpo, ma l'avrebbero ucciso. Si lanci• alla disperata nel traffico, prima che facessero sedere il presunto umano nell'automobile. --Vuoi scendere e piantargli una pallotola prima che morda qual- cuno?--sentŤ dire. --Quello svitato ti far… impazzire--rispose l'altro.--Daremo l'al- larme dall'ospedale. '‚~j L'automobile partŤ verso il centro. Wood si lanci• all'inseguimento. e Le sue zampe mulinavano furiose, ma la vettura lo lasci• indietro, al- E tre se ne aggiunsero e, dopo pochi isolati, perse di vista i poliziotti. E Scorse l'automobile nera svoltare incurante del traffico e puntare rombando verso di lui, con troppa decisione. Non potevano essere al- tri che i gangster di Talbot. Gli occhi e i muscoli coordinati con animalesca precisione, si gett• -~ nel veloce flusso del traffico, attento a non farsi investire e cercando, ~insieme~ un sentiero che portasse nel parco. Quando ne trov• uno, balz• nella corsia opposta. Fra uno stridore di ~eni, accompagnatO da una sonora imprecazione, sgusci• davanti a ~ln cofano, raggiunse il marciapiede e schizz• lungo il sentiero in ce- rnto fino a una minuscola foresta di cespugli. Senza esitare, lasci• il sentiero e corse per i boschetti, attraverso una macchia rada, ma sufficiente a nasconderlo, addentrandosi di vo- lata nel cuore del parco. Con gli occhi invasi dal terrore, osserv• l'automobile che, carica di banditi, perlustrava adesso i due lati alberati del sentiero. Appiattito a terra, si ritir• piano piano. Gli inseguitori battevano i cespugli a una distanza rassicurante. Fin tanto che li aggirava, strisciando da un nascondiglio all'altro, correva ben pochi rischi di essere scoperto. Ma era angosciato dalla perdita del suo corpo. La sua vicinanza gli aveva dato una sorta di co- raggio, anche se non sapeva come avrebbe costretto Moss a restituir- glielo. Ora, oltre a imporsi al dottore perch‚ l'operasse, doveva anche ritrovare il suo involucro umano. Ma il suo stomaco si torceva dalla fame. Prima di fare qualunque piano, doveva mangiare. Scivolb furtivo fuori dal suo riparo. I gangster erano lontani, fuori vista. Con infinita pazienza, strisci• verso uno scoiattolo. L'attenta be- stiola era vigile e desta. Wood impieg• un'infinit… di tempo, prima di coglierla di sorpresa e spezzarle la spina dorsale. Il pensiero di man- giare un roditore crudo gli rivoltava le viscere. Rincul• con la sua preda fra i cespugli. Quando tent• di escogitare una linea d'azione, il suo cervello canino prese a recalcitrare, terrifica- to e pazzo nella sua impotenza. E aveva buone ragioni per aver paura: Moss aveva sguinzagliato i gangster di Talbot alla sua caccia, e a quest'ora, probabilmente, la po- lizia lo stava cercando come cane randagio da abbattere. ~. Mai, in tutti i suoi incubi, aveva immaginato un simile orrore. Era l` totalmente inerme. Le forze dell'ordine e della malavita erano unite contro di lui, n‚ aveva modo di svelare che non era affatto un cane, a quanti potessero eventualmente aiutarlo, con quel suo linguaggio inarticolato. E poi, chi poteva aiutarlo, salvo Moss? Anche se fosse riu- scito a sfuggire alla polizia e ai gangster, e a sgusciare non visto oltre gli accorti impiegati di una clinica, comunicando in qualche modo... Anche in quel caso, solo Moss poteva portare a termine l'operazione! Doveva scartare dottori e ospedali. Troppo sclerotizzati per avere immaginazione. Ma, soprattutto, non potevano convincere Moss a operare. Si rizz• sulle zampe e trotterell• cauto fra i ciuffi dei cespugli verso Columbus Circle. In primo luogo, doveva badare alla polizia e ai gang- ster. E poi, trovare un modo per comunicare, ma con qualcuno che po- tesse capirlo ed esercitare una formidabile pressione su Moss. Gli odori della citt… solleticavano le sue narici sensibili. Come una vasta coperta, che ovattava quasi tutti gli altri effluvi, predominava un odore dolciastro che identific• per quello del vapore della benzina. Al di sopra, aleggiava il profumo della vegetazione, caldo e umido- e al di sotto, il sentore muschiato del genere umano. Per la sua prospettiva canina, era un mondo diverso, con un ampio e lontano orizzonte terrificante. Odori e rumori componevano scene fantastiche nella sua mente animalesca. Eppure, era interessante. Il battito soffocato delle sue zampe contro il morbido terreno trapunto gli procurava un piacere istintivo, tutti gli abiti di cui aveva bisogno li portava sopra di s‚, e il cibo non era difficile da trovare. Mentre si nascondeva dalla polizia e dai banditi di Talbot, godeva perfino di una sorta di libert…, ma era una vile libert… indesiderata, che non meritava quel prezzo. Come uomo, aveva sofferto la fame, il freddo, l'indifferenza, senza un tetto n‚ un briciolo di sicurezza. Eppu- re, malgrado tutto, il suo corpo canino ospitava un'intelligenza uma- na; lui apparteneva ai bipedi, alla stazione eretta, a una vita da uomo buona o cattiva che fosse. In qualche modo doveva tornare in quel mondo, fuori della solitaria anarchia della sfera animale. E solo Moss poteva ricondurlo all'origi- ne. Bisognava costringerlo, costringerlo a restituire il corpo che aveva rubato! Ma come comunicare, e chi l'avrebbe aiutato? Verso il confine di Central Park si espose a un pericolo mortale. Stava trotterellando su un sentiero che rasentava l'ampia strada. Un'automobile nera in corsa acceler• con micidiale, rapace sveltezza e gli si accost•. SentŤ un plop soffocato. Un proiettile sibil• a due centi- metri dalla sua testa. Si accucci• e torn• in tutta fretta nei protettivi cespugli, poi strisci• lesto da un albero all'altro avendo cura di tenere qualche ostacolo fra s‚ e la linea di tiro. I gangster erano scesi dall'automobile. Li sentŤ battere i cespugli al- la sua ricerca. Avanzarono adagio, mentre le sue zampe agili volavano mettendo fra loro una rassicurante distanza di trecento metri. UscŤ come una freccia dal parco lanciandosi per Columbus Circle senza badare al traffico. A Broadway, stretto contro gli edifici, al ripa- ro di úma fitta barriera di folla tra s‚ e la strada, si sentŤ pi— sicuro. Quando fu certo di aver seminato i gangster, svolt• a ovest per certe strade a senso unico, attento a qualunque segnale di pericolo. Alle prese con il pericolo fisico, scoprŤ che la sua mente animale rea- giva d'istinto e quasi sempre con maggiore astuzia di un cervello uma- D~impulso~ quando il traffico si muoveva, si accucciava dietro le scalette~ nei portoni, al riparo di qualunque schermo e, quando il flus- so si bloccava davanti a un semaforo, correva come il lampo. Le auto- plobili sbandavano di traverso, spesso lo mancavano di poco ma non ~er questo Wood rallent• il suo trotto se non dopo che aveva  ttraver- sato a zig-zag il centro, allontanandosi costantemente dal centro fino a raggiungere West Street, lungo il North River. Si sentŤ ragionevolmente al sicuro dai gangster di Talbot, ma un'au- tomobile della polizia si awicinava lentamente sotto la superstrada. Wood si rannicchi• dietro uno stracolmo bidone della spazzatura al- l'esterno di un fetido ristorante. E, ancora molto dopo che l'automobi- le se n'era andata, rimase acquattato al coperto. Lo stridulo vento che soffiava sul fiume e sui moli coperti sollev• un giomale dalla pila di rifiuti e lo appiattŤ contro la vetrina del ristoran- te. Nella sua mente animalesca, raggelata da una paura che l'intorpidi- va, Wood ricord• il pomeriggio precedente, quando si trovava davanti all'agenzia di collocamento, mentre parlava con uno dei banditi di Talbot. Allora, gli era balenato il pensiero che sarebbe stato piacevole essere un catatonico anzich‚ morire di fame. Ora era pi— saggio. Ma... Si rizz• sulie zampe posteriori e rovesci• il bidone, che cadde con fracasso, rotolando verso il rigagnolo e spargendo le immondizie su tutto il marciapiede. Prima che dal ristorante uscisse qualche came- riere in una ridda di improperi, Moss zampett• fra i rifiuti e afferr• con la bocca un giomale accartocciato. Aveva un amaro sentore di ci- bo in decomposizione, ma lo tenne stretto e corse via. A diversi isolati di distanza, entr• in un ampio terreno desolato, fino a nascondersi dietro un edificio cadente. Al riparo dal vento del fiume, lisci• il giornale e scorse la prima pagina. Era una copia, vecchia di un giorno, dello stesso quotidiano che ave- va gettato davanti all'agenzia di collocamento. Nella colonna a sini- stra trov• l'articolo sui catatonici, firmato Gilroy. Prese quindi il foglio fra i denti e arretr• fino a che il giornale, rag- grinzito, si aprŤ malamente alla pagina successiva. Era disgustato dal lezzo di cibo in putrefazione che l'impregnava, ma represse la nausea e continu• a voltare le grandi, indocili pagine con i suoi denti inetti. Giunse alla facciata delle intestazioni editoriali e studi• con attenzio- ne il riquadro del copyright. PartŤ quindi di buon trotto, circospetto, sempre tenendosi vicino ai muri degli edifici, attento alle automobili che potessero trasportare gangster o poliziotti, rapido come una freccia ad attraversare le strade fino al primo riparo, e poi via ancora di trotto... L'aria si scuriva, l'autostrada gettava una lunga ombra. Prima del calar del sole, coprŤ quasi cinque chilometri lungo West Street e si fer- m• non lontano dalla Battery. Alz• gli occhi sgranati verso il torreggiante palazzo del Morning Post. Aveva un'aria imprendibile, con quelle porte massicce chiuse a difesa dal vento. Rimase davanti all'ingresso principale, in attesa che qualcuno te- nesse la porta aperta abbastanza a lungo da permettergli d'intrufolar- si. Con qualche speranza, punt• lo sguardo su un uomo anziano. Quando aprŤ, gli fu alle calcagna, ma il vecchio lo ricacci• con gentile ferrnezza. Wood scoprŤ le zanne. Era la sua sola risposta, e lo sconosciuto chiu- se la porta in tutta fretta. Tent• un altro approccio, si attacc• a un alto uomo dinoccolato dal- I'aria abbastanza gentile, a dispetto dell'espressione concentrata. Alz• gli occhi e agit• la coda goffamente in un saluto amichevole. Lo spi- lungone si abbass• a grattargli le orecchie, ma rifiut• di farlo entrare. Poco prima che la porta si chiudesse, Wood gli si lanci• contro e quasi lo gett• a terra. Nell'atrio, saett• attraverso le gambe che lo circondavano. Il tipo al- to gli stava dietro, con un ruggito rabbioso. Un impaurito tramestio di scarpe dalle spesse suole minacci• di schiacciare l'intruso, che tutta- via si destreggi• qua e l… fra i piedi levati e raggiunse le scale. Le salŤ di gran carriera. L'ingresso del secondo piano vantava porte di cristallo, davanti agli uffici dei dirigenti. Wood svolt• l'angolo e si arrampic• di volata. Le scale, illuminate artificialmente, si restringevano. Il terzo e il quarto piano ospitavano le officine poligrafiche; via ancora, oltre gli uffici dell'amministrazio- ne, delle inserzioni pubblicitarie... Arrivato alla sezione editoriale, ansim• davanti alla pesante porta antincendio e aspett• di riprender fiato. Poi prese la maniglia fra i denti e la gir•. La porta si aprŤ verso l'interno. IL Il denso fumo pungente gli serr• le narici sensitive, mentre le sue orecchie si ritraevano a quel frastuono strepitante. Avanz• pian piano tra file di scrivanie ingombre e si guard• intorno in cerca di aiuto. Vide facce assorte, intente alle macchine per scrivere che ticchettavano sfornando gli articoli; giovanotti che filavano intor- no a raccogliere le vaschette con le carte; schiere di uomini e donne che entravano e uscivano dagli ascensori. Facce dallo sguardo acuto, intelligenti, pronte... P~ Qualcuno si era voltato a guardarlo mentre passava, poi era tornato ~ al suo lavoro, quasi senza vederlo jj~ Wood trem• di sollievo. Queste erano le persone che avevano il pote- re d'influenzare Moss, persone abbastanza perspicaci da capirlo! Si accucci• e mise una zampa sulla gamba di un cronista occupato a bat- tere a macchina, alzando lo sguardo fiducioso. Il reporter spalanc• gli ~cchi, li abbass• di soprassalto e lo cacci• via Vattene, squagliati!--grid• rabbioso.--Vattene a casa! ~ Wood si ritrasse. Non si sentiva in pericolo. Era molto peggio: aveva _ llito. La sua mente lavor• in fretta: se avesse attratto l'interesse, co- 93 me avrebbe raccontato la sua storia in modo intelligibile? Come pote- va spiegarsi con un equivalente delle parole? L'idea esplose improvvisa. Lui era stato un decifratore di codici in un ufficio di cambio... Sedette sulle anche e abbai•, con sonori versi intermittenti, ora lun- ghi, ora brevi. Una ragazza url•. I giornalisti balzarono in piedi al- larmati e si strinsero in un cerchio via via pi— compatto. Wood trasmi- se cosŤ il suo messaggio in Morse, un messaggio lento, doloroso, emes- so a forza con una laringe che non gli apparteneva. Poi, pieno di ottimismo, cerc• intorno con lo sguardo qualcuno che avesse capito. Ma incontr• occhi ostili, infastiditi, senza la pi— piccola ombra di comprensione. --Quello Š il cane che mi ha attaccato!--disse l'uomo alto e ma- gro. --Non per fame, spero--ribatt‚ un giornalista. Wood non si diede del tutto per vinto. Ricominci• ad abbaiare il suo messaggio, ma un uomo giunse di furia dall'ufficio a vetrate del diret- tore. --Che cos'Š tutto questo chiasso?--domand•. Scorse Wood nella cerchia dei cronisti che si ritraevano.--Portate fuori quel maledetto cane! --Avanti, portatelo fuori di qui!--grid• il tipo magro. --E un cane gentile e amichevole. Guardalo con l'occhio ipnotico, Gilroy. Wood fiss• Gilroy con aria implorante. Non era stato capito, ma aveva trovato il giornalista che aveva scritto gli articoli sui catatonici! Gilroy si avvicin• con cautela, ripetendo le frasi che si usano quando si vuole calmare un cane ribelle. Wood corse via tra le file di scrivanie. Era cosŤ vicino al successo... doveva solo trovare un modo di comunicare prima che lo prendessero e lo buttassero ruori! Balz• sul piano di un tavolo e mand• una boccetta d'inchiostro a frantumarsi sul pavimento, dove dilag• una macchia scura. Con trepi- do affanno, afferr• un foglio di carta bianco, intinse la zampa nella pozza e fece un estemporaneo tentativo di scrivere. Il fiotto di speranza svanŤ in fretta. Il suo garretto non era l'articola- zione universale di un essere umano! Quando lo poggi• sul foglio, il suo arto si appiattŤ, totalmente inutile, mentre le sue unghie si muove- vano all'unisono. Incapace di ritrame tre per scrivere con la quarta, Wood tracci• solo un'impronta sbavata. Scoraggiato, anzich‚ opporsi a Gilroy, si lasci• trascinare in un ascensore. Agit• malamente la coda. Era una ben difficile impresa, usare quei muscoli estranei di cui si serviva con una deliberazione pu- ramente intellettuale. Sedette e aprŤ la bocca in quello che, su un volto umano. sarebbe stato un sorriso amichevole: bast• comunque a rassi- curare il giornalista, che gli diede un buffetto sulla testa, ma lo mise ugualmente alla porta senza remissione. Eppure, Wood aveva motivo di sentirsi incoraggiato. Era riuscito a entrare nel palazzo e ad attrarre l'attenzione. Sapeva che un giornale era il solo centro di potere capace d'imporsi su Moss, ma rimaneva co- munque il problema della comunicazione. Come risolverlo? La sua zampa era inutile per scrivere, con quell'unica articolazione, e nessu- no nell'ufficio capiva i segnali Morse. Si accovacci• contro il muro di cemento, la mente angosciata che si dibatteva per trovare una soluzione. Senza una voce articolata, senza dita prensili, il suo solo metodo per comunicare, a quanto pareva, era abbaiare in codice. In tutta quella folla, era sicuro che ci fosse qualcu- no in grado di decifrare i suoi segnali. In effetti, gli sguardi si voltarono verso di lui. Perlomeno, non ebbe difficolt… a richiamare l'attenzione. Ma erano sguardi che non capiva- no. Per qualche momento, fu come impazzito. Corse dentro e fuori dalla massa di gente frettolosa, abbaiando con furia il suo messaggio, sal- tando verso quelli che gli parevano pi— intelligenti e seguendoli per un breve tratto, fino a che non appariva fin troppo chiaro che non l'affer- ravano; allora, si volgeva ad altri, con uno strepito assordante. Non incontr• che una timida carezza o un intimidatorio rabbuffo. Infine, cess• quei suoi versi laceranti e si accucci• contro il muro, sconfitto. Nessuno tenterebbe mai d'interpretare l'abbaiare di un cane secondo un codice. Quando era un uomo, lui stesso probabilmente avrebbe reagito allo stesso modo. L'unica nozione che poteva sperare di trasmettere a quel modo era semplicemente il suo desiderio di atti- rare l'attenzione. Ma nessuno vi avrebbe cercato un significato pi— profondo. Entr• nel flusso di gente che si affrettava verso la metropolitana, trottando lungo il marciapiede, attento alle automobili che rallenta- vano, ma ancora pi— attento ai rifiuti galleggianti nel canale di scolo. Provava un'invidia assassina dei piedi umani intorno a lui, in rapido moto fiducioso verso una destinazione ben nota; egoistici piedi rispet- tabili, che si rifiutavano di deviare dalla strada verso casa per aiutar- lo. Appendici di individui che potevano trasmettere le pi— sottili sfu- mature e variazioni dei sentimenti, o il pensiero astratto, con le paro- Ie, la penna, la stampa, attraverso il telefono, la radio, i libri, i giornali... Mentre la sua voce era solo uno stridulo verso impotente che faceva nfuriare gli esseri umani, le sue zampe non servivano ad altro che a ~orrere e sul suo muso a punta non traspariva alcuna emozione. ProseguŤ lungo il marciapiede per tre isolati nel quartiere degli affa- ri, prima di trovare il mozzicone di una matita. Lo prese tra i denti e corse verso i moli in West Street, anche se aveva solo una vaga idea per un ultimo esperimento nel campo della comunicazione. Numerosi fogli di carta, alcuni ancora bianchi, svolazzavano qua e l… nel vento che soffiava dal fiume. Agli stivatori in attesa della paga sul molo, quello parve solo un cane che ruzzava. Qualcuno gli lanci• un fischio. In realt…, Wood rincorreva i fogli aerei con mortale seriet…. Quando ne cattur• uno, lo tenne saldamente tra le zampe, la matita stretta nello spazio piatto che separava le sue zanne. Spost• con la bocca il mozzicone sopra il foglio. Una scrittura goffa e incerta, che tuttavia infine partorŤ lunghe lettere tremolanti in stam- patello. Io SONO UN ~IOMO, scrisse. Il breve messaggio copriva tutto il pezzo di carta, senza altro spazio per ulteriori informazioni. Wood lasci• cadere la matita, afferr• il foglio tra i denti e torn• di corsa verso il palazzo del giornale. Per la prima volta da quando era sfuggito a Moss, si sentiva tranquillo. Il suo tentativo letterario era rozzo e informe, ma il messaggio era inequivocabile. Si unŤ a uno stanco gruppo di giovani galoppini che rientravano dai loro incarichi, rest• in passiva attesa fino a che la porta si aprŤ, quindi balz• sicuro attraverso la piccola processione di novizi. I giovanotti si scansarono preoccupati, lasciandolo entrare agevolmente. Ancora si lanci• su per le scale fino alla sezione editoriale, pos• il fo- glio a terra e afferr• la maniglia tra i denti robusti. Esit• solo un istante, quanto bastava per individuare il cadaverico reporter. Seduto a una scrivania, Gilroy batteva a macchina il suo ar- ticolo. Wood and• dritto verso di lui, portando il suo messaggio, quin- di pos• la zampa sul ginocchio appuntito del cronista. --Che diavolo!--sbott• Gilroy e, ritratta di scatto la gamba, re- spinse il cane. Ma Wood torn• indietro ostinato, tendendo per quanto poteva il fo- glio verso di lui, con un tremito pervaso di aspettativa, fino a che l'u- mano gli strapp• il messaggio di bocca. Poi, con i muscoli rattrappiti, guard• ansioso quella faccia angolosa, dove cercava di scoprire i segni di una progressiva illuminazione. Gilroy tenne gli occhi sulle lettere scarabocchiate, quindi si oscur• in viso. --Chi fa lo spiritoso, qui dentro?--grid• d'improvviso. La maggior parte dei colleghi l'ignor•.--Chi ha lasciato entrare questo botolo e gli ha dato un biglietto scemo da portarmi? Avanti, chi Š il genio? Wood gli salt• intorno, abbaiando isterico, nel tentativo di spiegar- si. --Oh, piantala!--scatt• il giornalista.--Ehi, fattorino! Porta gi— questo cane e vedi che non rientri pi—l Non ti morder…. Ancora una volta, Wood aveva fallito. Ma non si sentiva battuto Quando la folle paura dettata dalla frustrazione si dissolse, lasciando- gli la mente lucida e sgombra, si rese conto che l'insuccesso era solo parziale. In realt…, aveva comunicato, ma la mancanza di spazio gli aveva impedito di essere pi— chiaro ed esauriente. Il metodo era cor- retto. Doveva solo migliorarlo. Prima che il fattorino lo mettesse con le spalle al muro, rub• al volo una matita da una scrivania deserta. --Devo lasciargli la matita, signor Gilroy?--chiese il ragazzo. --Ti prester• la mia, a meno che tu voglia farti staccare un brac- cio--sbuff• il giornalista, voltandosi verso la macchina per scrivere. Wood si accucci• di fianco al fattorino, in attesa che arrivasse l'a- scensore, sempre stringendo gelosamente la matita fra i denti. Non ve- deva l'ora di uscire dal palazzo e tornare nel terreno abbandonato di West Street a studiare il modo di scrivere un messaggio pi— esplicito. Le sue lettere in stampatello risultavano impossibilmente grandi e tremolanti, ma con lo stesso distacco razionale che gli era solito quan- do decifrava i codici, affront• il problema senza timore. Sapeva che non poteva servirsi della scrittura manuale o a stampa. Avrebbe dovuto trovare un altro sistema, adatto ai suoi denti malde- stri - un sistema che non richiedesse troppo spazio. Stizzito con quel collie che si ostinava a tornare, Gilroy appallottol• l'enigmatico e incomprensibile biglietto e lo gett• nel cestino, senza pi— farvi caso, salvo considerarlo un semplice scherzo. Le sue lunghe dita dalle nocche larghe batterono rapidamente l'ulti- ma pagina dell'articolo. Aggiunse in fondo una breve fila di zeri e di trattini e, con un fascio di fogli in mano, and• dal direttore. Il capo studi• il primo paragrafo con attenzione, poi scorse rapida- mente il resto dell'articolo. Pareva a disagio. --Non male, eh?--esult• Gilroy. --Eh, che cosa?--11 direttore rialz• la testa senza capire.--Oh, certo, molto buono. Molto buono, davvero. --Devo riconoscerlo--continu• Gilroy in tono ammirato.--Io mi sarei arreso. Capisce, niente su cui lavorare, solo un mucchio di dati fantastici senza capo n‚ coda. Ora, all'improvviso, i piedipiatti raccol- gono un pazzo che si comporta come un cane e ha un'incisione come i ~- Catatonici~ Forse non Š affatto pi— chiaro, ma almeno si comincia a ve- dere succedere qualcosa. Non so, ho molta fiducia. Arriveremo fino in fondo... Il direttore ascolt• distratto, sempre pi— sulle spine di frase in frase. ~ Hai visto l'ultima vittima?--I'interruppe. ú 3~ Sicuro. Sono in buoni rapporti con il medico interno. Se non ~essi seguito tutta la storia fin dal principio, avrei detto che il tipo raccattato era davvero senza rotelle. Se ne va in giro saltellando sul pavimento, annusa qua e l… e fa un patetico tentativo di abbaiare. Ma ha un'incisione alla base del collo. Proprio come gli altri: si vedono due punti cuciti da una mano esperta, esattamente alla stessa distan- za dalla spina dorsale. E un catatonico, o comunque dobbiamo chia- marlo adesso... --Bene, la storia si sta delineando pi— rapidamente di quanto pen- sassi--disse il direttore, lisciando i bordi delle pagine di Gilroy con una cura solenne.--Ma--e qui la sua voce si abbass• rauca--be', non so come dirtelo, Gilroy. Il reporter aggrott• le sopracciglia e lo guard• in tralice.--Qual Š il rospo, questa volta?--domand• disorientato. --Oh, la solita cosa, lo sai. Devo toglierti questa storia di mano. E un vero peccato, perch‚ cominciava appena a girare per il verso giu- sto. Odio dirtelo, Gilroy, ma dopo tutto, accidenti, fa parte del gioco. --Davvero?--Gilroy pos• di piatto le mani sulla scrivania e vi si appoggi• risentito.--A chi abbiamo pestato i piedi, questa volta? A nessuno. L'ospedale non ha motivo di lagnarsi. Non ho potuto fare no- mi perch‚ non ne avevo nessuno. Be', allora, da dove arriva? Il direttore scroll• le spalle.--Non posso discutere. E un ordine dal- l'alto. Ma ho una buona dritta da darti, per domani... Furioso, Gilroy and• alla finestra a guardare nella strada che si scu- riva. Dietro quell'ordine, non poteva esserci l'amministrazione, ragio- n• incollerito: non ricevevano inserzioni dall'ospedale. E quanto al gran capo, Talbot non interferiva mai con la politica del giornale, sal- vo quando doveva mettere a tacere qualche articolo compromettente su fatti criminosi. Ma eliminati i direttori, che davano un dito all'opi- nione pubblica quando quella voleva tutto il braccio, eliminata l'am- ministrazione, che scendeva in campo solo quando erano in gioco le inserzioni, non poteva incolpare altri che Talbot. Tamburell• impaziente con le nocche contro il telaio della finestra. A che cosa mirava l'ordine del boss? Forse aveva un nuovo modo di pa- gare i traditori. Il reporter scart• subito l'idea: sapeva che Talbot non avrebbe scelto un metodo cosŤ dispendioso, a rischio che trapelasse qualcosa, quando il vecchio sistema di sigillare un cadavere in un blocco di cemento e buttarlo nel fiume era ancora una soluzione effi- cace ed economica. --Ci rinuncio--disse senza voltarsi.--Non riesco a capire che in- teresse ha Talbot. --Neanch'io--ammise il direttore. A quella confessione, Gilroy si gir•.--Allora sa che Š Talbot! --Certo. Chi altri potrebbe essere? Ma non prendertela, ragazzO mio.--Si guard• intomo con cautela mentre parlava.--Lasciamo ri- Dosare questa traccia dei catatonici. Domani potresti scoprire che co- sa sta dietro al bollettino che Johnson ha trasmesso per telefono dalla City Hall. Gilroy scorse le parole scribacchiate sul biglietto. La sua smorfia prese una sfumatura perplessa. --Che diavolo Š? Tutto quello che ci capisco, Š che la A.S.P.C.A. e i cinofili stanno protestando con il sindaco contro lo sterminio organiz- zato dei collie bianchi e marroni. --Appunto. --E lei pensa che, naturalmente, dietro ci sia la banda di Talbot?-- Quando il direttore annuŤ, Gilroy alz• le mani in segno di disperazio- ne.--Questa faccenda di gangster supera la mia intelligenza, capo. Di solito, riuscivo a capire dove mirassero. Sapevo perch‚ un killer veni- va fatto fuori, o perch‚ aveva compiuto un delitto; ma non mi vergo- gno a dirle che mi sfugge perch‚ un capobanda voglia mettere a tacere una storia sui catatonici, o mandi i suoi tirapiedi a sistemare dei collie innocenti. Me ne vado a casa... a ubriacarmi... E uscŤ infuriato dall'ufficio. Ma prima che il direttore potesse solo scrollare le spalle, ritorn• con un lampo negli occhi infossati. --Che razza di idioti siamo, capo!--grid•.--Ricorda quel collie, quello che Š venuto con un pezzo di carta in bocca? E che noi abbiamo buttato fuori, si ricorda? Bene, quello Š il cane che la banda di Talbot vuole fare secco. Sta cercando di portarci dei messaggi! --Ehi, hai ragione!--Il direttore si alz• dalla sedia e si drizz• con aria incerta.--Dov'‚? Gilroy agit• le lunghe braccia in un gesto significativo. t --Allora, forza! Al diavolo cappotti e cappelli! si precipitarono nella sala dei redattori. I giornalisti del tumo di notte, ridotto all'osso, bighellonavano qua e l… leggendo le carte prima di uscire per trascinarsi dietro qualche traccia inesplorata. --Mettete gi— quelle carte!--strill• il direttore.--Venite con me, tutti quanti. E li sospinse in branco, sconcertati e stizziti, fin dentro l'ascensore. All'ingresso dell'edificio, scrut• in su e in gi— la strada. t~ --Non Š qui in giro, Gilroy. Bene, voi, specie di vagabondi, dividete- vi e battete le strade intomo, continuando a fischiare. Quando vedete un collie bianco e marrone, fategli un fischio. Verr… lui da voi. Ora F~ muovetevi e fate come vi ho detto. si allontanarono di malavoglia.--Dobbiamo proprio fischiare?-- I~- fece eco un cronista preoccupato. 1~ --SŤ, fischiate--ingiunse Gilroy.--Dimenticate la vostra dignit…. r9 ~ischiate! Si sparpagliarono emettendo quegli acuti segnali che dovrebbero ri- hiamare i cani. I radi passanti nel quartiere degli affari a quell'ora rda erano profondamente interessati e incuriositi, ma Gilroy, incu- rante, lasci• il direttore intento a fischiare presso il palazzo del gior- nale e and• a zufolare verso West Street. Lasci• alle spalle gli striduli richiami che giungevano in un soffio dal fiume e frug• le tenebre che si addensavano lungo l'ampia superstrada. Per un'ora indag• gli scuri anfratti tra i moli, battendo con cura la sua zona. Non trov• nulla- solo qualche portuale che scaricava i ca- mion e il traffico ridotto dei quartieri periferici: cani randagi che fru- gavano qua e l… e qualche disgraziato ridotto alla fame. Nessuna trac- cia del collie bianco e marrone. Rinunci• quando cominci• ad avere fame. Ritorn• quindi al palazzo, sperando che gli altri avessero avuto miglior fortuna, irritato con se stesso per non aver seguito il cane quando ne aveva avuto la possibilit…. Il direttore era ancora l… che fischiava a tutta forza, in un capannel- lo di curiosi in fiduciosa attesa che capitasse qualcosa. Anche gli altri giornalisti stavano tornando. --Trovato niente?--chiese il direttore, interrompendo per un atti- mo i suoi sforzi. --Niente. Non si Š visto qui? --Non ancora. Oh, torner… di sicuro, su questo non ho dubbi.--E si mise di nuovo a fischiare vigorosamente, ignorando gli sguardi e le of- fensive osservazioni degli astanti, ma rivolgendo un ringhio agli scon- fitti reporter quando lo superarono lentamente rientrando nel palazzo. Nella relativa quiete della citt…, sopra gli acuti del suo direttore, Gilroy udŤ un rapido tambureggiare di passi. Guard• sopra le teste dell'accolta di bighelloni. Apparve un cronista che correva a tutta velocit…, facendo del suo meglio per lusingare, con le labbra ormai secche, un cane che si av- vicinava come un fulmine. --Eccolo che arriva--grid• Gilroy. Si fece strada tra la calca e con le lunghe gambe coprŤ in un lampo la distanza che lo separava dal col- lie. Nella sua eccitazione, emetteva a caso soffi sfiatati tra i denti, ma I'animale punt• ugualmente dritto su di lui. Dalla bocca, Gilroy gli strapp• uno sporco pezzo di carta. E subito il cane sparŤ, in direzione dei moli, mentre una nera automobile di malaugurio scendeva lungo la strada. Gilroy si diede all'inseguimento poco convinto, poi si ferm• e guar- d• il foglio che aveva in mano. Per un attimo, maledisse la scarsa luce, ma quando il direttore gli venne a fianco imprecando perch‚ si era la- sciato sfuggire il cane, il giornalista gli porse il fantastico messaggio. --Quel cane sa badare a se stesso--disse.--Legga questo. Il direttore, accigliato, diede un'occhiata al foglio: --Be', che mi venga un accidente, Š una barzelletta? --Una barzelletta un corno! --Be', io non ci capisco niente. Gilroy si guard• in giro come cercando qualcuno che li aiutasse. _ Non deve capirlo. E un messaggio in codice.--Ruot• su se stesso, t puntando un enorme dito nocchiuto sul suo direttore.--Conosce qualcuno capace di decifrare i codici, i crittogrammi? --Uhm, vediamo, la polizia, o i G-men... Gilroy sbuff•.--Darlo ai piedipiatti prima di sapere cosa dice!-- Con cura infil• il foglio con i rudimentali segni a matita nel taschino interno della giacca e abbotton• il cappotto.--Lei stia qui fuori, ca- po. Io torner• con la traduzione. E tenga gli occhi aperti per il nostro amico. Prima che il direttore potesse aprir bocca, Gilroy partŤ a grandi fal- cate. Nella sala degli schedari della biblioteca della Quarantaduesima Strada, Gilroy si stip• nella cabina del telefono e compose un numero. Aveva gli occhi indolenziti e un mal di testa che lo stordiva. I ragiona- menti serrati gli spremevano sempre il cervello. Aveva una mente in- tuitiva, non ponderosamente analitica. _ Ufficio direttivo, per favore--disse al centralinista notturno. _ Dev'esserci qualcuno. Non m'importa se Š il direttore amministra- tivo in persona, voglio parlare con qualcuno in quell'ufficio. Aspetter• in linea.--Ripiegato in una forma conveniente, si lasci• andare con- tro la parete.--Pronto, chi parla?... Oh, bene. Senti, Rothbart, sono Gilroy. Fammi un favore, eh? Tu sei il pi— vicino alla porta d'ingresso. Troverai il capo lŤ fuori. Mandalo al telefono e prendi il suo posto fino a che non ha finito di parlare con me. Mentre sei l… fuori, sta attento, se arriva un collie bianco e marrone. Prendilo, se si fa vedere, e portalo dentro... D'accordo?... Grazie. Gilroy tenne il ricevitore contro l'orecchio, divertendosi stancamen- te a individuare i rumori che gli giungevano attraverso il filo. Non aveva pi— fretta, n‚ bad• al secondo nichelino infilato prima che il di- rettore venisse finalmente all'apparecchio. --Che c'Š, Gilroy? --Niente, capo. Per questo ho chiamato. Ho consultato un libro sui codici militari, qualche libercolo per bambini e una storia della critto- grafia nel tempo. Ho trovato alcuni buoni codici, ma nessuno sembra aVer pensato a un sistema basato sulla punteggiatura. Mai visto il co- -~dice cifrato dei Confederati? Accidenti, un vero capolavoro... non ne I ~Sono venuti a capo fin dopo la Guerra Civile! Gli antichi Greci arroto- I .lavano strisce di carta intorno a dei bastoncini identici. Quando le ~Strisce venivano srotolate, i messaggi non avevano nessun senso, e in- rCe, intorno ai bastoncini, le parole andavano tutte al loro posto. --Fa~la finita--inveŤ il direttore.--Hai scoperto qualcosa di uti- le? --Certo. Tutti dicono che il grande segreto Š la tavola della frequen- za: le lettere che vengono usate pi— spesso delle altre. Ma, d'altra par- te, dicono che nei messaggi brevi come il nostro, gli indizi importanti, come le parole brevi sul genere di "e" e "a", i digrammi come "io", Uil", e perfino trigrammi come "dal" o "sul" spesso vengono omessi per in- tero. --Bene, molto interessante. Cosa intendi fare adesso? --Non so. Forse rivolgersi alla polizia, dopo tutto. --Niente da fare--rispose con fermezza il direttore.--Chiedi a un bibliotecario di aiutarti. Gilroy afferr• al volo l'ispirazione. Sbatt‚ gi— la cornetta e si avvi• a grandi passi verso il banco per la consultazione. --Dove posso trovare qualcuno che s'intende di crittogrammi?-- chiese stridulo. L'impiegato consult• educatamente i colleghi.--Il custode della sa- la dei manoscritti Š molto bravo--rispose quando torn•.--In fondo all'atrio... Gilroy gli grid• un ringraziamento e si lanci• in una corsa scompo- sta, senza pi— badare all'impiegato che gli ingiungeva di camminare. Giunto alla sala dei manoscritti, tempest• al cancello finch‚ il custode lo fece entrare. --Dia un'occhiata a questo--gli ordin• il giomalista, gettando il biglietto su un tavolo. 11 custode lo guard• incuriosito.--Oh, un crittogramma, eh? --Gi…. Riesce a capirci qualcosa? --Be' sembra molto ben fatto--rispose il custode con prudenza --ma s˘no vent'anni che decifro questo genere di cose.--Sedettero al tavolo nella sala deserta. Per un po', il custode tenne gli occhi inchio- dati sul foglio scarabocchiato. --Cinque simboli-- disse infine. --Punto e virgola, punto, virgola, due punti, virgolette. Tredici singo- le parole, ciascuna con un numero pari di simboli. Devono averli usati in combinazioni di due. --Questo l'avevo gi… capito--gli assicur• Gilroy.--Ma che cosa dice? Il guardiano rialz• la testa con aria offesa.--Mi dia una possibilit…. Il codice di Bacone non Š stato risolto per tre secoli. Gilroy emise un grugnito. Non aveva tanto tempo a disposizione. --Ci sono solo tredici singole parole--proseguŤ il custode, intrepi- do a dispetto del precedente baconiano.--Impossibile usare i criteri di frequenza, i digrammi o i trigrammi. --Anche questo lo sapevo gi…--rispose rauco Gilroy. --Allora perch‚ Š venuto da me, se sa gi… tutto? Il giornalista scost• di scatto la sedia.--Okay, non le dar• pi— fasti- dio. --Cinque simboli per rappresentare 26 lettere. Impossibile. Deve essere simile al codice dei nichilisti russi. Loro potevano rappresen- tarne solo 25- La lettera mancante Š la uqn O la "jn, con molta probabi- lit…, perch‚ tutt'e due si usano di rado. Bene, le dir• cosa ne penso. --Che cosa?--domand• Gilroy tutt'orecchi. --Bisogner… ragionare a pnon, o come si dice. --Come vuole--sospir• il giornalista.--Basta che lo decifri. --La radice quadrata di 25 Š 5. Chiunque abbia scritto questo bi- glietto, deve avere composto un quadrato di lettere, di cinque lettere per lato. Mi sembra ragionevole.--Il custode annuŤ e sorrise ilare. --Le combinazioni possibili in un quadrato di 25 sono... dunque... 625. I doppi simboli devono indicare le linee orizzontali e verticali. Combinazioni possibili, 25. Totale delle combinazioni...uhmm... 15.625. Non molto promettente. Se c'Š una parola chiave, dovremo cercarla sul dizionario, finch‚ non la troviamo. Combinazioni possibi- li, 15.625, moltiplicate per i vocaboli inglesi...sempre che la parola chiave sia inglese. Gilroy si alz•.--Non lo sopporto--gemette.--Torner• fra un'ora. --No, non se ne vada--gli disse il guardiano.--Lei mi Š di grande aiuto. Non credo che dovremo esaminare pi— di 625 combinazioni al massimo. Faremo in un attimo. Parlava, ovviamente, in senso relativo. Codice di Bacone: tre secoli- codice confederato: 15 anni; codice russo di guerra: mai violato. I crit- tografi devono guardare all'eternit…. Gilroy sedette, mentre il custode disegnava un quadrato: abcde; f g h i j " klmno, p r s t u . vwxyz: La prima combinazione di due simboli, due punti e virgola, corri- r, spondeva a una "aN, leggendo la prima colonna dall'alto, a partire dal ~- punto e virgola in cima, e per traverso, dal punto e virgola a destra. La --~ seconda combinazione, un punto e virgola e una virgola, corrisponde- ~ra a una "k". Il custode proseguŤ a quel modo fino a che storse la faccia e Spinse verso il giornalista la traduzione incompleta: akddd fz kyoiztd r eztzkprepr 1 --Ha qualche senso per lei?--chiese ansioso. = Gilroy contrasse la gola, incapace di parlare. 1i~ 103 F --Potrebbe essere polacco--dichiar• il crittografo--o giappone- se. L'angosciato reporter scapp• via. Quando tom• un'ora pi— tardi, dopo aver mangiato e vagato per la citt…, masticando nervosamente qualche sigaretta, trov• il custode trincerato dietro una barriera di fogli ammonticchiati. --Va un po' meglio?--gli chiese. L'altro era troppo assorto per alzare lo sguardo o rispondere. Spian- do sopra la sua spalla, il reporter vide che aveva predisposto un altro quadrato. I fogli sul tavolo erano coperti dalle chiavi via via scartate; a un calcolo approssimativo, doveva aveme tentate un centinaio. Alla figura su cui stava lavorando era giunto per sistematica elimi- nazione: aveva tenuto il quadrato originario, cambiando tuttavia la posizione dei segni d'interpunzione. Scartata quella sistemazione, aveva mutato il reticolo alfabetico e, dopo averlo messo alla prova, aveva rimescolato ancora una volta i simboli. Paziente e cocciuto, il custode infine aveva formato questo sistema: zuo je, ytnid . x s m h c; wrlgb" vpkfa: Senza fretta, cont• a partire dal punto e virgola in alto e dal punto e virgola sulla destra, fermandosi alla "mn. Gilroy, che lo seguiva, annuŤ a quel risultato. Fu pi— veloce del vecchio guardiano nell'interpretare il punto e virogla e la virgola, una "o". Il punto e il punto e virgola, ri- petuti due volte, corrispondevano a una doppia "Sn. Prima parola. moss Il giomalista si raddrizz• e respir• a fondo. Poi si ripieg• e cont• in- sieme al custode, in verticale e in orizzontale, componendo l'intero messaggio che il vecchio aveva sbarrato ogni due simboli. Il biglietto recitava. I; /:J ;t ;"/~ J n/::l I ;l " / moss ha operato I.J;J;.I J:;l J ....I::I;J.J ; 1;,1 catatonici talbot lo ;J / ~ J ~ nl / J J;; finanzia proteggetemi J ~ ;J n~;J da loro 4 _ Mmh--mormor• il guardiano--questo avrebbe senso, se sapes- si che cosa significa. Ma Gilroy gli aveva strappato il foglio di mano. Il cancello sbatt‚ al- le sue spalle. Mentre tornava all'ufficio in taxi, il giomalista non era troppo gon- golante. Buss• al divisorio in vetro.--Si sbrighi. Ho gi… fatto il giro turistico della citt…. Se il cane era stato eliminato, pensava, addio alla storia sui catato- nici! Il cane era il suo solo anello con I autore dello scritto in codice. Wood scivol• lungo le buie stradine dietro i mercati di frutta all'in- '~ grosso in West Street. Bidoni malconci e casse di merce andata a male offrivano provvidenziali ostacoli e ripari, nel caso i gangster di Talbot lo seguissero. Sapeva che doveva allontanarsi dalla zona del fiume. I banditi dove- vano averlo individuato, ora avrebbero chiamato il quartier generale di Talbot per chiedere rinforzi. Con le loro veloci automobili, potevano pattugliare i confini del quartiere in cui lui si aggirava e serrare le file fino a intrappolarlo. Ma pi— importante era che i reporter fossero stati mandati ruori a cercarlo. Che avessero o meno decifrato il suo semplice codice, non contava granch‚; Gilroy infine sapeva che lui cercava di comunicare, e questo era il punto principale. J L'animalesco e infallibile senso di orientamento lo guid• nel labirin- l to di cupe viuzze fino alla zona pi— vicina al giornale. Guard• oltre L l'angolo e studi• la strada da una parte e dall'altra: I'automobile nera della banda non si vedeva. Doveva per• correre allo scoperto per un r centinaio di metri illuminati in pieno dai lampioni, prima di arrivare all'ingresso del palazzo. ,~ Chiam• a raccolta i potenti muscoli delle zampe, quindi si lanci• sul marciapiede di cemento. L'ingresso si avvicinava. Le sue zampe si al- zavano e abbassavano come stantuffi, abbreviando il tratto critico pi— rapidamente di quanto fosse concesso a un essere umano e di questo, Wood era grato. Avvist• un uomo che si teneva impaziente presso la porta. All'ulti- mo momentO, rallent• la corsa balzando verso la spessa lastra di cri- stallo. Eccoti!--grid• il direttore del giomale.--Dentro, presto! . E spalanc• la porta. S'infilarono all'intemo poi, requisito un ascen- ore, corsero attraverso la redazione fino all'ufficio in fondo. Ragazzo, spero che non ti abbiano visto! Sarebbe la fine per tutti ~direttore si torceva adesso dietro la scrivania e di tanto in tanto ~` ~ 105 dava una malevola occhiata all'orologio, imprecando per la lunga as- senza di Gilroy. Wood si stese ansimando sul freddo pavimento. Si aspettava che ormai il suo messaggio fosse stato decifrato e aveva per- fino nutrito la speranza di essere riconosciuto per un essere umano in un corpo canino; ma ora si rese conto che Gilroy doveva ancora essere impegnato nell'opera di decodificazione. In ogni modo, per un poco era al sicuro. Fra non molto, il reporter sarebbe tornato e allora avrebbero capito cosa gli era successo. Fino a quel momento, sarebbe stato paziente. D'un tratto, alz• la testa in ascolto. Aveva riconosciuto il caratteri- stico passo del giornalista, quasi un metro a ogni falcata. Poi la porta sbatt‚ e si chiuse alle spalle di Gilroy. --Il cane Š qui, vero? Dia un'occhiata a quello che le ho portato! E gett• un quadrato di carta sul tavolo. Mentre il direttore leggeva avidamente, Wood scrutava la sua faccia, ignorando l'abbondante hamburger scartato da Gilroy. Era stranito dall'interesse pi— che nor- male mostrato dal reporter nei suoi confronti; ma, forse, il direttore avrebbe compreso. --E cosŤ di questo si tratta! Moss e Talbot, eh? Ora Š molto pi— chia- ro. --Adesso vedo l'interesse di Moss--osserv• Gilroy.--Lui Š il solo da queste parti che potrebbe fare un'operazione del genere. Ma Tal- bot... non riesco a capire il suo gioco. E chi ha mandato il biglietto? Come ha avuto la notizia... e dove si nasconde? Wood quasi impazzŤ per la rabbia. Lui poteva spiegare: sapeva tutto quello che c'era da sapere sull'interesse di Talbot per gli esperimenti di Moss. Il problema della comunicazione era stato risolto, Moss e Tal- bot erano stati denunciati, eppure lui era egualmente lontano dal ria- vere il suo corpo originario. Doveva scrivere un altro messaggio cifrato, pi— lungo, questa volta, e pi— esplicito, rispondendo alle domande poste da Gilroy. RabbrividŤ. Per farlo, sarebbe dovuto andare incontro alla banda di Talbot, e il suo quadrato era nell'angolo di quel terreno abbandonato: sarebbe stato troppo buio... --Dobbiamo farci guidare da lui fino all'autore del messaggio~ disse Gilroy risoluto.--E il solo modo in cui possiamo incastrare Moss e Talbot. CosŤ, tutto quello che abbiamo Š un'accusa senza nessu- na prova legale. --Dev'essere da qualche parte nei dintorni. Gilroy fiss• Wood.--E quello che penso anch'io. Il cane Š venutř qui e ha abbaiato per convincerci a seguirlo. Quando gli abbiamo dato la caccia, Š tornato con un biglietto scarabocchiato mezz'ora dopo. pOI ha portato il messaggio in codice entro un'ora. L'autore deve essere molto vicino. DODO che il cane avr… mangiato, potremo...--DeglutŤ sonoramente e lev• lo sguardo stralunato verso il direttore poi, sceso dal bordo della scrivania, frug• nel lungo pelo sul collo di Wood. _ Guardi qui, capo, un pezzo di cerotto chirurgico. Quando il cane ha chinato la testa per mangiare, Š rimasto scoperto. _ E tu pensi che sia un catatonico.--Il direttore scosse la testa con un sorriso di commiserazione.--Sei matto, Gilroy. _ Forse lo sono. Ma mi piacerebbe dare un'occhiata sotto il cerotto. Il cuore di Wood martell• furioso. Sapeva che la sua incisione era identica a quelle dei catatonici e, se avesse potuto vederla, Gilroy avrebbe subito capito. Quando il giornalista cominci• a tirare il cerot- to, cerc• di sopportare il dolore tormentoso, ma dovette ritrarsi con uno scarto. La ferita era recente, ancora scoperta, e i peli abbarbicati erano fer- mamente incollati al cerotto. Lasci• comunque che Gilroy riprovasse, ma era una sofferenza troppo intensa, e poi aveva paura che l'incisio- ne si squarciasse. --Smettila--disse il direttore impressionato.--Ti morder… Gilroy si raddrizz•.--Potrei toglierlo con un po' di etere. --Non penserai davvero che sia stato operato? Moss non opera i ca- ni. Probabilmente si Š cacciato in una zuffa, o uno dei pistoleri di Tal- bot l'ha preso di striscio con un proiettile. Il telefono squill• insistente.--Vorrei ugualmente vedere cosa c'Š sotto--disse il reporter mentre il direttore staccava la cornetta. Di fronte al crollo repentino delle sue speranze, Wood s'incolp• per aver resistito a Gilroy. ú~ --Che c'Š, Blaine?--chiese il direttore, e rimase in ascolto, scuren- dosi in viso.--Okay. Stai lontano, se non vuoi correre rischi. Chiama la redazione e detta il pezzo.--Abbass• la cornetta e disse a Gilroy: --Guai, un sacco di guai. Le automobili della banda di Talbot incro- ciano nel quartiere. Blaine aveva paura d'incontrarle. Non so come potrai far passare il cane. Wood era allarmato. Lasci• a mezzo il suo pasto e prese ad agitarsi in direzione della porta, con un uggiolio involontario Gilroy lo guard• incuriosito.--Giurerei che ha capito quello che lei ha detto. Ha visto com' Š cambiato? --E il loro modo di reagire alle voci--rispose il direttore. --Bene, dobbiamo farlo arrivare dal suo padrone--riflett‚ Gilroy, mordendosi la guancia.--Io posso riuscirci, se lei mi aiuta ~_ . Certo che ti aiuter•. Ma come? p -~--Venga --Wood e il direttore attraversarono la redazione attac- I ~ti alle rapide calcagna del fantasmatico reporter. In silenzio, aspet- i l~ono tutti quanti l'ascensore, quindi scesero nell'atrio.--Restate !~U ViCino alla porta--disse Gilroy.--Quando dar• il segnale, uscite corsa. --Quale segnale?--grid• il direttore, ma il reporter era gi… in stra- da fuorivista. I due aspettarono emozionati. Entro pochi minuti, un taxi si ferm• presso il marciapiede e Gilroy aprŤ la porta, seduto all'interno, ma sul chi vive. Guard• l'angolo alle sue spalle: per un po', tutto rimase quie- to, poi una nera automobile banditesca scivol• lenta e inquisitiva ol- tre il taxi. La canna di un mitra balen• nella luce gialla. Il giornalista aspett• fino a che, dopo poco, la vettura svolt• in West Street. Allora agit• frenetico le braccia. --Salite!--ordin• seccamente.--In West Street! Il direttore prese Wood tra le braccia, spalanc• la porta e schizz• a bordo. Il taxi partŤ d'improvviso. Wood si accucci• sul pavimento, treman- do disperato. Aveva dato fondo alle sue risorse ed era lontano come non mai dal riavere il suo corpo. Si aspettavano che li conducesse dal suo padrone: acora non avevano capito che lui aveva scritto il bigliet- to. Dove doveva portarli, come convincerli che era l'artefice del mes- saggio? --Credo che qui sia abbastanza lontano--disse Gilroy rompendo il silenzio. Picchiett• sul vetro divisorio. L'autista si ferm•. Giornalista e direttore scesero, seguiti con qualche incertezza dal cane. Gilroy pag• l'autista e gli fece cenno di andarsene. Nel quieto isolamento della grande arteria commerciale, si chin• per tutta la sua statura fino al li- vello di Wood.--Avanti, ragazzo! A casa! Wood era in preda al panico. Riusciva a pensare a un solo posto do- ve condurli. PartŤ al piccolo trotto, in modo da non affaticarli. Tenen- dosi accosto ai muri, attraversando di volata le strade, punt• cauto verso la parte bassa della citt…. I due uomini lo seguirono dietro i mercati fronteggianti la super- strada, verso un terreno pi— intemo. Il cane gir• intorno alle profonde e malsicure fondamenta di un edificio demolito, scavalcando mucchi di spazzatura, fino a uno spazio sgombro, protetto dall'ombra, in fon- do allo slargo. Qui si ferm• in attesa. Gilroy e il direttore si guardarono intorno nelle tenebre.--Venga fuori!--grid• rauco il giornalista.--Siamo amici. Vogliamo aiutar- Quando non giunse risposta, i due esplorarono il terreno abbando- nato, accendendo diversi fiammiferi per illuminare gli angoli scuri delle fondamenta_ Wood li osservava in preda ad emozioni confuse. Frugando tra le pile di rifiuti e i muri crollanti della costruzione, per- devano solo tempo. Per quanto gli permetteva il buio, individu• il luogo dove aveva di- segnato il quadrato per la codificazione. Rimase lŤ fermo ed abbai• a pi— non posso. I due umani si affrettarono a lasciare la loro inutile ri- cerca. --Deve aver visto qualcosa--bisbigli• il direttore. Gilroy protesse un fiammifero nelle mani a coppa e spost• la luce avanti e indietro nello spicchio triangolare dello spazio libero, quindi scroll• le spalle. _ Non Š qui--disse il direttore.--Sta indicando il terreno. Gilroy abbass• il fiammifero. Prima che la fiamma toccasse terra, lo lasci• cadere con un grido, agitando le dita bruciacchiate nell'aria fre- sca. Con un mormorio comprensivo, il direttore ne accese un altro. _ E questo che stai cercando, un gruppo di lettere in un quadrato? Wood e Gilroy si avvicinarono all unisono. Il reporter accese a sua volta una fiammella e, alla sua luce, ispezion• con cura il rozzo retico- lo. _ Torno fra un secondo--disse. Era troppo scuro per vederlo in faccia, ma Wood sentŤ la sua voce, secca e vibrante.--Prendo una tor- cia elettrica. _ Che cosa faccio, se il tipo viene fuori?--domand• subito il diret- tore. --Niente. Non verr…. Non cammini sopra il quadrato. Gilroy svanŤ nella notte. Il direttore accese un altro fiammifero e studi• il terreno con la cura di un cacciatore di cervi. _ Che cosa diavolo avr… visto?--si chiese.--Quel ragazzo...-- Scosse la testa scorato e lasci• cadere il fiammifero. Mai in vita sua Wood aveva conosciuto una simile eccitazione. Che cosa aveva scoperto Gilroy? Si trattava solo di un altro elemento col- laterale, come quando aveva capito che i gangster di Talbot gli davano l~ la caccia, o aveva cominciato a sospettare la sua vera identit…? Aveva risposto che l'autore del biglietto non sarebbe comparso, ma quelle parole potevano significare tutto e niente. Con tutte le forze, Wood cerc• un sistema per dimostrare in modo inequivocabile chi realmen- te era. Ma trov• solo un piano puramente negativo: avrebbe seguito il ggerimento di Gilroy. A ogni minuto che passava, il direttore sentiva crescere la sua colle- ra: cambiava posizione contro il muro di mattoni, o passeggiava intor- no, fino a che, quando il giornalista torn• preceduto da un vivido cono E di luce, scoppi•:--Falla finita, Gilroy. Non posso sprecare tutta la ~otte. Anche se scopriamo cosa Š successo, non potremo stamparlo... Il giornalista l'ignor• e squadern• il raggio scintillante della sua ,~ torcia elettrica a cinque pile sopra il quadrato magico. E `~ Ora, guardi bene--disse. Osserv• intento Wood, che obbedŤ ualmente al suo ordine e si accost• al ginocchio del direttore, scru- ~ndo il terreno.--Il tizio che ha fatto questo quadrato Š stato molto CautO ha rivolto la schiena verso il muro, tenendo sott'occhio il terre- ~P di fronte, in modo da non farsi prendere di sorpresa. Il quadrato Š eSciato rispetto a noi. No, aspetti!--esclam•, come il direttore si spost• per osservare il quadrato dalla sua base.--Non voglio che vi lasci le sue impronte. Guardi lŤ in fondo, dove doveva trovarsi quello che l'ha tracciato. Il direttore guard•.--Che cosa vedi?--domand• disorientato. --Be', il terreno Š umido e piuttosto morbido. Dovrebbero esserci delle orme. E ci sono. Solo che non sono umane! Il direttore si schiarŤ la gola.--Stai scherzando! --Gestatt--recit• Gilroy quasi a se stesso--I'intero Š pi— grande della somma delle sue singole parti. Noi abbiamo un insieme di fatti sconnessi, senza nessun legame apparente fra loro. Poi, salta fuori un elemento, che non pare pi— importante degli altri, ma d'improvviso va al suo posto, e noi abbiamo il quadro completo. --Che cosa stai farneticando?--bisbigli• allarmato il direttore. Gilroy si abbass• per tutta la sua estensione e raccolse un mozzico- ne di matita giallo, che rigir• in mano, prima di passarlo al direttore. --Questa Š la matita che il cane ha rubato prima che lo buttassimo fuori. Pu• vedere i segni dei suoi denti sui lati, dove la stringeva. Ma ci sono dei segni anche intorno alla punta. Pu• darsi che io sia pazzo...-- Prese dalla tasca lo sporco messaggio in codice e lo lisci•.--Ho visto queste macchie nel momento stesso in cui ho guardato il biglietto, ma allora non significavano niente per me. Che cosa ne dice? Il direttore esamin• docile il foglio alla luce della torcia elettrica. --Potrebbero essere le impronte dei palmi... --SŤ, di un bambino--lo gel• Gilroy.--Solo che non lo sono. Tutti e due sappiamo che sono le impronte di un paio di zampe, le stesse che si trovano in fondo al quadrato. Lei sa a che cosa sto pensando. Guardi come ci ascolta, il cane. Senza alzare la voce, Gilroy volt• la testa e disse come di passata: --Ecco che arriva quello che ha scritto il biglietto, proprio dietro il cane. Involontariamente, Wood si gir• verso il terreno nel buio, ma nep- pure i suoi acuti occhi poterono distinguere una qualunque persona nella penombra. Quando li lev• verso il giornalista, fiss• in pieno due grigi occhi spaventati. --Eccola sistemato--disse Gilroy con un tono di voce spaventoso. --CosŤ quello Š il loro modo di reagire alle voci, eh? Niente da fare, ca- po. Abbiamo un licantropo fra noi, grazie a Moss e Talbot. Wood abbai• e saltell• felice intorno alle chilometriche gambe di Gilroy. Aveva capito! Ma il direttore rise, una risata perfettamente normale, divertita, e tuttavia poco convinta.--Tu perdi tempo a scrivere per i giornali, Gilroy... --Okay, signor intelligentone--rispose infuriato il giornalista- --La pianti di ridacchiare e mi dia la risposta a questo che ora le dico I 10 Il cane viene nella redazione e comincia ad abbaiare. Io pensavo che stesse solo cercando di indurci a seguirlo, salvo che non ho mai sentito un cane abbaiare con versi lunghi e brevi prima d'ora. Lui Š corso su per le scale, superando tutti gli altri piani - I'ufficio amministrativo, gli uffici per la pubblicit… e cosŤ via - fino alla redazione, perch‚ lŤ vo- leva arrivare. Noi lo cacciamo fuori. E lui torna con un biglietto scrit- to alla meglio, dove dice: ®Io sono un uomo®. Quelle quattro parole oc- cupavano tutta la pagina- Perfino un bambino che impari a scrivere non ha bisogno di tanto spazio. Ma se lei tenesse una matita fra i denti e cercasse di unire le barre delle lettere, scriverebbe con dei caratteri pi— o meno simili a quelli sul foglio. "Il cane aveva bisogno di un sistema alfabetico pi— ridotto, cosŤ ha escogitato un codice elementare. Ma aveva perso la sua matita. Allora, ne ha rubata una delle nostre. Poi Š tornato indietro, stando bene at- tento alle automobili di Talbot. "Non ci sono impronte di piedi in fondo a questo quadrato, solo le orme di un cane. E ci sono due impronte sul messaggio, dove ha pog- giato le zampe sul foglio mentre scriveva. E per tutto il tempo ha con- tinuato ad ascoltare ogni parola che dicevamo. Quando ho detto in to- no distratto che l'autore del biglietto era dietro le sue spalle, lui si Š voltato di scatto. Ebbene?" Il direttore era tutt'altro che convinto.--Un ottimo addestramen- to... --Per essere una persona che rispettavo, ha decisamente il cervello di una gallina. Qui... non so come si chiami--disse a Wood.--Che co- sa farebbe se Moss fosse qui? Wood ringhi•. --Lei ci dir… dove trovarlo. Non so come, ma Š stato abbastanza in- telligente da pensare a un codice, quindi pu• anche trovare un altro modo per comunicare. Allora ci dir… che cosa Š successo. Per Wood, fu il momento del trionfo supremo. E vero, non aveva an- cora il suo corpo, ma ormai era solo questione di tempo. La sua gioia alle parole del giornalista fu abbastanza violenta da scuotere la pro- saica mente poco immaginosa del direttore. --Ancora non ci crede--I'accus• Gilroy. --E come potrei?--si lament• il direttore.--Non so neppure per- ch‚ ti parlo come se fosse possibile. (~ilroy frug• in un cumulo d'immondizia, da dove recuper• un pez- zetto di legno. Rapidamente, scrisse in piccolo le lettere dell'alfabeto iP una singola riga. Poi, gettato il bastone, si trasse da parte e punt• la prcia elettrica.--Ora sillabi quello che Š successo. Wood balz• avanti e indietro davanti all'alfabeto, fermandosi via a davanti alla lettera del caso, che indicava con il muso rivolto verso ~rra. 1~1 --t-a-l-b-o-t v-o-l-e-v-a u-n c-o-r-p-o g-i-o-v-a-n-e m-o-s-s h-a d-e-t-t-o c-h-e p-o-t-e-v-a p-r-o-c-u-r-a-r-g ~ e-l-o. --Be', che io sia dannato!--esplose il direttore. Dopo quell'esclamazione, scese il silenzio. Si sentiva solo il battito delle zampe sul terreno morbido, un ansito d'eccitazione e il rauco re- spiro degli uomini. Wood aveva vinto! Gilroy sedeva alla macchina per scrivere nel suo appartamento. Wood stava di fianco alla sedia e osservava i tasti che scattavano veloci. Ma il direttore misurava nervosamente avanti e indietro il pavimento. --Ho sprecato met… della serata--si lamentava--e se stamper• questa storia verr• buttato fuori. Be', accidenti, Gilroy, come pensi che la prender… il pubblico, se non riesco a crederci neanch'io? --Mmh--spieg• il giornalista. --Ti stai giocando il posto. Lo sai questo, vero? --Non mi importa granch‚--rispose Gilroy senza alzare lo sguar- do.--Wood deve tornare nel suo corpo. E non potr… farlo, a meno che l'aiutiamo. --Ma non ti suona ridicolo? "Deve tornare nel suo corpo." Immagi- na cosa diranno gli altri giomali di questa frase! Gilroy si agit• impaziente --Non la vedranno--affermb deciso. --Allora perch‚ diavolo stai scrivendo l'articolo?--domand• il di- rettore allibito.--E perch‚ non vuoi che torni in ufficio? --Calma! Fra un minuto avr• finito.--InserŤ un altro foglio, che le sue dita volanti coprirono rapidamente di nere parole accusatorie. Wood dischiuse la bocca in un sorriso canino in risposta al sorriso del giornalista, quando abbass• lo sguardo verso di lui, assentendo fidu- cioso.--Praticamente stai gi… camminando sui tuoi piedi, amico. An- diamo. Allorch‚ Gilroy s'infil• il cappotto svolazzante e si ficc• un cappello malconcio sulla testa spigolosa, Wood si prepar• a schizzare fuori, ma il direttore indugiava:--Dove state andando?--chiese diffidente. --Da Moss, naturalmente, a meno che lei abbia in mente un posto migliore--rispose il reporter. Wood non tollerava il pensiero di tardare oltre e cominci• a tirare I'altro per i pantaloni. --Puoi scommetterci che conosco un posto migliore. Ehi, piantala Wood... vengo, vengo. Ma accidenti, Gilroy! Sono le dieci passate, e ancora non ho fatto niente. Abbi cuore e vedi di farla finita in fretta Strattonato per il braccio dal giornalista e tirato per la gamba da Wood, il direttore accompagn• i due, pur senza cessare le sue proteste 1 12 Alla porta, comunque, nascose il cane mentre il giornalista chiamava un taxi. Quando Gilroy fece segno che la strada era sgombra, attraver- s• di corsa il marciapiede con il collie in braccio. t Gilroy diede l'indirizzo all'autista. Come lo sentŤ Wood aprŤ la boc- ca in un ringhio silenzioso. Era solo a breve distanz  da Moss, con due eloquenti portavoce in grado di articolare le sue richieste e, se neces- sario, mobilitare l'opinione pubblica in suo favore! Che cosa poteva fa- re Moss contro una simile forza? Risalirono per la Settima Avenue e lungo il Central Park West. Solo il direttore aveva l'impressione che andassero a tutta velocit…; Gilroy e Wood si agitavano irritati a ogni semaforo rosso. Nella strada di Moss, Gilroy avvertŤ l'autista di rallentare. La casa del chirurgo era sorvegliata da due pigre automobili nere. --Scendiamo all'angolo--disse Gilroy. Si rifugiarono nell'androne di un palazzo di camere ammobiliate. --E adesso?--domand• il direttore.--Non possiamo farci strada a forza. Wood scosse la testa. Nessun ingresso dal retro. --La sola via Š attraverso i tetti--stabilŤ Gilroy. Sporse la testa e studi• gli edifici tra loro e la casa di Moss.--Questo Š alto sei piani, quello dopo, cinque, quello a destra della casa di Moss, sei, e la casa di Moss, tre. Dovremo salire e scendere per le scale antincendio ed entra- re dal tetto. Pronti? --Suppongo di sŤ--rispose il direttore con tono fatalista. Gilroy saggi• la porta. Era chiusa. Scelse quindi un campanello a caso e suon• vigorosamente. SeguŤ un breve silenzio, poi la serratura scatt•. Il giornalista spalanc• la porta e corse su per i gradini, facen- E~ doli a quattro per volta. --Chi Š?--grid• una donna gi— per la tromba delle scale. La superarono di galoppo.--Ci scusi, signora--le grid• Gilroy. --Abbiamo suonato il suo campanello per sbaglio. ~ La donna parve contrariata e impaurita, ma il giornalista la preven- LL ne con un sorriso e un gaio gesto della mano mentre filava via. La porta del tetto era chiusa con un robusto gancio dall'occhiello ar- rugginito. Gilroy l'aprŤ a forza con il palmo, e si ritrovarono su un tet- E to incatramato, gelido e nero sotto il cielo coperto della notte minac- CiOsa, Scoperta insieme a Wood la scala antincendio che portava al tetto essivo~ Gilroy si cacci• l'amico sotto il braccio sinistro e si lanci• -~ sopra i gradini infissi nel muro. Questa Š follia!--esclam• il direttore.--Non ho mai fatto una >sa cosŤ assurda nella mia vita. Perch‚ non siamo un po' pi— furbi e d~iamiamO i piedipiatti? --SiŤ?--lo rintuzz• Gilroy senza fermarsi.--E quale sarebbe la ~a accusa? I 13 --Contro Moss? Be'... --Ci pensi mentre cammina. Gilroy e Wood erano gi… sul tetto vicino e aspettavano sulle spine che il direttore scendesse. Il direttore scese, ma i suoi pensieri vagava- no altrove. --Puoi accusarlo di quello che ha fatto. Ha trasformato un uomo in un cane. --Farebbe una grande impressione in un atto di accusa. Se lo scor- di. Guardi solo di camminare in punta di piedi. Questo maledetto tet- to scricchiola e rimbomba come un tamburo. Avanzarono sulle lamine di metallo incatramato. Sotto, potevano sentire risuonare i loro passi pi— pesanti nelle camere vuote. Le zampe del collie ticchettavano in un balletto ritmato. Quando proseguirono a cavalcioni di un basso muro tra i due edifici, Wood annus• l'aria, in cerca dei nemici che si annidavano dietro i comignoli, le feritoie e le porte. Di tanto in tanto, spinto da un fuggevole sospetto, Gilroy dirige- va il raggio della torcia elettrica avanti a s‚. Infine, salirono per una scala di acciaio verso il palazzo a sei piani vicino alla casa del chirur- go. --E accusarlo di rapimento?--domand• il direttore mentre guar- davano oltre il muro verso il tetto di Moss. ~- --La prego, non stia a seccarmi. Il corpo di Wood Š nel reparto os- servazione dell'ospedale. Come prover… che Moss l'ha rapito? Il direttore annuŤ nel buio e pens• a un altro capo di accusa. Gilroy punt• la torcia elettrica in pieno sul tetto vicino che apparve comple- tamente sguarnito. --Vieni, Wood--disse infilando la torcia elettrica nella cintura. Prese il cane sotto il braccio sinistro ma, per servirsi della mano de- stra nell'ascesa, dovette stringere in una morsa il corpo dell'amico. Wood era grato solo di non poter guardare il tetto tre piani pi— sotto, stretto com'era nella presa. Respirava con un rantolo sibilante. Quan- do il giornalista si tagli• la mano su una squama aguzza di verniCe rinsecchita, sentŤ un nodo in gola. --Va tutto bene--lo rassicur• Gilroy in un bisbiglio.--Ci siamo quasi. Sopra di loro, Wood scorgeva il direttore scendere pesantemente per l'insicura scala imbullonata che, tra le piastre di ancoraggio, on- deggiava lamentosa staccandosi dallo sporco muro di mattoni. Un piolo dopo l'altro, scesero adagio, Gilroy afferrandosi a ogni appiglio, Wood sospeso a mezz'aria e impotente, entrambi con il cuore in gola quando la scaletta scricchiolava sotto il loro peso. Infine, quando abbass• il piede e, di sotto, trov• il solido tetto, Gil- roy sorrise trionfante nel buio. Wood sgusci• dalla sua morsa. Poi il di- rettore, imprecando, li raggiunse e li seguŤ fino alla scaletta sul retrř, .~ ma, questa volta, si offrŤ di portare lui il cane. Mentre si calavano in- certi lungo il muro, Wood ne sentiva tremare i muscoli. Lui stesso non aveVa nulla da perdere, se non una miserabile vita animalesca, eppure non era del tutto immune dalla paura, di fronte ai pericoli nascosti che affrontavano- Si sentiva comprensivo verso quel direttore di gior- nale che, invece, aveva tutto da perdere, e neppure credeva per intero alla sua vera identit…: doveva essergli riuscito ben duro accettare la scoperta di un uomo in un collie apparentemente normale! Wood fu depositato sulle sbarre di ferro, poi il giornalista si unŤ a lo- ro in gran fretta e diede uno strattone al lucernario. La finestra era chiusa. _ Ho bisogno di un piede di porco per aprire--mormor• Gilroy mentre additava i bordi del telaio.--Non ha un coltello con s‚? Il direttore si frug• distrattamente le tasche e ne trasse un mazzo di chiavi, oltre a svariati mozziconi di matite, pezzetti di carta, fiammi- feri e, in ultimo, una limetta per le unghie di poco prezzo nella sua fo- derina. Gilroy ne us• la punta per sgrommare la vecchia intelaiatura, scheggiando agevolmente lo stucco, fino a liberare il bordo superiore e i lati. I --Ora--disse in un sussurro--scostatevi un poco e state pronti a prenderlo. rnserŤ la limetta contro il bordo superiore e sollev• il vetro dal te- laio. La lastra rimase sospesa, poggiandosi sugli altri tre lati: il gior- ~: nalista la prese per i bordi e la tolse di mezzo senza rumore. --Andiamo.--Gilroy si cal• a ritroso entro il telaio vuoto.--Mi passi Wood. Quando si drizzarono nella stanza buia, sotto lo stesso tetto di Moss Wood avvertŤ con un senso di euforia la vicinanza del solo uomo che odiava, colui che poteva restituirgli il suo corpo.--Ci siamo!--pen- sava.--Ci siamo! - --Gilroy--incalz• il direttore--potremmo accusare Moss di vivi- sezione. E vero--bisbigli• il reporter. Gli altri due sentirono la maniglia tremare nella sua mano e si voltarono timorosi. --Ora dove andiamo?--proruppe il direttore in preda al panico. ,~ --Siamo qui--rispose freddo Gilroy.--Tanto vale che andiamo fi- p- no in fondo. La porta si aprŤ, una pallida luce fioca entr• timidamente. Guarda- ono il lungo, stretto e squallido corridoio che si stendeva verso le sca- nel centro della casa. In fondo a quei gradini, avrebbero trovato ~oss. ~ LaCutO olfatto di Wood avvertŤ subito l'odore del nemico. Il chirur- E era stato in quella stanza non molto tempo prima. tScivol• accucciato intorno al pianerottolo in cima alle scale e scese 115 gradino per gradino. Gilroy e il direttore si tenevano alla ringhiera e al muro, poggiando gran parte del peso sulle mani. Scesero per la stretta spirale su cui Clarence aveva incontrato le acuminate zanne fatali, gi— fino al corridoio a pianterreno, dove il suo corpo grasso era stramazza- to in mezzo al sangue. Wood sentŤ a distanza il breve e nervoso picchiettio di un bastone, presto zittito da un collerico sibilo imperioso, quasi impercettibile perfino per le sue orecchie. Guard• esultante Gilroy con una scintilla negli occhi cupi e un sogghigno selvaggio della bocca che scoprŤ la ros- sa lingua penzolante nella bianca trappola mortale dei denti. Aveva individuato i rumori e il luogo da cui provenivano. Moss e Talbot era- no in una stanza sul retro della casa. Incu}~r• le spalle robuste e avanz• adagio, le zampe rigide, I'aria si- nistra di tutti i cacciatori di carne quando calano in un'imboscata sul- la loro preda. All'esterno della porta chiusa, si accucci•, i muscoli rac- colti per il balzo, le orecchie prudentemente appiattite contro la testa slanciata. Ma quelle orecchie sentivano le voci soffocate che sfuggiva- no ai torpidi sensi dei due uomini. --Si sieda, dottore--diceva Talbot.--Il camion sar… qui tra poco. --Non mi preoccupa la mia salvezza personale--replic• secco Moss.--E solo che odio l'inefficienza, specialmente quando lei affer- ma... --Be', non Š colpa di Jake. Sta tornando da un lavoro. Wood poteva vedere l'impercettibile sogghigno sulla rosea faccia le- vigata del medico.--Lei pu• andarsene in qualunque momento, da qui a sei mesi, ma la sua avidit… non si acquieta, vero Talbot? Non ha saputo resistere alla tentazione di un guadagno, e in un simile fran- gente! --Oh, non perda la testa. I cata-come-si-chiamano non possono par- lare e il cane probabilmente sta rovistando fra i bidoni della spazzatu- ra. Che cos'ha da ridire? --Io sto cambiando residenza per motivi puramente precauzionali. Lei sottovaluta l'intelligenza umana, per quanto limitata dalle preca- rie capacit… di espressione di un cane. Wood guard• i suoi compagni con un sogghigno. Il direttore, con la faccia bianca come un lenzuolo, era raggelato dall'ansia. Gilroy, con una pistola nella mano destra, tese la sinistra verso la maniglia. Il di- rettore, involontariamente, fece un movimento per fermarlo, ma la porta, pi— rapida, si aprŤ di scatto verso l'intemo. Wood e Gilroy si pararono sulla soglia, sinistri nel loro tetro silen- zio. Talbot guard• appena l'arma. Aveva guardato troppe canne di pi- stole, per esserne impressionato. Ma quando i sUoi occhi si posaronO su Wood, lasci• ricadere la mascella in un tremito senile. I suoi polmo- ni, costantemente in lotta, si contrassero. Lanci• un alto grido angO- scioSo e si lacer• freneticamente la camicia, per liberare il torace dalla pressione che lo schiacciava. --Una lezione pratica per lei, Talbot--comment• Moss impassibi- le.--Mai sottovalutare un nemico. Gilroy perse il suo gelido distacco.--Non lo lasci soffocare. L'aiuti. --Che posso fare?--Moss scroll• le spalle.--Angina pectoris. O si tira fuori da solo dalle convulsioni, o non ce la fa. Io non posso aiutar- lo. Ma cosa volete, voi? Nessuno gli rispose. Inorriditi, osservavano Talbot imporporarsi nella sua agonia, incapace ormai di urlare, mentre si strappava la ca- micia sul petto. Gilroy abbandon• la mano con la pistola, ma il chirur- go non tent• affatto di scappare. L'aria vibr• nel naso rapace del vec- chio, che si abbatt‚ in un mucchio contorto. Wood si sentŤ male. Sapeva che i medici, per autoconservazione, do- vevano indurirsi, ma solo un mostro di brutale insensibilit… poteva ignorare la spaventevole morte di Talbot come se neppure succedesse sotto i suoi occhi. --Oh, via, non Š cosŤ brutta--comment• Moss con tono acido. t Wood alz• stranito lo sguardo da quella sorta di bambolotto di pez- za verso gli occhi duri e intrepidi del chirurgo, che non fece un gesto per difendersi, o per chiedere aiuto alla squadra di gangster sul fronte della casa. Con disumana condiscendenza, Moss fissava i tre intrusi. --Manda all'aria i suoi piani--replic• tra i denti Gilroy. Moss alz• le spalle, urbano, delicatamente sdegnoso.--Che diffe- renza fa la sua morte per me? Non ci ho mai tenuto alla sua compa- gnia. --Forse no, ma i suoi soldi sembrava che le andassero a genio. Ora Š uscito di scena. Non pu• pi— impedirci di stampare tutta la storia.-- Gilroy prese dal taschino un dattiloscritto ripiegato e lo porse a Moss. Il chirurgo lo lesse con interesse, appoggiato con indolenza contro il E murO. Giunto alla fine del breve articolo, rilesse il primo paragrafo quindi, educatamente, lo ridiede a Gilroy. --E molto chiaro--disse.--Sono accusato di aver scambiato le identit… di un uomo e di un cane. Lei descrive perfino quella che sareb- be la mia tecnica. --"SarebbeD!--ruggŤ Gilroy selvaggiamente.--Intende negare? E Naturale. Non Š tutto troppo fantastico?--Moss sorrise.--Ma non Š questo il punto. Anche se ammettessi ci• di cui mi accusa, come ensa che potrei essere condannato sulla base di simili prove? Il solo S testimone~ a quanto pare, Š il cane che lei chiama Wood. Sono ammes- a testimoniare in tribunale, i cani? Non ricordo di preciso, ma ne ~ood era strabiliato. Non si aspettava che Moss rigettasse sfaccia- pente le accuse. Un uomo comune sarebbe crollato, davanti all'evi- ~za. 117 Punto sul vivo, perfino il direttore, che si teneva in disparte, azzar- d•:--Abbiamo le prove di una vivisezione illegale! --Ma non le prove che sia stato io il chirurgo. --Lei Š il solo a New York che potesse compiere l'operazione. --Veda un po' quanto la porter… lontano una simile prova. Wood ascoltava con rabbia crescente. In qualche modo, avevano permesso che Moss dominasse la situazione e si schermisse dalle loro accuse con fredda, sarcastica dialettica. Nessuna meraviglia che non avesse tentato la fuga! Si sentiva perfettamente al sicuro. Wood rin- ghi• fissando con una smorfia di odio il medico, che lo guard• sprez- zante dall'alto in basso. --E va bene non possiamo tascinarla in tribunale--concluse Gil- roy, mentre irr;gidiva il dito sul grilletto.--Non Š questo che voglia- mo, comunque. Quella sua deliziosa curiosit… scientifica pu• indurla a operare Wood e trasferire la sua identit… nel suo corpo. Il chirurgo non mut• l'espressione altera e, con sbalorditiva noncu- ranza, osserv• l'indice di Gilroy che si tendeva. --Ebbene, parli--proruppe il giornalista, agitando minaccioso l'arma. --Non pu• costringermi a operare. Tutto quello che pu• fare, Š uc- cidermi, e io sono indifferente alla mia morte come a quella di Tal- bot.--Il sorriso di Moss si allarg• e si torse agli angoli, rivelando i denti in un ringhio che era l'immagine speculare, civile e afflnata, di quello di Wood.--Questa sua operazione comunque mi interessa. La- vorer• per il mio solito compenso. Il direttore spinse Gilroy verso l'interno e chiuse di fretta la porta. --Stanno arrivando--annunci• in un fiato.--I gangster di Talbot. In due passi, Gilroy mise il chirurgo fra s‚ e la porta, schiacciando rudemente la pistola contro l'incrollabile schiena di Moss.--Mettete- vi dall'altra parte, voi due, in modo da restar nascosti dalla porta quando si apre--ordin•. Come si ritrasse insieme al direttore, Wood sentŤ i passi lungo il cor- ridoio, quindi un breve silenzio, poi un grido aspro:--Ehi, capo! Il ca- mion Š arrivato. --Dica loro di andarsene--ordin• Gilroy con voce soffocata. --Sono nella seconda stanza nel retro della casa--li avvertŤ Moss. Gilroy gli piant• nella schiena la canna della pistola.--Se lo vuole lei. Le ho detto di mandarli via! --Non oserebbe uccidermi fino a che non avessi operato. --Se non ha paura, perch‚ vuol farli venire? Dov'Š lo spasso? La porta si spalanc•. Un gangster fece per entrare, ma si arrestO, mentre i suoi occhi, avvezzi alle battaglie, guizzavano dal corpo con- torto di Talbot verso Moss e quindi verso Gilroy, che si levava incom- bente dietro il medico. Con un rapido movimento circolare, una pisto- la balz• dalla fondina sotto la sua ascella. --Che Š successo al capo?--domand• con voce rQca. --Metti via la pistola, Pinero. Il capo Š morto di un attacco di cuore. La cosa non dovrebbe sorprenderti, se l'aspettava da un giorno al- I'altro. --Gi…, lo so. Ma com'Š entrato quel tipo? Moss si agit• impaziente.--E stato qui tutto il tempo. Rimanda in- dietro il camion. Non trasloco pi—. Ci penso io, a Talbot. Il gangster sembr• incerto ma, in mancanza di un altro comandan- te, obbedŤ all'ordine di Moss.--D'accordo, se lo dice lei.--E chiuse la porta. Quando Pinero ebbe percorso tutto il corridoio, Moss si volt• di fronte a Gilroy. --Vedo che non ha paura... non poi tanta!--esclam• il reporter. Il medico ignor• quell'uscita tagliente.--Dov'eravamo rimasti? Ah, sŤ. Mentre lei se ne stava lŤ tremando, io ho avuto tempo di ripen- sare alla mia offerta. Operer• gratis. --Pu• scommetterci!--Gilroy fece ondeggiare la pistola. Moss arricci• il naso.--Quella non ha nulla a che vedere con la mia decisione. Non ho alcum timore della morte, e non ho paura delle vo- stre prove. Se sceglier• di operare, sar… solo perch‚ l'esperimento - m'interessa.--Wood colse lo sguardo assorto di Moss, uno sguardo di scherno che s'indurŤ con un riflesso poco promettente.--Ma natural- mente--soggiunse il chirurgo mellifluo--io operer• di sicuro. Insi- sto per farlo! La minaccia nascosta non sfuggŤ a Wood. Appena si fosse trovato sotto il bisturi di Moss, sarebbe stata la fine. Una deviazione fortuita della lama, una minima, ben calcolata negligenza nella miscelatura del gas anestetico, e il medico si sarebbe liberato dell'accusa sostenen- do che non era in grado di portare a termine l'operazione: dunque, non poteva essere lui il vivisezionista. Wood arretr•, scuotendo con ~- violenza la testa da una parte all'altra. --Wood ha ragione--disse il direttore.--Lui la sa pi— lunga sul F ~ Conto di Moss. Non uscirebbe vivo dall'operazione. ~ . Gilroy aggrott• la fronte sconcertato. La pistola nella sua mano era F~ un inutile strumento di costrizione; perfino Moss sapeva che non l'a- vrebbe usata... non poteva... per loro, era prezioso solo da vivo. Aveva F voluto indurlo a operare. Ebbene, pens•, era riuscito nel suo scopo. Moss si era offerto di effettuare l'intervento. Ma tutti e quattro sapeva- ' .~ no che, sotto il suo bisturi, Wood era condannato. Abilmente, il chirur- go aveva trasformato la loro vittoria in una disfatta completa. E allora che diavolo facciamo?--esclam• con foga il reporter. --Che cosa ne dici, Wood? Vuoi correre il rischio, o tirare avanti den- tro la pelle di un cane? Wood si ritrasse con un ringhio. --Almeno, Š ancora vivo--osserv• con tono fatalista il direttore. Moss sorrise, con vellutata ironia protest• che avrebbe fatto del suo meglio per restituire Wood alle sue norrnali sembianze. --A parte gli eventuali incidenti--schium• Gilroy.--La racconti a un altro, Moss. Andr… avanti cosŤ com'Š e lei avr… quello che le Spet- ta. Lanci• un cupo sguardo a Wood, con un cenno significativo della te- sta verso il medico. --Andiamo, capo--disse, conducendo il direttore oltre la porta che subito richiuse alle loro spalle.--Questi due vecchi amici voglio- no restare soli, hanno un sacco di cose di cui parlare... Immediatamente, Wood balz• davanti all'uscio e lŤ si accucci•, ter- ribile nella cieca espressione di odio dello sguardo maligno, puntato sul chirurgo. Per la prima volta, l'atteggiamento di placida indifferen- za di Moss s'incrinava. Guardingo, il medico strusci• a palmo a palmo lungo il muro verso la porta. D'improvviso, si rendeva conto che quel- lo era un animale... Wood avanz•, tagliandogli la ritirata. Con il pelo ritto, la testa in- cassata fra le spalle squadrate, le gengive lustre sopra le zanne ricur- ve, il cane procedeva rigido, con un ritmo lento e inesorabile. Moss lo guardava angosciato, e al contempo guardava la porta con _~ un penoso rimpianto. Ma ecco lŤ Wood, che via via riduceva lo spazio per l'attacco. Il medico si port• le mani alla gola per ricacciare... I I suoi nervi crollarono. Non poteva parlare con calma a due folli oc- ~ Ť chi animaleschi, allo stesso modo che con un uomo armato di una pi- ~ j stola. Schizz• di lato e corse verso l'uscita. Wood si lanci• verso le gambe turbinanti, che si abbatterono su di lui, facendo precipitare Moss a capofitto sul pavimento. Il medico in- croci• le braccia sotto la testa, per proteggere la gola, ma il cane cal• le zanne sull'orecchio e lo strapp• in un rivolo tinto di rosso. Con un grido, l'altro port• di scatto le mani alla faccia, cercando di alzarsi senza abbassare la guardia, ma Wood gli azzann• le dita. Le mani del chirurgo cedettero. Era in ginocchio, adesso, impotente a respingere i rapidi assalti mirati, e quei denti come coltelli... Wood esultava. Un minuto prima, quella rosea faccia liscia era alte- ra e beffarda. Ora si alzava e si abbassava frenetica al livello dei suoi occhi, contorta da una paura dilagante, mentre il sangue vivido scor- reva dalle guance fino a poco prima scrupolosamente ripulite. Per un istante, la pallida gola balen• scoperta, morbida e inerme. Con un balzo, Wood la colse di sbieco e l'avvinghi• fra i denti. La car- ne bianca si lacer• facilmente. Ma una struttura ossea schiocc• fra le sue mascelle mentre proseguiva sullo slancio. Moss rimase l… in ginocchio, dopo che Wood aveva colpito, con la faccia contratta dal dolore e allibita, le mani flosce ai suoi fianchi. La gola riversava un fiotto rosso. Poi il volto si prosciug• fino a scolorirsi in un biancore spettrale, e Moss cadde a terra. Aveva perso, ma aveva anche vinto. Wood era condannato a vivere tutta la sua esistenza in un corpo di cane. E non poteva neppure spera- re di campare per il tempo che gli sarebbe spettato. La vita media di un cane Š di quindici anni. Gliene restava una decina. Nel suo corpo umano, Wood aveva avuto difficolt… a trovare un la- voro. Era stato un esperto di codici, ma gli esperti di codici, i venditori e gli apprendisti operai non hanno posto in un mondo dove i mercati si contraggono. Le agenzie di collocamento sono saturate da un'offerta esuberante di menti umane alloggiate in robusti corpi, volenterosi ed esperti. La stessa normale intelligenza umana nell'elegante corpo di un col- lie aveva un assai pi— alto valore di mercato. Era una rarit…, un feno- meno da contemplare a bocca aperta dopo aver pagato un biglietto per un simile pnvilegio. --Gli uomini hanno sempre avuto una passione per i tipi bizzar- ri--filosofeggiava Gilroy quella sera, mentre andava con Wood verso il teatro, dove il cane sapiente era stato ingaggiato.--I tipi bizzarri, che procurano un blando divertimento, vengono pagati per intrattene- re il pubblico. Quelli veramente buffi hanno onori e potere. Pensaci, Wood. Io non riesco a immaginarmelo. Quando ci libereremo del no- ~ stro amore per i tipi strambi e li restituiremo al posto che compete lo- .F ro, avremo un gran bel mondo. E Il taxi si ferm• in una via laterale, all'ingresso del palcoscenico. Mi- rabolanti cartelloni gialli e rossi, grandi come il murale di una catte- drale, tappezzavano le pareti del teatro, dove faceva bella mostra un'immagine ritoccata di Wood con un sorrisetto affettato. --Perdinci!--esclamb senza fiato l'autista.--Aspettate che lo sap- piano i miei marmocchi. Ho portato in macchina il Cane Parlante! Di- co, non Š un onore, eh? D  tutte le parti, i pedoni si fermavano strabiliati, i taxi si fermava- no con un rispettoso stridio di freni, finch‚ una torma di ammiratori cal• sul divo. ~, --Non Š carino?--strillavano le donne.--E che aria intelligente! '~ --Sicuro--Wood sentŤ ancora vantarsi il suo autista.--Io l'ho portato qui. Com'Š?--La voce del tassista si abbass• a un tono confi- denziale. _ Be', il tipo con lui, il suo manager, credo, gli parlava nello sso modo con cui io parlo con voi. Come se capisse ogni parola. - Ma certo che capiva--asserŤ bellicoso un ascoltatore. Ma va l…--almanaccava un altro.--L'hanno addestrato, come n-tin-tin~ solo un po' meglio. Ma di sicuro Š furbo. Cosa non darei, ~er averlo I ~n ~ 121 La squadra di polizia del quartiere del teatro irruppe attraverso il groviglio del traffico e aprŤ un passaggio fino alla porta del palcosceni- co. --Dovreste vergognarvi--diceva un agente.--Tutto questo chias- so per un botolo! Wood scoprŤ le zanne minaccioso, e quello si ritrasse impaurito. --Tipo intelligente, eh?--lo schernŤ la folla.--Credi che non capi- sca? Era un siparietto studiato da Wood e Gilroy. Riuscivano sempre a trovare una spalla nelle vesti di un poliziotto zelante, n‚ la folla man- cava mai di rispondere. Neppure all'interno del teatro quella celebrit… era al sicuro dall'ec- cesso di entusiasmo dei suoi ammiratori. I suoi colleghi nello spetta- colo si ostinavano a grattargli la schiena, che pure non gli prudeva, tu- bando e gorgogliando con straordinaria stolidit…. Le riprese del thriller a Hollywood erano terminate. Ora, mentre an- davano in scena i numeri di apertura, Wood se ne stava insieme a Gil- roy lontano dalle quinte, per quanto permetteva la costruzione del teatro. --7.000 testoni alla settimana, vecchio mio--rimuginava il mana- ger.--E solo per fare qualcosa che qualunque babbeo del pubblico potrebbe fare con la met… dello sforzo. Non Š un bell'andare? Nell'anno trascorso, n‚ l'uno n‚ l'altro erano riusciti ad abituarsi al crescere delle cifre nei libretti bancari. Film, esibizioni, annunci pub- blicitari, articoli romanzati nelle riviste... tutto per compensi astrono- mici. Ma Wood non avrebbe mai potuto guadagnare abbastanza da ri- comprarsi il corpo umano in cui aveva fatto la fame. --Okay, Wood--bisbigli• Gilroy--ci siamo. Sul palcoscenico, furono accolti da applausi tambureggianti. Wood fece il suo numero usuale di malavoglia, identificando gli oggetti che venivano nominati dall'impresario, in un mucchio di oggetti messi in pila. Alcune maschere scesero lungo i corridoi fra i posti, raccogliendo le domande che gli spettatori avevano scritto su pezzetti di carta, quindi le passarono a Gilroy. Afferrata una bacchetta con la bocca, il cane si mise di fronte a un cartello ricoperto di grandi lettere poi, a fatica, indic•, carattere per carattere, le risposte alle domande dei suoi fan. Il pubblico, per lo pi—, gli chiedeva previsioni sul futuro, informazioni sull'andamento del mercato o sulle corse. Solo pochi saggiavano seriamente la sua intelli- genza. Trafitto dalla bianca luce dei riflettori puntati, Wood compit• mec- canicamente le banali risposte. Gran parte della sua amarezza si era 122 dissolta; in suo luogo, era subentrato un cupo senso di sconfitta, con un~opaca accettazione della sua vita canina. Il suo conto in banca ave- va sei cifre a sinistra del puntino dei decimali - pi— di quanto avesse mai sognato perfino come a una possibilit… fantasticamente lontana. Ma nessun chirurgo poteva restituirgli il suo corpo, o aumentare la sua aspettativa di vita, ridotta a meno di dieci anni. D~improvviso~ la scena si cancell• davanti ai suoi occhi - Gilroy, l~imponente cartellone con le lettere dell'alfabeto, la greve bacchetta che reggeva in bocca, lo spazio nero punteggiato da pallide facce me- ravigliate, perfino la luce bianca che lo fissava... Giaceva in una branda in una lunga corsia. N‚ la sensazione delle li- sce coperte sopra e sotto di lui, o il peso stesso delle coperte sul suo corpo disteso aveva l'illusoria consistenza dei sogni. E poi, totalmente snodato dalla mano, il suo indice si mosse secondo la sua volont…. La sua unghia gratt• il lenzuolo con un sonoro raspo vittorioso. Un interno, che camminava per la corsia, guardandosi intorno alla ricerca della fonte di quel suono esultante, incontr• gli occhi di Wood, illuminati dall'avida fiamma profonda dell'intelligenza. Poi, i due oc- chi si abbassarono sul dito. --Lei sta tornando in s‚--disse infine il giovanotto. --Sto tornando in me--rispose quieto Wood, prima che la nuova scena svanisse e sentisse Gilroy ripetere la domanda che gli era sfuggi- ta. Sapeva, ora, che il corpo e la mente erano tutt'uno. Moss si era sba- gliato; l'identit… era qualcosa di pi— di una piccola ghiandola, qualco- sa che andava al di l… del corpo. La forzata divisione creata dal chirur- go era innaturale; il tessuto trapiantato stava venendo assorbito e ri- modellato. In qualche modo, Wood si rendeva conto che quei rinveni- menti nella sua identit… naturale sarebbero continuati, ancora e anco- ra, fino a divenire uno stato permanente, fino a che fosse ridiventato un essere llm:~n-~ j~o originale Matter of Form. ione di Pietro Ferrari. 123 Cornell Woolnch IL CORPO DI JANE BROWN Le tre del mattino. L'autostrada Š vuota sotto una luna crudele. Mac- chie d'olio fanno luccicare l'asfalto come un nastro di seta blu. La not- te Š totalmente silenziosa tranne per un ronzio che si sente salire da dietro un'elevazione del terreno. Due altre lune pi— luminose, poste una accanto all'altra, compaiono di colpo sul rialzo, esplodono due ventagli d'argento accecante a gran- de distanza davanti a loro. Fari. Il ronzio ora si Š fatto un rombo. L'au- tomobile corre a velocit… tanto pazza da oscillare a destra e a sinistra. La strada Š diritta. La via Š lunga. La notte Š breve. L'uomo ingobbito sul volante Š teso; tiene gli occhi fissi, senza sbat- tere le palpebre, sul bordo del tappeto nero che i fari gli srotolano da- vanti. Ha occhi simili a due pezzetti di carbone, viso abbronzato, ca- pelli bianchi. E magrissimo, ma vi Š una forza straordinaria nelle dita ossute che serrano il volante, nelle mascelle irrigidite, sbiancate dalla tensione. L'ago del tachimetro oscilla un po' al di sopra dei centoventi... Il retrovisore rispecchia una donna giovane e stanchissima che dor- me sul sedile di dietro. Ha le gambe raggomitolate sotto il corpo e si Š drappeggiata intorno una coperta dalla vita in gi—. Una mano guanta- ta di nero Š tenuta per il polso dalla cinghia appesa alla fiancata del veicolo e penzola completamente rilassata. La donna ondeggia nel sonno con tanta mollezza, con una mancanza di riflessi cosŤ totale da far quasi pensare a un'assenza di vita. Porta un minuscolo cappellino dal quale parte una fine veletta. Il vento gliela preme contro il viso. Il naso di lei vi forma sotto una picco- la protuberanza. In quel punto la veletta dovrebbe gonfiarsi per il re- spiro della donna, e invece s'incava come se lei lo stesse succhiando at- traverso le labbra semiaperte. Nel sonno infatti tiene la bocca dischiu- sa. 124 La luna soltanto segue l'automobile nella sua corsa sfrenata, sogghi- gnando la tiene d'occhio chilometro per chilometro, come dicesse: "Non ti perdo di vista!" Una manciata di puntini luminosi emerge dalla notte pi— avanti. Un paese o un villaggio posto a cavallo dell'autostrada. L'ago del tachime- tro comincia ad abbassarsi- L'uomo guarda la ragazza nello specchiet- to, un po' preoccupato, come se la cittadina dinanzi a loro costituisse un esame da superare. Un segnale illuminato balza loro incontro. ATTENZIONE! INCROCIO PERICOLOSO--RALLENTARE L'uomo annuisce torvo, come se trovasse giusto l'aggettivo; solo, non nel senso in cui Š inteso sulla segnalazione. Le luci s'ingrandiscono, si rivelano lampioni che occhieggiano tra gli alberi. Improvvisamente ai due lati della strada compaiono dei ~: marciapiedi. Vetrine buie li fiancheggiano. Con un gesto istintivo l'uomo abbassa la luce dei suoi fari. | -~ Un grosso autobus che va per la sua strada gli si para davanti. L'uo- mo mette la freccia, si prepara a sorpassarlo. E allora si produce una complicazione. Proprio dinanzi a loro la strada Š tagliata da un pas- saggio a livello. Forse nessun treno Š passato per tutta la notte fino al mattino. Cinque minuti prima, cinque minuti dopo e lui avrebbe evita- ,~ ~ to quel ritardo. Ma nell'esatto istante in cui l'automobile e l'autobus il- luminato si avvicinano affiancati, un campanello si mette a suonare, una barriera zebrata da cui pendono due lanterne rosse si abbassa e la strada Š bloccata. I due veicoli sono costretti a fermarsi l'uno accanto all'altro mentre una lunga processione di carri merci passa loro da- E vanti, interminabile. Quasi simultaneamente un grosso furgone di lat- 1~ taio Š emerso dietro la macchina dell'uomo da una strada laterale, in- |~ chiodandola dove si trova. t Le luci dell'autobus illuminano l'automobile e cadono sulla donna dormiente. L'unico passeggero che esso contiene Š seduto accanto al fi- nestrino proprio dalla loro parte. Gli occhi di lui cadono oziosamente sulla macchina, vedono la donna e restano fissi su di lei, come farebbe- ro gli occhi di qualsiasi uomo. Ma il guidatore dell'automobile si impietrisce in una rigidit… tre- n~enda. Le nocche gli si sbiancano. Tiene gli occhi incollati al retrovi- ~le, fissi al passeggero che guarda la donna. Qualcosa di luccicante gli Lscende dalla fronte, s'impiglia tra le rughe del viso: una goccia di sudo- i~Poi una seconda, una terza. Il petto si alza e ricade pesantemente ~to la giaCca~ l'uomo respira come se stesse correndo. asseggero non distoglie gli occhi dalla donna. Probabilmente il 125 suo sguardo non ha alcun significato particolare. Lui non ha nient'al- tro da guardare: perch‚ non dovrebbe guardare una donna, anche se lei dorme? Si capisce che dev'essere molto bella sotto quel velo? E poi certi uomini ci nascono, con la mania di fissare le donne. Ma mentre i carri merci continuano a sfilare e quello sguardo non si stacca dal suo obiettivo, una delle mani dalle nocche sbiancate si stac- ca dal volante, striscia sotto la giacca, vi s'insinua profondamente. E quando ricompare stringe un'automatica. Gli occhi dell'uomo non si sono mai staccati dal retrovisore, dall'im- magine della faccia del passeggero sull'autobus. Pare che lui aspetti che una certa espressione compaia su quella faccia, un'espressione che tradisca un certo dubbio. E pare che sia pronto a far qualcosa con la pi- stola se quell'espressione dovesse comparire. Ma il lunghissimo treno merci finalmente Š passato, il campanello tace, la barriera si rialza. Il guidatore dell'autobus innesta la marcia, la linea di finestrini illuminati scivola in avanti. La pistola svanisce, la mano che l'aveva tenuta ritorna vuota sul volante. Un momento dopo l'autobus svolta, portandosi via il passeggero. L'automobile riprende la corsa. L'uomo dalla faccia rugosa emette un lungo sospiro di sollievo, si asciuga il sudore. Corre, corre nella notte lungo la strada diritta, sotto la luna che lo spia. La donna ondeggia e sogna, il velo incavato sulle labbra. I Comincia una lunga salita e l'automobile non risponde bene quando l'uomo preme l'acceleratore. Lui guarda l'indicatore della benzina: il serbatoio Š quasi vuoto. Per un momento l'abbronzatura si cancella dalla sua faccia. Ma dopo tutto Š su una strada principale, che gli im- porta se la benzina finisce? Non deve fare altro che parcheggiare da una parte e aspettare che qualcuno lo prenda a rimorchio. Perch‚ quel- I'ombra di panico sul suo viso? Continua a guidare sfruttando le ultime gocce di carburante che gli rimangono. Avanza a zigzag da un lato all'altro della strada per com- battere l'inclinazione che potrebbe fermarlo. 11 motore sputacchia e si riprende; ormai l'auto Š prossima alla cima. Se solo ce la fa a raggiun- gerla, pu• discendere dall'altra parte in folle. L'auto si affaccia finalmente alla cresta. Davanti, la strada corre in discesa per qualche chilometro e in distanza un grappolo di luci indica un distributore. L'uomo sente la forza di gravit… impadronirsi della macchina e un momento dopo scende a tutta velocit… a motore spento. Il distributore Š vicinissimo, le sue luci sfolgorarono come un'aurora boreale sullo sfondo della campagna buia. Lui non osa evitarlo, ma la tensione di nuovo lo afferra mentre si tuffa nella zona illuminata. Fissa ansioso il retrovisore. Si chiede se deve abbassare le tendine, ma deci- de di no. Non c'Š nulla che stuzzichi la curiosit… come delle tendine suggestivamente abbassate. t~ ~ Frena. Un inserviente arriva di corsa. Cinque--dice l'uomo, e fissa immobile l'altro che attacca il tubo al serbatoio. Lo fissa per tutto il tempo. La pistola Š ricomparsa, nasco- sta sotto un lembo della giacca. L'inserviente gli si fa accanto.--Una pulita ai finestrini, capo? L'uomo stira le labbra nel tentativo di un sorriso.--Li lasci stare. L'inserviente sogghigna a sua volta e i suoi occhi passano dal guida- tore alla ragazza nel retro dell'auto, indugiano su di lei per un istante. ~: --E stanca morta--dice l'uomo al volante.--Ecco, tenga il re- E~ sto.--La macchina esce dalla luce rivelatrice, si addentra di nuovo nell'ombra. Lo sbigottito inserviente le grida dietro:--Ehi capo, ma questo Š un biglietto da venti dollari... ~! L'automobile ha ripreso la sua corsa folle. Il guidatore ha un sobbal- ~` zo. Che Š quel suono scoppiettante alle sue spalle? Un piccolo faro ro- ~- tondo, unico, gli sta correndo dietro. Se l'uomo era stato spaventato dall'autobus e dalla stazione di servizio, quale parola pu• descrivere la sua faccia ora che vede nel retrovisore un poliziotto della strada che lo segue? La pelle tesa in una maschera da teschio, le labbra contratte, reprime a fatica l'impulso di accelerare, nel tentativo di distaccare il poliziotto. Accosta a destra, frena, si ferma. Di nuovo estrae la pistola, la nasconde sotto la coscia con l'impugnatura leggermente sporgente, pronta, dal lato pi— lontano dal finestrino. Quindi resta immobile stringendo i pugni. ~, La motocicletta lo sorpassa, fa un giro, torna indietro. Il poliziotto scende, gli si avvicina, pianta un piede pesante sul predellino. Si china a guardare l'uomo. |~ --Che fretta ha signore? Stava facendo i centocinquanta. , --Centosessanta--corregge l'uomo dalla faccia rugosa, con una calma pericolosa che non Š possibile scambiare per umilt…. --Bene, qui il limite Š cento. Mi faccia vedere la patente. Il guidatore gliela porge con la sinistra; la destra Š appoggiata alla COScia, sfiora un pezzo di metallo nero. r,~ Il poliziotto legge chinandosi ancora di pi— per utilizzare le luci del Cmscotto. La sua arma d'ordinanza Š dietro il fianco: se dovesse impu- ~- gnarla in fretta, la cornice del finestrino gli darebbe impaccio ai gomi- ~ ti.--Anton Denholt. Medico, eh? Mi meraviglio di lei, con la sua pro- F, fessione dovrebbe avere pi— buon senso! Ed Š dello stato confinante :eh? Voi di lŤ date pi— fastidi degli altri . Bene, ora Š nel mio stato; non ce ~I'ha fatta a oltrepassare il confine laggi—... Denholt guarda avanti nella strada come se non avesse mai visto pri- ~ma il segnale del confine.--Non ci stavo provando--dice con la stes- Fa~oce atona. poliziottO annuisce.--Magari no--ammette.--Ma perch‚ cor- ~te a centosessanta? Forse Denholt non ce la fa pi— ad aspettare che l'altro scopra la ra- gazza nel sedile dietro, forse i suoi nervi sono in un tale stato di tensio- ne che preferisce attirare l'attenzione su di lei lui stesso e farla finita. Fa un cenno con la testa.--A causa sua-- dice.--Il tempo stringe. Il poliziotto sbircia la donna immobile.--E malata, dottore? -- chiede, con voce pi— gentile. Denholt risponde:--E un caso di vita o di morte.--Sta dicendo la verit…, una verit… pi— assoluta di quanto il poliziotto possa immagina- re. Prende un'aria di s~cusa .--Perch‚ non I 'ha detto subito ? C'Š un buon ospedale a Rawling. Deve esserci passato circa un'ora fa. Come mai non ce l'ha portata? --Non ce n'Š bisogno. Posso cavarmela dove la sto portando, se mi lascia andare. Voglio che arrivi a casa prima che il bambino... Il poliziotto emette un lungo fischio.--Non mi meraviglio che stava bruciando le gomme!--Chiude il suo blocchetto, porge la patente a Denholt.--Vuole una scorta? Far… prima. La mia ronda finisce al con- fine, ma posso fare una chiamata... --No, grazie--fa Denholt cortese.--Siamo vicini ormai. L'automobile scivola via. Ora nell'atteggiamento di Denholt c'Š una sorta di fatalismo mentre accelera di nuovo. Che altro gli pu• succede- re dopo quel che Š gi… successo? Di che altra cosa pu• aver paura... or- mai? A sessanta chilometri dal confine lascia la statale e svolta per una via secondaria. Dopo un poco comincia a salire, addentrandosi nei pri- mi contrafforti di una catena di montagne. Il paesaggio cambia, diven- ta solitario, selvaggio. Cominciano ad apparire dei boschi. Ora ogni co- struzione fatta da mano umana Š sparita, tranne la strada. Denholt svolta di nuovo, per un sentiero di terra battuta, molto ripi- do e in disuso. S'inerpica per una lunga salita. Le curve sono numerose e pericolose, in alcuni punti i rami degli alberi graffiano il tetto i fian- chi della macchina. Lui deve andare pi— lentamente, ma sembra che conosca la strada. Una cinta di filo spinato emerge di colpo dal nulla, comincia a sno- darsi parallela al miserabile sentiero. Altissima, fitta, irta di spunzoni, tale da impedire il passaggio a qualunque essere tranne che ai pi— pic- coli animali. Strana una simile necessit… di tener lontani gli estranei in un posto cosŤ remoto dal mondo. Un cancello appare, chiuso dai robu- sti chiavistelli. Un cartello nella parte superiore viene illuminato dai fari: PROPRIETA PRIVATA. VIETATO L INGRESSO. Una scritta abbastanza co- mune, ma strana su quella montagna sperduta. Magari un tantino si- nistra. L'uomo scende, apre il cancello. Subito un suono lacerante di sirena esplode dagli alberi vicini. E un segnale d'allarme collegato al cancel- lo. Urla paurosamente nell oscurit… e nel silenzio. Anche quella pre- cauzione Š strana, anormale, sembra dettata dall'idea fissa di un fana- tico. La macchina passa, si ferma. Luomo richiude il cancello. La sirena tace e il silenzio, per contrasto, pare assordante. L'automobile ripren- de a salire finch‚ i fari non illuminano una casa di tronchi, simile in tutto e per tutto a un capanno da caccia. Ma non ha un aspetto acco- gliente, anzi c'Š in essa qualcosa di malaugurante, di spaventoso: tanto appare cupa, dimenticata, segreta. Il tipo di casa che ha mascelle per ingoiare... che non risputer… mai, lo si avverte, ogni essere vivente che vi entrer…. Il tetto Š una pustola purulenta sotto la luna lebbrosa. E le luci dei fari contro il fianco della casa s'intersecano formando un ovale che pare un teschio luminoso. L'uomo scende di nuovo e va verso la tettoia che ripara la porta prin- cipale. Si sente un rumore metallico e un'apertura nera sbadiglia sul- I'oscurit…. Lui vi si addentra, mentre la macchina col motore ancora acceso e la signora dormiente lo attendono obbedienti. Dentro si accende la luce giallo-verdastra di una lampada a petrolio, deborda dalla porta rendendo anche pi— scuri i tronchi neri degli albe- ri. La casa pare pi— spettrale che mai. L'ombra dell'uomo lo precede verso l'automobile. Ora Š pronto a ri- cevere la paziente signora. Spegne il motore, apre lo sportello del retro e tende le mani all'intero. Scioglie il polso penzolante dalla cinghia, to- glie la coperta, attira il corpo di lei tra le braccia e lo porta dentro, sor- reggendolo con la delicatezza di chi reca un fardello prezioso. Si sbatte la porta alle spalle col calcagno e il mondo esterno viene inghiottito dall'oscurit…. Attraverso la casa lui porta la donna a una dipendenza invisibile dal di fuori e molto diversa dal resto della costruzione. Le pareti non sono di tronchi ma di mattoni intonacati che devono essere stati trasportati in quel ;uogo inaccessibile con gr nde spesa e fatica. C'Š anche la cor- ~te elettrica, fornita da un generatore. Dal soffitto grandi riflettori ffondono un'abbagliante luce bianca. Lo stanzone ha banchi di ferro mato carichi di fiale piccole e grandi, storte, bruciatori. C'Š una ta- ~la operatoria di zinco, vetrine di strumenti. E un'intera parete Š oc- ~pata da una doppia fila di gabbie, ciascuna contenente un coniglio. uomO entra svelto col suo fardello, lo depone sulla tavola operato- ~- La donna non si muove. Lui va a chiudere la porta, tira i due chia- vistelli in alto e in basso. Si toglie giacca e camicia, indossa un camice bianco da chirurgo. Toglie da una vetrina una siringa ipodermica, la lascia cadere in un contenitore pieno di soluzione antisettica, vi accen- de sotto una fiamma. Poi torna alla tavola. Il corpo della ragazza Š rimasto nella posizione che ha tenuta per tutto il lungo viaggio: girata di fianco, le gambe ripiegate sotto di s‚, un braccio proteso, la mano penzolante come quando era trattenuta per il polso dalla cinghia. Denholt si acciglia appena. Cerca di raddriz- zare le membra irrigidite che gli resistono, non riesce. Comincia allora a fare ci• che deve con una fretta convulsa, come se ogni momento che passa fosse insieme un ostacolo e una sfida... E lo Š. La rigidit… cadaverica si Š insediata. La ragazza dormiente Š morta da lunghe ore... Denholt comincia a strapparle gli indumenti di dosso. Cappello e ve- letta, abito nero, scarpe, biancheria volano sul pavimento. La ragazza evidentemente Š stata bellissima, e doveva essere molto giovane. Il rossetto che si era messa da viva colorisce ancora le labbra semiaperte. Il corpo Š snello e perfetto e non presenta ferite. Questo Š importante. Denholt corre a prendere una bottiglia di alcool, ne inon- da la carne candida. Pesca l'ipodermica dal liquido bollente, la riempie da una fiala che contiene un siero incolore, gira meglio che pu• la figura inerte a faccia sotto, espone la nuca. La punta all'ago si posa alla base del collo. Den- holt alza brevemente gli occhi al soffitto come in preghiera, infila l'a- go, preme il pistone. Indietreggia, lascia cadere a terra la siringa. Che si rompe, ma non gliene importa. Se fallir…, non vorr… mai pi— usarne un'altra. La minuscola puntura dell'ago si chiude come farebbe nella came vivente: rimane visibile, un infinitesimo puntino nero. Lui vi preme un tampone di ovatta, temendo che la sostanza che ha iniettata possa co- lar via. Trema da capo a piedi. I secondi si allungano, diventano minu- Fuori dev'essere ormai l'alba, ma il laboratorio non ha finestre. De- v'essere l'alba, e il corpo sulla tavola ha esalato l'ultimo respiro... da quando? La ragazza Š dipartita da questo mondo, morta come se fosse vissuta un milione di anni fa. Grandi cose ha fatto l'uomo nella sua sto- ria; per• mai quando il cuore di un suo simile ha cessato di battere, mai quando la scintilla della vita si Š estinta Š stato capace di rianima- re l'argilla mortale col pi— comune e pi— misterioso degli elementi: lo spirito vitale. E quell'uomo crede di avere un simile potere... Iui solo al mondo, lui solo~ Sono passati cinque minuti che sembrano un secolo. Nel corpo e nel viso di lei nulla Š cambiato. Lui solleva il tampone, perch‚ le dita gli dolgono a causa della pressione esercitata. E allora... Il puntino nero Š sparito. La pelle si Š richiusa sulla puntura. Den- holt cerca di dirsi che il fatto Š dovuto all'umidit… del siero, alla pres- sione delle sue dita; ma sa bene che solo la vita pu• rendere di nuovo elastica la pelle, null'altro. Per• vuol proteggersi da una delusione, di- ce a voce alta:--C'Š ancora. Sono io che non lo vedo pi—, ho gli occhi annebbiati. Barcollando va a prendere uno specchietto, torna alla tavola. Gira lievemente la testa di lei, accosta il vetro alle labbra irrigidite. Qualco- sa offusca lo specchio, qualcosa di quasi impercettibile dapprima e poi di pi— distinto. --Il sudore della mia mano--sussurra lui. Ma sa che non Š vero. Lascia cadere lo specchio come la siringa, il cristallo si rompe in cento pezzi. Ma ormai gli ha detto tutto ci• che poteva. Rimane da sentire il cuore. Se Š stato il respiro ad appannare lo specchio, il cuore deve battere. Lui la gira completamente, supina. La sua mano le discende lenta- mente sul petto, si ritira come scottata. Ha sentito non solo le pulsazio- t ni, ma il calore. Il calore che si sta diffondendo pian piano dalla regio- ne del cuore, scacciando il gelo marmoreo che imprigiona le altre parti del corpo. Il torace si alza e si abbassa. Il cuore Š vivo, tornato alla vita nel cadavere; e la vita si sta diffondendo! Quasi tramortito dallo sbigottimento... anche se ha dato la vita per quello, nella ferma fede di poterci arrivare, di vederlo accadere un gior- no... Denholt cade in ginocchio, nasconde il viso tra le mani, singhioz- za come se gli si spezzasse il cuore. La gioia eccessiva e il dolore estre- mo sono spesso indistinguibili nelle loro manifestazioni. In quel mo- mento Denholt Š un uomo profondamente umile, del tutto terrificato, rimpiange quasi ci• che ha fatto... ha infranto una legge divina e lo sa. Orgoglio e trionfo e la glorificazione di s‚ che pu• giungere alla follia 3 verranno dopo. Dopo un poco si rialza. Lei ha bisogno di aiuto, di cure, o pu• perder- E la di nuovo. Con i conigli gli Š capitato spesso, finch‚ non ha imparato quel che c'Š da fare. Le calde onde irradianti partite dal cuore sono ar- rivate in tutto il corpo di lei, ora, e lui sa che sono di un calore anorma- le. Un colorito vermiglio, il cupo rossore della febbre ha sostituito la li- vidit… della morte, specialmente sul torace, sul collo, sul viso. Ci vuole ~` una temperatura da fornace come quella per costringere il sangue sta- gnante a circolare di nuovo. Le mette un termometro. Quarantuno, quarantadue~ una febbre che pu• tornare a ucciderla per la seconda r volta. Ma la morte dev'essere cremata in quel rogo e nuova vita infusa l calor bianco, perch‚ quella non Š una nascita biologica, ma un pro- 1" ~ esso chimico |~ Deve lavorare in fretta. Apre la porta in un frigorifero, ne toglie dei secchi di ghiaccio che ha preparato. Avvolge il corpo di lei in un lenzuolo di gomma, le ammuc- chia intorno il ghiaccio. Le prende la temperatura in continuazione. Dopo dieci minuti Š scesa di parecchio. Il ghiaccio si Š andato fonden_ do come se fosse stato posto vicino a una stufa accesa. Ma il cuore e i polmoni di lei funzionano ancora, il primo pericolo Š superato, il pro- cesso di rivivificazione di per s‚ non l'ha distrutta. Un lungo gemito le sfugge dalle labbra, il primo suono della sua seconda vita; il primo mo- vimento Š un agitarsi febbrile. Lei Š in delirio. Ma il delirio Š l'antitesi della morte; Š la lotta dell'organismo per sopravvivere. Il laboratorio ha fatto per lei quanto poteva; ora Š di cure mediche che lei ha bisogno, come in una comune malattia. Lui l'avvolge in una coperta, apre la porta, la solleva dalla tavola operatoria e va a deporla sul letto in una stanza della casa vera e propria. Per tutte le lunghe ore di quel primo giorno le siede accanto, contan- do ogni suo respiro, tastandole il polso, propinandole qualche goccia di digitale per sostenere il cuore, facendole inghiottire qualche cuc- chiaio di latte e brandy di tanto in tanto. Lei brucia di febbre. Lui aspetta di vedere il secondo e pi— grande mistero rivelarsi a lui, pi— grande di quello al quale ha gi… assistito. La ragione le torner… in pie- no, o il cervello rester… morto e inerte nell'organismo ormai tornato al- la vita? La ragazza sar… un essere inarticolato, idiota, che sarebbe sta- to meglio non far rivivere? O ricorder… chi era, ci• che le Š accaduto nella prima vita... sar… la prima al mondo a valicare il ponte della mor- te, a rivelare ai vivi cosa li attende dall'altra parte del sipario d'om- bra? Per tutta la giornata la reazione febbrile indotta dal siero continua. Lei non riacquista la conoscenza, ma vive. E innegabile che vive! Verso la sera la febbre aumenta un poco, ma questo Š normale, ogni dottore lo sa. Alle dodici della seconda notte, pi— di ventiquattr'ore dopo la sua , morte, I'ansare di lei s'interrompe di colpo e, prima ancora che lui rie- sca a rendersene conto, la ragazza ha spalancato gli ®chi. Ha ripreso conoscenza! Le palpebre si abbassano, si rialzano, lui vede per la pri- ma volta il colore di quegli occhi. Sono azzurri. Ora gli occhi azzurri che hanno visto la morte sono fissi nei suoi: calmi, sereni, per nulla spauriti. Le prende in fretta la temperatura. Normale. Il siero Š stato accetta- to dal suo organismo. Ora resta da sapere la risposta al secondo miste- ro. In termini magici, lui le ha ridato l'anima insieme al corpo? In ter- mini scientifici: le memorie della passata esistenza si sono trasferite nella nuova o le cellule cerebrali sono danneggiate in modo irreparabi- le? ,, Gli occhi azzurri lo fissano, lo fissano. Lui dice piano, come avesse paura del suono della sua stessa voce:--Buona sera. Gli occhi azzurri continuano a fissarlo. Lui aspetta, tremando. Ripe- ', te ancora:--Buona sera, bella signora. Il viso di lei si contrae. I grandi occhi spalancati si riempiono di la- crime che presto cominciano a sgorgarle sulle guance. Le labbra che hanno conosciuto il rossetto, le sigarette e i baci degli uomini si spor- gono in un broncio infantile. Ne sfugge un vagito lamentoso, il vagito di un neonato. Il suono lamentoso e inarticolato che ogni balia cono- sce. Per lui il disappunto Š terribile: la faccia magra si fa livida, le mani si aggrappano ai braccioli della poltrona, il petto si gonfia in un lungo sospiro. Ma dopo un poco si domina, tira fuori dal taschino l'orologio d'oro, lo fa dondolare davanti a lei. La luce della lampada lo accende di riverberi. Le lacrime cessano, il piagnucolio s'interrompe. Ora gli occhi di lei s'illuminano d'interesse. Tende verso l'oggetto le mani dal- le unghie laccate, sorride. Lo stringe, mormora--Da!--ed emette gorgoglii di piacere. Il danno non Š completo, la ragione le Š rimasta, almeno al suo stadio primario; perch‚ se lei fosse una neonata la sua reazione rivelerebbe una precocit… straordinaria. Le facolt… di lei sono intatte. E andata meglio di quanto lui credesse. Dovr… insegnarle a parlare e a camminare di nuovo, come si fa coi bambini, ecco tutto. L'intelligenza Š sopravvissuta, la memoria no. La memoria di lei Š restata nella tomba. Lui mormora:--Il suo corpo ha vent'anni, ma lei Š nell'infanzia della sua nuova vita. La chiamer• No- va.--Si stropiccia gli occhi con le mani. Esausto dalla lunga veglia scivola in ginocchio accanto al letto, si ad- dormenta col capo reclinato sul bordo. Su di lui la mano della risorta si protende verso i folti capelli bianchi, le dita vi si afferrano mentre lei gorgoglia beata... L'aeroplano Š un rottame, e mentre ne striscia fuori nella pioggia dirot- ta, Penny O'Shaughnessy si chiede vagamente come fa a essere ancora Vivo. Se lo chiede vagamente, ma brevemente, non Š tipo da indulgere in speculazioni. Un ennesimo colpo di fortuna, decide. Per tutta la sua vita di adulto ha continuato ad averne uno dopo l'altro, ininterrotta- mente. Anche il suo nomignolo deriva da ci•. Gliel'hanno dato dal giorno che fu awistato arrivare in volo dai Caraibi dopo che un uraga- no particolarmente demoniaco aveva portato lo sconquasso nelle Pic- cole Antille. --Mi ci sono arrampicato sopra e ho aspettato che si calmasse-- a~Veva Spiegato lui atterrando tra le rovine dell'aeroporto. Un penny falso rispunta sempre fuori--aveva borbottato qual- Fmo con voce incredula. ~. 133 Chi altri ha avuto l'aereo colpito dal fulmine come Š successo a lui poco fa, mentre volava alla cieca nella tempesta, cosŤ che ha perso un'ala, eppure Š riuscito ad atterrare vivo, anche se sul fianco di una montagna tra i boschi, e a spegnere il motore al momento dell'impatto in modo da non essere arrostito nel rogo dell'apparecchio, e a strisciar- ne fuori con solo una spalla mezzo slogata e un sacco di lividi? Buttarsi col paracadute non poteva perch‚ stava volando troppo basso, nella speranza di sbirciare tra le nubi qualche punto abbastaza piatto da consentirgli l'atterraggio; e comunque non gli va di buttarsi col para- cadute, odia sprecare un buon aeroplano. Questo le cui parti sono sparpagliate sul fianco della montagna non Š pi— tanto buono per•, deve ammetterlo. La prima cosa che fa Š cer- carsi in tasca, tirarne fuori una zampa di coniglio e stropicciarla due volte. Poi si rizza, zoppica a qualche distanza dal rottame, si volge a guardarlo. Quasi all'istante la folgore che gi… lo ha colpito una volta in aria si abbatte su un albero vicino con un gran rimbombo e una piog- gia di scintille. Il tronco si spezza, cade con rumoroso fruscio di foglia- me e appiattisce completamente quanto Š rimasto dell'aereo. --Va bene, va bene, quel mio povero aggeggio non vi andava-- brontola O'Shaughnessy rivolgendosi agli elementi in generale. --L'avevo gi… capito la prima volta! Si allontana … testa bassa per proteggersi un poco dalla pioggia che forma come una solida cortina tutt'intorno. Non ha la minima idea di dove si trova, perch‚ da buoni quaranta minuti prima del disastro sta- va volando alla cieca. L'inclinazione del terreno gli dice che Š su una montagna. Si dirige quindi in discesa; uomini e case si trovano di soli- to nelle valli. Il suolo Š un mare di fango; lui non tanto cammina quanto scivola sui tacchi da un albero all'altro, aggrappandovisi perch‚ altrimenti cadrebbe a capofitto chiss… quante volte. L'acqua gli penetra i vestiti, risveglia i tagli e i lividi di cui Š coperto; la spalla gli pulsa e in quella tenebra fitta non si vede nulla. --Questa sarebbe proprio la sera adatta per un bel pisolino a casa propria!--borbotta. I tronchi si confondono col buio che li circonda e si fa sempre pi— dif- ficile distinguerli. Lui scivola alla cieca tendendo le braccia in avanti; con la speranza d'incontrarne uno che lo fermi prima che lui si spiacci- chi nel fango a faccia in avanti. Ne manca uno completamente... o forse non c'era affatto... Io sdrucciolone nel fango accelera, lui agita folle- mente le braccia per mantenere l'equilibrio e infine va a sbattere con- tro qualcosa che taglia e punge. Una barriera di filo spinato. Il colpo gli vuota i polmoni di tutta l'aria che contengono e una delle perfide punte ha mancato di poco il suo occhio sinistro, lacerandogli invece il sopracciglio. Ma peggio ancora, il suo scontro con quella dan- nata cosa ha scatenato un segnale d'allarme tra gli alberi. L'urlo della sirena annega il rumore della pioggia. I suoi vestiti sono stati afferrati in uma dozzina di posti diversi, insie- me a un bel po' della sua pelle. Imprecando riesce a liberarsi e come le vibrazioni della recinzione si calmano, I'allarme cessa. Prende selvag- giamente a calci il filo e questo trae qualche urletto addizionale dalla sirena. Per un minuto Š troppo occupato a controllare i nuovi danni subiti per procedere a investigare l'inospitale barriera. Ed ecco che una luce fioca, dilavata dalla pioggia, avanza verso di lui dall'altro lato della re- cinzione, zigzagando incerta come se il suo portatore non vedesse bene dove va... --Che diavolo...--qualcuno vive dunque in quel posto dimenticato da Dio? La luce gli si ferma proprio davanti dall'altro lato della barriera, e dietro lui vi scorge una figura avvolta in un mantello, col cappuccio ca- lato sugli occhi. O'Shaughnessy deve essere praticamente invisibile, avviluppato com'Š dalla pioggia e dal buio. --Roba sua--ruggisce, agitando il pugno verso il filo.--Guardi cosa mi ha fatto! Venga fuori e le Una voce musicale gli risponde da sotto il cappuccio.--Chi Š? Che fa lŤ? --Una ragazza!--balbetta O'Shaughnessy, e la collera svanisce dalla sua voce.--Scusatemi, non potevo saperlo. Non Š mia abitudine dare in escandescenze in questo modo, ma sono stato infilzato in un L sacco di parti.--Ora la vede, la fissa per un lungo attimo. Intorno alla ventina e molto bella, Š evidente. Lei si accosta alla barriera e i suoi oc- chi azzurri lo guardano calmi.--Poco pi— sopra sono precipitato con I'aeroplano; mi aveva colpito un fulmine --Che cos'Š un aeroplano?--Chiede lei stupita. Lui resta a bocca aperta e le indirizza un'occhiata di rimprovero, pensa che non Š il momento di scherzare. Sta aspettando un invito a ri- E pararsi; diamine, non si rifiuterebbe a un cane con quel tempo e in E quel posto solitario. Ma non viene. E --Non ha una casa?--chiede lui finalmente. Lei annuisce e gocce di pioggia cadono dal bordo del cappuccio. --Certo, Š lass—.--Lui le ha rivolto una domanda e lei ha risposto, tut- to qui. Lui scatta con crescente impazienza:--Bene, non vuole lasciarmi entrare un momento? Non la morder•!--Crede proprio che lei stia re- citando~ che lo prenda in giro, perch‚ la sua voce Š quella di una ragaz- za di citt…, non ha l'accento campagnolo. Lei Š sgomenta, non sa che fare.--Il cancello Š chiuso e le chiavi le ".,ha lui. Nessuno Š mai venuto qui, non so come regolarmi. Non posso chiedere a lui perch‚ Š in laboratorio, e non Š permesso disturbarlo quando lavora. --Bene, non ha almeno un telefono? --Che cos'Š un telefono? Ouesta volta O'Shaughnessy esplode. Quello che Š troppo Š troppo. --Ma chi diavolo si crede di essere? E va bene, si tenga la sua casa. Io non sono un mendicante. Sarebbe troppo chiedere almeno da che par- te sta la pi— vicina strada o fattoria, o non le va di dirmi nemmeno que- sto? --Non lo so--fa lei.--Non sono mai uscita fuori da questa....--in- dica la recinzione.--Non sono mai stata neppure dove sta lei. Lui sta cominciando a capire che lei non cerca di ridere alle sue spal- le. C'Š un mistero in lei e in quel posto, ma quale sia non riesce a imma- ginare.--Chi vive qui con voi?--Chiede curioso. --Pap…--risponde la ragazza semplicemente. La sua assenza Š gi… stata notata, perch‚ una voce allarmata grida. --Nova! Nova! Dove sei?--Una seconda lanterna viene verso di loro, zigzagando lesta nell'oscurit…. Una figura indistinta emerge, si arresta spaventata alla vista dell'uomo ritto oltre la barriera, la lantema qua- si scivola da una mano tremante.--Che c'Š? Chi Š lei? Come Š arrivato qui?--C'Š quasi panico in quelle domande. nA pap… non piace la compagnia" pensa O'Shaughnessy. NVorrei sa- pere perch‚". Spiega la sua situazione in poche parole. L'uomo si accosta, fa cenno alla ragazza di allontanarsi come se O'Shaughnessy fosse qualche animale pericoloso nella gabbia di uno zoo.--E solo?--Chiede guardando furtivamente attomo. A O'Shaughnessy non Š mai mancata la grinta trattando con altri uomini, anzi.--Chi pensa che avessi con me, la Squadriglia Lafayet- te?--sbotta seccato.--Perch‚ tanti misteri, signore? Ha la coda di paglia per qualche motivo? O ha impiantato quass— una distilleria clandestina? Che ne direbbe di offrire riparo a uno straniero, o le pesa troppo?--Si spazza via dal viso le gocce che ne grondano, con aria di- sgustata. La ragazza Š rimasta lŤ fissandoli incerta. L'uomo con la lantema fa una risatina forzata.--Non abbiamo niente da nascondere, non ab- biamo paura di niente. Si sbaglia.--protesta. Ma il suo tono alle orec- chie sperimentate del pilota Š pi— falso di un nichelino di piombo. --Per tutto l'oro del mondo non vorrei che lei se ne andasse di qui a di- re in giro che c'Š qualcosa di strano nella nostra propriet…. Si sa come chiacchiera la gente, in un lampo si metterebbero a girare da queste parti spiando... "Ah, questo gli brucian pensa O'Shaughnessy. L'uomo ha tirato fuori una chiave, sta togliendo in fretta i chiavistel- li. Tanto in fretta che ora sembra quasi aver paura che il pilota se ne vada prima che lui riesca a aprirgli il cancello.--Ehm... non mande- ranno una squadra di soccorso a cercarvi quando non la vedranno arri- vare all'aeroporto? O'Shaughnessy scatta ancora:--Nessuno mi aspetta da nessuna parte. Il mio era un volo privato, I'aereo apparteneva a me. Che crede, che io sia il fattorino di qualcuno o uno di quei piloti da passeggeri?-- Sputa per mostrere il suo disprezzo, la sua indipendenza. Negli occhietti neri che lo fissano passa un breve lampo, come se l'uomo trovasse molto soddisfacente ci• che lui ha detto. Spalanca il cancello.--Venga--invita con tardiva premura.--Venga, entri! No- va, toma a casa, sarai fradicia; e ricordati di chiudere qu~lla porta! So- no il dottor Denholt, signore, e per favore non creda che ci sia nulla di strano in me e in mia figlia. --In verit… mi pareva--risponde il pilota con franchezza, e entra. Scuote il capo al rinnovato frastuono della sirena. Denholt svelto richiude il cancello, rimette i chiavistelli facendo cosŤ tacere l'allamme.--Solo una comune precauzione, siamo cosŤ tagliati fuori dal mondo qui--spiega. O'Shaughnessy non fa altri commenti: ora Š in casa di quell'uomo. Ha una ferrea norma di condotta, come gli arabi: mai abusare del- I'ospitalit…. Dice il suo nome, si stringono brevemente la mano. Ouella del dottore Š snella e forte, una mano da chirurgo; ma anche morbida e flessibile. C'Š come un ammonimento di slealt… in quella pieghevolez- za. Conduce l'ospite inatteso nella casa illuminata, che sembra molto úi accogliente al pilota, calda, asciutta e allegra nonostante la semplicit… del mobilio rustico. La ragazza si Š tolta il mantello col cappuccio; O'Shaughnessy la vede nel soggiomo che attizza il fuoco accoccolata davanti al caminetto di mattoni, mentre Denholt lo guida nella pro- pria camera da letto. Vede ora che ha lunghi capelli d'oro, piccoli piedi ~ ~ infilati in mocassini di pelle morbida, corpo snello e flessuoso in un !. abitino di lana da poco prezzo. E.~ All'estremit… opposta della stanza c'Š una porta chiusa e sprangata. Gli occhi acuti del pilota notano subito due particolari. La porta Š di r~ metallO e non combacia proprio bene con gli stipiti. Un filo di luce la ~, incomicia~ troppo intensa per essere altro che luce elettrica. Strano: elettricit… da una parte, lampade a petrolio dall'altra. Risente la ragazza: "Lui Š in laboratorio e non Š permesso distur- -~ barlo quando lavoran. ~, Risente l'uomo: "Ricordati di chiudere quella porta". Dice a se stesso. "Vorrei sapere cosa c'Š l…n. 2 Nella camera di Denholt si toglie gli indumenti fradici, rivelando un po muscoloso, ma coperto di lividi, graffi e tagli. Il suo ospite fa una orfia mentre lo esamina.--Si Š conciato bene! Meglio disinfettare, quel filo spinato pu• essere arrugginito. Aspetti un momento.--Porta i vestiti bagnati alla ragazza. O'Shaughnessy aggrotta le sopracciglia. Ancora un particolare so- spetto. "Perch‚ non mi cura in laboratorio, dove certo sono tutti i suoi attrezzi e la luce Š migliore? Bah, non ci pensiamo." Denholt ritorna con acqua calda, cerotti, alcool. Il pilota sobbalza al tocco bruciante del disinfettante, abbozza un ghignetto mortificato. --Ne ho avute abbastanza per stanotte, credo. A Shanghai una volta mi feci strappare un molare da un dentista del luogo: la sua idea di anestetico era di farmi agitare un ventaglio davanti alla faccia da sua figlia mentre lui si dava da fare con cric e tenaglie. --Si Š messo a gridare? --No, mi vergognavo di fronte alla ragazza. Si accorge che Denholt lo fissa da capo a piedi, sembra misurare il suo corpo snello e forte, dalle spalle ampie, nudo.--E un ragazzo ro- busto--commenta disinvolto. Ma un brivido gelido attraversa la schiena del pilota nell'osservare lo sguardo che accompagna quelle pa- role. O'Shaughnessy si chiede cosa mai significhi. O forse tutti i medici vi guardano in quel modo, come soppesandovi, quasi voi foste proprio ci• che hanno in mente come soggetto per qualche esperimento? --Gi…--risponde, e c'Š un briciolo di sfida nella sua voce.--Penso d'essere in grado di difendermi discretamente, in caso di necessit…. Denholt continua a guardarlo con aria calcolatrice. Quando siedono a cena al rozzo tavolo di pino nel calore del fuoco che fiammeggia nel carninetto, lui rivestito di indumenti presi in prestito da Denholt, gli Š possibile studiare la ragazza da vicino. Non c'Š niente di strano in lei: tutta vibrante di animazione giovanile, il bel visetto colorito dall'eccitazione di avere un ospite, gli siede davanti divoran- dolo con gli occhi come se non avesse mai visto prima un estraneo. Ma nel parlare e nel muoversi dimostra perfetta coordinazione, armonia, ritmo, equilibrio, comunque si voglia chiamarlo. E una ragazza nor- malissima, eccezionale solo nella bellezza. Il vecchio invece ha negli occhi una luce strana, la sua conversazione e i suoi gesti sono spasmodici e sconnessi. Forse gli anni di solitudine e d'isolamento gli hanno fatto quell'effetto, lui pensa. "E va bene, questi sono affari suoiU si dice O'Shaughnessy. "Ma per- ch‚ tiene una cosŤ bella bambina sequestrata quass—? Mai sentito no- minare un aeroplano, un telefono... Che sta cercando di farle? E una dannata vergogna!U Denholt lo coglie a fissare la ragazza.--Mangi--invita premuroso. --Mangi ragazzo. Ha bisogno di rimettersi in forza dopo quello che ha passato. Il pilota sorride e obbedisce. Eppure qualcosa nel tono in cui l'uomo ha parlato, nel modo con cui lo squadra, lo fa sentire come un vitello che debba venire ingrassato per il macello. Ma perch‚? Non capisce. Il fulmine continua a fiammeggiare fuori delle finestre quasi ininter- rottamente; su e gi— per la montagna si ode un incessante rombo di tuoni, cosŤ profondo che al pilota pare a volte di sentirselo risuonare nella cassa toracica. Il rumore della pioggia sul tetto non si Š calmato un minuto. Denholt ora fissa il suo piatto, immerso in chiss… quali pensieri. O'Shaughnessy si rivolge alla ragazza per interrompere il silenzio. --E da molto che vive qui? --Due anni. Lui aggrotta la fronte. E allora come fa a non sapere cosa siano un aeroplano, un telefono?--E prima dov'era? --Sono nata qui--fa lei timidamente. Lui pensa di non aver capito bene.--Mi sembra un bel po' pi— vec- chia di due anni--ride. Lei pare invece incerta, come se l'idea non le fosse mai passata per la mente.--Non riesco a ricordare pi— in l… di cosŤ--spiega lentamente. _ La primavera scorsa, e un'altra primavera prima, quando stavo im- parando a parlare e a camminare... sono due anni, no? Da quanto tem- po ha imparato lei? Lui non pu• rispondere; un boccone di coniglio gli Š andato di tra- verso e per poco non lo soffoca. Ma non Š quell'incidente che gli fa riz- zare i capelli alla base della nuca, che gli fa passare un brivido di paura nel cuore. --Basta, Nova--dice secco Denholt. Appare teso, nervoso, la for- chetta gli cade nel piatto come se avesse avuto un sobbalzo.--Nel cas- settone della mia camera troverai... ehm, delle sigarette per il nostro ospite.--E appena lei Š uscita, il dottore si china verso O'Shaugh- nessy.--Meglio che le spieghi. Lei non Š completamente... a posto.-- Si sfiora la fronte.--Ecco il perch‚ della barriera e di tutto il resto. La tengo segregata qui con me; Š pi— umano. Non prenda troppo sul serio ci• che lei le dir…. Al pilota non va d'impegnarsi su questo punto, neppure con un mo- nosillabo~ Rivolge solo un lungo sguardo al suo ospite senza dir niente. La Spiegazione sembra ragionevole, non c'Š dubbio, ma lui non riesce a dimenticare i limpidi, sani occhi della ragazza. Se li paragona a quelli di Denholt~ di una fissit… indagatrice, morbosa, quasi famelica... Do- Vesse decidere lui chi Š il pazzo in quella casa, sa chi sceglierebbe. An- ora una volta quel brivido gli corre su per la schiena, la carne gli si aggriccia sotto gli abiti presi in prestito. Dopo l'interludio hanno ben poco da dire l'uno all'altro, cosŤ siedono davanti al caminetto fumando mentre la ragazza in cucina lava i piat- ti. Le fiamme proiettano le ombre dei due uomini sulle pareti, lunghe e oscillanti. Quella di Denholt pare quella di un mostro che emetta fumo dalle narici. O'Shaughnessy sorride all'idea. Butta via la sigaretta.--Bene--dice--pare che l'uragano voglia andare avanti tutta la notte. Inutile aspettare che passi, mi conviene andarmene. Il dottore sussulta, poi sorride.--Non star… pensando di lasciarci ora? Passerebbe il resto della notte a girare senza meta l… fuori nel buio! Aspetti fino a giorno, magari per allora il tempo si sar… calmato e almeno avr… luce. Abbiamo una stanza in pi—, non dar… fastidio. Dalla soglia la ragazza implora, quasi spaurita:--Oh, per favore non se ne vada, signor O'Shaughnessy! E cosŤ bello averla qui. E aspetta la sua risposta. Il pilota guarda lei, poi il vecchio. Quindi incrocia le lunghe gambe. --Allora rimango--dice calmo. Denholt si alza.--Ho un lavoretto da finire... qualcosa che ho lascia- to a met… quando... quando il suo arrivo mi ha interrotto. Se vuole scu- sarmi per qualche minuto... Ma pu• andare a letto quando vuole.-- Poi, con un'occhiata alla porta della cucina.--E ricordi ci• che le ho detto. La ragazza torna dopo che il dottore Š uscito, gli siede timidamente davanti dall'altra parte del tavolo sparecchiato. Studia il viso di lui con occhi socchiusi, come se non avesse mai visto prima un viso d'uo- mo . --Sono felice che rimanga--mormora alfine.--Lo desideravo tan- to, perch‚... be', forse se lei Š qui io non dovr• farmi l'iniezione. O'Shaughnessy socchiude le palpebre lievemente.--Che iniezio- ne?--chiede con lentezza quasi sonnolenta. Lei agita una mano.--Non lo so, so solo che devo farmela. Circa una volta al mese. Lui dice che se le trascuro mi succeder… qualcosa di brutto. E domani sarebbe il giomo della prossima se lei non fosse ve- nuto.--Lo fissa con occhi patetici.--A me non piacciono perch‚ dol- gono orribilmente, e dopo mi fanno sentire tanto male. Una volta ho cercato di scappare, ma la barriera mi ha fermata. Un brillio come d'acciaio si accende negli occhi del pilota.--E cosa ha fatto lui quando l'ha ripresa?--La bruna mano virile sul tavolo si flette appena. --Oh, nulla. Mi ha solo parlato, ha detto che era necessario che io le facessi, mi piacessero o no. Ha detto che lui me le fa per il mio bene. E che se lasciassi passare troppo tempo tra l'una e l'altra... --Che succederebbe? --Non si Š spiegato con precisione. Qualcosa di orribile, ha detto. 140 J O'Shaughnessy ringhia quasi tra s‚ e s‚. Dunque la droga eh? Ecco probabilmente perch‚ lei non ha memorie risalenti a pi— di due anni prima e di tanto in tanto dice cose cosŤ strane. Ma a rifletterci no, non pu• essere. Le iniezioni sono troppo infrequenti. E non le farebbero tanto male, se si trattasse di droga. E poi, se fossero le iniezioni a pro- vocarle la perdita di memoria, perch‚ lei dovrebbe aver dimenticato solo il passato pi— remoto ricordando invece benissimo quello pi— re- cente? O'Shaughnessy non se ne intende di medicina, ma ha girato il mondo e ne ha viste parecchie. Specie in Oriente e in Sudamerica ha notato i segni di circa ogni tipo di droga che esista sotto il sole. Nova non ne presenta alcun sintomo. E fresca come la pioggia che cade al di fuori. Le rivolge una domanda per assicurarsi:--Fa dei sogni... sogni pia- cevoli... dopo aver fatto una di quelle iniezioni? --No--rabbrividisce lei.--Mi sento come se avessi il fuoco addos- so. Una volta mi svegliai e avevo tanto ghiaccio intorno... Non si tratta di droghe, quindi. Forse lui ha giudicato male Denholt: forse lei ha davvero bisogno di quel trattamento. La sua idea Š che si tratti di un vaccino o di un siero. Magari la ragazza ha avuto qualche orribile malattia che le ha tolto la memoria e l'uso delle membra due anni prima, e quelle iniezioni servono ad accelerare la sua guarigione, a impedire una ricaduta. Eppure Denholt ha cercato di fargli credere che lei Š pazza, e questo assolutamente non Š vero. No, in quella casa si ordisce qualcosa di segreto... e di malvagio. Lo dimostrano la cinta di filo spinato, l'allarme. Perch‚ poi tenere la ragazza sequestrata quas- s—, mentre potrebbe ricevere cure e attenzioni molto migliori... am- messo che ne abbia bisogno... nei moderni ospedali di qualche grande citt…? --Ma Š proprio vero che ha imparato a camminare e a parlare due anni fa? --SŤ--risponde lei.--Adesso le mostro qualcuno dei libri dove ho imparato.--Torna con uno sgualcito sillabario. Lui lo sfoglia. "G come gatto. Il gatto vede il topo..." Chiude il libro, pi— in alto mare che mai. 3 --Era grande come adesso quando le ha insegnato a camminare? ` --SŤ. Portavo questo stesso vestito, ecco perch‚ ne sono sicura. Per lo pi— ho imparato da me. Lui mi metteva sul pavimento laggi— e poi deponeva un pezzo di zucchero su una sedia dall'altra parte della stan- za e mi incoraggiava a camminare per andarlo a prendere. Se striscia- ti~ vo sulle mani e sulle ginocchia non me lo dava. Dopo un poco sono riu- SCita a reggermi in piedi --Basta!--fa lui. Si sente mancare il fiato.--Giusto a immaginar- selo c'Š da diventare pazzi! E qui... qui intorno si respira davvero aria di follia! E io so da parte di chi. Non da parte sua! Dio solo sa cosa le ha ~' ~ 141 fatto quell'uomo nei primi vent'anni della sua vita, per farle dimenti- care tutto ci• che dovrebbe sapere... Lei non risponde, sembra non capire quanto le sta dicendo. Ma la durezza della sua voce le fa paura, Š evidente. Lui vede che pu• farle pi— male che bene facendole sapere che le altre persone non sono come lei. E una donna adulta ed Š stata tenuta qui in condizioni di schiavit—, di servit— mentale... questo Š il massimo che lui riesce a capire. E l'uo- mo capace di far questo a un altro essere umano Š un mostro e un ma- niaco. Con voce rauca di piet… e di collera le chiede:--Mi dica, non ha mai visto in vita sua nessun altro uomo tranne me e il dottore? --No--mormora lei.--E per questo che lei mi piace tanto. --Non ha mai visto una ragazza... qualcuno come lei, che le faccia compagnia? --No solo lui. Nessun altro. Lui scatta in piedi come se non riuscisse pi— a sopportare quella con- versazione, fa qualche giro intorno alla stanza, torna alla sedia, la sbatte per terra e si rimette a sedere. Lei lo fissa timidamente, non dice nulla, ma ha gli occhi incupiti dal- la paura. Lui appoggia i gomiti sul tavolo, la guarda e riflette. In qual- che modo sa che la porter… via con s‚ quando se ne andr…, e si chiede se ne ha il diritto. Che far… di lei in seguito... Ia lascer… in giro come un agnello in mezzo ai lupi? O la trasciner… con s‚ da un bar a una cantina a un bistr•, quando non sar… in aria a rischiare la pelle per qualche si- gnore della guerra cinese o per un fuorilegge del Nicaragua? Quello Š il suo genere di vita... Almeno qui lei ha la pace, una certa sicurezza. Si sentono scattare i chiavistelli alla porta del laboratorio. Vede gli occhi di lei volgersi da quella parte, ma lui non si volta. Sulla parete opposta l'ombra oscillante di Denholt appare pi— minacciosa che mai. E un pazzo, un criminale, un samaritano... che cosa? Comunque ha as- sunto il ruolo di Dio nei confronti di questa ragazza... in qualche oscu- ro modo che lui, O'Shaughnessy, non riesce a intuire... e non ne ha il di- ritto. Meglio per lei le cantine e i locali malfamati del tropico. Se c'Š nerbo in lei, non la toccheranno. Qui non ha neppure la possibilit… di mettere alla prova la propria tempra. Il suo affrettato sussurro lo raggiunge mentre Denholt si sta chiu- dendo dietro la porta.--Non lasci che mi faccia un'altra iniezione. Forse se glielo chiede lei, acconsentir…! --Non gliene far… altre dopo l'ultima!--Asserisce lui deciso. Il dottore si accosta al tavolo, li guarda sospettoso. Poi un sorriso gli sfiora le labbra.--Ancora alzato, eh? Bene, che ne direbbe di un bel punch caldo per noi due prima di andare a letto? Nova fa per alzarsi, ma lui le accenna di restare seduta.--Lo prepa- ro io. A O'Shaughnessy non sfugge quel maneggio. Fissa l'altro in viso e aspetta un poco prima di rispondere:--Perch‚ no?--sporgendo un poco il mento. Denholt va in cucina. Il pilota lo vede versare whisky in due bicchie- roni, aggiungere zucchero. Di tanto in tanto il dottore gli lancia uno sguardo obliquo, con una specie di ghigno soddisfatto in faccia. O'Shaughnessy dice piano alla ragazza, che continua a berlo con gli occhi:--Vada lŤ dov'Š appeso il mio giubbotto ad asciugare. Nella ta- sca interna trover… una busta impermeabile piena di carte. Tiri fuori le carte e mi porti la busta senza farsene accorgere. Introduce quella specie di sacchetto impermeabile sotto la camicia, la riabbottona, allarga il colletto. Quindi si china in avanti, pianta i go- miti sul tavolo e il mento sulle mani. Le braccia piegate gli nascondo- no il petto e il collo. Mormora con voce strascicata qualcosa che lei non capisce... un'altra delle cose incomprensibili che dice di continuo: --Posso sentire l'odore di un narcotico a un miglio di distanza. Denholt arriva coi bicchieri fumanti, le dice:--Meglio che tu vada a dormire, Nova, Š tardi e hai bisogno di riposo. E per domani sai. Lei rabbrividisce a quelle parole, lentamente si ritira sotto l'occhio imperioso di Denholt, ma prima lancia uno sguardo di supplica a O'Shaughnessy. Una porta si apre e si richiude dalla parte del retro. Denholt per• ha notato quello sguardo.--Non so cosa vi stesse di- cendo la mia pupilla...--comincia. Ma il pilota non ha voglia di mostrare le sue carte.--Niente, dotto- re, proprio niente--dice.--Perch‚? C'era qualcosa che poteva dirmi? --No, no naturalmente--si affretta a rispondere l'altro.--Solo che, sa, ha delle allucinazioni su iniezioni, roba del genere. Ecco per- ch‚ non le permetto pi— di entrare in laboratorio. Una volta lei mi ha visto fare un'iniezione a un coniglio e si Š impressionata. Sarebbe per- fettamente capace di venirle a dire che Š a lei che ho fatto l'iniezione, e quel che Š peggio ci crederebbe sul serio. Beviamo, su... Porge all'ospite uno dei bicchieri. O'Shaughnessy lo prende con una mano, tiene l'altra ripiegata sotto il mento. Alza appena il bicchiere: --Beviamo a domani. Lo sguardo penetrante di Denholt lo trafigge per un istante. Poi il vi- so dell'uomo si rilassa in un lento sorriso di derisione.--Beviamo a stanotte--ribatte.--Chi Š sicuro del domani? Il pilota tiene il bordo del bicchiere accostato alle labbra, dopo un poco lo si vede orizzontale... e vuoto. Ma dev'essere proprio stanco, for- se gli trema la mano, si Š bagnato di punch il colletto... La luce giallo~verdastra della lampada del dottore si allontana dalla orta della camera da letto che O'Shaughnessy dovr… occupare. La 143 stanza Š totalmente buia, I'oscurit… Š tagliata solo dall'occasionale ba- gliore dei fulmini fuori della finestra alta e stretta. Ma sono meno fre- quenti ora, anche la pioggia sta rallentando. O'Shaughnessy giace supino sulla branda zoppicante. Non si Š spo- gliato. Denholt gli ha detto, forse allusivamente: "Sono certo che sar… morto al mondo in pochi secondi ! " mentre se ne andava. La prima cosa che fa il pilota, appena la luce della lampada svanisce completamente e si sente una porta chiudersi da qualche parte, Š di togliersi da sotto la camicia il sacchetto impermeabile ora pieno e vuotare a terra il liqui- do che contiene. Il fruscio della pioggia ora pi— calmo comincia a cullare i suoi sensi senza che lui se ne accorga. Il dolore dei lividi si attenua, viene cancel- lato dal sonno che sta cominciando a vincerlo. Le palpebre calano su- gli occhi. La prima volta che gli succede lui le riapre, si costringe a te- nerle aperte per pura forza di volont…. Non un suono, non un sussurro lo aiuta a restare sveglio. La solitaria casa di montagna Š mortalmente silenziosa, e al di fuori non si sentono che il mormorio della pioggia e l'ovattato rombo dei tuoni. La storia della ragazza comincia a sem- brargli un sogno, irreale, remoto, fantastico... Lo scricchiolio soffocato di un'asse del pavimento, appena fuori del- la sua porta, lo fa destare di colpo. In un primo momento crede di esse- re ancora a bordo del suo aeroplano, annaspa con le mani per afferrare la cloche... Poi ricorda dove si trova. Quanto tempo Š passato da quando Denholt l'ha accompagnato lŤ? Venti minuti, mezz'ora, un'ora? Forse anche di pi—. O'Shaughnessy impreca silenziosamente contro se stesso per essersi abbandonato al sonno. Ma si Š svegliato in tempo: se Š l'uomo che sta arrivando... Dev'essere notte fonda. La pioggia Š cessata, si sente solo il picchiet- tare delle gocce che si staccano dalla grondaia. Un pallido lucore ar- genteo, fioco e spettrale, entra dal finestrino. L'alba? No, una tarda lu- na velata dalle ultime nuvole della tempesta. Lo scricchiolio si ripete, pi— vicino, pi— distinto. Sente qualcuno re- spirare. Disteso sulla branda tira su le ginocchia verso il torace, tende i muscoli, si prepara al balzo. Cos'avr… l'altro... un coltello, una pistola, qualche mortale strumento chirurgico? Le braccia del pilota si aprono in una bieca parodia di abbraccio. L'oscurit… nasconde i pugni serrati, il ghigno minaccioso della sua bocca .. Qualcuno Š entrato. O'Shaughnessy ha sentito lo spostamento d'aria che ha accompagnato quel passaggio furtivo, piuttosto che udire o ve- dere qualcosa. Nella stanza sussurrano passi felpati. Una figura indi- stinta si muove, attraversa la pallida luce argentea troppo debole per rivelarla chiaramente, passa nella zona d'ombra nella quale si trova. La branda sussulta, un corpo ne balza, due braccia si protendono ad afferrare. Risuona un lieve singhiozzo spaurito, mentre la voce di O'Shaughnessy brontola piano una filza di energiche imprecazioni. La snella morbidezza del corpo che stringe lo ferma appena in tem- po, prima che possa far di pi— che imprigionarle le braccia e farla ri- manere senza fiato.--No, no--ansima lei--sono io.--Le mani di lui ricadono. Con un lungo sospiro il pilota balza indietro, la reazione lo fa barcollare contro la parete per rimettersi in equilibrio.--Lei! Perch‚ non si Š fatta riconoscere? Stavo per... --Avevo paura che lui mi sentisse. E in laboratorio. Ha lasciato la porta aperta e io lo stavo spiando da fuori, nel buio.. --Cosa vuol fare, le sta preparando un'altra di quelle iniezioni? --No, Š per lei... Iui si prepara a farle qualcosa, non so che cosa! Ha portato lŤ il suo giubbotto, ne ha tolto tutte le carte e le ha bruciate. Poi... poi ha acceso il fuoco sotto parecchi dei suoi alambicchi e ha messo a bollire una siringa come fa quando ha a che fare con me. Ma ha anche un laccio di seta, vi ha fatto un cappio e ne ha preso la misura intorno al suo collo, poi se l'Š tolto e ha provato a lanciarlo e tirarlo stretto. Ha anche una cosa nera di metallo, con una canna... --Una pistola--dice piano O'Shaughnessy in tono di scherno. --Ha previsto tutto, eh? Un narcotico nel punch, un laccio, una pisto- la. Non ha per caso anche qualche bomba a mano? Lei gli appoggia le mani sul petto.--Non resti qui, per favore! Io E non voglio che le succeda nulla di male! Vada via prima che lui arrivi! E straordinariamente svelto e forte, doveva vedere come mi correva dietro la volta che cercai di scappare! Forse riuscir• a sgusciarvia sen- za che lui se ne accorga... Non rimanga cosŤ immobile! La siringa stava gi… bollendo. L'ho vista!--Piange come se le si spezzasse il cuore. --Perch‚ non va? Lui siede invece sulla branda, lentamente infila le scarpe di tela che Denholt gli ha prestate. Poi allunga le braccia verso di lei, se la tira da- vanti, la tiene ferma di fronte a s‚. --Nova, ti piaccio?--le dice. --Mi piaci molto... moltissimo. Lui si passa le dita fra i capelli, arruffandoli.--Ora ascoltami con ` attenzione. Vuoi sposarmi? --Che significa sposarti? --Mi venisse un accidente--mormora lui tra s‚.--Bene... vuoi sta- re sempre con me, andare dove vado io, dirmi spesso quanto sono bra- L` ~ VO e bello, tirarmi su quando sono depresso... e magari un giorno por- L tare il lutto per me? --Certo--dice lei piano.--Voglio starti sempre vicina. Se sposarsi Š questo, Š proprio quello che desidero. Lui le tende una mano.--Va alla porta, guarda il fascio di luce che sbarra loro la strada, proveniente dalla porta del laboratorio.--C'Š ualcosa che vuoi portare con te? Ma penso che avrai ben poco come uardaroba. Lui dove tiene le l~hi~vi~ --Quelle del cancello? Nel taschino della giacca, credo, gliele vedo sempre prendere da lŤ. Ora non la porta per•, si Š messo il camice. Sar… nella sua camera da letto. --Bene, proveremo a rubarle. Non mi dispiacerebbe fare anche un occhio nero al tizio per l'occasione, ma non voglio esporti al pericolo. Anche se probabilmente lui con quella pistola avr… una mira da epilet- tico guercio da un occhio. Vienimi dietro. Scivolano fuori nell'oscurit…, O'Shaughnessy davanti, la ragazza die- tro che si tiene in contatto con lui appoggiandogli lievemente una ma- no sulla schiena. Il corridoio Š buio, ma in fondo Š sbarrato da una fa- scia di sinistro biancore che attraversa il soggiorno e il passaggio e si riflette su una parete. --Bisogna fare attenzione a queste assi--sussurra lui.--E facen- dole scricchiolare che mi hai svegliato, e tu non pesi quanto me.--Il tocco delle dita di lei sulla schiena gli dice che la ragazza trema come una foglia.--Non aver paura. Sei con me ora. Un'asse rabbrividisce appena, lui ne balza via agile come un gatto prima che faccia rumore. La sbarra di luce si approssima lentamente. L'oscurit… della casa Š tanto morale quanto fisica, lui pensa. Tintinnii lievi, suoni come di qualcuno che si stia affaccendando provengono dal laboratorio ancora distante, magnificati dal silenzio. Il maniaco sta fa- cendo i suoi preparativi. Davanti a una porta le dita di lei fanno un segnale.--Qui?--mor- mora lui.--Resta accanto allo stipite, dove posso ritrovarti, vedo se riesco a mettere le mani sulla sua giacca. La trova dopo un sacco di cauti giri, navigando alla cieca. E appesa a un gancio sulla parete. Trova subito la chiave, ma probabilmente a lei parr… un secolo che lui Š dentro. Scivola di nuovo fuori, allegro e fidu- cioso come gli capita sempre di essere quando si Š messo in qualche pasticcio.--Eccola. Andiamo adesso. Un passo dopo l'altro avanzano nel silenzio e nell'oscurit…, la sbarra di luce lontana Š l'unica cosa visibile. Un'asse traditrice scricchiola sotto il piede di lui prima che possa ritrarlo. Restano immobili ascol- tando il suono echeggiare intomo. Dal laboratorio non si sente pi— niente. O'Shaughnessy attira la ragazza contro la parete, vi si addossa con lei. Non un suono dal laboratorio. La sbarra di luce, fino a quel momen- to ristretta, lentamente si allarga. Una sagoma vi si staglia, l'ombra di Denholt proiettata sul pavimento e sulla parete. Rigido l'uomo si tiene sulla soglia, in ascolto. Sulle labbra di O'Shaughnessy Š tornato il sorriso. Allunga una ma- no e afferra quella di lei in una stretta rassicurante. Da molto tempo non prova pi— paura. Quando Š stata l'ultima volta? Quando aveva di- ciassette, diciotto anni? Ogni tanto gli capita di pensare che Š stata una perdita per lui... Ia paura d… sapore alla vita. Si chiede come ha fatto a smarrirla e se mai qualcosa, chiss… che cosa, sar… capace di far- gliela tornare. Una cosa Š certa, lei Š spaventata per tutti e due e ce n'Š d'avanzo: il polso esile batte follemente sotto le dita di lui. La sagoma si muove alfine, comincia a retrocedere nella stanza illu- minata. Il rumore che l'aveva evocata non si Š ripetuto. Tornano i suo- ni come di chi si sta affaccendando. Solo la sbarra di luce Š rimasta lar- ga, pericolosa da attraversare senza farsi scoprire. Oramai ci sono qua- si arrivati, possono sentire il respiro di Denholt nel laboratorio. O'Shaughnessy si ferma, attira Nova di fronte a s‚. Le preme sul palmo la chiave del cancello.--Voglio essere sicuro che tu arrivi laggi—, a qualunque costo. Tira un respiro profondo e attraversa la zona illumi- nata. Non aver paura, ci sono io alle tue spalle. Lei scivola avanti, spia attraverso la porta aperta. Apparentemente Denholt le volta le spalle. In punta di piedi, agile, lei oltrepassa la bar- riera luminosa. Dall'altra parte si ferma, si volta ansiosa, aspetta che L lui la raggiunga~ Un istante dopo lui le Š al fianco. Passando davanti alla porta ha ve- duto di scorcio una figura vestita di bianco china davanti a uno scaffa- le, intenta a riempire una siringa ipodermica. Sullo sfondo ci sono due tavole operatorie, non una sola. Una Š evidentemente improvvisata: delle tavole poste su due sedie e coperte da un'incerata. "Per me e per lei" pensa il pilota. "L'individuo non scherza". Lei lo tira per un braccio, ma lui di colpo le resiste, s'immobilizza. La ragazza si volge a guardarlo.--Vieni, vieni! Da un minuto all'altro ormai... La mia zampa di coniglio. Lui ce l'ha lŤ dentro, Š nel mio giubbot- to. Non posso andarmene senza. --Ma ti uccider…! ~3 --SŤ, lui e dieci altri. Va' alla porta, bambina, e comincia a lavorar- tela. Voglio che tu sia fuori tiro se quello comincia a sparacchiare. Io vado a riprendermi il mio portafortuna, lo rivoglio assolutamente.-- Deve strapparsi alla lettera le dita di lei dal braccio, spingerla per met- terla in moto. Finalmente lei si allontana con un gemito soffocato di protesta Lui aspetta finch‚ non sente dei fruscii venire dalla porta. Ma un chiavistello stride sciaguratamente mentre lei lo tira e di nuovo nel laboratorio cade un improvviso, preoccupato silenzio. O'Shaughnessy, i muscoli tesi come corde di pianoforte, si fa sulla soglia illuminata senza fretta, con aria indifferente. Tende una mano verso l'uomo in camice bianco che si Š girato a fronteggiarlo.--Il mio giubbotto, dottore. Me ne vado. Denholt ha messo gi— la siringa piena. La pistola che la ragazza ha menzionato Š sul tavolo, ma gi… sotto la sua mano.--CosŤ crede di an- d rsene? E proprio sciocco, amico mio. Sarebbe stato meglio che dor- misse, come io avevo provveduto a farle fare. Niente timore allora, niente agonia. Non si sarebbe accorto di morire. --Anche cosŤ non ci sar… timore n‚ agonia.--Il pilota calmo prende il giubbotto, ne tira fuori la zampa di coniglio e la ripone nella tasca dei calzoni.--Un'altra volta non abbia tanta fretta di bruciare le mie carte--dice--o le far• girare la testa a ceffoni. La pistola Š ora spianata contro il suo petto. Fuori nel buio la pesante porta d'ingresso si apre con un lungo cigo- lio. Denholt svelto fa un passo in avanti. O'Shaughnessy non si muove, gli blocca la strada. Un fruscio di passi in corsa, leggeri, si allontana all'esterno, volando sul terreno fangoso. --Chi Š? --Chi vuole che sia? La ragazza. La porto con me. Il viso di Denholt si trasforma all'improwiso in una maschera di sgomento:--Non pu•!--urla.--Non sa cosa significa, pazzo! Non pu• riportarla nel mondo con lei! Lei deve star qui, ha bisogno di me!--La voce si alza stridula, disperata.--Nova! Torna indietro! --Questo lo dice lei, io non ci credo.--Anche O'Shaughnessy ha al- zato la voce. Si sposta per mettersi proprio davanti alla pistola, vuole impedire che l'altro gli scivoli al fianco. --Mi lasci passare o le sparo. Non volevo danneggiarle la pelle o fe- rire un organo vitale, ma se mi ci costringe lo far•! E allora nulla potr… riportarla indietro, capisce, nulla potr… riportarla indietro! Rester… morto! Il pilota Š immobile, teso, lo misura con gli occhi. E un giocatore: sente che Denholt Š riluttante a sparargli e conta su quella riluttanza, per quello che vale. Invece di allontanarsi dall'arma fa un passo in avanti, poi due... Tra gli alberi gocciolanti esplode la sirena di allarme. Dunque lei ha aperto l'ultima barriera, ce l'ha fatta! Ai lati del collo di Denholt le corde si tendono, rivelano al pilota che i muscoli dell'indice hanno ricevuto l'ordine di premere il grilletto. Lui si getta da una parte. Le due figure per un attimo appaiono saldate in- sieme da una sbarra fiammeggiante di luce, rumore e fumo si produco- no dopo. O'Shaughnessy non sente dolore ma sa che Š stato colpito e che non deve permettere all'altro di colpirlo ancora. La mano che 148 stringe la pistola Š serrata nella sua, dieci dita obbedienti a due cervel- li impugnano una sola arma. Fa fuoco ancora e ancora e ancora... cin- que, sei volte. Il pilota intanto colpisce la testa di Denholt con la mano libera. I due barcollano allacciati come in una folle danza. Intorno a loro Š una pioggia di vetri rotti. Il fumo degli spari, la polvere bianca che si stacca dalle pareti colpite dalle pallottole aleggiano intorno a loro come una nebbia. O'Shaughnessy finalmente strappa la pistola ormai inoffensi- va dalle dita dell'altro, la lancia lontano. Altro vetro che si rompe, e questa volta Š accompagnato da un odore acido, pungente, che fa lacri- mare gli occhi. Lo scricchiolio degli alambicchi polverizzati sotto i lo- ro piedi fa sembrare che stiano lottando sulla sabbia o sulla neve indu- rita. Ora O'Shaughnessy si accorge che non pu• colpire col braccio sini- stro, i messaggi del suo cervello arrivano alla spalla e lŤ si bloccano. Usa allora il braccio per tenere Denholt, colpisce col destro. Il dottore pare cercare qualcosa alle proprie spalle, tiene la mano dietro la schie- na e quando ricompare Š stretta intorno a un oggetto lampeggiante. Un bisturi o roba del genere. O'Shaughnessy si scioglie dall'awersario, balza indietro. Un colpo vibrato verso l'alto gli manca per poco il torace. Afferra la mano prima che tomi a riabbassarsi, la torce. Qualcosa cade a terra con un tintin- nio. Allontana l'oggetto con un calcio, indietreggia per darsi lo slancio e avventa alla mascella di Denholt un pugno devastante. Il dottore bar- colla, scivola sui vetri, cade a terra stordito. O'Shaughnessy sente la spalla pulsargli dal dolore. Ansima:--Ora sono riuscito a ficcarglielo in testa che la porto con me?--Si gira e si avvia a passo un tantino malfermo verso la porta. Denholt tenta vanamente di rialzarsi, balbetta:--La sta portando alla morte! L'allarme continua a suonare, chiamandolo. Il pilota esce dal labora- torio, si tuffa nell'oscurit…, trova la porta aperta. L'aria fresca e umida della notte tarda lo avvolge. Si volta e vede Denholt stagliato sulla so- glia del laboratorio dove Š riuscito a trascinarsi. Si sostiene allo stipi- te, barcollando, tende verso di lui una mano in gesto di maledizione... o di avvertimento. --Ricordi quello che le dico. La sta condannando a morte. Oggi Š il tredici giugno. Ricordi questa data, la ricordi bene! Ha poco tempo... poi sapr…, sapr… anche troppo presto! E torner… da me, con lei... a stri- ú p SCiare, a supplicarmi di aiutarvi! SŤ, v'inginocchierete davanti a me... L; sar… la mia rivincita! --E allora potr… spararmi, se le riuscir…--ringhia il pilota da sotto gli alberi. --Non la sta portando verso la vita, ma verso la morte... Ia morte pi— spaventosa che possa toccare a un essere umano! 149 La voce urlante si perde in altre folli imprecazioni ma ormai lui Š lontano, pu• vedere Nova che lo aspetta tremante davanti al cancello aperto. Lui sguazza verso di lei sul terreno fangoso, tenendosi una ma- no sulla spalla ferita. Le sorride e con la sua calma voce strascicata le dice, abbastanza forte da farsi sentire al di sopra della sirena ora tre- molante, scarica:--Salve, signora O'Shaughnessy. Ora ce ne andiamo davvero. La prende per un braccio. O'Shaughnessy indugia nel bar della Palmer House, a Chicago, con un uomo che si chiama Tereshko. A un certo punto si scusa e va a una cabi- na a telefonare al suo appartamento in North Side. --Perch‚ non portiamo anche sua moglie a cena?--ha detto Te- reshko.--Al Chez Paree, magari. Possiamo parlare di affari anche a suon di musica. --Splendido--ha risposto lui. Dopo tutto le transazioni d'affari so- no una specie di guerra: chi ha pi— colpi li spara. E la luminosa, straor- dinaria bellezza di Nova O'Shaughnessy equivale a un'intera batteria di cannoni. Se lui Š disposto a usarla per abbagliare il diffidente genti- luomo col quale sta cercando di accordarsi, ci• non significa che l'ap- prezzi di meno lui stesso. CosŤ dice al telefono:--Nova, vieni a raggiungermi al Chez Paree. Ho con me un uomo. Cerca un pilota ed Š disposto a sborsare parec- chio, cosŤ fatti pi— bella che puoi. Prendi un tassŤ, tesoro.--Nova si orienta ancora male nelle strade di citt….--Oh, un'altra cosa. Se mi fa qualunque offerta inferiore agli ottomila, tu mi dai un'occhiata come per dire "Ma vaneggia?" Hai capito? E non dire una parola di... di quel posto sulle montagne. Al Paree ordinano un tavolo per tre. Hanno gi… bevuto parecchio, e a Tereshko comincia a fare effetto. Non Š proprio sbronzo, ma si fa pi— ciarliero. Si sta lasciando un po' andare, insomma. --Ha molta esperienza nel localizzare zone minerarie dall'alto? --No, so volare e basta. Ma per quel che ho capito lei vuole solo che la porti, in modo da guardarsele lei stesso. E questo lo so fare, posso ga- rantirglielo. Tutto quello che mi serve Š la direzione generale e la ben- zina che occorre. E evidente che l'ostacolo non consiste nei soldi. Tereshko deve aver- ne fino alle orecchie, lo porta stampato addosso, anche se nel vestire Š pacchiano, volgare. La sua esitazione... e O'Shaughnessy Š buon giudi- 150 ce delle motivazioni altrui... pare derivi da un eccesso di cautela, come se volesse accertarsi con chi ha a che fare prima di mettere le carte in tavola. Ormai non pu• dubitare che lui sia un pilota abbastanza esper- to da portarlo dovunque voglia andare, dopo i ritagli e i documenti che gli Š andato sciorinando davanti per tutto il pomeriggio. --Naturalmente una cosa mi interessa pi— di tutte--Tereshko ta- sta il terreno offrendo all'altro una sigaretta da un astuccio di platino col fermaglio di smeraldi.--Ed Š che la nostra missione rimanga strettamente fra noi due. Nessuno deve sapere quale ne Š lo scopo e la destinazione. Nessuno, capite? Neppure quando l'avremo portata a termine. --Posso garantirle anche questo. Non sono un chiacchierone. --No, mi sembra il tipo che si fa i fatti suoi... ecco perch‚ l'ho cerca- ta, in primo luogo.--Molto poco saggiamente ordina un altro cock- tail. Ora appare ancora pi— rilassato.--A questo punto posso confessar- le--ammette--che la localizzazione di zone minerarie era una sto- ria. Il metallo che cerco Š gi… stato estratto e coniato, solo che l'hanno seppellito di nuovo. E si trova esattamente in direzione opposta a quel- la che vi ho detto. Non in Canada, ma in uno degli isolotti della costa della Florida. O forse in una delle Bahamas. Suppongo che ci• le forni- sca qualche indizio. Ma tanto pare proprio che sia l'uomo che fa per noi, cosŤ non importa che sappia tutto. --Un tesoro di pirati? --SŤ e no--dice Tereshko.--Certo che era davvero di un pirata, ma risale al tempo del proibizionismo e non a quello del capitano Kidd. Ormai avr… capito a chi mi riferisco. O'Shaughnessy non ne ha la minima idea, ma non gli costa niente la- sciare che l'altro lo ignori. --Lui tanto non uscir… fino a... vediamo...--Un brillante grosso co- me una noce fiammeggia mentre lui conta sulle dita.--Fino al 1948, o forse Š il '50? Diavolo, era un grand'uomo e tutto quanto il resto--ora ha un tono come volesse giustificarsi--ma al resto di noi proprio non potete dar torto. Dopo tutto si diventa vecchi. Lui la sua parte l'ha avu- ta, perch‚ noi non dovremmo prenderci la nostra? E dentro gi… da due anni, perch‚ dovremmo aspettare ancora? --Allora non si tratta di roba vostra? --Non Š neanche sua!--scatta l'altro.--E roba di nessuno. Non L, appartiene pi— neanche ai fessi ai quali lui l'ha scucita, perch‚ gli pro- pinava alcool di legno a quattro dollari al dito. --Dipende dai punti di vista--osserva O'Shaughnessy senza com- l~i promettersi~ --E da quale altro punto di vista vorrebbe vedere la cosa? Forse che a roba Š utile a qualcuno, seppellita com'Š da qualche parte? Non ci 151 sarebbe stato bisogno di prendersi tante scocciature se solo... Vede, le banche non andavano bene, n‚ le cassette di sicurezza o roba del gene- re, perch‚ i suoi guai erano... guai col Governo. E lui probabilmente se li stava aspettando. Noi no, ma lui sŤ, per forza. Infatti proprio poco prima che arrivassero, lui and• in crociera nelle acque della Florida col suo yacht. Solo lui e un piccolo equipaggio, e... oh, sŤ, una ragazza con la quale se la faceva in quel periodo. Nessuno di r~oi, neppure uno di noi. Pensammo che fosse strano, perch‚ lui era un ragazzo che ama- va la compagnia. Fino a quel momento gli sarebbe parso di prender freddo se non ci avesse avuti sempre intorno. Ma succede una cosa an- cora pi— strana. Prima di tornare indietro si fermarono all'Avana. Lui e la sua dama scendono a terra e a nessuno degli altri viene permesso di sbarcare. Poi, a un improvviso ordine di lui, lo yacht riparte... senza che lui e la ragazza tornino a bordo. Pare che dovesse passare a pren- derli a Bimini, pi— tardi. Invece non fu pi— rivisto, un pezzo di legno bruciacchiato venne ripescato parecchio dopo col suo nome sopra. Si presunse distrutto in mare da un'esplosione e non un'anima a bordo sopravvisse. Buffo, no, mandarlo avanti cosŤ mentre avrebbe potuto aspettare quei due in porto? --Buffo, sŤ, ma non molto da ridere.--approva O'Shaughnessy. --E proprio mentre noi stavamo tirando fuori cravatte nere e pre- parandoci a ordinare corone arriva un telegramma da lui: USpero non vi siate preoccupati, io sto benissimo, torno in aereo, non Š stato un f terribile incidente?" Trenta giorni dopo esatti lo Zio Sam gli salta al 3 collo e...--Riunisce le dita di una mano, vi depone un bacio, le svento- la.--E quanto crede che troviamo, dopo che il fumo si Š dileguato? Cinquemila dollari. Diavolo, lui non andava mai in giro senza portare di pi— nel portafogli! Ho ragione o no? Ogni altro indizio che abbiamo seguito da allora si Š rivelato infruttuoso. Ce ne abbiamo messo di tem- po a capitare su quello giusto, ma adesso credo proprio che ci siamo. Ora pensa di poterci aiutare a fare il buco alla ciambella? Il pilota fa una spallucciata.--Non c'Š niente di difficile. Io posso portarla a spasso per un mese o due, tutto il tempo che vuole. Bisogna prendere un mezzo anfibio, naturalmente. C'Š un particolare, per l'ap- parecchio deve darmi un anticipo. Io ho perduto il mio due settimane fa, Š stato allora che mi sono fatto male alla spalla. Non si metta in mente che sia stata colpa mia... mi ha baciato un fulmine. --Ci pensiamo noi all'aereo--assicura Tereshko.--Si dia un'oc- chiata in giro e prenda quello che ritiene migliore per la missione, e quando torneremo potr… tenerselo come mancia. UE quanto tempo mi lasceranno per godermelo?" pensa O'Shaugh- nessy che non Š un ingenuo. Ma la cosa non lo impensierisce, c'Š gi… 5, stata gente che ha cercato di sbarazzarsi di lui dopo essersene servita... f e non ce l'ha fatta. Anche questo tizio se ne accorger…. --La gallinella potrebbe farvi da guida non sarebbe pi— comodo? Avete pensato a mettervi in contatto con l‚i?--dice a voce alta. --Se ci abbiamo pensato?--brontola l'altro.--La porta della cella non si era neanche richiusa alle spalle di lui quando cominciammo a far pressione sulla ragazza. Solo che ci andammo troppo pesanti. Ci eravamo fatta un'idea sbagliata di lei. Purtroppo era una di quelle ra- gazzine innocenti, non sapeva niente di quello che faceva lui finch‚ il coperchio non salt• in aria... forse lo credeva un capitano d'industria o cose del genere. Sulle labbra di O'Shaughnessy appare un sorrisetto assolutamente, sarcasticamente incredulo. --No, le assicuro che non ce l'ha data a bere--afferma Tereshko. --Era proprio una ragazza cosŤ. Lui del resto ci diceva che con lei era una cosa seria... sa cosa voglio dire. Lei non era la sua pupa... Iui la chiamava la sua madonna. --La madonna delle distillerie clandestine--ride il pilota. --Voleva sposarla. Era una ragazzina del resto, avr… avuto diciotto anni. Bene, fra il trauma che ebbe quando seppe con chi si era messa e noi che cominciammo a farle pressioni, la povera gallinella finŤ male. Disse che non sapeva niente di quel che era successo durante quella crociera. CosŤ la chiudemmo in garage al buio per tutta la notte, per- ch‚ la paura la inducesse a parlare. Le facemmo paura, come no, tanto da farla tacere per sempre! La nostra solita fortuna... Lui non le aveva mai permesso di tagliarsi i capelli, diceva che erano troppo belli cosŤ lunghi, che la facevano sembrare un angelo. CosŤ lei con una forcina scassina le macchine, ce n'erano sei... accende i motori e respira mo- nossido fino a lasciarci la pelle. Con un gattino in braccio che lui le ave- va regalato. --Particolare commovente.--O'Shaughnessy si acciglia per sim- patia, non verso di loro ma verso la ragazza torturata e sola nel garage. Tereshko ghigna. --Gi…, non Š vero? Di tutti gli sporchi trucchi! La dovemmo lasciar nascoSta lŤ tutto il giorno. Quando si fece buio la tirammo fuori, la por- tammo lontano molte miglia e la lasciammo da qualche parte. Non ho mai letto che abbiano trovato il cadavere. Seppure l'hanno trovato non devono esser riusciti a sapere chi era lei, non se n'Š mai vista una parola sui gior... --Ecco mia moglie--interrompe il pilota alzandosi. L'ha vista al di Sopra della spalla di Tereshko entrare dalla strada proprio in quel mo- mentO. Si arresta un istante, si guarda intorno. Li localizza e si avvia erso il loro, indirizzandogli un sorriso tutto per lui- e diamine, Š una bellezza da mozzare il fiato. Tereshko le volta le spalle. Si alza anche lui e si volge, preparandosi a salutarla. O'Shaughnessy dice:--Nova, ti presento il signor Vincent Tereshko. Il bicchiere dell'uomo cade a terra con un tintinnio. Tereshko barcol- la all'indietro, la spalliera bassa della sedia lo urta alla schiena, lui vi si rovescia sopra battendo la nuca sul sedile imbottito, quindi lui e la sedia rotolano insieme sul pavimento. Istantaneamente si rialza e dal- le labbra gli escono grida strozzate che Š difficile intendere come paro- le.--No, no! Via da me! Non sei vera! Agita le braccia come per respingere un avversario invisibile, quindi si volta e corre via. attraverso il ristorante, si precipita in strada. Gli altri due c'impiegano un poco a rimettersi dallo sbalordimento. --Bene, mi venisse... Ma l'hai visto? Cosa gli ha preso? Un minuto pri- ma sta qui a parlare con me, un minuto dopo impazzisce. --E stato a causa mia--dice lei stupita, ancora fissando l'uscita. Lui scuote la testa impaziente a quella sortita.--Quando mai, co- m'Š possibile che fosse per causa tua? Sii ragionevole. Non sei ancora abituata alla gente, ogni volta che qualcuno ti guarda pensi che in te ci sia qualcosa che non va.--Dopo tutto lui non Š realmente in grado di dire chi o che cosa Tereshko abbia visto. --No, Š stato per causa mia--insiste lei, turbata.--Stava guar- dando me; dritta in faccia! Ho qualcosa di strano? Devo proprio aver- lo, perch‚ stasera Š la seconda volta che mi succede. Lui sobbalza stupito.--La seconda? Che vuoi dire? --Proprio adesso, fuori della porta. C'era un uomo seduto in una berlina ad aspettare qualcuno. Quando sono uscita dal tassŤ si Š volta- to a guardarmi e poi... poi si Š messo a gridare come l'uomo di qui e ha messo in moto correndo via a centocinquanta all'ora, come se avesse visto un fantasma... O'Shaughnessy fa una faccia sbalordita. --Girati un po'. Lasciati vedere--dice. Lei esegue.--Sei una me- raviglia da tutte le parti. Non c'Š proprio niente in te che possa far im- pazzire di paura degli uomini fatti. Lui deve aver visto qualcuno che ti stava dietro. Andiamo a casa e al diavolo tutto. Pare che l'affare sia an- dato all'aria, e per me va bene cosŤ. Puzzava troppo fin dall'inizio. Passano settantadue ore, la calma prima dell'uragano. Poi, la terza sera dopo l'incidente, a lui capita di tornare al loro appartamento pri- ma del solito. Non ha quasi pi— denaro e ha girato tutto il giorno cer- cando di ricavare qualcosa dai suoi contatti. Ma non sembra che per il momento ci sia grande richiesta di piloti mercenari, soldati di fortuna dell'aria. E adesso lui ha una donna di cui prendersi cura... Appena svoltato l'angolo la vede in piedi di fronte all'edificio. Sta evidentemente cercando un tassŤ. Ne chiama uno con un cenno, e sta per entrarci quando lui la chiama:--Ehi, Nova! Dove vai?--e arriva di corsa. Lei sembra stupita di vederlo. Non confusa, solo stupita. --Scusami se ho tardato tanto. Non volevo farti aspettare cosŤ. Per questo hai cambiato idea e sei tornato qui? Non sei mica arrabbiato con me? Lui chiede:--Di che parli? Perch‚ dovrei essere arrabbiato? --Perch‚ ti ho fatto aspettare pi— di mezz'ora prima di raggiunger- ti. --Ma chi ti ha detto di raggiungermi? Lei Š pi— stupita che mai.--Ma tu me l'hai detto di prendere un tas- sŤ e venire a... Lui si guarda intorno, perlustra la strada con gli occhi. --Vieni, saliamo--disse.--Mi scusi autista non ci serve pi—.--E sopra:--Che altro ti ho detto? --Di venire il pi— presto possibile, solo questo. --Ma hai riconosciuto la mia voce al telefono? --Non ho mai sentito la voce di nessuno tranne la tua, quindi ho pensato che fossi tu. Parevi molto lontano per•. --Be', non ero io. E mi chiedo chi fosse. Nova, tesoro, ascoltami: do- po di ci• non devi pi— uscire sola. Ti dar• una parola d'ordine che use- remo al telefono d'ora in poi. Filo spinato, te ne ricorderai? Se non mi sentirai parlare di filo spinato saprai che non sono io. --Va bene, caro. La sera dopo, al suo arrivo, trova difficolt… a entrare. La chiave fun- ziona, ma lei ha messo qualcosa contro la porta per bloccarla, forse una sedia sotto la maniglia. L'ostacolo non lo trattiene molto a lungo. Entra e lei Š lŤ, ritta in mezzo alla stanza e trema come una foglia. |~ --Perch‚ hai fatto questo?--domanda lui.--E che Š quel buco nel- la porta, proprio sopra la serratura? Lei gli si getta fra le braccia, lo stringe.--Hanno telefonato ancora. Qualcuno ha detto che eri tu, ma io sapevo che non era vero perch‚ non ha parlato di filo spinato. --Hanno cercato di nuovo di farti uscire? --No, no. Hanno detto: aAbbiamo un messaggio per te da parte di Benny". Chi Š Benny? O'Shaughnessy la fissa soltanto, e gli occhi gli si restringono. --Poi hanno detto: aCosŤ ce l'hai fatta, eh?" Poi si sono messi a ride- re e hanno detto: "Dove l'hai preso a rimorchio il fesso?" Ma di chi par- 1= lavano? --Di me--fa lui piano.--E poi? Lei scuote la testa sbigottita.--Io non capivo niente. Hanno detto an- cora: "Bene, sei stata furba e ci hai presi in giro proprio bene. E stata ~- bella finch‚ Š durata, ma adesso non funzioner… pi—. Ci vediamo, bel- la". t --Nient altro? - Oh, caro, ero cosŤ spaventata. Non sapevo dove trovarti, sapevo 154 ~ _ ~ 155 solo che eri da qualche parte gi— nel Loop. Ho chiuso la porta a chiave e mi sono nascosta nell'armadio, lasciando lo sportello aperto di un fi- lo. Dopo una mezz'ora ho visto girare la maniglia, lentamente, come se qualcuno cercasse di aprire. Quando non ha funzionato hanno comin- ciato a suonare il campanello e una voce ha mormorato: "Sono io, bambina, fammi entrare, ho dimenticato la chiaven. Ma io sapevo che non eri tu. Mi sono rannicchiata in un angolo, dietro i vestiti... Lui intanto ha tirato fuori la pistola dalla valigia dove la tiene e la sta controllando, le mani un poco tremanti, scosso da una collera fu- riosa. Quella bimba indifesa che lui ama Š il suo punto vitale... Lei continua:--Poi si Š sentito uno scoppio e qualcosa ha attraver- sato la porta ed Š entrato qui. Non resistevo pi—, avevo paura che en- trassero e mi prendessero. Sono corsa fuori dell'armadio, mi sono ar- rampicata dalla finestra sulla scala antincendio, mi sono introdotta nell'appartamento vicino e ho chiesto alla signora che ci abita di na- scondermi. Le ho spiegato che qualcuno stava cercando di entrare nel nostro appartamento e lei ha detto che dovevamo chiamare la polizia, ma poi li abbiamo uditi che se ne andavano. Abbiamo sentito il calpe- stio dei piedi per le scale, erano parecchi, e poi l'automobile Š partita. Camminando avanti e indietro e cercando di raccapezzarsi lui si batte la canna della pistola sul palmo e dice:--Senti piccola, non so proprio che faccenda sia questa, pu• magari essere un falso allarme, ma... Sparare un colpo di pistola contro la porta in pieno giorno non Š uno scherzo. Se solo riuscissi a capire di che si tratta! Non mi pare que- stione che riguardi n2e. Sa il cielo che di nemici me ne sono fatti abba- stanza, ma non in questa nazione. Nova, dimmi la verit…: sei mai stata prima a Chicago?--Le si ferma davanti e la guarda negli occhi. --Mai, caro, mai, finch‚ non siamo arrivati qui due settimane fa. Qui non conosco nessuno all'infuori di te. Credimi, credimi! Lui le crede, come potrebbe farne a meno? Ma allora di che si tratta? Se lui fosse ricco direbbe che hanno tenta- to di rapirla per chiedere un riscatto. Un errore d'identit…? Va bene ma per chi la prendono? Tutta la faccenda Š un enigma. Si chiede se dovrebbe affidare alla polizia il compito di sbrogliarlo. Ma cosa pu• dire ai poliziotti? Qualcuno si Š fatto passare per me con mia moglie al telefono, qualcuno ha cercato di entrare nel mio appartamento mentre ero fuori. Messa cosŤ Š una storia un po' debole. E comunque lui Š un individualista, abituato a sbrigarsela da s‚. Questo enigma rappresen- ta una minaccia per Nova, quindi preferisce trarla dagli impicci lui personalmente. Inaspettatamente Tereshko gli telefona quella sera.--Pronto, sono Tereshko, O'Shaughnessy--dice.--Sono in un bar di State Street. b Vorrei concludere quella transazione di cui abbiamo parlato. Non po- ~ tete fare una corsa qui? Sar… affare di una decina di minuti. ~i _ Che Š successo l'altra sera? Pareva che qualcosa l'avesse spaven- tato. Una risatella insincera.--Quando mai! Ho avuto solo un accesso di nausea e ho preferito correre in strada. Lui accenna a Nova di avvicinarsi, le accosta il ricevitore all'orec- chio e mormora:--E questa la voce che hai udito le altre volte? Lei scuote il capo in silenzio. Lui dice:--No, francamente non me la sento di concludere l'affare, diamoci un taglio. Tereshko non sembra prendersela affatto, forse non si rende conto di quanto ha chiacchierato quella sera.--Mi dispiace, ma in fondo lei Š giudice delle sue cose. Comunque, venga per un bicchierino, tanto per separarci all'amichevole. Venga solo. O'Shaughnessy decide subito che andr…, vuole mettere in chiaro una cosetta. La prima sera Tereshko aveva insistito perch‚ Nova li raggiun- gesse. Adesso vuole lui solo. Forse quel che gli preme veramente Š che lei resti sola in casa. Forse c'Š lui dietro tutta la faccenda. E allora biso- gna assicurarsene. Dice:--Preparati.--E per strada, un paio d'isolati pi— lontano:--Non sei mai stata al cinema, eh? Be', adesso ci andia- mo. Compra due biglietti, l'accompagna dentro, le cerca un posto. --Adesso non ti muovere di qui finch‚ io non torno a prenderti.--Co- me con una bambina. --Va bene, caro. Non c'Š ombra di Tereshko nel bar dove avrebbero dovuto incontrar- si. O'Shaughnessy aspetta venti minuti, poi va a riprendere Nova. Mentre salgono le scale della loro casa lui stringe la pistola che ha in tasca.--Adesso credo di sapere chi Š il nemico--sussurra fra s‚ e s‚ --anche se non so per quale ragione. La porta dell'appartamento Š aperta. I due si scambiano un'occhia- ta.--Pensavo... ti ho visto chiudere a chiave quando siamo usciti-- balbetta lei. --Verissimo--assente lui cupo. Entra per primo, la pistola in ma- no. Non c'Š nessuno.--Forse erano ladri--dice lui. Lei si allarma.--I miei vestiti! Tutte le belle cose che tu mi hai da- to!--Lui sorride a quella reazione cosŤ femminile, la vede correre al- l~armadio. Si volta stupita. --Manca qualcosa? --No, ma... non ricordo che ci fosse questo, prima.--Gli mostra un ~ abito di seta nera. Un grande giglio Š stato appuntato sulla scollatura. L ~ Forse c'era e te ne sei dimenticata. Lei carezza il fiore con le dita.--Ma Š vero. Non vendono vestiti con ~fiori veri. Certo, lui lo sa. Sa anche di che cosa Š simbolo quel giglio. Comincia a fischiettare una canzonetta:--Chicago, Chicago... Il campanile di qualche chiesa dall'altra parte del fiume suona dodici rintocchi.--Hai preparato tutto?--chiede lui piano.--Allora porto gi— le valigie. Tu spegni la luce. Lei obbediente gli scivola dietro per le scale.--Non so quanto lonta- no potremo arrivare con cinquecento dollari--riflette lui--ma Š cer- to che non posso pi— lasciarti qui sola di giorno, e neanche posso trasci- narti in giro con me per tutta la citt…. Forse possiamo trovare una stan- za dall'altra parte di Chicago... Nel vestibolo lui depone a terra le valigie, le fa cenno di restare lŤ un momento. Si dirige alla porta, spia al di fuori. Niente. La strada pare morta. Ma di colpo qualcosa gli sibila accanto, uscendo dal nulla. Qualcosa urta il muro dietro di lui, rimbalza ai suoi piedi. Lui non si china a ve- dere cos'Š, lo sa benissimo. Ha gi… visto un sacco di volte quel genere di giocattolini. Niente sparo, niente lampo che mostri da quale direzione Š venuto. Stanno usando silenziatori, naturalmente. Non si Š mosso. Pssss! Un'ape o una vespa gli sfiora la guancia, lo punge, fa uscire una goccia di sangue. Rimbalza ancora contro il muro, gli cade ai piedi. Questi insetti notturni dawero sembra che abbiano intenzioni serie. Lui rientra, si ferma appena dietro la soglia, spiando sempre la stra- da. Se solo potesse vedere un lampo, rispondere! Intanto rimane mez- zo dentro e mezzo fuori della porta di ferro battuto e vetro pesante. Si ode un suono simile a una martellata e il vetro s'incrina circolar- mente, sbilenchi raggi di ruota lo percorrono facendo centro a un buco rotondo. Un altro proiettile cade nel vestibolo. Due mani si aggrappano alla sua giacca, lo tirano indietro.--Caro, caro, no! Ti farai uccidere se resti qui! Oh, pensa a me! --Quella lampadina... soffocane la luce con la tua borsetta. Voglio vedere se colgo almeno un lampo. Ma lei si rifiuta, gli dice di farlo lui stesso. E quando lo ha trascinato all'interno del vestibolo gli si aggrappa, lo stringe con tutte le sue for- ze.--No! No! Non ti lascer• tornare l…... vuoi morire? Che ne sar… di me?--Lui si arrende alfine, sa che altrimenti dovr… tornare indietro con lei attaccata addosso. ú --Va bene, va bene Dev'esserci un'uscita secondaria da questa ba- racca. Ma alla fine del lungo corridoio seminterrato, appena lui esce in avanscoperta... ecco di nuovo insetti notturni sibilargli intorno, rim- balzare dal muro.--Aspetta un momento!--ordina lui tagliando cor- to ai suoi gemiti di protesta.--Credo proprio di aver sbirciato qualco- sa. Sul tetto della casa di fronte.--Le fa cenno di indietreggiare.--La lampadina su, la lampadina!--Questa volta lei obbedisce, il corridoio si oscura dietro di lui. Impugna la pistola e l'alza lentamente, resta immobile, faccia rivol- ta al cielo. Una scommessa da giocatore: la sua vita contro la possibili- t… di colpire un lampo sei piani pi— su. Il suo pollice sinistro cerca la zampa di coniglio nel taschino, I'accarezza distrattamente. A un'esile favilla lass—, dietro il cornicione, risponde il tuono del suo sparo. Il muro si scheggia al di sopra della sua testa e poi una figura ne- ra cade goffamente dal tetto della casa di fronte, urta l'asfalto con un tonfo sordo, fuori vista dietro il muro di cinta. Ancora lampi da lŤ, sei in fila, e un suono come di sassolini che gran- dinano dove si trovano loro due. Ma O'Shaughnessy Š gi… al riparo nel corridoio.--Non ce la facciamo. Ce n'Š un altro lass—, stanno facendo le cose in stile. Torniamo nell'appartamento. Salendo le scale lei si prende il viso tra le mani.--Quella caduta Spero che fosse morto prima di arrivare a terra --Oh, quello ha pareggiato un po' i conti--fa lui cinico.--Chi di spada ferisce Notte in un appartamento di Chicago. Lui dice:--La porta Š chiusa a chiave e ho la pistola. Tu cerca di riposare un poco, tesoro, qui c'Š tuo marito che ti protegge. --Ma prometti che resterai qui con me, non scenderai di nuovo. --Prometto. CosŤ lei si sdraia vestita sul letto e si addormenta, mentre lui fa la guardia alla finestra dalle tapparelle abbassate, la punta incandescen- te della sigaretta nascosta dalla mano. L'uomo del latte arriva e neanche si sogna che la canna di una pistola sia a un palmo da lui dietro la porta, quando si china a deporre la bot- tiglia. Nova dorme come una bambina. CosŤ passa la notte in quell'appartamento di Chicago. L Tre ore dopo l'alba sono pronti ad andarsene. Adesso c'Š abbastanza L gente per strada da dar loro una possibilit…. Se non ce la fanno adesso, non ce la faranno pi—. La rete che Š stata gettata su di loro la notte pri- ma si richiuder… appena far… di nuovo buio. Loro vogliono sbarazzarsi di lui, ma vogliono lei viva. Di questo lui Š sicuro. Ma prima d'incamminarsi lui dice:--Un tassŤ Š rimasto fermo lag- 13; gi— all'angolo da quando ha fatto giorno. Io giurerei che c'Š rimasto ~, tutta la notte. E lŤ non c'Š pubblico posteggio. k --Credi che siano... Ioro? --Non me ne frega un accidenti se sono loro o no, qui ormai mi man- ca il fiato, devo uscire all'aperto! Resta dietro di me, e se mi vedi cade- re continua a camminare. Non Š la prima volta che mi sparano. Sono quel tale penny falso che rispunta sempre fuori, te ne sei dimenticata? Appena mette la mano sulla maniglia, per•, s'irrigidisce di colpo, co- me se un qualche suono indefinibile gli fosse trapelato dall'interno. --C'Š qualcuno fuori--alita. Lei rabbrividisce.--Troppo tardi! Lui le fa cenno di metterglisi alle spalle, le fa scudo col proprio cor- po; allunga la sinistra e gira la chiave, tenendo la pistola puntata.--E aperto--dice a voce alta.--Entrate a vostro rischio e pericolo. Per un minuto il battente non si muove, poi comincia a strisciare verso di loro. --Pi— in fretta o sparo!--Ma Š lui a spalancarlo del tutto con un calcio. Due braccia alzate sono la prima cosa che vedono. E poi che non c'Š nessuno dietro la figura solitaria. O'Shaughnessy si fa un poco indie- tro. L'uomo Š un orientale, un cinese. Porta gli occhiali e ha i capelli ta- gliati cortissimi. Il cappello gli Š caduto accanto. O'Shaughnessy:--E questo il posto che cercava? --SŤ, se vuole permettermi di asciugarmi la fronte... --Che c'Š, ha caldo? --No, ma il calore della sua accoglienza... --Bene, entri e chiuda la porta. Ci sono state brutte correnti tutta la notte. Il visitatore s'inchina, nervoso.--Permetta che mi presenti. --Con tutto il piacere. --Il mio nome americano Š Lawrence Lee. Sono qui per farle una proposta interessante. --Ne ho avuta gi… una, grazie, un paio di giorni fa. --Ho faticato molto a trovarla... --E faticher… anche di pi— a perdermi, se dietro questa faccenda c'Š lei. --Io rappresento il generale Yang. Sono il suo agente di reclutamen- to negli Stati Uniti. Ha ordinato parecchi ottimi aeroplani e ha biso- gno di un buon istruttore. La sua fama ha raggiunto le sue orecchie. Posso offrirle un posto nel suo stato maggiore? O'Shaughnessy mantiene la pistola puntata, ma con la sinistra acca- rezza qualcosa che sta nel taschino.--Da come la mette pu• essere davvero un'offerta interessante. Se ci mettiamo d'accordo... --Mille dollari americani la settimana. --Mi prende per un novellino? Sa che sono gi… stato in Cina. Sono Penny O'Shaughnessy di Winnipeg, il suo generale non pu• trovare il mio pari da nessuna parte. I coolies nelle loro risaie si prostravano quando io passavo nel cielo.--Che lui possa star lŤ a contrattare con questa spada di Damocle sospesa sulle ~oro vite Š... be', fa parte del fat- to che Š O'Shaughnessy. --Duemila forse? --Ora quasi ci siamo.--Si volta verso di lei che gli Š ancora alle spalle.--Di, lo facciamo questo viaggetto?--Poi rivolge un ampio sorriso al cinese.--Suppongo che a Yang non interesserebbe un pilota morto. L'emissario, del tutto privo di senso dell'umorismo:--Un pilota morto non potrebbe servire al mio padrone in modo soddisfacente. --Bene, avr• forse qualche piccola difficolt… ad arrivare vivo alla Northwest Station e non posso prometterle di farcela.--Sente lei stringerglisi contro tremando.--Tuttavia ecco cosa le dico. Lasci due biglietti per San Francisco pronti per noi alla stazione. Se non ci fac- ciamo vedere a reclamarli, potr… sempre farseli rimborsare dalle ferro- vie... e trovarsi un altro pilota. --Li vuole per il treno di oggi? Sar… fatto. I biglietti del vapore la aspetteranno a San Francisco agli uffici della linea N.Y.K. Gradisce un anticipo di mille dollari? O'Shaughnessy risponde in cinese:--Non potrei mai ferire con un rifiuto la sua generosit….--Poi in inglese:--Non si rimetta il cappello uscendo, cosŤ che si veda bene la sua faccia. L'agente esce inchinandosi.--Felici atterraggi. Quando si trovano di nuovo soli lui le dice:--Partenza per Shan- ghai. Il Coast Limited parte alle undici, cosŤ abbiamo giusto un'ora per farcela. --Ma come faremo a uscire di qui? --Ancora non lo so, ma ci riusciremo.--Lui torna alla finestra, sbircia nella strada fra le tende tirate.--Ecco Confucio che se ne va senza che nessuno faccia caso a lui, non lo hanno messo in relazione con me.--Poi:--Chi Š la grassona che passeggia su e gi— con un bar- boncino? --Oh, Š la signora dell'appartamento accanto, presso la quale ho cercato rifugio l'altro giorno. Porta sempre a passeggio i cani tutte le mattine. --Cani? Io ne vedo uno solo. --Ne ha due. Ma deve portarli gi— uno per volta, se no litigano. --Ci sono!--esclama lui.--Aspettiamo che risalga. --Che vuoi fare? --A portar gi— il prossimo sarai tu. Voglio per prima cosa che tu ar- rivi alla stazione sana e salva e che tu salga su quel treno. Io li tratterr• qui. Tu chiamami appena sei sistemata... allora tenter• di raggiunger- _ Lasciarti?--geme lei. --In questo equipaggio sono io che d• gli ordini. Eccoia che arri- va.--Va alla porta, la ferma, la fa entrare con lui. La donna ha roton- dit~ abbondantissime e capelli accuratamente ossigenati sotto un enorme cappello le cui ali le ondeggiano intorno alla faccia infantile. --Abbiamo bisogno di un favore. Devo far uscire mia moglie da que- sto edificio e non posso farlo apertamente... ci spiano. Vuole prestarci il cappello, il cappotto e il cane? L'altro cane, intendo. --Felice di prestarle cappello e cappotto, ma Fifi... Ia mia piccola Fi- fi... chi me la riporter…? --Mia moglie lascer… tutto al capostazione per lei, potr… riprendersi ogni cosa dopo. Le assicuro, la sua vita Š in pericolo. Vuole far questo per noi? --SŤ--fa lei guardando Nova.--Credo di capire. Ero sicura di aver gi… visto la sua faccia da qualche parte... sui giornali, sapete. Mi dica, com'era lui? Era cattivo come dicono? Ho sentito dire che faceva met- tere gente coi piedi in blocchi di cemento... --Basta cosŤ--dice O'Shaughnessy--sta prendendo un granchio. Per lo scambio bastano due minuti. Il cappello a larghe tese nascon- de tutto tranne il mento di Nova. Lui le lega un paio di cuscini intorno con lo spago, uno davanti e l'altro dietro sotto il cappotto, e intanto chiede scusa:--Senza offesa. --Oh, per carit…--sospira la donna.--Lo so che sono grassottella. La cicciona resta nel loro appartamento, pensa che sarebbe una buo- na idea se "gli altri" la vedessero passare avanti e indietro dalla fine- stra, cosŤ da esser sicuri che Nova Š ancora l…. Quindi sollevano un po- co le tende. Lui accompagna nel vestibolo Nova e il cane. Il loro com- miato Š un misto di commedia e di tensione.--Io resto un momento dietro la porta e ti copro con la pistola. Non aver paura. Imita quel suo modo anatresco di camminare. Va' piano e bada al cane, come fa lei. Aspetta di arrivare a un paio d'isolati almeno da qua, prima di acciuf- fare un tassŤ. E qualunque cosa succeda, non lasciar cadere quei cusci- ni sul marciapiedi. --Mio caro, mio caro, se non ti farai vedere io morir•. --Ci sar•, tesoro. La grossa figura scivola fuori della porta, saltella a passettini dietro il cane che tira il guinzaglio. Lui la segue con gli occhi da dietro la por- ta semichiusa finch‚ pu•, quindi torna sopra di corsa, a guardarla dal- la finestra. Il cane si ferma. La figura sotto il cappellone aspetta con pazienza. Camminanounaltropoco,dinuovosifermano.--Dannatocane!--Im- preca lui, sudato dall'ansia. Finalmente, tra passettini e fermate, a tap- pe quasi impercettibili lei gira intorno all'angolo e lui non la vede pi—. Ora i suoi occhi sono fissi sul tassŤ immobile. Lei Š scomparsa anche dalla loro vista. Se hanno qualche sospetto, se si mettono in moto per seguirla... Scorrono i minuti lenti e tesi. Lei ormai dev'essere abbastanza lon- tana e quelli non si sono mossi. Ormai Nova dovrebbe essere sana e salva in tassŤ, in corsa verso la stazione. Quindici minuti dovrebbero bastarle ampiamente, anche considerando il traffico e i semafori. Ce l'hanno fatta! Siede e fuma, aspetta pazientemente. La grassona Š ancora lŤ con lui. Per lei Š un romanzo con la R maiuscola, lo assapora con pi— deli- zia di una scatola di cioccolatini. Ma di colpo, prima quasi che lui se ne accorga, ecco che sono passati diciassette minuti e lei non chiama, e la sua calma lo abbandona a ogni boccata di fumo che esala. Venti minuti. Butta via la sigaretta, passeggia nervosamente su e gi— per la stanza.--Dovrebbe aver gi… telefonato, a quest'ora--dice. --Gi…--assente la grassona.--Non ci vuole tanto ad arrivare alla Northwest Station da qui. Venticinque minuti. Mezz'ora.--Forse il telefono Š guasto.--Ma no. Lui scuote il pugno verso l'apparecchio, arde di rabbia impotente. Adesso balza verso la porta come un leone incollerito. Da una parte della sua faccia c'Š una striatura di sudore.--Non avrei dovuto la- sciarla andare da sola... accidenti a me! Qualcosa Š andato male. Non ce la faccio pi—!--dice con voce strozzata.--Vado da lei... --Ma come farete a... --Spiccher• la corsa e sparer• se cercano di fermarmi.--E si pre- cipita fuori, con la grassona che gli ripete sollecita:--Resto io qui. Se lei chiama. Le dir• che state andando... Attraversa il vestibolo con due ampie falcate, si getta contro la porta come un centrattacco impegnato in un'azione. E il modo migliore. Tiene la pistola in tasca: pronta, impugnata. Sparer… attraverso la fo- dera se necessario. Sbatte da parte il battente senza rallentare e corre lungo la parete dell'edificio, testa e spalle abbassate. Era dawero il tassŤ. Non ne proviene alcun suono, almeno non da tanta distanza, solo un lieve fumo azzurrino vi si diffonde intorno; po- trebbe essere quello dello scappamento se il motore fosse acceso. Lun- go la parete che sta costeggiando lo seguono lunghe file di schizzi... polvere e frammenti di muro... ognuno mezzo metro dietro di lui, col- pendo il posto dove si trovava un secondo prima. Ma non lo raggiun- gono mai. Svolta l'angolo incolume, si gira fulmineo, spara un colpo contro il tassŤ ora come aureolato di nebbia. Ha messo in moto, si sta allontanan- do dal marciapiedi. Un tintinnio di vetri: probabilmente ha colpito il parabrezza. Vede la macchina oscillare come ubriaca e pensa che forse la pallottola ha danneggiato anche qualche altra cosa oltre al vetro. Quindi spicca la corsa lungo la strada senza aspettar di vedere altro. In vista non c'Š nulla che possa essergli di aiuto... un camion che avan- za lentamente, il furgone di una lavanderia. Ma la musichetta di una radio si sente da qualche parte dietro l'angolo: la radio di un tassŤ? Ci arriva in volata, si precipita all'interno e mette in moto il tutto quasi nello spazio di due sole note della canzone. E al volant‚ lui stesso. Il guidatore sbuca costernato dal retro con in mano delle carte da gioco, strilla:--Ehi! Che le piglia? --Se non le va, si arrampichi davanti e guidi lei. Ho fretta, non ave- vo tempo di abbassare la passerella. --E questi altri? Nel retro del tassŤ ci sono altri due o tre autisti che lui ha rapiti men- tre giocavano a carte. --Gli facciamo fare un giretto.--A distanza di due isolati l'altra macchina Š apparsa e sta accelerando. Mentre il guidatore gli si ar- rampica in grembo, O'Shaughnessy lo ammonisce:--Quell'altro tassŤ l… dietro non deve accostarcisi. Faccia quello che vuole, vada a zigzag, voli, ma non lo lasci avvicinare! O ci rimetter… le gomme. L'altro Š allarmato.--Che ha combinato? Non mi piace questa fac- cenda!--Ma esegue una curva che quasi li fa cappottare. Una serie di altre curve da capogiro e una combinazione di semafori in loro favore... Š certo che la zampa di coniglio sta facendo gli straor- dinari... e si sottraggono dawero all'inseguimento. Mancano dodici minuti e mezzo alla partenza del treno quando lui balza gi— dal tassŤ alla Northwest Station, getta una banconota da cin- quanta nel finestrino e si tuffa all'interno. Lo fermano alla barriera.--Biglietti, prego! --Non ne Š stato lasciato uno per me? --No. --Allora mia moglie deve esserseli portati tutti e due in treno. L'ha per caso vista? Una bella bionda con un gran cappello... --A me le bionde sembrano tutte carine, oggi almeno non ne ho vi- sta una brutta. --Fratello, la sua vita amorosa non mi interessa, tutto quello che voglio Š andare a vedere se posso trovarla... --Ehi, tornate indietro! Oh, I'agonia di quel selvaggio precipitarsi a capofitto in un vagone dopo l'altro gridando invano.--Nova! Nova!--Nessun segno di lei. Si precipita sopra di nuovo, a un chilometro al minuto, buttando qua- si a terra l'impiegato per la seconda volta. Otto minuti al treno, ora. Allo sportello dei biglietti:--Due per la Costa... O'Shaughnessy... sono stati ritirati? --No, eccoli qui che la stavano aspettando. Non li ha ritirati ! Allora non Š mai arrivata qui ! Sette minuti per tro- varla, in quella maledetta citt…! Di nuovo fuori della stazione si guarda attorno, non sa che fare. Sgomento e pericoloso... eppure impotente. Pronto a fare qualunque macello, ma ignorando da dove cominciare. Istintivamente tocca, com'Š sua abitudine, la zampa di coniglio. Ed ec- co, come il genio evocato dalla lampada di Aladino, un fattorino dal berretto rosso gli si accosta. Uno fra i molti che dardeggiano qua e l… nella stazione, ma quello giusto, proprio quello giusto fra tutti! --TassŤ, capo? _ No. Un momento, ragazzo. Una signora bionda con un gran cap- pello... hai visto una persona del genere arrivare qui nell'ultima mez- z'ora? _ Aveva un cagnolino tutto ricciuto? --SŤ ! SŤ!--Afferra il fattorino per le spalle .--Dimmi che ne Š stato di lei, per amor di Dio! Il ragazzo ride. --Le Š successo un guaio, poveretta. Aveva dimenticato a casa i sol- t di per il tassŤ e il conducente non ha voluto sentir ragioni. L'ha presa per un braccio e l'ha portata al posto di polizia. --Quale? _ Quella della stazione, credo. Ed Š l… che la trova quando fa irruzione due minuti dopo, seduta su una panca sotto l'occhio del sergente di servizio, cane e tutto. C'Š an- che il tassista. --Abbiamo cercato di metterci in comunicazione con lei, giovanot- to.--Il sergente si schiarisce la gola con aria di complicit…, gli strizza I'occhio, gli fa capire che non lo metter… nei guai. La moglie che parte in vacanza, un'altra donna che risponde al telefono: lui capisce. --Non ci siamo riusciti. t --Quanto devo? Abbiamo il treno in partenza. --Due dollari e venti--dice il tassista. --Ecco. Tenete il resto per il disturbo Eccoli di nuovo correre all'entrata della stazione, sbarazzati del ca- ne e dei cuscini. Hanno tre minuti. Lui non si accorge che proprio in quel momento sta accostando al marciapiede un tassŤ dal parabrezza ~ fracassato. t ~ Non c'Š bisogno di essere lettori del pensiero perch‚ quelli capisca- ' ~ no che direzione prenderanno le loro prede. Se intendono scappare dalla citt…, andranno a una delle stazioni. CosŤ prima hanno perlustra- to quella di La Salle Street, ora sono arrivati a questa. Lui la trascina attraverso l'immenso atrio a volta a tutta velocit…. r Un urlo improvviso dietro di loro:--Eccoli!--Cinque uomini li inse- guonO, uno con una benda insanguinata intorno al capo. ~j~ O'Shaughnessy non osa parlare, la stazione Š piena di gente. Neppu- re i loro inseguitori DosSono, Per•: non perch‚ si preOcCuDinO di colPi- re qualcuno che non c'entra, ma perch‚ stanno correndo troppo in fretta per mirare. Un facchino viene buttato da una parte, uno dei pi- stoleri inciampa nella valigia che quello ha lasciato cadere, ruzzola sul pavimento lucido eseguendo una magnifica capriola. Sulle loro te- ste gli altoparlanti tuonano:--Coast Limited: Kansas City, Denver, Salt Lake City, San Francisco, in carrozza. Lui la spinge attraverso la barriera che si sta chiudendo, getta i bi- glietti all'impiegato. Uno sparo e si vede la figura in uniforme ripie- garsi in due: pure l'impiegato ancora tenta di tener chiusa la barriera. Succede un putiferio: urla, gente che corre, poliziotti della stazione che convergono agitando i manganelli. Ma una figura Š sgusciata via dalla confusione, li segue di corsa, la pistola in mano. Tereshko. O'Shaughnessy la issa in un vagone.--Prendi posto, bambina. So- no con te fra un minuto.--Il treno sta gi… sussultando. La pistola di Tereshko fa fuoco, la pallottola porta via la L di El Do- rado, il nome della carrozza scritto a lettere d'oro e che scivola pian piano dietro le spalle del pilota. Tereshko non ha la possibilit… di spa- rare un'altra volta. O'Shaughnessy gli Š sopra d'un balzo, avventa un pugno che incontra a met… strada la mascella dell'altro mentre si pre- cipita verso il treno. L'uomo cade di schianto sulla piattaforma. La pi- stola gli cade di mano. O'Shaughnessy gli rivolge un saluto burlesco.--Ho un treno da prendere, se no ti avrei conciato davvero!--Si volta e afferra il corri- mano del penultimo vagone, si issa a bordo. Tereshko fissa con occhi annebbiati il Coast Limited che si allontana. O'Shaughnessy si lascia andare, un po' stanco, sul sedile accanto a Nova. Apre le braccia, lei gli si abbandona sul petto, lui la stringe con protettivit… feroce:--Tu sei la mia ragazza, per sempre. Che si provi- no a toglierti a me! Pochi minuti dopo che il suo Bellanca ha baciato la pista dell'aeropor- to municipale di Shanghai, O'Shaughnessy Š gi… al telefono e chiede del Broadway Mansions, il residence dove abitano lui e Nova. Sono sette settimane che manca dalla citt…, sette settimane trascorse sulle montagne rosse dello Szechuan, il "selvaggio west" della Cina, pilo- tando intorno il grande generale Yang, buttando per lui qualche bom- ba e trasportando nell'interno parti di mitragliatrici da Ichang, dove i trasporti fluviali s'interrompono. Non Š un ufficiale o un combattente nell'esercito di Yang, no: solo un pilota mercenario che rischia il suo apparecchio e il suo collo, pa- gato in dollari americani e che si prende una licenza di tanto in tanto. Come ora. Sette settimane Š un sacco di tempo. E ancora vestito della tuta sgualcita e sporca, nera di grasso con la quale Š partito, ma sotto porta una cintura rigirata due volte intorno al petto e una volta intorno alla vita, imbottita di belle aquile d'oro solide aquile sostanziose, non pi— di corso legale a casa, ma buone co- me sempre in tutte le altre parti del mondo. Quindicimila dollari; il suo salario di duemila dollari alla settimana e una gratifica di mille dollari per aver liquidato un carro armato il cui aspetto era antipatico a Yang. Niente male, un salario di duemila la settimana. Ma sette set- timane Š un sacco di tempo, da qualunque parte lo si consideri. La voce di lei gli risuona all'orecchio vibrante di ansia. Ogni volta che il telefono suonava, Nova sperava che fosse lui... ora finalmente Š lui davvero. --O'Shaughnessy.--Un poema d'amore in una parola. Lei spesso lo chiama cosi. --Sono appena atterrato e porto con me quindicimila dollari di eli- sir di lunga vita. Apri la doccia, tirami fuori lo smoking e preparati per le celebrazioni! Si trattiene appena il tempo di veder sistemare il suo aereo come si deve, poi acciuffa un tassŤ all'entrata dell'aeroporto.--Il quartiere bianco. In fretta. --Certo, capo--sorride il guidatore. Shanghai Š pi— sofisticata di Chicago.--Salti dentro. La citt… Š cambiata dall'ultima volta che ne Š partito, lo sente nel momento stesso che arrivano in periferia, attraversano i congestionati quartieri dei nativi e passano il ponte al di l… del quale c'Š il quartiere bianco. Shanghai si sta preparando per la sua distruzione, senza sa- perlo. E una citt… che danza sull'orlo della tomba. Nell'aria c'Š una tenSione elettrica, mai si Š vista intorno tanta gaiezza, tanta eccitazio- ne. Le strade che convergono nel Bund sono uno sfolgorare d'insegne al neon vistose, accecanti, che alternano gli ideogrammi ai caratteri latini a vista d'occhio. Ingorghi di traffico a ogni incrocio, vigili che sofffiano nei loro fischietti, marciapiedi affollati, l'urlo dei sassofoni ~ dai locali notturni, e nel cielo le febbrili stelle d'oriente e i riflettori in- r~ crociati delle navi da guerra ancorate nel Whang-poo. E la citt… giu- sta, la notte giusta per avere la pi— bella ragazza del mondo e quindi- cimila dollari tutti in una volta. Davanti a una gioielleria di lusso lui dice:--Ferma un momento. Balza dentro, esce con un solitario in tasca. Il grattacielo del Broadway Mansions gli sta davanti. Lui conta le fi- nestre fino al decimo piano, ne conta tre dall'angolo. Illuminate, in at- ~tesa di lui. Butta all'autista cinque dollari. L'ascensore sembra strisciare, lui avrebbe voglia di saltarne fuori e spingerlo. Una coppia inglese guarda con disapprovazione la sua tuta sporca. Il ticchettio dei passi di lei dall'interno si confonde con la lun- ga falcata di lui nel corridoio. --Riconoscerei i tuoi passi anche con un tampone nelle orecchie! --Sta' attenta, ti macchierai di grasso da capo a piedi. Entrano abbracciati, parlando insieme.--Pensavo che non tornassi mai, stavolta! --Diamine, come ti sei vestita in fretta. Ti trovo gi… pronta per usci- re. In realt… non lo Š, sono i guanti che lo traggono in inganno. Lei porta uno scintillante abito d'argento, lunghi guanti bianchi, ma Š in panto- fole. E ha ancora i capelli sciolti. Lui ride.--Ma come, ti metti i guanti prima delle scarpe? Un'ombra le oscura il viso per un istante, ma subito lei si rischiara, arrossisce.--Oh, saperti finalmente tornato mi ha cosŤ scombussola- ta... Lui fa la doccia in fretta, salta nello smoking. La sorprende proprio nel momento che lei sta litigando con un paio di scarpine d'argento... appena in tempo per afferrare l'espressione agonizzante che sbianca quel viso cosŤ bello. Ma eccolo ridiventare immediatamente sereno. --Che c'Š... troppo strette? Mettine un altro paio. --No, no, non Š questo, mi vanno bene. E solo che ho i piedi un po' gonfi, fa tanto caldo. Lui abbandona l'argomento. --Suvvia, dove vogliamo andare? Astor House, American Club, Jockey Club?--Di nuovo ride quando la vede inondarsi di costoso profumo, vuotandosi letteralmente addosso la bottiglia.--Oh, a proposito, forse sar… meglio che ci trasferiamo da un'altra parte. In questa casa ho l'impressione che ci siano dei proble- mi con le fognature, si sente un odore strano qui dentro... come di pu- trefazione... Ora per un fuggevole istante il viso di lei Š stravolto dall'espressione disperata dei condannati. Nova gli si aggrappa al braccio con selvag- gia urgenza.--Andiamo, andiamo. Usciamo, caro. E una notte cosŤ bella e tu sei di nuovo qui con me e... Ia vita Š tanto breve! L'atmosfera di tensione elettrica che pervade la grande citt… sull'or- lo dell'abisso Š pi— percettibile che mai nel cabaret tenuto da russi bianchi dove vanno a finire. Si chiama, non del tutto incongruamente, New York. Infatti non pare per nulla di essre in Cina. Una bionda pla- tino dagli occhi a mandorla ha appena finito di guaire, con un accento da Mott Street, I'ultimo successo di Broadway. O'Shaughnessy riconduce Nova al tavolo scusandosi:--Lo sapevo di non essere proprio tagliato per ballare, ma non credevo di essere un tale disastro finch‚ non ti ho guardata in faccia poco fa. Avevi un'e- spressione come se stessi sul cavalletto di tortura. Perch‚ non me l'hai detto, bambina... --No, non eri tu, caro...--ansima lei fievolmente.--Sono... sono i miei piedi che mi stanno uccidendo. --Per• ho qui qualcosa che ti guarir…. Ci siamo visti poco ultima- mente, signora O'Shaughnessy, ma ora che sono tornato... vedrai co- me apprezzo la mia splendida moglie.--Tira fuori di tasca il solitario da tremila dollari, glielo mostra.--Togliti il guanto, tesoro, e fammi vedere che figura fa questo faro sulle tue belle dita... Il viso di lei Š una livida maschera di angoscia. Lui le prende la de- stra.--Su, togliti il guanto. Il gesto fulmineo, terrorizzato con cui lei gli sottrae la mano la tra- disce. Il sorriso si cancella lentamente dalle labbra di lui.--Che suc- cede... non vuoi il mio anello? Stai cercando di nascondere qualcosa, con quei guanti? Li portavi quando ti sei pettinata, li portavi perfino quando hai messo la cipria... Che c'Š sotto? Toglili, lasciami vedere. --No, caro, no! La voce di lui si fa dura.--Sono tuo marito, Nova. Sfilati quei guanti e laciami vedere le tue mani. Lei si guarda intorno agonizzante.--Non qui, amore mio! Oh, non qui ! I singhiozzi le lacerano il petto mentre cerca di tirarsi via un guan- to. Ha gli occhi brucianti di supplica.--Soltanto un'altra notte, dam- mi soltanto un'altra notte...--sussurra con voce rotta.--Ripartirai di nuovo da Shanghai tra cosŤ poco tempo! Non guardarmi le mani, caro, se mi amn.. Il guanto scivola finalmente, cade sul tavolino e di colpo lui sente un gelido orrore penetrargli il cervello, batterlo, sconvolgerlo, annientar- lo. L'impatto spietato lo fa barcollare sulla sedia, tanto che deve ag- grapparsi ai braccioli per resistere alla vertigine. O_uello che vede Š un artiglio... due delle dita hanno le estremit… gi… denudate di carne fino alla seconda falange; ad altre due non ne aderi- Scono che pochi brandelli avvizziti, esangui, putrescenti. Solo il polli- ce Š intatto, ma ha gi… un aspetto malsano, gonfio e floscio. La mano di un cadavere, la mano di uno scheletro... su un corpo vivo. Un corpo che solo poco fa era tra le sue braccia, sulla pista da ballo. Un odore nauseante, la puzza del decadimento, della tomba, avvol- ge ora i due. Una donna indica la cosa dal tavolo vicino, urla. L'ha vista. Si na- sconde la faccia, si rifugia contro la spalla del suo compagno, rabbrivi- dendo. Ecco che anche lui la vede e di colpo il colletto della camicia pare essergli diventato troppo stretto. Anche altri vedono, a uno a uno. Una nube di terrore impalpabile sembra spandersi all'intorno, dalla cosa orribile che giace lŤ, in piena uce, sul tavolo di O'Shaughnessy... Io scheletro alla festa! Smarrita lei mormora in quel silenzio sgomento:--Volevi che met- tessi il tuo anello caro...--e lo fa scivolare sull'osso denudato che sporge come una protuberanza nodosa dalla sua mano. L'anello Š len- to, scivola alla base della cosa e vi rimane appeso, rutilante di baglio- ri. Un orrore inconcepibile, quel brillante sul dito di uno scheletro. L'ipnosi si spezza; forse Š lo scintillio dell'anello che provoca quel- l'effetto, liberandolo, restituendolo a una sembianza di controllo su se stesso. E cosŤ colposo e reale, cosŤ fuori posto. Non pu• parlare ma di colpo afferra Nova, I'attira a s‚, le loro sedie si rovesciano, le coppe di champagne s'infrangono sul pavimento. Con un lembo della giacca lui avvolge e nasconde la cosa che Š stata la sua mano, se la stringe al pet- to, trascina via la donna avvolgendola della protezione del suo brac- cio. Passano lasciandosi dietro il bagliore di un abito d'argento, un ali- to di gardenia, un soffio di decomposizione. La morte Š stata portata via da quel luogo dove i viventi si divertono. L'anello scivola dalla scheggia d'osso insufficiente a trattenerlo, rotola dimenticato a terra. --Non cosŤ in fretta, caro--ansima lei.--Anche i miei piedi... sono cosŤ. E le ginocchia. Dopo, nel tassŤ che sfreccia attraverso le ironiche costellazioni che un'ora prima erano il Bund, lei dice:--La vita Š stata bella, comun- que, finch‚ Š durata. Solo starti vicina Š stato... Š stato tutto per me. Lui ripete ci• che ha gi… detto una volta:--Nessuno ti toglier… mai a me, nessuno! Il medico inglese dice:--Mi pare che non sia niente di buono, sa vecchio mio... O'Shaughnessy ringhia qualcosa tra le labbra livide. Il medico tedesco dice:--Non ho mai visto nulla di simile. Questo caso diventer… sensazionale! --Il caso magari sŤ, ma che ne sar… di lei? Questo m'interessa! --Caro signore... --Ho capito. Mandatemi la parcella. Il medico americano dice:--C'Š un'infima possibilit…... quella che voi chiamereste mille a uno... che l'olio di chaulmoogra possa farle be- ne. --Ma non avevate detto che non era lebbra? --Non lo Š infatti. Forse Š un'oscura malattia cinese di cui nessuno di noi ha mai sentito parlare. Sembra che lei stia diventando un cada- vere vivente. Gli organi intemi sono intatti, per ora, lo dimostrano gli esami; Š la muscolatura esterna che si sta decomponendo. Se il proces- so continua... e pare che non possiamo far niente per fermarlo... ci ri- troveremo con uno scheletro vivente! Allora, per•, naturalmente lei morir…. Il medico francese... i francesi sono tipi razionali e quindi buoni dot- tori... dice:--M'sieu, temo che i miei colleghi non abbiano considera- to la cosa dal giusto punto di vista... Il viso sciupato di O'Shaughnessy s'illumina.--Cosa pu• dirmi? --Solo questo: non c'Š speranza. Sua moglie Š perduta. Se Š un uo- mo compassionevole... noti, non le do questo consiglio come medico ma da marito a marito... vada in una fumeria d'oppio di Chapei, ne compri una quantit… sufficiente e... O'Shaughnessy risponde con voce soffocata:--Non sono uno che si d… per vinto. Non voglio abbandonare la partita. C'Š una grande piet… negli occhi del medico.--Vada a Chapei, mon ami. Ci vada stasera. Lo dico per amore della sua sanit… mentale. Che non resister… alla vista di ci• che si presenter… ai suoi occhi tra qual- che settimana. Il pilota pronuncia due volte il nome di Dio, si nasconde il viso col braccio ripiegato. Il francese gli mette una mano sulla spalla.--Mi rendo conto di ci• che ha tratto in errore gli altri. Hanno cercato una malattia dove non esisteva malattia alcuna. Lei non Š malata, Š lo sta- to stesso della morte che la possiede. Come dire? Quella carne che si va decomponendo, che imputridisce, Š paradossalmente tessuto sano. Il microscopio non mente. Vede Š come quando una persona viene uc- cisa, diciamo, da una pallottola. Per tutto il resto Š sana, no? Pure gia- ce nella tomba e la natura dissolve la sua carne. Ecco quel che abbia- mo qui: l'effetto senza la causa... Dopo qualche tempo O'Shaughnessy scopre la faccia, si alza, si av- via lento alla porta.--Lei almeno Š onesto--dice.--Bene, la scienza medica mi assicura che Š come se lei fosse gi… morta. Ma io non mi ar- rendo. C'Š ancora un modo. Il dottore fa una spallucciata, sfiduciato.--Quale? A che modo pen- sa? A Lourdes? --E un modo spaventoso--risponde lui--ma ora Š l'unico. Barcolla fuori nel sole smagliante, erra senza meta, sprofondato nel- la sua disperazione. E a un certo momento si trova a tremare da capo a piedi, improvvisamente. Paura. Di nuovo ha paura, per la pirma volta da quando era un ra- gazzino. Prova quella paura che aveva creduto di non poter conoscere mai pi—. Quella paura che nessun'arma, nessun pericolo, nessun cata- clisma naturale sono stati capaci d'ispirargli fino a questo momento. Eccola ora che gli scorre gelida per le vene nell'afa pomeridiana. Pau- ra per la donna che ama, l'unica paura che possa sgomentare total- mente un uomo coraggioso. Paura del modo, il modo di cui ha parlato al dottore. Paura di ci• che esso implica. Alle sue orecchie risuona ancora la voce folle, urlante nelle tenebre:--Tornerete da me strisciando, a supplicare perch‚ vi aimi! Quella sar… la mia rivincita! E la sua risposta! Oh, non Š la certezza che la sua vita far… parte del prezzo che gli verr… richiesto a farlo tremare; n‚ qualunque orrore, qualunque tortura che la mente di un pazzo possa escogitare d'inflig- gergli per vendicarsi. Lui Š pronto a sopportare tutto col sorriso sulle labbra per dare a lei un'ora, un giorno, una settimana di vita in pi—. Ma teme ci• che verr… dopo, ci• che lei dovr… affrontare sola, senza di lui. La barriera di filo spinato che la imprigioner… con un maniaco, che la terr… rinchiusa come un animale in gabbia dopo che lei ha cono- sciuto il mondo. Meglio se l'avesse lasciata lŤ come l'aveva trovata... Ma il modo Š quello e non ne esistono altri. E una volta raggiunta la decisione il tremore lo abbandona. Non vaga pi— senza meta. Pu• guardare in faccia il destino senza paura. Ha in tasca i biglietti del piroscafo, quando torna al Broadway Man- sions. Su tutto il corridoio, dall'ascensore alla porta del loro apparta- mento, indugia pesante una nuvola di profumo... per nascondere un odore molto diverso. Lei Š distesa sul letto, sostenuta da cuscinit e una cameriera cinese le fa vento. Lui sobbalza, si arresta sorpreso. Il folle tempo del suo sbi- gottimento sembra esser tornato indietro a quella terribile notte, quando lui era arrivato dalle montagne dell'interno... e non sapeva nulla ancora. Perch‚ lei Š bellissima come sempre ma anche compo- sta, serena, quasi sorridente, cancellati i segni che la coscienza della fine orribile le aveva incisi sul viso. --E arrivata la maschera.--Dice lei con voce lievemente risonan- te. E quella che porta e che lui vede: una riproduzione perfetta dei suoi lineamenti, cesellata da un abilissimo artigiano cinese dietro richiesta di lei. Ha implorato terrorizzata che gliela facesse fare prima che il suo viso diventasse irriconoscibile. Non per se stessa, ma per l'uomo che ora Š lŤ e la guarda... I'uomo al quale la vita e l'amore hanno sorri- so e al quale la vita e l'amore, e il sorriso insieme, sono stati strappati. Con un gesto lui accenna alla cinese di uscire. Quando sono soli Nova chiede, indifferente come se volesse sapere che tempo fa:--C'Š speranza? --Non qui.--Non Š la prima volta che la domanda e la risposta si ripetono, quindi non c'Š pi— trauma. Lui vede un sacchetto di tela pesante sul comodino accanto al letto. --Cos'Š? --Un altro agente di Yang Š venuto mentre eri fuori. Ha lasciato dell'oro per te, e insieme la minaccia appena velata che il tuo t‚ sar… molto amaro se non ti ripresenti subito. Credono che tu voglia pian- tarli. Meglio che torni da loro, carissimo. --Neanche per sogno, tesoro. Ho venduto l'aereo. Torniamo negli Stati Uniti. Ti riporto da Denholt. Lei rimane in silenzio molto, molto a lungo. Lui la vede rabbrividi- re, irrefrenabilmente sotto la pesante vestaglia di broccato, come era successo anche a lui nella via assolata. Le siede accanto.--Nova, ormai sei con me da quasi un anno. Hai conosciuto tante ragazze della tua et…, sai che nessuna di loro ha im- parato a parlare e a camminare tardi come te. Evidentemente a te Š accaduto qualcosa di grave, e un solo uomo al mondo sa che cosa sia e come rimediarvi. Quelle iniezioni... non capisci ora che lui con quelle ti manteneva in vita? Non abbiamo alternative: dobbiamo tornare da lui e avere il suo siero.--Amaramente tira fuori una valigia e l'apre. Aggiunge:--Non fui cosŤ furbo come credevo allora. Avrei dovuto sa- perne di pi—. E questo che ci ha sconfitti... Discendono il Whangpoo fino allo Yangtse, fino al Mar della Cina. Ormai la loro Š una corsa contro il tempo, una corsa contro la morte. E le probabilit… paiono tutte contro di loro. Hanno da valicare il pi— grande oceano della terra, quindi un intero continente da ovest a est. Ci vorranno come minimo tre settimane. Potr… lei sopravvivere tanto a lungo per pura forza di volont…? O hanno aspettato, come sciocchi, finch‚ non Š stato troppo tardi? E poi, come possono esser sicuri che il soccorso li attenda alla fine del lungo viaggio, perfino il soccorso che ambedue temono tanto? Forse Denholt se n'Š andato: e come ritrovar- lo in tempo? O la sua pazzia pu• averlo sopraffatto. Forse in quello stesso istante lui Š stretto in una camicia di forza, il suo cervello anda- to. SŤ, le probabilit… a loro favore sono ben poche. Ma... almeno esisto- no. Lei Š allungata su una sdraio sul ponte, avvolta fino al mento in pe- santi coperte; il bellissimo viso della maschera tra i capelli d'oro non sorride mai, non Š mai triste, non cambia. Solo gli occhi sono vivi, e la voce. Lui segue sulle carte il loro progresso quotidiano. Torna a fare i calcoli cento volte al giorno, pregando di poter avanzare di qualche millimetro la linea in inchiostro rosso che segue il percorso del piro- scafo. Kobe. Cattive notizie. Un giornale anglo-giapponese si Š impadroni- E to della loro storia e l'ha stampata. Deve averla pescata da indiscre- zioni circolanti a Shanghai. La paura di lei emerge perfino attraverso la maschera.--Ecco. Lo sanno. "Bellissima donna in preda a una morte vivente. Il primo caso al mondo di simile male. Il marito la sta portando a casa..." ~ Un lungo singhiozzo profondo.--Non vedi? I giornali americani se F~ ne impadroniranno, seguiranno la nostra storia minuto per minuto, le E daranno la massima pubblicit…. E c'Š il tuo nome. Queui che volevano farci del male sapranno che si tratta di noi, sapranno che stiamo tor- nando indietro. Aspetteranno che sbarchiamo, poi... non ce la faremo mai, mai. Oh, caro, torniamo indietro! Lasciami morire in Cina... che ~_ differenza fa? Ti ho gi… provocato abbastanza dolore, non lasciare che S io sia causa di... Lui la prende fra le braccia, la tiene stretta.--Sembra proprio che tu non abbia una grande stima della mia abilit… a prendermi cura di noi due. Involontariamente lei tende una mano per carezzare il viso chino sul suo; ma subito ricorda e lascia ricadere l'artiglio inguantato. Passano i giorni. La storia si Š sparsa ora, e il piroscafo Š un alveare ronzante di curiosit…. La gente trova tutti i pretesti per accostarsi alla sdraio di lei, per passarvi davanti in modo da potersi poi voltare e sbarrare gli occhi. O'Shaughnessy sente due uomini scommettere che lei non raggiunger… viva San Francisco. Un pomeriggio Nova cerca di fumare una sigaretta per tenerlo un po' su. Aspira attraverso le labbra della maschera, il fumo esce dall'attaccatura dei capelli, dalle tempie, da sotto il mento. Un cameriere a quella vista lascia cadere un vassoio di bicchieri pieni. Dopo di ci• lei non si muove pi— dalla cabina. Tremila anni dopo sono a Honolulu. Collane di fiori e mandolini sul ponte, nella cabina in penombra un essere muto e immobile, saturo di profumi, coperto di fiori freschi come se fosse gi… nella bara. E troppo doloroso oramai forzare i piedi scarnificati a reggere il peso del corpo per pi— di pochi istanti alla volta, anche se sono awolti in bende. I giornalisti cercano di forzare l'ingresso per vederla. O'Shaughnessy deve usare i pugni per tenerli a distanza. Di nuovo in mare per l'ultima tappa del viaggio. Talvolta lui si chi- na su Nova, le sussurra come l'allenatore di un pugile sfortunato che ha concluso la ripresa in svantaggio:--Puoi farcela. Solo un altro po- co, tesoro. Fallo per tuo marito.--Talvolta a notte alta sale sul ponte e scuote il pugno chiuso... a che? Al piroscafo, all'oceano sconfinato, all'orizzonte che non si avvicina mai, alle stelle indifferenti? La zampa di coniglio gli Š rimasta praticamente in mano per tutto il viaggio. E ormai completamente spelacchiata dallo strofinio del suo pollice, che ha sviluppato quasi il tic di ripiegarsi verso il palmo muo- vendosi come a carezzare qualcosa.--Ce la faremo, io e te--sussurra lui, torvo, al suo portafortuna. Finalmente San Francisco. Gettano l'ancora nella baia... ce l'hanno fatta! Tutti e tre, lui, lei e la mascotte. Dietro la maschera risuona an- cora una voce: debole, senza fiato ma viva. E sono ancora vivi gli occhi nella doppia cornice delle ciglia, quelle vere e quelle artificiali. Lui ha telegrafato dalle Hawai per fissare un aereo, che ora Š pronto e lo aspetta all'aeroporto laggi— a Oakland. Riesce a far passare Nova, distesa in una barella, attraverso la massa solida di giornalisti che si accalcano sui ponti, gi— per la passerella, mentre i flash lampeggiano intomo a loro come costellazioni. La solleva e la porta in un'automo- bile in attesa davanti alla dogana, e ancora i giornalisti sono intorno a loro come un branco di segugi latranti. C'Š solo un uomo che non lo mitraglia di domande, non dice una parola... lancia solo una lunga oc- chiata al bellissimo viso sul corpo avvolto nel bozzolo di coperte che viene trasferito dalla barella alla macchina, e poi si tuffa nella pi— prossima cabina telefonica. O'Shaughnessy non gli Š abbastanza vici- no da sentire che l'uomo fa una chiamata interstatale... Ecco l'aereo, con un secondo pilota per darsi il cambio con lui. Sono in volo verso est.--E non atterriamo n‚ per la neve, n‚ per la pioggia, n‚ per la nebbia, n‚ se il motore ci pianta, finch‚ non si arriva a Loui- sville--dice O'Shaughnessy. Per tutta la giornata sfrecciano nello spazio.--Ha quella mappa del Kentucky che le ho chiesto di procurarmi? Infine localizza la montagna, vi traccia intorno un grosso cerchio. --Atterriamo qui, esattamente. --Ma su quale pista? Ce n'Š almeno una? Sar… buio molto prima che ci arriviamo--protesta il secondo pilota. --Atterreremo in quel punto-- Š la risposta implacabile di O'Shaughnessy--quando pure dovessimo far diventare questo aereo una catasta di stecchini. Qui, verso l'orlo del cerchio, dove questa stra- da secondaria si diparte dalla statale e sale verso ovest. E il punto pi— vicino che possiamo raggiungere. --Si metta in contatto radio con una delle citt… pi— vicine, fissi una macchina che l'aspetti in quel punto, allora. Far… prima. --Gi…, ha ragione--annuisce lui. Comincia a chiamare il capoluo- go della contea. Nova scuote la testa. Lui le si china accanto per sentire cosa vuole dirgli.--Se indichi per radio il posto dove vogliamo atterrare... pu• essere che tu lo faccia sapere anche a loro. E ci saranno addosso... --Come possono batterci in velocit…, a meno che non siano gi… nelle vicinanze? --Ma Š questo il fatto, potrebbero esserci. Tu hai telegrafato da Ho- nolulu e hai chiesto una carta di questa contea. Loro possono aver in- tercettato il messaggio. E se ora si trovano nel raggio della nostra ra- dio, sapranno in che punto esatto dovranno trovarsi. --Ci si trovino e il diavoli li porti!--Š tutto quello che lui risponde. Manovra i pulsanti.--Pronto, Wellswille? Qui un aereo privato in vo- ~ lo verso di voi con a bordo un passeggero mortalmente malato. Abbia- t~j rnO urgente bisogno di trasporto a terra... All•, qui Wellswille. Qui Wellswille. Non abbiamo comodit… ~adatte al vostro caso. --Non chiediamo un ospedale per il paziente. Ci serve solo un mez- 174 ~ 175 zo di trasporto. Voglio un'automobile nel punto dove la statale dician- nove incrocia l'autostrada. --Be'... non saprei. --Avr… letto i giornali ultimamente--latra lui.--Io sono Penny O'Shaughnessy!... SŤ, sŤ quello della ragazza in preda alla morte viven- te, se proprio vuole saperlo! Ora me la manda una macchina dove le ho chiesto? --Vengo io personalmente. --Non vogliamo pubblicit…, venga solo. Dovremmo esser lŤ per le dieci. Inclini i fari verso l'alto per farci da guida, continui ad accender- li e spegnerli a intervalli di due minuti, dovremo atterrare a buio pe- sto. Se ce la facciamo senza trasformarci in frittelle, si tenga pronto a partire istantaneamente. Non ci venga meno, una vita umana Š in pe- ricolo e questa Š la sua unica possibilit…. Un'ora dopo il tramonto Louisville Š un tappeto tempestato di pun- tini luminosi, con lunghe linee occhieggianti che se ne dipartono in li- nea retta come collane di perle scintillanti. Si dirigono a sudest, verso il confine col Tennessee. Alle nove avvistano una linea continua di punti luminosi, dritta co- me una freccia. La seguono, volando ora cosŤ bassi che i fari di qualche macchina in viaggio per l'autostrada sembrano sfiorare il ventre del- I'aereo. E dopo trenta o quaranta minuti appare una lucciola nella campagna buia. Si accende, si spegne, si accende, si spegne... O'Shaughnessy afferra per le spalle Frazier, il secondo pilota, giubi- lante.--Ha visto? Mi dia i comandi! A me riuscir…... niente pu• andar- mi sbagliato ora! Girano in una spirale sempre pi— stretta, si abbassano quasi a tocca- re il tetto dell'automobile in attesa.--Si tenga forte!--esclama lui e porta brevemente una mano alla tasca dov'Š chiuso il suo portafortu- na. La terra sale a incontrarli, liscia e nera come una lavagna. Un urto, un sobbalzo, ancora un sobbalzo, un breve tratto di corsa sul carrello, una frenata. Lui spegne il motore. L'automobile che li aspetta ha abbassato i fari per far loro da guida. E in un campo. Portando Nova a braccia, i due piloti vi si dirigono se- guendo un sentiero di luce. Il guidatore scende, aiuta O'Shaughnessy a sistemarla sul sedile di dietro. Ed ecco che una sagoma scura e immo- bile appare un poco pi— su, ombreggiata dagli alberi che la nascondo- no quasi completamente... si materializza come una seconda macchi- na, ferma, oscurata, apparentemente deserta. Frazier, che si Š fatto da parte, di colpo grida:--Ehi, qui nel fosso c'Š il corpo di un tizio.. --Pigliatela calma, fratello--esorta una voce. Un lampo arancione parte da un punto proprio dietro la prima automobile. Un'esplosione infrange la quiete della notte, e il pilota si piega verso la strada come se ci fosse una moneta e lui languidamente si chinasse a raccoglierla. O'Shaughnessy non aspetta di vederlo cadere. Balza verso Nova, vuole strapparla da quella macchina che Š una trappola. Ma al di so- pra del corpo di lei aleggia l'ovale sfocato di un altro viso, rivolto ver- so di lui. _ Neanche per sogno--dice una voce ironica.--Lei viene con noi. si ricomincia da dove c'interrompemmo quella notte... e stavolta non ci lasceremo imbrogliare! Un secondo lampo balza ora verso O'Shaughnessy. Per un'infima frazione di secondo il mondo intero pare immobilizzarsi. Poi si sente la detonazione della pistola, un urto immenso lo squassa in tutto il corpo come se fosse finito a capofitto contro un muro di pietra, e un oceano di dolore lo inghiotte. Una voce indistinta dice dall'ombra, mentre il suolo gli si alza velo- ce incontro:--Finitelo voialtri! Ormai mi succede di non fidarmi pi— che siano morti dawero, anche se sembrano proprio cadaveri! Tre comete dardeggiano verso il corpo giacente a terra. Frammenti di asfalto gli esplodono accanto alla tempia. Un ferro rovente gli tra- passa il fianco, mentre qualcosa come una martellata gli percuote la spalla. Sente la propria bocca aprirsi: forse tenta di dire qualcosa. Da lontano, molto lontano, due voci lo raggiungono:--Hai sentito E dove volevano andare? --SŤ, e pare proprio una buona idea... Sopra di lui il motore ronzante scoppia in un ruggito, I'aria che cer- ca di respirare gli viene sottratta, una nuvola di polvere e brecciolino lo avvolge. Vede una luce rossa allontanarsi; ecco, ora Š sparita. Lui Š solo, solo con il pilota che giace pi— lontano e un altro tizio che non ha mai visto, al quale ha solo parlato per radio. Vorrebbe tanto addormentarsi... morire... Io chiamano... ma non pu•. Qualcosa lo disturba, lo tiene sveglio. Qualcosa che deve assolu- L tamente ricordare. Non si tratta di Nova n‚ del pilota, si tratta di quell'altro tizio, I'estraneo. Improvvisamente ricorda. Il tizio aveva una macchina. L'aveva por- tata per lui. Adesso Š morto, ma l'automobile Š ancora lŤ, nascosta sot- ~ to gli alberi. L'ha vista con i suoi occhi. E Deve arrivare a quella macchina. Lui magari sar… mezzo morto, ma ~- la macchina pu• portarlo dove deve andare. E deve andare da Nova, dovunque essa sia. F o Per prima cosa si rotola prono, e un mucchio di roba bagnata e cal- da gli esce dalla spalla, dal fianco e dal petto. Questo gli fa capire che il suo corpo Š ancora vivo, perch‚ duole come un accidente. Si butta dalla parte sana, puntella a terra il braccio intatto che gli Š rimasto per utilizzarne la spinta. E riusCitO a girarsi in cerchio e vede il tizio, poi il pilota, poi l'auto- mobile. Comincia a trascinarsi in quella direzione. Sa bene che Š inu- tile tentare di mettersi in piedi. Si ferma accanto al pilota, lo tocca, lo scuote un poco. Frazier si muove appena, geme appena. O'Shaughnessy si muove centimetro a centimetro verso l'automobi- le. Si muove come un verme, contraendosi e raddrizzandosi, contraen- dosi e raddrizzandosi; ma non come un verme sano, piuttosto come un verme che qualcuno abbia schiacciato. Lascia dietro di s‚ una traccia umida sull'asfalto. E facile rizzarsi fino al predellino, ma arrivare attraverso chilometri di sportello lucido alla maniglia Š un'altra cosa. Ci riesce, chiss… come. Il finestrino Š abbassato, per fortuna, una mano sulla cornice lo aiuta a sostenersi. Si lascia cadere sul sedile. La luce dei fari ora illumina in pieno i due corpi giacenti. La mac- china traballa, sbanda, si raddrizza. La corrente di aria fredda dai finestrini toglie un po' di ragnatele dal suo cervello intontito. Ora sa dove quelli sono andati, dove seguirli. "Hai sentito dove volevano andare?n ha detto la prima voce, e la se- conda ha risposto che sembrava una buona idea. Ecco finalmente il sentiero di terra battuta che s'interseca con la strada e porta i segni del passaggio recente. CosŤ ripido e pieno di cur- ve Š difficile da percorrere con un braccio solo a tenere il volante La barriera di filo spinato ora corre da un lato della salita. Lui si chiede se Denholt sia ancora dietro quel riparo. Ma ecco che vede la cinta afflosciata a terra e una larga breccia al posto del cancello, e sa come quelli abbiano fatto a entrare. Entra anche lui, frena solo quando la loro automobile messa di tra- verso gli blocca la strada. Al di l… appare pallida la sagoma della casa. Striscia fuori dal sedile, barcolla in avanti, si trova sotto il porticato. Si aggrappa allo stipite della porta un momento. Non c'Š nessuno di guardia. Non si sono neanche preoccupati di chiudere la porta, tanto sono si- curi di aver lasciato tutti i possibili avversari morti laggi—, all'incro- cio con l'autostrada. La luce bianca del laboratorio gli fa da guida. So- no tutti lŤ; mentre si trascina sempre pi— vicino lui pu• sentirne le vo- ~ ci. Una Š pi— alta delle altre, risuona stridula, minacciosa. 3 --Non venire a dirci che non sai cosa vogliamo! Perch‚ quella bar- riera di filo spinato e tutte quelle altre precauzioni se quel che cerchia- mo non fosse qui? Perch‚ questa ragazza, la Brown, correva qui a rot- ta di collo con quel fesso che dice suo marito? E proprio il posto adatto questo, altro che! E noi sempre a pensare che fosse in Florida! Tipico del capo, davvero, andarsene in crociera da una parte per metterci su una falsa traccia, e spedire i baiocchi dall'altra. Era furbo, non c'Š che dire, ne ha pensati un sacco di trucchi come questo. Ora fatti furbo tu, idiota! _ Nnr r' ~ n n~ l i, Non SO chi siate. cosa vo~liate, ma non c'Š de- naro qui. Solo... solo i risultati di una vita di... Per amor di Dio, state attento! La voce di Denholt. Gi… O'Shaughnessy Š arrivato alla soglia e resta IŤ senza che nessuno lo noti. Gli voltano la schiena tutti, anche Nova tenuta crudelmente ritta da due di loro. Solo Denholt lo fronteggia, l‚ spalle al muro. Anche da dietro lui riconosce una di quelle schiene: Š Tereshko. 10 Vicino al suo braccio c'Š un alambicco colmo di liquido incolore; I'ha appena sfiorato col gomito facendolo traballare. Ma come Denholt glielo indica, si china a guardarlo. La supplica frenetica ha su di lui I'effetto opposto: si tratta di una cosa che quel vecchio pazzo ritiene preziosa, quindi il suo impulso Š di distruggerla immediatamente. Con gesto deliberato la spazza via dallo scaffale.--Al diavolo la tua robaccia! Tutto questo Š solo una mascheratura chi credi di fregare? L'alambicco s'infrange al suolo, il liquido si v‚rsa, si allarga, ormai irrecuperabile. Dalla gola di Denholt esce un grido strozzato, angoscioso. Il vecchio balza contro di lui che ha distrutto il lavoro di tutta la sua vita. La pi- stola di Tereshko esplode quasi con indifferenza, Denholt barcolla, si piega lentamente in ginocchio come un penitente in preghiera. Dopo un poco lo sentono mormorare:--SŤ, Š meglio cosŤ... ora.-- Si affloscia prono. Ora Š O'Shaughnessy a gettarsi contro Tereshko, e i quattro che gli stanno dietro vengono sparpagliati dal suo assalto selvaggio. Nova ora libera, sta per cadere; si sostiene al bordo della tavola operatoria. I quattro si girano a guardare chi Š il nuovo venuto e nella loro sbigotti- ta incredulit… dimenticano di usare le pistole. Tereshko cade all'indie- tro, la gola serrata dal braccio dell'assalitore che con l'altra mano lo Colpisce dove pu•, alla testa, alle costole. ~ La lotta dura ben poco: Š troppo ineguale. I quattro si riprendono r dalla sorpresa, gli si fanno addosso. I calci delle pistole piovono sul corpo di O'Shaughnessy, gli farmo lasciare la presa, lo schiacciano a terra. Tereshko trema di rabbia.--Non lui ancora!--protesta, come con- tro un'ingiustizia.--Accidenti, non fanno altro che morire e poi rial- zarsi e rimettersi a camminare! Che diavolo, usiamo forse pistole ad 5 aCqua? O questi qui hanno tutti nove vite? --Un momento!--E stata la maschera a parlare, e i cinque uomini 179 guardano stupiti il viso impassibile che li fronteggia. Se anche prima non ha mai mentito, ora certo mente: cosŤ calma, cosŤ serena, per nul- la turbata da una scena simile.--Che volete da noi... da me? Perch‚ ci braccate cosŤ? Che vi abbiamo fatto di male? Tereshko sogghigna:--Tu sei la ragazza di Benedetto, no? Sei Jane Brown, no? Lo dovresti sapere che vogliamo da te. Noi abbiamo fatto il suo sporco lavoro per sette anni, e alla fine sei arrivata tu a papparti il guadagno. Dove sono i soldi che lui ha accumulato in quei sette an- ni, quando una percentuale su ogni bicchiere bevuto finiva dritta nelle sue tasche? Dov'Š il milione e mezzo di dollari che sparŤ quando lui fu arrestato? --Io non ho mai visto n‚ conosciuto questo Benedetto--dice lenta- mente la maschera. --Sgualdrina bugiarda! Quella Š la faccia che lui ha baciato tante volte davanti a tutti noi. La faccia che si teneva sulla scrivania in una cornice di diamanti. La voce che lo chiamava Benny-tesoro. Gli occhi che piansero quando lui fu spedito in prigione... Certo! Tu sei Jane Brown e basta! Due mani guantate escono dal mantello che l'avvolge tutta, armeg- giano un poco dietro le orecchie, in mezzo ai capelli d'oro.--Guarda- temi pi— da vicino... e ditemi se sono la ragazza di Benedetto... se sono Jane Brown!--La maschera cade, eppure si ripete identica nel viso che c'Š sotto, ancora intatto, solo pi— pallido. Quelli trattengono il fiato dalla sorpresa. Ma poi Tereshko dice nel silenzio:--Ebbene, portavi una maschera... e allora?--Per• la voce un poco gli trema. Le mani di lei scendono ai fermagli del mantello, ne afferrano i lem- bi per aprirlo. --Guardatemi ancora--esorta lei--e poi ditemi se mi riconosce- te! --No, Nova... no!--grida O'Shaughnessy da terra. La voce di lei si fa dolcissima.--Chiudi gli occhi, O'Shaughnessy... chiudi gli occhi e tienili chiusi, se mi ami. Perch‚ nessun amore po- trebbe sopravvivere a questo, nessun amore al mondo Docile, lui serra le palpebre. Sente il fruscio del mantello di lei, la corrente d'aria che provoca aprendosi. Vicino a lui risuona come un singhiozzo. Una pistola cade a terra. Poi un urlo selvaggio, terribile... un improwiso pestare di piedi che corrono verso la porta. I cinque fuggono, fulminati dal terrore. --Via da me! Chi sei, chi sei? La voce di lei ha ripetuto la domanda... chiara, serena, sepolcrale: --Ora... sono dawero la ragazza di Benedetto? Sono la ragazza di qualcuno? I passi impazziti risuonano sulle assi del porticato. Una porta sbat- te. Il motore di un'automobile si accende... Ia marcia stride, ingrana appena. Il rumore della macchina si perde in lontananza. Poi all'im- provviso uno scroscio, un fracasso di lamiere infrante vola nell'aria della notte. Fievole, ultimo, risuona un lamento di dolore e di morte... quindi cade il silenzio come un sipario sull'ultimo atto di un dramma. Nel laboratorio per lunghi minuti nessumo si muove. --Sono andati fuori strada--dice teso O'Shaughnessy. Apre gli oc- chi e vede Nova di nuovo chiusa nel mantello. Dev'essere davvero mo- ribonda, pensa, per aver spinto i vivi a fuggire come pazzi verso la morte solo con la sua vista. Una pistola giace sul pavimento, Š tutto quel che resta dei cinque. Lentamente, penosamente O'Shaughnessy si trascina verso Denholt, gli si accascia vicino, riesce a rivoltarlo. Gli occhi dello scienziato lo fissano, ancora vivi. La voce del pilota Š sorda, stridente:--Deve salvarla. Deve. Mi uc- cida se le ho fatto un torto... ma vede, gliel'ho riportata, lei Š il solo che possa fare qualcosa... Denholt, mi sente? Il morente annuisce, indica disfatto l'alambicco infranto, il liquido sparso al suolo. --Era quello?--O Shaughnessy lo scuote selvaggiamente, terro- rizzato.--Dev'essercene dell'altro. Non pu• essere tutto lŤ! Non pu• dirmi come farne dell'altro? La voce dello scienziato alita fievolmente:--Non c'Š tempo. --Non ha scritto la formula? Un debole cenno di negazione.--Avevo paura... non volevo che me la rubassero. La mano di O'Shaughnessy ha riacquistato tutta la sua forza quan- do si contrae sulla spalla di Denholt.--Non Š possibile. Non pu• dir- melo cosŤ... che lei deve morire. Che non c'Š niente, niente che lei con tutta la sua scienza e io con tutto il mio amore possiamo fare per lei... Proprio niente...?--Qualcosa come una mano gelida gli serra la gola. Piccoli aghi gli pungono le palpebre finch‚ non si sente le ciglia umi- de. Nova, immobile, china lentamente il capo. Una mano stringe il braccio di O'Shaughnessy, una mano sottile che una volta dev'essere stata molto forte.--Aspetti. Si chini, cosŤ potr… udirmi Stavo riempiendo un'ipodermica per uno dei conigli... quan- do loro sono entrati. Non ricordo che ne ‚ stato... Guardi intorno se riesce a trovarla. Se Š intatta basta per una iniezione... Faccia presto, si fa buio... me ne sto andando. Prima di guardare, prima ancora di muoversi, lui tocca il portafor- tuna che ha in tasca.--Aiutami--dice poi a Nova.--Tu sai com'Š, ne hai viste tante... Lei alza la testa, si fa da parte... ed ecco lŤ l'ipodermica, sulla tavola peratoria E piena di un liquido trasparente, incolore. Lui torna a chinarsi sul morente, gliela tiene davanti agli occhi. --SŤ, Š quella. Tutto ci• che ne resta ora. Sar… perduto per sempre il mio siero, tra pochi minuti, quando me ne andr•. Lo porto via con me... dopo quel che ho visto stanotte della natura umana c'Š un potere troppo diabolico in una scoperta simile... per noi Š meglio il modo co- me la natura ha arrangiato le cose... --Devo sollevarvi? Crede di poter restare in piedi abbastanza a lun- go da... --Non c'Š tempo.--Rivolge un debole cenno a Nova, lei si awici- na.--Stenditi sul pavimento qui, dove posso raggiungerti...--Poi a O'Shaughnessy:--Le tenga sollevati i capelli dalla base del collo. E mi regga il braccio... L'ago si solleva, la siringa cade vuota. Lui mormora, fissandola sfinito:--Un mese ora che sappiamo di non aver pi— speranza... Be', forse aveva ragione quel dottore francese... Ancora quella mano sul suo braccio.--Ascolti. Lei star… male, mol- to male, per ventiquattr'ore. La reazione. Le tenga impacchi di ghiac- cio intorno finch‚ la temperatura non si abbasser…. Poi l'iniezione ar- rester… il processo di decadimento per un poco. Non pu• riparare ci• che Š gi… distrutto... ma vi dar• un poco di tempo. Un mese, forse pi—... Mi dispiace di non potervi dare altro... e soprattutto di non potervi da- re nessuna speranza. Poi ci• che vi era in Denholt di umano e compassionevole muore. --Vede, dopo tutto ho fallito. Non l'ho riportata veramente in vita. Qualcosa in lei era morto, Š rimasto morto. Il sangue stesso delle sue vene le portava la morte in circolazione nel corpo! Le iniezioni che le facevo controllavano, fermavano la putrefazione... non di pi—. &li occhi del pilota hanno un brillio cupo.--Non aveva il diritto. Non Š stato giusto per lei n‚ per me... e neppure--sorride tristemente --per quei pistoleri impazziti che ora sono spiaccicati sulla sua mon- tagna. Ha cercato di ridare la vita, Denholt... e il risultato Š la morte. Le labbra livide si piegano a una smorfia ironica.--Anche la mia-- sussurra il medico. Si drizza appena nelle braccia dell'altro, ora cerca penosamente di giustificarsi.--Se lei non fosse venuto, O'Shaugh- nessy... chi pu• dirlo? Forse nulla di tutto questo sarebbe successo. Eppure lei ha rappresentato l'elemento umano... quello che io non avevo contato. SŤ, Š stato il sangue che mi ha sconfitto... il caldo san- gue appassionato degli uomini e delle donne, famelico e avido e vivo... quel sangue che non ho potuto restituire intatto al corpo di Jane Brown... La spalla di O'Shaughnessy pulsa di dolore e sangue gli cola gi— per il braccio sotto la manica, gi— per il polso e per la mano. Lui lo fissa come assente e ripensa alle ultime parole di Denholt; poi di colpo una forza sovrumana lo invade, perch‚ ora ha qualcosa da fare. C'Š un'au- tomobile fuori, e pi— sotto un aereo che aspetta. E c'Š Nova, il viso pal- lido ora arrossato, acceso di febbre, le palpebre palpitanti, il respiro affannoso. E c'Š... sŤ, o Voi folli dei del Fato, c'Š O'Shaughnessy, I'uomo che ha ignorato la paura, almeno per se stesso, da quando aveva di- ciotto anni. SŤ, tutte le tessere del mosaico sono ora riunite e il disegno che formano Š chiaro nella mente di lui. Si sente la testa leggera, ma la sua volont… Š inflessibile. Pu• star rit- to e muoversi con facilit…, mentre poco prima poteva solo strisciare. Solleva Nova tra le braccia, barcolla appena, esce a passi lenti ma fer- mi e decisi. La testa bionda gli riposa sulla spalla. Lei ha gli occhi aperti.--Che facciamo ora?--chiede, con voce lievemente impastata dalla febbre. --Che i,porta?--risponde lui. Non vuole dirglielo, non vuole che lei lo sappia ancora.--Sono qui con te, Jane. La chiama cosŤ per mostrarle che pu• pronunciare il suo vero nome con la stessa tenerezza, che non le rimprovera di essere Jane Brown. Ma lei non vuole. Quel nome non Š il suo... --Il mio nome Š Nova--dice ferma e grave.--Nova O'Shaugh- nessy. Non dice altro mentre lui l'adagia nell'automobile o durante la di- scesa, e nemmeno quando la riporta sull'aeroplano che Š rimasto nel luogo dell'atterraggio. Poi lui va, ora barcollando un poco, a inginocchiarsi vicino al pilota ferito. --Come sta? L'altro annuisce.--Non male, penso. Niente di grave. --Allora va bene--dice O'Shaughnessy. Spinge un fascio di banco- note nella mano di Frazier, aiuta l'uomo a mettersi a sedere.--Devo prendere il suo aereo. Sono contento che stia meglio, perch‚ avrei do- vuto comunque prendere l'aereo e mi fa piacere non doverla lasciare qui a morire. Pu• usare l'automobile per cercare soccorso. Rughe di preoccupazione si approfondiscono agli angoli degli occhi del pilota.--Mi sembra impazzitoche Š successo lass—? E perch‚ mi d… questo denaro? ~- --Per compensarla dell'aereo.....in caso..Be' in caso di disgrazia. Si rialza e se ne va, destreggiandosi sul terreno ineguale. Frazier pu- re si rimette in piedi e gli barcolla dietro.--Ehi, mi aspetti. L'elica... Dopo pochi minuti ha le mani sulle pale e dall'intemo dell'aereo la Voce di O'Shaughnessy chiama:--Contatto!--Frazier d… il colpo alle pale, I'elica comincia a girare. L'uomo si getta all'indietro e l'apparec- chio si avvia a balzi, tra il rombo del motore. In un modo o nell'altro O'Shaughnessy riesce a raffazzonare un de- collo compiendo una cabrata impossibile, e Frazier sta lŤ a guardare a - bOCca aperta, finch‚ il nero del cielo e la distanza non hanno cancella- to le piccole luci di posizione. --Pazzo--sussurra asciugandosi il sudore dalla fronte. Le dure mani di O'Shaughnessy stringono la cloche. Il tuono ora romba pi— del motore, i fulmini squarciano le tenebre. La pioggia co- mincia a frustare l'apparecchio. Lui ricorda un altro uragano, un altro aereo, un'altra notte; e guar- da la ragazza che gli Š accanto. Lei sembra che avverta il suo sguardo, apre gli occhi; le sue labbra vorrebbero parlare, ma la febbre che la brucia non le lascia articolare le parole. Lui gliele legge negli occhi, tuttavia, e sono chiarissime, e tutto il cuore di lei le accompagna. Non sono domande; esprimono solo coraggio e fiducia. --Ti ho portata io a questo--dice lui a quegli occhi.--Ora te ne traggo fuori. Qui non c'Š pi— posto per noi. Le dita guantate si contraggono convulse sul polso maschile e paio- no chiedere: 4Sola? Devo andare sola?". Almeno lui questo immagina che lei voglia sapere, perch‚ risponde subito:--Con me, tesoro. Insieme, sempre. La pressione delle sue dita si rilassa, poi si rinforza, pi— ferma ora, tranquilla e tranquillizzante. CosŤ lei gli dice:--Va bene, caro. Per me va bene. Il bel viso si annebbia davanti agli occhi di lui. Comincia a fischiet- tare una stupida canzoncina che del resto non riesce a sentire, ma in qualche modo lo conforta. Ancora lampi, e pi— fragoroso il rombo dei tuoni. Una ventata scuote l'aereo. La massa nera di una cresta di gra- nito, che sembra una gigantesca ondata sollevata da un tifone e solidi- ficata dalla mano di Dio, appare davanti a loro. La mano di lui cerca ora quella di Nova. Lei freme appena, ha gli oc- chi chiusi. O'Shaughnessy inclina in avanti la cloche, il muso dell'ap- parecchio s'inclina; la montagna rocciosa e desolata sembra proten- dersi verso di loro, ma in quei secondi i due sono soli, soli col cielo e l'uragano. Ci vuole coraggio e forza di volont… per mantenere la cloche cosŤ in- clinata, per tenere gli occhi aperti e fissare la parete rocciosa, irta di pini, balzare loro incontro. Le labbra di lui sono serrate, il viso palli- dissimo. Pure, all'ultimo momento O'Shaughnessy ride, un riso un po' folle... un riso di sfida, di addio sarcastico e in qualche modo anche di vittoria . --Eccoci, bambina!--grida fra i denti.--Ora vedremo come ci si sente a volare contro il fianco di una montagna! Solo l'uragano pu• udire il clangore dell'apparecchio che si fracassa contro la roccia... ma annega quel suono coi tuoni, come la folgore fa impallidire le fiamme che si alzano come lingue fameliche dai rotta- mi. Titolo originale: Jat2e Brown's Bo~y Traduzione di AM. Francavilla, su licen~a di Arnoldo Mondadori Editore John W. Camp~belt jr CHI VA LA? L… dentro puzzava. Un fetore strano, composito, che solamente le ba- racche coperte di ghiaccio di un campo antartico possono conoscere, composto di acido sudore umano e dell'odore greve, simile a quello dell'olio di fegato di merluzzo, che si leva dal grasso di foca fuso. Un sottofondo di linimento contrastava con l'odore del muschio delle pel- licce inzuppate di neve e di sudore. Inoltre, I'odore acre dello strutto bruciato, e quello animalesco - ma non del tutto spiacevole - dei cani, diluiti dal tempo, stagnavano nell'aria. Persistenti odori di olio lubrificante contrastavano nettamente con le tracce di quelli del grasso per i finimenti delle slitte, e del cuoio. E tuttavia, in modo difficile da definire, al di l… di tutto quel fetore di es- seri umani e di ci• che li accompagnava - cani, macchine, cucina - si avvertiva un'altra traccia. Era strana, faceva rizzare i capelli: era il debolissimo suggerimento di un odore che non rientrava affatto tra quelli dell'attivit… e della vita. Eppure sembrava l'odore di un organi- smo vivente. Ma veniva dalla cosa che giaceva legata con corde e tela cerata sul tavolo, e che lentamente, metodicamente, sgocciolava sulle assi massicce, bagnate e nude sotto la luce forte e non schermata delle lampadine. Blair, il biologo della spedizione, piccolo e dalla testa calva, allun- gava nervosamente la mano verso la tela cerata, facendo trapelare il ghiaccio scuro e cristallino che stava al di sotto, e poi rimetteva a po- sto la tela, senza riuscire a stare fermo. I suoi piccoli movimenti di an- sia repressa, simili a quelli di un uccellino, facevano danzare la sua ombra sulla fila di biancheria grigia e consunta ch'era appesa al basso soffittO, e la cintura equatoriale di capelli crespi e grigi che circondava il suo cranio calvo formava sulla testa dell'ombra una sorta di comica aureola. Il comandante Garry spost• di lato le ~ambe mollicce di una tuta di maglia e si avvicin• al tavolo. Lentamente, il suo sguardo esplor• le fi- le di uomini ammassati come sardine nell'Edificio Amministrativo. Infine il suo corpo alto e rigido si raddrizz•, ed egli annuŤ.--Trenta- sette. Tutti presenti.--La voce era bassa, ma possedeva la chiara au- torit… del comandante per natura, oltre che per grado. "Voi conoscete a grandi linee la storia del ritrovamento effettuato dalla spedizione al polo secondario. Ho parlato con il comandante in seconda McReady, e con Norris, come pure con Blair e il professor Copper. C'Š differenza di opinioni, e poich‚ essa riguarda l'intero gruppo, Š dunque giusto che sia il personale della Spedizione, al com- pleto, a decidere. "Ora chieder• a McReady di darvi i particolari della storia, poich‚ ciascuno di voi Š stato troppo occupato con il proprio lavoro per poter seguire con attenzione il lavoro degli altri. McReady?" Facendosi avanti dal fondo della stanza velato dal fumo, McReady parve una figura uscita da qualche mito dimenticato: una gigantesca statua di bronzo che prendeva vita e si metteva a camminare. Torreg- gi• con la sua altezza di un metro e novanta quando si ferm• accanto al tavolo, e, dopo aver lanciato una delle sue occhiate caratteristiche al soffitto per assicurarsi che ci fosse ancora spazio sotto le basse travi, raddrizz• la schiena. La giacca a vento, disadorna e di un chiassoso color arancione vivo, che aveva ancora addosso, non pareva tuttavia fuori luogo sulla sua massiccia figura. Anche laggi—, un metro e venti al di sotto delle folate di vento che soffiavano sulle solitudini antarti- che sopra il soffitto, il freddo del continente di ghiaccio riusciva ugual- mente a penetrare, e spiegava la rudezza dell'uomo. Ed egli era come un uomo di bronzo: folta barba di bronzo rossiccio, folti capelli dello stesso colore. Le dita nodose e robuste che si stringevano, si allentava- no, tornavano a stringersi e poi a rilasciarsi sulle assi della tavola era- no color del bronzo. Anche gli occhi profondamente incassati sotto le massicce sopracciglia erano bronzei. La robustezza del metallo capace di sfidare il tempo parlava dai li- neamenti rugosi e pesanti del suo volto, e dal timbro tonante della sua voce stentorea.--Norris e Blair sono d'accordo su una cosa; I'animale che abbiamo trovato non era... di origine terrestre. Norris teme che in questo ci possa essere del pericolo; Blair dice che non ce n'Š affatto. "Ma riprender• dal modo, e dal motivo, che ce l'hanno fatto trovare. A quanto si sapeva prima che noi venissimo qui, si aveva l'impressio- ne che questo punto si trovasse esattamente al di sopra del polo ma- gnetico sud della Terra. La bussola punta effettivamente verso il bas- so, qui, come tutti voi ben sapete. Gli strumenti pi— raffinati dei fisici, progettati espressamente per questa spedizione e i suoi studi sul polo magnetico, hanno scoperto un effetto secondario: un influsso magneti- co secondario, meno potente, posto a circa 130 chilometri a sudovest da noi. "La spedizione al polo magnetico secondario si rec• a investigare. Non c'Š bisogno di scendere nei particolari. L'abbiamo trovato, ma non si tratta della grossa meteorite o della montagna magnetica che Norris si era aspettato di trovare. I minerali ferrosi sono magnetici, naturalmente; il ferro lo Š ancora di pi—... e certe leghe speciali lo sono ancora pi— del ferro. Dalle indicazioni alla superficie, il polo seconda- rio da noi trovato era piccolo; talmente piccolo che l'effetto magnetico da esso posseduto era assurdo. Nessun materiale magnetico immagi- nabile avrebbe potuto avere un simile effetto. Rilevamenti acustici eseguiti attraverso il ghiaccio indicavano che si trovava a meno di trenta metri dalla superficie del ghiacciaio. "Credo sia bene spiegarvi la struttura del luogo. C'Š un ampio pla- teau, una spianata ininterrotta che si stende per pi— di 250 chilometri a sud della stazione, dice Van Wall. Egli non aveva n‚ il tempo n‚ la benzina per volare pi— in l…, ma a quella distanza continuava a esten- dersi verso sud. E proprio in quel punto, dove si trovava la cosa sepol- ta, c'Š una catena montuosa sommersa dai ghiacci: una parete graniti- ca irremovibile, che ha arginato il ghiaccio che avanzava dal sud. "E a 650 chilometri pi— a sud c'Š il Plateau Polare Sud. Varie volte mi avete chiesto perch‚ qui da noi faccia pi— caldo quando si alza il vento, e molti di voi lo sanno. Come meteorologo, io avrei dato la mia parola che nessun vento potesse soffiare a meno 50 gradi, e che solo un vento di 10 chilometri all'ora potesse soffiare a meno 45, senza riscal- darsi a causa dell'attrito con il terreno, la neve, il ghiaccio e l'aria stes- sa. "Ci accampammo laggi— sul bordo di quella catena di monti som- - mersi dal ghiaccio per dodici giorni. Scavammo il campo nel ghiaccio azzurro che costituiva la superficie, e riuscimmo a ripararci dalla maggior parte del vento. Ma per dodici giorni consecutivi il vento sof- fi• a settanta chilometri all'ora. SalŤ fino a settantacinque e scese alle volte fino a sessanta. La temperatura era meno 53 gradi. SalŤ a meno ~- 51 e scese a meno 56. Era meteorologicamente impossibile, ma conti- nu• senza interruzione per dodici giorni e dodici notti. "In qualche punto a sud, I'aria gelida del Plateau Polare scivola gi— per una discesa di 6000 metri, valica un passo montano, passa su un ghiacciaio e si dirige a nord. Ci deve essere una catena montana che le r~ fa da canale e da guida per 400 miglia, fino a colpire il plateau liscio dove abbiamo trovato il polo secondario; poi, 350 miglia pi— a nord, ~ raggiunge l'Oceano Antartico. ú "Laggi— ogni cosa Š coperta dal ghiaccio fin da quando l'Antartide ú~ congel• venti milioni di anni fa. Laggi— non c'Š mai stato il disgelo. ~, "Venti milioni di anni fa, I'Antartide cominciava a congelarsi. Ab- biamo svolto indagini, meditato e costruito illazioni. Ci• che pensia- o sia successo, si dev'essere svolto pressappoco cosŤ: qualcosa scese dallo spazio: una nave. L'abbiamo vista laggi— nel ghiaccio azzurro: un oggetto simile a un sottomarino, ma privo di torretta e di timone di profondit…, lungo novanta metri e largo quindici nel punto pi— ampio. aEh, Van Wall? Dallo spazio? SŤ, ma lo spiegher• meglio pi— avan- ti.n La voce ferma di McReady continu•: "Scese dallo spazio, spinta e sollevata da forze che gli uomini non hanno ancora scoperto, e chiss… come - forse qualcosa, a quel punto, entr• in avaria - fu risucchiato dal campo magnetico della Terra. Giunse qui a sud, probabilmente fuori controllo, muovendosi in cerchio intorno al polo magnetico. Questa Š una zona selvaggia, ma quando l'Antartide si stava ancora congelando dev'essere stata mille volte pi— selvaggia. Ci devono essere state delle tormente, delle valanghe, nuova neve che cadeva mentre il continente si copriva di ghiaccio. Laggi— i turbini dovevano essere particolarmente violenti, e il vento doveva gettare una cortina impe- netrabile di bianco sui bordi della montagna che ora Š sepolta. "La nave urt• col muso il granito massiccio, e si spezz•. Non tutti i passeggeri che erano a bordo furono uccisi dall'urto, ma la nave si de- v'essere guastata irreparabilmente, il suo meccanismo di pilotaggio si dev'essere bloccato. Era rimasto intrappolato dal campo magnetico della Terra, ritiene Norris. Nessuna cosa costruita da esseri intelligen- ti pu• scontrarsi con la morta immensit… delle forze naturali di un pianeta e sopravvivere. "Uno dei passeggeri uscŤ all'estemo. Il vento da noi osservato in quel punto non Š mai sceso al di sotto di sessanta chilometri all'ora, e la temperatura non ha mai superato i meno 51 gradi. E a quell'epoca il vento doveva essere ancora pi— forte. E la neve scendeva come una col- tre compatta. La cosa si dev'essere completamente perduta dopo i pri- mi dieci passi." S'interruppe per un istante, e la sua voce profonda e ferma lasci• il posto al sibilo del vento che spazzava il tetto, e al- l'inquieto, maligno gorgoglio dell'aria che vibrava nel camino della stufa. La tempesta: un vento di tempesta spazzava il terreno sovrastante In quello stesso momento, la neve raccolta dal vento echeggiante veni- va spinta sotto forma di strati orizzontali, accecanti, contro il fronte del campo sepolto. Se un uomo fosse uscito dai tunnel che collegava- no, al di sotto della superficie, tra loro gli edifici del campo, quell'uo- mo si sarebbe perduto dopo dieci passi. L… fuori, le dita nere e sottili dell'antenna radio s'innalzavano nell'aria per un centinaio di metri, e sulla sua punta c'era il chiaro cielo notturno. Un cielo di vento sottile e sibilante che si precipitava senza interruzioni da un orizzonte all'al- tro, sotto il manto ondulato della vicina aurora. E lontano, a nord, I'o- rizzonte fiammeggiava dei colori strani, iracondi, del crepuscolo della mezzanotte. Questa era la primavera, a un'altezza di cento metri sulla superficie antartica. Quanto alla superficie stessa... la superficie era la morte bianca. Morte portata da un gelo dalle dita sottili come aghi, un gelo scacciato sempre pi— avanti dal vento, capace di risucchiare l'ultima briciola di calore da ogni cosa che lo possedesse. Il gelo... e la bianca nebbia della tormenta senza fine e senza posa, le fini, finissime particelle di neve che sfioravano ogni cosa e l'oscuravano. Kinner, il piccolo cuoco dal volto segnato da una cicatrice rabbrivi- dŤ. Cinque giorni prima, era uscito alla superficie per andarsi a riforni- re a una scorta di carne congelata. L'aveva raggiunta con un balzo, dal sud. La bianca, gelida morte che fluiva lungo il terreno l'aveva acceca- to in venti secondi. Aveva cominciato a camminare in cerchio, barcol- lando, incapace di ragionare. C'era voluta quasi mezz'ora perch‚ alcu- ni uomini con corde lo trovassero in quella caligine impenetrabile. Era facile per un uomo - o per una cosa - perdersi in dieci passi. --E a quell'epoca la tormenta era probabilmente ancor pi— impe- netrabile di oggi.--La voce di McReady richiam• con un sobbalzo l'attenzione di Kinner. La richiam• al gradito, umido tepore dell'Edi- ficio Amministrativo.--E inoltre, a quanto pare, il passeggero della nave non era affatto preparato a ci• che incontr•. Esso congel• a meno di dieci passi di distanza dalla nave. "Noi scavammo nel ghiaccio per trovare la nave, e per caso il nostro tunnel incroci• il corpo ghiacciato dell'...animale. L'ascia da ghiaccio di Barclay gli colpŤ il cranio. "Quando vedemmo di cosa si trattava, Barclay ritorn• al trattore accese il fuoco, e quando il vapore fu a pressione invi• una chiamata per far venire Blair e il dottor Copper. Barclay era ammalato, in quel momento. Rimase malato per tre giorni, anzi. t UQuando Blair e Copper furono da noi, tagliammo via l'animale e il blocco di ghiaccio che lo sigillava, come vedete; lo avvolgemmo in un telo e lo caricammo sul trattore per portarlo qui. Volevamo entrare in quella nave. i~ "Raggiungemmo il fianco della nave e vedemmo che il metallo non era di tipo a noi conosciuto. r nostri attrezzi non magnetici, di bronzo berillio non riuscivano a intaccarlo. Barclay aveva sul trattore alcuni utensili d'acciaio, e neppure quelli riuscirono a scalfirlo. Eseguimmo alcuni test che ci vennero in mente: provammo perfino con l'acido del- F~ le batterie, ma senza risultato. 'Dovevano conoscere qualche processo passivante che permetteva al magneSiO di resistere in quel modo all'acido, e la lega doveva essere Costituita almeno al novantacinque per cento di magnesio. Ma non avevamo modo di saperlo, e cosŤ, quando scorgemmo il portello, ch'e- ,~ ra ancora semiaperto, tagliammo il ghiaccio che lo circondava. C'era del ghiaccio duro e cristallino all'interno della camera stagna, in pun- ti che non potevamo raggiungere. Dalla piccola apertura potevamo 189 vedere all'interno: c'erano soltanto metallo e attrezzi: perci• decidem- mo di spaccare il ghiaccio con una bomba. "Avevamo bombe alla decanite e alla termite. La termite va bene per sciogliere il ghiaccio; la decanite avrebbe potuto infrangere cose di valore, mentre invece il calore della termite si sarebbe limitato al ghiaccio. Il dottor Copper, Norris e io piazzammo una bomba alla ter- mite da 10 chili, la innescammo e facemmo correre il cavo di collega- mento lungo il tunnel, fino alla superficie, dove Blair e il trattore a va- pore ci attendevano. A un centinaio di metri, dietro quella parete di granito, facemmo esplodere la bomba alla termite. "Il magnesio della nave prese fuoco, naturalmente. Il bagliore della bomba ci illumin• e poi si estinse, ma subito riprese nuovamente a brillare. Corremmo indietro, al trattore, mentre a poco a poco il ba- gliore aumentava. Dal punto in cui ci trovavamo, potevamo vedere che l'intero campo di ghiaccio era illuminato dal di sotto da una luce insopportabile; l'ombra della nave era un grosso cono scuro, diretto verso nord, dove il crepuscolo era appena terminato. Dur• ancora per un momento, e noi contammo ancora tre forme d'ombra, che poteva- no forse essere altri... passeggeri... Iaggi— congelati. Poi il ghiaccio co- minci• a sgretolarsi e a cadere sulla nave. "Ecco perch‚ vi ho descritto quel luogo. Il vento che scendeva dal Polo era alle nostre spalle. Il vapore e la fiamma chiara come quella all'idrogeno furono spazzate via, formando una nebbia di ghiaccio; il calore che fiammeggiava sotto il ghiaccio fu spinto via, in direzione dell'Oceano Antartico, prima che ci toccasse. Altrimenti non saremmo mai tornati indietro, neppure con la protezione di quel costone di gra- nito che schermava la luce. "Eppure, anche in quell'inferno accecante, siamo riusciti a vedere delle grandi forme aggobbite, alcune masse scure che si arrossavano. Per un certo tempo riuscirono perfino a resistere alla furiosa incande- scenza del magnesio. Quelli, noi lo sapevamo, dovevano essere i moto- ri. Segreti che se ne andavano in fumo in quel chiarore abbagliante... segreti che avrebbero potuto dare all'uomo i pianeti. Misteriose cose, che potevano sollevare e spingere quella nave... e che si erano saturate della forza del campo magnetico terrestre. Vidi muoversi le labbra di Norris, e mi buttai a terra. Non riuscii a udire le parole precise. "L'isolamento... o quello che era... aveva ceduto. Tutto il campo ma- gnetico, che avevano assorbito venti milioni d'anni prima, si scaten• improvvisamente. L'aurora della parte di cielo sovrastante abbass• la sua lingua su di noi, e l'intero pianoro si bagn• di un fuoco gelido che copriva la vista. L'ascia che tenevo in mano divenne rossa per il calore, e sibil• sul ghiaccio. 1 bottoni metallici dei miei vestiti mi bruciarono la pelle. E da dietro la parete di granito saett• verso l'alto un lampo di colore blu elettrico. "Poi le pareti di ghiaccio crollarono sulla nave. Per un istante stri- dettero come quando si schiaccia tra due pezzi di metallo il ghiaccio secco. "Per ore fummo ciechi, costretti a brancolare nel buio, mentre i no- stri occhi riacquistavano gradatamente la vista. Scoprimmo che tutti gli avvolgimenti elettrici, entro il raggio di un paio di chilometri, era- no rottami fusi; la dinamo e tutte le apparecchiature radio, le cuffie e i microfoni. Se non avessimo avuto il trattore a vapore, non saremmo mai riusciti a raggiungere il Campo Secondario. ~AII'alba Van Wall vol• fino a noi dal Magnetico Principale, come sapete. Tornammo alla base il pi— presto possibile. E questa Š la storia di... quell'...animale." La folta barba bronzea di McReady indic• la co- sa posata sul tavolo. Blair continuava a muoversi nervosamente: le sue dita minute e ossu- te si torcevano alla luce della lampada. Piccole lentiggini scure sulle sue nocche scivolavano avanti e indietro quando, sotto la pelle, i mu- scoli si contorcevano. Alz• un angolo della tela cerata e fiss• con impa- zienza la cosa scura, incastonata nel ghiaccio, che vi era contenuta. Il corpo massiccio di McReady si raddrizz•. Quel giorno aveva gui- dato per sessanta chilometri il trattore a vapore, tra scossoni e sobbal- zi, per giungere al Magnetico Principale. Perfino la sua calma decisio- ne aveva dovuto cedere all'ansia di riunirsi nuovamente con altri uo- mini. Tutto era troppo isolato e tranquillo, laggi— al Campo Secondario, dove un vento da lupi scendeva dal Polo, ululando. Un vento da lupi che ululava mentre egli dormiva: il sibilo del vento e la maligna, indescrivibile faccia del mostro che si alzava minacciosa, co- sŤ come egli l'aveva scorta nel ghiaccio chiaro e azzurrino, con un'a- scia da neve, di bronzo, conficcata nel cranio. Il gigantesco esperto di meteorologia riprese a parlare.--Il proble- ma Š il seguente. Blair desidera esaminare la cosa. Farla sgelare, fare dei vetrini da microscopio con i suoi tessuti e cosŤ via. Norris ritiene che ci siano dei pericoli, e Blair ritiene che non ce ne siano. Il dottor Copper Š pi— o meno dell'idea di Blair. E Norris, ovviamente, Š un fisi- co, e non un biologo. Comunque, ha fatto un'osservazione che merita di essere esposta a tutti quanti noi. Blair ha parlato di forme di vita microscopiche che, quando i biologi le trovano, sono ancora piena- _nnente vitali, perfino in questo luogo freddo e inospitale. Queste forme di vita congelano ogni inverno e si sgelano ogni estate - per tre mesi - e Continuan ~ viv~rP a l9l --L'osservazione fatta da Norris Š questa: sgelandosi, ritomano in vita. Ci devono essere delle forme microscopiche viventi, associate a questa creatura. Ce ne sono con tutte le forme viventi che conosciamo. E Norris ha paura che noi si possa scatenare un'epidemia, una malat- tia portata da qualche germe sconosciuto qui sulla terra se facciamo sgelare gli esseri microscopici che sono rimasti congelati laggi— per venti milioni di anni. řBlair ammette che simili microrganismi potrebbero conservare an- cora con s‚ il potere della vita. Cose prive di organizzazione, quali pos- sono essere le singole cellule, possono conservare la vita per periodi sconosciuti, una volta completamente congelate. La bestia in s‚ Š mor- ta come quei mammut congelati che ogni tanto si trovano in Siberia. Le forme di vita organizzate, altamente sviluppate non sopportano il congelamento. "Ma i microrganismi potrebbero sopportarlo. Norris suggerisce che rischiamo di mettere in libert… qualche tipo di malattia contro cui l'uomo, non avendola mai incontrata in precedenza, sarebbe total- mente privo di difesa. "La risposta di Blair Š che ci possono essere dei simili germi ancora vitali, ma che Norris ha completamente rovesciato i termini del pro- blema. Questi germi sono assolutamente non-immuni all'uomo. La nostra biochimica organica, probabilmente...n --Probabilmente!--La testa del piccolo biologo si sollev• di scat- to, con un movimento simile a quello di un uccello. Il cerchio di capel- li grigi intorno alla sua testa calva si arruff•, come per la collera. --Ehi, basta dare un'occhiata... --Lo so--ammise McReady.--Quella cosa non Š terrestre. Non sembra probabile che possa avere una biochimica sufficientemente si- mile alla nostra da rendere anche lontanamente possibile un'infezione reciproca. Direi che non c'Š pericolo. McReady fiss• lo sguardo sul dottor Copper. Il fisico scosse lenta- mente la testa.--Nessunissimo pericolo--afferm• con aria di sicu- rezza.--L'uomo non pu• infettare o essere infettato da germi che vi- vono in forme relativamente vicine alla nostra come possono esserlo i serpenti. E i serpenti sono, vi assicuro--la sua faccia ben rasata fece un sorriso inquieto--molto pi— vicini a noi di quanto non lo sia... quella cosa. Vance Norris si fece avanti, irritato. Egli era relativamente basso in quella riunione di omoni, con la sua statura di un metro e settantacin- que o poco pi—, e la costituzione massiccia e muscolosa lo faceva sem- brare ancora pi— piccolo. I suoi capelli neri erano ricci e duri come corti fili di ferro, e i suoi occhi avevano il colore grigio dell'acciaio spezzato. Se McReady era un uomo di bronzo, Norris era d'acciaio. I suoi movimenti, i suoi pensieri, il suo portamento avevano gli impulsi rapidi, secchi, delle molle d'acciaio. I suoi nervi erano d'acciaio: duri, pronti ad agire, facili a corrodersi. Egli era certo del proprio punto di vista, ora, e scatt• in sua difesa con un caratteristico, rapido fiotto di parole smozzicate.--Biochimi- ca differente, al diavolo. Quella cosa pu• essere mortale, o, per Dio, pu• non esserlo, ma a me non piace affatto. Maledizione, Blair, fa' ve- dere a tutti il mostro che ti stai accarezzando l… sotto. Fagli vedere quella cosa schifosa, e lascia che decidano da soli se sono disposti a permettere che si scongeli qui, in questo accampamento. "E a proposito di scongelarsi, poi. Se la vogliamo scongelare, deve venire scongelata in una delle capanne, questa sera stessa. Qualcuno... chi Š di guardia questa sera? Magnetismo? ...no, Connant. Questa sera, raggi cosmici. Bene, ti tocca startene a tenere compagnia a questa mummia di Blair che ha venti milioni di anni. "Togli la tela, Blair. Come diavolo possono sapere cosa stanno per accettare, se non possono vederla? Pu• benissimo avere una biochimi- ca diversa. Non so che cos'altro abbia, ma so che ha molto che non mi va. Se si pu• giudicare dall'espressione della sua faccia--e non Š uma- na, perci• non si pu• mai dire - era infastidita al massimo, quando Š congelata. Infastidita, anzi, Š un termine molto approssimativo per definire ci• che provava: approssimativo come dire che rivela un odio folle, pazzesco, insano. Nessuna delle due definizioni giunge a sfiorare la realt…, neppure lontanamente. řCome diavolo possono capire, questi uomini, la cosa su cui stanno votando? Loro non hanno visto quei tre occhi rossi, e quei capelli blu che sembrano vermi che si agitano. Che si contorcono... accidenti, con- tinuano a contorcersi anche in questo stesso istante, dentro il ghiac- cio! řNessuna cosa che sia stata mai generata dalla Terra sarebbe riusci- ta ad avere un'espressione come quella: I'indescrivibile concentrato, sublimato, di collera distruttrice a cui quella cosa ha atteggiato il pro- prio volto quando si Š guardata intorno, in questa solitudine di ghiac- cio, venti milioni di anni fa. Folle? Era completamente impazzita: una follia bruciante, fulminante! aAI diavolo! Continuo a fare brutti sogni da quando ho visto per la prima volta quei tre occhi. Incubi. Ho sognato che quella cosa si scon- gelava e tornava in vita... che non Š stata morta, e neppure del tutto in- Cosciente~ per tutti questi venti milioni di anni, ma soltanto rallenta- ta, in attesa. E la sognerete anche voi, mentre quella maledetta cosa che la Terra non riconoscerebbe mai come sua, continuer… a sgocciola- re e sgocciolare nella stanza dei raggi cosmici, questa notte. "E tu, Connant" Norris si gir• di scatto verso lo specialista in raggi Cosmici řti divertirai certamente a rimanere lŤ tutta la notte, nel silen- zio. Col vento che soffia al di sopra di te, e quella cosa che sgocciola..." ~, Tacque per un istante, e si guard• intorno. ; _ 193 NLo so. Dite che non sono scientifico. Ma adesso ecco la scienza: la psicologia Avrete incubi per un anno. Ogni notte, da quando ho posa- to l'occhio su quella cosa, li ho. E per questo che la odio... sŤ, la odio proprio... e non la voglio tra i piedi. Rimettetela l… da dove Š venuta, e lasciatela nel ghiaccio per altri venti milioni di anni. Ho avuto degli incubi molto dettagliati: che non Š fatta come noi - cosa che Š ovvia - e che la sua carne Š di tipo diverso dalla nostra, e che essa la pu• con- trollare. Che pu• cambiare la propria forma, e assumere l'aspetto di un uomo, e mettersi in agguato per uccidere e divorare... "Non si tratta di un argomento logico. Lo so. Ma quella cosa, co- munque, non obbedisce alla logica terrestre. Forse possiede una bio- chimica aliena, e forse i suoi microbi hanno una biochimica differente. Un germe non pu• resistere alla nostra biochimica, ma voi, Blair e Copper, cosa mi dite di un virus? Un virus Š solo una molecola di enzi- mi, mi insegnate. Per operare gli occorre soltanto una molecola protei- ca di un corpo qualsiasi. aE come potete essere certi che, con tutti i milioni di variet… di vita microscopica che pu• ospitare, nessuna di tali variet… sia pericolosa? Che mi dite di malattie come l'idrofobia, la comune rabbia, che attac- ca qualsiasi creatura a sangue caldo, qualunque sia la sua biochimi- ca? E la psittacosi, la febbre trasmessa dai pappagalli? La tua biochi- mica Š come quella dei pappagalli, Blair? E la putrefazione pura e semplice, la cancrena, allora? Questa non fa affatto la schizzinosa, non guarda la biochimica!" Blair sollev• lo sguardo interrompendo i propri movimenti nervosi quel tanto che bastava per incontrare per un istante gli occhi incolleri- ti, grigi di Norris.--Finora, di tutto ci• che hai detto, I'unico male che si trasmetta sono i sogni. Posso arrivare ad ammetterlo.--Un sorrisi- no vagamente maligno, da diavoletto, si disegn• sulla faccia coperta di rughe dell'omino.--Ne ho fatti anch'io. Trasmette l'infezione dei sogni. Che, senza dubbio, Š una malattia estremamente pericolosa!.. NE per quanto riguarda le altre cose da te elencate, i tuoi concetti SUl virus sono affetti da gravi errori. In primo luogo, nessuno ha dimostra- to che la teoria della molecola enzimatica costituisca la vera - e l'uni- ! ca possibile - spiegazione. E in secondo luogo, fammelo sapere, quan- do ti prenderai il mosaico del tabacco o la ruggine del grano. Una pianta di grano Š molto pi— vicina, come biochimica, al tuo corpo, di quanto non possa esserlo questa creatura di un altro mondo. "E anche la rabbia che tu hai citato Š un fenomeno assai circoscritto. Non puoi prenderla, n‚ trasmetterla a una pianta di cereale o a un pe- sce: e il pesce Š un discendente collaterale di un antenato comune a te e al pesce. Mentre questa cosa, Norris, non lo Š affatto." Blair indic• compiaciuto, con la testa, la massa deposta sul tavolo e coperta dalla t ~ r:~t~_ _ E allora scongela quella maledetta roba in una vasca di formali- na, se proprio vuoi scongelarla. Io avevo suggerito di... --E io ti ho detto che la cosa era priva di senso. Non si possono ac- cettare dei compromessi. Perch‚ tu e il comandante Garry siete venuti qui a studiare il magnetismo? Perch‚ non vi siete limitati a studiarlo a casa vostra? A New York c Š tutto il magnetismo terrestre che volete lo non potrei studiare il tipo di vita che questa cosa ha posseduto un tempo, se dovessi servirmi di campioni tenuti in formalina: esatta- mente come VOi non potreste ricavare a New York il tipo di informa- zioni che vi occorrono. E se questa cosa venisse trattata con la formali- na maz ptU, tn tutto il futuro, si pofr… averne un duplicato! La razza di cui faceva parte deve essersi ormai estinta, nei venti milioni di anni in CUi e rimasta congelata, cosicch‚, anche se fosse venuta da Marte, noi non potremmo mai pi— trovarne un'altra. E... Ia nave Š distrutta. c e un solo modo m cui lo si deve fare, e questo Š il miglior modo possibile Deve essere scongelata lentamente, con attenzione; non in Il comandante Garry fece un passo avanti, e Norris indietreggi• borbottando irosamente tra s‚ e s‚.--Credo che Blair abbia ragione signori. Che cosa dite voi? Connant brontol•:--Ci sembra giusto, credo... solo che forse do- vrebbe starsene lui a fare la guardia mentre si sgela.--Fece un sorri- sino rassegnato, scostandosi dalla fronte un ciuffo di capelli rossi co- me una ciliegia matura.--Magnifica idea, anzi: che se ne sti  a far da balia al cadavere che gli Š cosŤ simpatico! Garry sorrise. Una risata generale di assenso si diffuse a ondate tra i gruppo.--Penso che qualsiasi spettro quella cosa possa avere pos- seduto, debba gi… essere morto di fame da tempo, se Š rimasto da que- ste parti per tanti anni, Connant--disse Garry.--E tu mi sembri ca- pace di tenergli testa. Connant, detto anche l'Uomo di Ferro, sar… cer- ř capace di tenere testa a qualsiasi oppositore, credo! Connant si agit• nervosamente.--Gli spettri non mi danno molti pensieri. Comunque, diamo un'occhiata a quella cosa. Io E mpaziente, Blair stava gi… sciogliendo le corde. Un singolo stratto- c- ne assestato alla tela cerata rivel• la cosa. Il ghiaccio si era un po' ,, Ci0 to a causa del calore della stanza, ed era chiaro e azzurrino come un Vetro spesso, di buona qualit…. Risplendeva umido e lucido sotto la ce aspra della lampadina appesa al soffitto. a stanza, immediatamente, si fece muta. La cosa giaceva a faccia su, sulle assi grezze e unte del tavolo. L'ascia da ghiaccio era rotta na la sua punta era ancora conficcata in un cranio di forma strana occhi folli, pieni d'odio, brillavano di una fiamma vivente, lucida rne sangue appena sgorgato, in una faccia contornata da un orribile rto nido di vermi: vermi blu, mobili, che strisciavano dove ci sa- e dovuto essere del pelo Van Wall, il pilota alto un metro e ottanta, fatto di 90 chili di nervi di ghiaccio, emise uno strano gorgoglio strangolato e scapp• in corri- doio. Met… dei presenti guadagnarono le porte. Gli altri indietreggia- rono goffamente per allontanarsi dal tavolo. McReady rimase immobile a un capo del tavolo a osservarli: il suo corpo massiccio rest• piantato solidamente sulle gambe robuste. Nor- ris, all'altro capo, fissava la cosa con occhi truci, carichi di odio bru- ciante. Fuori della porta, Garry cercava di parlare contemporanea- mente con una mezza dozzina di uomini. Blair aveva con s‚ un martello da tappezziere. Il ghiaccio che rac- chiudeva la cosa si sfaldava facilmente sotto quell'artiglio d'acciaio, liberando gradualmente ci• che teneva imprigionato da ventimila millenni... --Lo so che quella creatura non ti piace, Connant, ma non si pu• fare a meno di scongelarla ora. Tu dici di lasciarla stare com'Š adesso, fino al nostro ritorno alla civilt…. Certo, ammetto che la tua obiezione, che nel mondo civile potremmo fare un lavoro pi— accurato e completo, Š ragionevole. Ma... come possiamo far attraversare l'Equatore a questo blocco? Dovremo fargli attraversare prima una zona temperata, poi la zona equatoriale, e poi una buona met… dell'altra zona temperata, pri- ma di arrivare a New York. Tu non sei molto entusiasta di dover rima- nere nella stessa stanza per una notte; per•, che cosa consigli? Che metta quella cosa in ghiacciaia con i quarti di bue?--Blair rialz• il capo, interrompendo per un attimo il suo minuzioso lavoro di scalpel- latura. Il suo cranio pelato e macchiettato di efelidi annuŤ trionfante. Kinner, il cuoco massiccio dalla faccia segnata da una cicatrice, ri- sparmi• a Connant la fatica di rispondere.--Ehi, stammi ad ascolta- re, professore. Tu prova solo a ficcare quella roba in ghiacciaia con la carne, e, per tutti gli dŠi che sono mai esistiti, io ci ficco anche te a te- nerle compagnia. Voialtri sapientoni avete gi… abusato dei miei tavoli della mensa per metterci ogni cosa di questo campo che si poteva muovere, e io ho dovuto sopportarlo senza dire niente. Ma provate a mettere una cosa come questa nella mia ghiacciaia fuori, o anche solo nella ghiacciaia qui dentro, e poi la vostra sbobba ve la cucinerete voi. --Ma, Kinner, questo Š l'unico tavolo dell'Accampamento Magneti- co Principale che sia abbastanza ampio per lavorare comodamente obiett• Blair.--Tutti noi te l'abbiamo spiegato. --Certo, e tutti voi ci avete portato qualcosa. Clark porta qui i suoi cani tutte le volte che si azzuffano, e li mette sul tavolo per ricucirli. Ralsen ci porta le sue slitte. Accidenti, I'unica cosa che non abbiate an- cora messo su questo tavolo Š I aeroplano. E ci avreste messo anche quello, se soltanto aveste potuto inventare un modo per farlo passare nei tunnel. Il comandante Garry sorrise in direzione di Van Wall, il massiccio capo pilota. La folta barba bionda di Van Wall fremette in modo so- spetto mentre egli rivolgeva gravemente un cenno d'assenso a Kinner. _ Hai ragione, Kinner. Il reparto aviazione Š l'unico che ti tratti in modo corretto. _ In effetti, qui dentro a volte diventa davvero un po' troppo affol- lato--ammise Garry.--Ma temo che tutti noi proviamo la stessa sensazione, di tanto in tanto. Non c Š molta privacy, in un accampa- mento all'Antartide. _ Privacy? E che diavolo Š? Sapete, quello che dawero mi ha fatto piangere, Š stato quando ho visto Barclay attraversare questa stanza a passo di marcia, salmodiando: "L'ultima asse del campo! L'ultima as- se del campo!" e portarsela via per costruire quella specie di casetta che si Š fatto sul trattore. Accidenti, la luna intagliata nella porta che si Š portato via mi Š davvero mancata: pi— di quanto non mi sia man- cato il sole quando Š tramontato. Ci• che Barclay si portava via non era solamente l'ultima asse di legno. Si portava via l'ultimo pezzetto di intimit… che esistesse in questo posto maledetto da Dio. Un sorriso si fece strada perfino sul volto arcigno di Connant, men- tre si alzava un'ennesima volta il bonario mugugno di Kinner. Ma su- bito si dilegu• quando i suoi occhi scuri, profondamente infossati, si volsero nuovamente verso la cosa dagli occhi rosso vivo che Blair scal- pellava via dal bozzolo di ghiaccio. Si pass• una manona tra i capelli lunghi fino alla spalla, e con gesto familiare spost• una ciocca che gli cadeva dietro l'orecchio.--So che la baracca dei raggi cosmici diver- r… un po' troppo affollata, se dovr• starci seduto insieme con quella cosa--brontol•.--Perch‚ non continui a togliere il ghiaccio che ha intorno, e nessuno verr… a ficcarci il naso, ti assicuro, e poi non appen- di quella roba sopra la caldaia del generatore? Il calore Š sufficiente. Riuscirebbe a scongelare un pollo, o perfino un quarto di bue, in poche L ore. --Lo so--protest• Blair, posando il martello per poter meglio ge- sticolare con le dita ossute coperte di lentiggini; il suo corpo minuto era teso dall'impazienza.--Ma tutto questo Š troppo importante per Correre rischi. Non c'Š mai stato un ritrovamento come questo; non potr… mai pi— essercene uno uguale. E l'unica possibilit… che l'uomo potr… mai avere, e occorre eseguire le cose nel modo pi— esatto. } --Senti, ricordi quei pesci che abbiamo preso tempo fa, nel Mare di ~ Ross? Congelavano quasi nello stesso momento in cui li Dosavamo sul 1~ ~ 197 ponte, e poi ritornavano in vita se li scongelavamo lentamente. Le for- me di vita inferiori non muoiono, se le si congela rapidamente e le si sgela con lentezza. Noi abbiamo... --Ehi, per l'amore del cielo! Stai dicendo che quella maledetta cosa ritorner… a vivere!--strill• Connant.--Piglia quella tua schifosa be- stia... No, ci penso io! La faccio a pezzetti cosŤ piccoli che... --No! No, sciocco.--Blair balz• davanti a Connant per proteggere il suo prezioso ritrovamento.--No. Soltanto le forme di vita rnferiori. Per l'amor di Dio, lasciami finire. Non puoi scongelare le forme di vita superiori e pretendere che rivivano. Aspetta un momento, ora... ferma- ti! Un pesce pu• riaversi dopo essere stato congelato, poich‚ Š una for- ma di vita talmente bassa che le singole cellule del suo corpo possono riprendere a vivere, e questo da solo basta a ripristinare la vita. Ma ogni altra forma di vita, superiore a quella di un pesce, che si faccia scongelare allo stesso modo rester… morta. Anche se le cellule singole ritornano in vita, esse poi muoiono, poich‚ per vivere hanno bisogno di organizzazione, di un'attivit… cooperativa. In ogni animale che non abbia subŤto danni e che sia stato congelato rapidamente c'Š una sorta di vita potenziale. Ma non pu•, non pu•, in nessuna circostanza, ridi- ventare vita attiva negli animali superiori. Gli animali superiori sono troppo complessi, troppo delicati. Questa Š una creatura intelligente, giunta a un livello di evoluzione, che equivale a quello a cui siamo giunti noi. O forse superiore. Ed Š altrettanto morta quanto potrebbe esserlo un uomo congelato. --Come fai a saperlo?--chiese Connant, brandendo minacciosa- mente l'ascia che aveva afferrato un istante prima. Il comandante Garry gli pos• una mano sulla spalla massiccia, per calmarlo.--Aspetta un istante, Connant. Desidero chiarire un punto. Sono d'accordo: non scongeleremo questa cosa, se c'Š la sia pur remo- ta possibilit… che ritorni in vita. Sono d'accordo che Š un essere estre- mamente spiacevole da avere tra noi, vivo; non avevo idea che questa remota possibilit… di resurrezione potesse esistere. Il dottor Copper si tolse la pipa dai denti e sollev• il suo corpo mas- siccio, scuro, dalla cuccetta dove era rimasto a sedere fino a quel mo- mento.--Blair sta facendo un discorso tecnico. Quella cosa Š morta. Morta come i mammut che trovano in Siberia, congelati. La vita po- tenziale Š come l'energia atomica: c'Š, Š lŤ, ma nessuno pu• farla usci- re, ed essa certamente non si libera da sola, se non in casi rarissimi: rari come il radium nella nostra analogia fisica. Abbiamo ogni sorta di prove che gli animali non rivivono dopo essere stati congelati: neppu- re i pesci, parlando in generale; non esiste alcuna prova contraria, che cioŠ le forme di vita superiori possano rivivere, in nessuna circostan- za. Che cosa volevi dire, Blair? Il piccolo biologo scosse il capo. La sottile corona di capelli che face- va cerchio intorno alla sua pelata tremol• della collera del giusto. _ Volevo dire--cominci• in tono risentito--che le singole cellule potrebbero esibire talune caratteristiche che possedevano quando era- no in vita, se venissero scongelate nella debita maniera. Le cellule dei muscoli umani sopravvivono per molte ore, dopo che l'uomo muore. Per il semplice fatto che sopravvivono, e che sopravvivono alcune al- tre cose, poche, comunque, come i capelli e le unghie, non potete cer- tamente accusare un morto di essere uno zombie o qualcosa di simile. "Ora, se io scongeler• questa cosa nel modo adatto, forse avr• la possibilit… di determinare il tipo di pianeta da cui proviene. Noi non sappiamo, n‚ potremmo sapere con alcun altro sistema, se sia prove- nuta dalla Terra o da Marte o da Venere o dal di l… delle stelle. "E per il semplice fatto che ha un aspetto diverso da quello del- I'uomo, voi non potete accusarla di essere malvagia, o crudele o chiss… cosa. Forse l'espressione che vediamo sulla sua faccia Š l'equivalente di una rassegnazione al destino. Il bianco, per i cinesi, Š il colore del lutto. Se gli uomini possono avere usanze differenti perch‚ non po- trebbe una razza, cosŤ diversa da noi, avere un codic‚ diverso per in- terpretare le espressioni del viso?" Connant rise piano, senza alcuna allegria.--Pacifica rassegnazione al destino! Se quello Š il meglio che riesce a fare quando si tratta di rassegnarsi, non credo di avere alcuna voglia di vedere l'espressione che ha quando impazzisce di collera. Quella faccia non Š mai stata in- tesa perch‚ esprimesse la pace. Anzi, non ha mai avuto alcun pensiero filosofico corrispondente alla pace, nella sua natura. "So che adesso Š il tuo beniamino, ma cerca di ragionare. Quella co- sa ha passato la sua adolescenza nel male, facendo lentamente arrosti- re vivi i locali equivalenti dei gatti, e ha raggiunto poi la maturit… ac- E compagnandosi con nuove, ingegnose torture." E --Non hai il minimo diritto di dire queste cose--ribatt‚ irosamen- te Blair.--Come puoi fare la bench‚ minima affermazione a riguardo di espressioni facciali che per loro intrinseca natura sono completa- t mente diverse da quelle umane? Pu• darsi che non esista neppure, l'e- quivalente umano di quei sentimenti. Si tratta solamente di un modo diverso con cui la Natura ha scelto di svilupparsi: un ulteriore esem- E pio della meravigliosa capacit… di adattamento che troviamo nella j~ Natura. Cresciuta su un pianeta diverso, forse pi— aspro, essa ha una forma e connotati diversi. Ma Š un figlio legittimo della Natura, esat- tamente come lo sei tu. Tu ora esibisci l'infantile debolezza umana consistente nell'odiare ci• che Š diverso. Sul suo mondo d'origine, essa probabilmente classificherebbe te come una mostruosit… bianca smorta come la pancia di un pesce, con un numero insufficiente di oc- chi e un corpo fungoide, pallido e gonfio di gas. Solo perch‚ la sua na- tura Š diversa, non hai alcun diritto di affermare che tale nat—ra Š ne- cessariamente malvagia. 199 Norris proferŤ un unico, tonante:--Puah!--Abbass• lo sguardo sulla cosa.--Pu• darsi che le creature provenienti da altri mondi non debbano necessar2amente essere malvage soltanto perch‚ sono diverse, certo. Ma quella creatura lo era dawero! Figlia della Natura, eh? Be', per l'Inferno, come doveva essere malvagia quella Natura! --Ehi, volete piantarla lŤ, voialtri rompiscatole, di polemizzare tra di voi? e volete decidervi a togliere quella roba dal mio tavolo?-- brontol• Kinner.--E metteteci un telo sopra. Ha un aspetto indecen- te. --Kinner mi diventa pudico--lo burl• Connant. Kinner guard• con la coda dell'occhio il corpulento fisico. La guan- cia sfregiata si torse, unendosi alla linea delle labbra strette per for- mare un ghigno.--D'accordo, grand'uomo, ma di cosa ti lamentavi un minuto fa? Possiamo mettere quella roba su una sedia accanto alla tua, queta sera, se lo desideri. --Non ho paura della sua faccia--ritorse Connant.--Non mi d… nessun particolare piacere fargli la veglia funebre, ma vedr• ugual- mente di farlo. Il sorriso di Kinner si allarg•.--Gi…, gi…--fece. Si accost• alla stu- fa e cominci• alacremente a far scendere la cenere, seppellendo le schegge di ghiaccio. Blair si rimise al lavoro. - Clic - riferŤ il contatore dei raggi cosmici. - Clic, brrrp, clic. - Connant sobbalz• e lasci• cadere la matita. --Maledizione.--Il fisico lanci• un'occhiata all'indirizzo dell'altra estremit… della baracca, al contatore Geiger collocato sul tavolo ac- canto a quell'angolo, e si mise carponi sotto il tavolo dove stava lavo- rando, per cercare di recuperare la matita. Poi si rimise a sedere e ri- prese il lavoro, cercando di scrivere in modo pi— chiaro. La sua calli- grafia tendeva ad avere sobbalzi e fremiti, all'unisono con i suoni improvvisi, simili al verso di una gallina soddisfatta, che emetteva il contatore Geiger. Il sibilo attutito della lampada a petrolio che usava per l'illuminazione, la mescolanza di gorgoglii e di fanfare provenien- te dalla decina di persone che dormivano nel corridoio della Casa Pa- radiso costituivano i rumori di fondo su cui s'inserivano i chioccolii ir- regolari del contatore e il fruscio occasionale del carbone che si asse- stava nella stufa panciuta di rame. Oltre al debole, continuo d77p-drip-dr2p della cosa nell'angolo. Connant si strappo di tasca un pacchetto di sigarette, ne batt‚ il fon- 200 do in modo che una sigaretta saltasse fuori, quindi si piazz• fra le lab- bra il cilindretto di tabacco. L'accendino fece cilecca, ed egli frug• rab- biosamente in mezzo  lla pila di carte, per trovare un fiammifero. Fe- ce scorrere varie volte la ruota dell'accendino, lo lasci• cadere sul tavolo con un'imprecazione e si alz• per andare a prendere con le mol- le, dalla stufa, un pezzo di carbone acceso. L'accendino funzion• poi al primo colpo, non appena egli fu ritorna- to alla scrivania. Il contatore emise una serie di chioccolii soddisfatti quando una sal- va di raggi cosmici lo raggiunse. Connant si volt• verso il contatore per indirizzargli un'occhiata di stizza, e cerc• di concentrarsi sull'in- terpretazione dei dati raccolti nel corso della precedente settimana. Il riepilogo settimanale... Poi vi rinunci•, arrendendosi alla curiosit…, o al nervosismo. Prese la lampada dalla scrivania e la trasport• sul tavolo nell'angolo. Poi ri- torn• alla stufa e raccolse le molle. La bestia continuava a sgelarsi da diciotto ore, ormai. Egli la tast• con la molla, ponendo in quell'atto, un inconsapevole cautela: la carne non era pi— dura come le lastre di una corazza, ma aveva assunto una consistenza di gomma. Sembrava una massa di gomma bagnata, azzurra, coperta di luccicanti goccioli- ne d'acqua simili a piccoli gioielli rotondi, alla luce della lampada a petrolio. Connant prov• l'irragionevole desiderio di versare l'intero serbatoio di petrolio su quella cosa contenuta nella cassa, e di gettarvi la siga- retta accesa. Insensibili, i tre occhietti rossi lo fissavano trucemente, e i bulbi oculari color rubino rimandavano a lui i raggi di luce fumosi e- opachi. Comprese vagamente di avere continuato a fissare quegli occhi per un tempo assai lungo, e addirittura comprese in modo assai vago che insensibili, quegli occhi, non lo erano pi—. Ma questo non gli parve im- portante: come non gli parve importante il faticoso lento movimento delle appendici simili a tentacoli che spuntavano dalla base del collo sottile, lentamente pulsante. Connant riprese la lampada e ritorn• alla sedia. Si mise a sedere fissando le pagine di espressioni matematiche che aveva davanti a s‚. Il chioccolio del contatore, adesso, era divenuto, stranamente, meno fastidioso; il fruscio dei carboni nella stufa non riusciva pi— a distrarre la sua attenzione- Il cigolio del pavimento di assi di legno, dietro di lui, non interruppe il filo dei suoi pensieri, mentre egli scriveva in modo automatico il re- SOConto settimanale, riempiva colonnine di cifre e apponeva delle note di commento, col riassunto delle osservazioni Il cigolio delle assi del pavimento si fece piu vicino. 201 Blair riemerse bruscamente dalle profondit… del sonno, agitate da in- cubi. La faccia di Connant galleggiava vagamente sopra di lui; per un istante gli parve la continuazione degli orrori scatenati che gli erano apparsi nel sogno. Ma la faccia di Connant era rabbiosa, e un poco spa- ventata.--Blair... Blair, maledetto dormiglione, sveglia. --Uhm?... Eh?--Il piccolo biologo si strofin• gli occhi e le sue dita ossute e lentigginose si raccolsero a formare come il pugno mutilato di un bambino. Dalle cuccette adiacenti, altre facce si sollevarono per fissarli. Connant si raddrizz•.--Alzati... e muoviti. Il tuo maledetto anima- le Š scappato. --Scappato?... cosa?--La voce stentorea del capo pilota Van Wall s'innalz• a un volume che fece tremare le pareti. Dal fondo del tunnel di comunicazione, altre voci si misero improvvisamente a urlare. I do- dici abitanti della Casa Paradiso si precipitarono d'improvviso nella stanza: Barclay, massiccio e quasi tondo in un enorme paio di mutan- doni di lana, portava con s‚ un estintore. --Che diavolo succede?--chiese Barclay. --Questa vostra maledetta bestia si Š liberata. Mi sono addormen- tato una ventina di minuti fa, e quando mi sono svegliato, la cosa non c'era pi—. Ehi, Doc, col cavolo che ci hai raccontato che quelle bestie non possono ritornare in vita. La maledetta vita potenziale descritta da Blair ha sviluppato un potenziale del diavolo e ci Š scappata sotto il naso. Copper lo fiss• con occhi vacui.--Non era... terrestre --sospir• d'improvviso.--Io... io credo che le leggi della Terra non siano valide per essa. --Be', si Š messa in lista per una licenza e se l'Š presa da sola. Dob- biamo trovarla e catturarla in qualche maniera.--Connant imprec• amaramente; i suoi occhi neri e infossati erano torvi e incolleriti.--E un miracolo che quell'infernale creatura non mi abbia divorato men- tre dormivo. Blair gli restituŤ lo sguardo, e i suoi occhi pallidi furono improv- visamente pieni di paura.--A meno che... ehm... uhm... dovremo sco- prirlo. --Scoprilo tu. Era la tua beniamina. Io ne ho pi— che abbastanza; starmene seduto laggi— per sette ore, con il contatore che ticchettava ogni pochi secondi, e voialtri dormiglioni qui dentro a fare il coro dei russanti. Mi meraviglio di essere riuscito ad addormentarmi. Vado al- I'Amministrazione. Il comandante Garry entr• in quel momento, chinandosi per passa- re sotto I uscio. Era occupato ad allacciarsi la cintura.--Non ce ne sa- r… bisogno. Il ruggito di Van sembrava il suo aeroplano quando decol- la controvento. Allora, non era morta? --Non sono stato io a portarla fuori in braccio, di questo potete es- serne certi--ritorse Connant.--L'ultima volta che l'ho vista, da quel suo cranio spaccato cominciava a uscire una poltiglia verde, come quando si schiaccia un grosso bruco. Doc ha detto in questo istante che le nostre leggi non valgono per quella cosa, non Š terrestre. Be', Š un mostro ultraterreno, con un caratterino ultraterreno, a giudicare dalla faccia, e se ne va a spasso con la testa spaccata e il cervello che gli cola fuori. Sulla soglia comparvero Norris e McReady; dietro di loro, gli stipiti incorniciavano le facce di molti uomini tremanti.--Qualcuno l'ha vi- sta venire da questa parte?--domand• Norris, in tono innocente. --Alta circa un metro e venti, tre occhi rossi, cervello che cola fuori... Ehi, qualcuno ha controllato che non sia uno scherzo di dubbio gusto? Se lo fosse, penso che tutti sareste d'accordo con me nel prendere il be- niamino di Blair e legarlo al collo di Connant come l'albatros nella ballata dell'antico marinaio. --Non Š una burla--disse Connant, rabbrividendo.--Oh, Dio, preferirei che lo fosse. Preferirei portarmela al...--S'interruppe. Un urlo selvaggio, sovrannaturale, echeggi• lungo i corridoi. Gli uomini s'irrigidirono bruscamente. Met… dei presenti si volse verso quella di- rezione. --Credo che sia stata localizzata--termin• Connant. I suoi occhi scuri si posavano qua e l…, animati da uno strano nervosismo. Corse alla sua cuccetta nella Casa Paradiso, e quasi immediatamente fu di ritorno con un pesante revolver calibro 45 e un'ascia. Li brandŤ tutti e due con delicatezza, e si avvi• lungo il corridoio in direzione del cani- le.--Andando in giro a caso, deve avere imboccato il corridoio sba- gliato... ed essere finita tra i cani. Ascoltate, i cani hanno spezzato le catene... I guaiti semiterrorizzati della muta si erano trasformati nella confu- Sione selvaggia della caccia. Le voci dei cani rimbombavano negli stretti corridoi, e insieme con esse giunse un basso ringhiare intermit- tente: odio allo stato puro. Uno strillo di dolore; una dozzina di guaiti ringhiosi. Connant corse alla porta. A un passo da lui, McReady, poi Barclay e :~ il comandante Garry lo seguirono immediatamente. Altri uomini si avviarono di corsa verso l'Amministrazione, e verso le armi: la capan- r~ na delle slitte. Pomroy, che si occupava delle cinque mucche dell'Ac- r Campamento Magnetico Principale, si avvi• per il corridoio nella dire- zione opposta: aveva in mente un certo forcone dal manico lungo qua- si due metri e dalle punte assai sottili. Barclay si arrest• con uno scivolone, quando la mole gigantesca di McReady fece una brusca giravolta e si allontan• dal tunnel che con- duceva al canile, svanendo in una direzione laterale. Nel dubbio, il meccanico esit• per un momento, senza lasciare l'estintore che aveva in mano, mentre decideva il percorso da seguire. Poi riprese a correre dietro le ampie spalle di Connant. Qualunque cosa McReady avesse in mente, ci si poteva fidare che fosse capace di metterla in atto. Connant si arrest• al gomito del corridoio. Il respiro sibil• brusca- mente nella sua gola.--Gran Dio...--La pistola spar• con fragore di tuono; tre assordanti, quasi tangibili ondate di suono echeggiarono negli stretti corridoi. Poi altre due. Il revolver cadde sulla neve com- pressa del camminamento, e Barclay vide l'ascia da ghiaccio passare in posizione difensiva. 11 corpo massiccio di Connant gli ostruiva la vi- sta, ma dietro di esso egli udŤ qualcosa che miagolava e, follemente, ri- deva. Adesso i cani erano pi— calmi: nel loro basso ringhiare c'era una mortale seriet…. Zampe munite di artigli raschiavano sulla neve indu- rita, catene spezzate sbattevano e tintinnavano. Connant bruscamente cambi• piede, e Barclay pot‚ vedere cosa ave- va davanti. Per un istante rimase impietrito, poi il fiato gli uscŤ dalle labbra in una feroce bestemmia. La cosa si lanci• contro Connant, e le braccia poderose dell'uomo calarono l'ascia, di piatto, su quella che sarebbe potuta essere una testa. Ci fu un terribile scricchiolio, ma poi la carne ridotta a brandelli, lacerata da una mezza dozzina di cani da slitta inferociti, ritorn• di nuovo in piedi. Gli occhi rossi bruciavano di un odio ultraterreno, di un'ultraterrena, insopprimibile vitalit…. Barclay volse contro di essa l'estintore; il getto accecante, corrosivo, di nebbia chimica confuse la cosa, la disorient• e, insieme con il sel- vaggio attacco dei cani - incapaci di provare per pi— di pochi istanti paura di qualsiasi cosa che fosse, o che potesse essere, viva - la tenne a bada. McReady, aprendosi la strada in mezzo agli altri, stava arrivando dal corridoio stretto, stipato di persone che non riuscivano a vedere la scena. L'attacco di McReady aveva la decisione di qualcosa di proget- tato con cura. Una delle torce a cherosene usate per riscaldare i motori dell'aereo era stretta nelle sue mani bronzee. La torcia ruggŤ impetuo- samente quando egli svolt• il corridoio e aprŤ la valvola. Il rabbioso miagolio salŤ di tono. I cani si ritirarono precipitosamente dalla lancia di fiamma, lunga quasi un metro e di colore bluastro. --Bar, prendi un cavo sotto tensione, portalo fino a noi in qualche maniera. E un manico. Possiamo folgorare con l'elettricit… questo... mostro, se non riesco a incenerirlo io.--McReady parlava con l'auto- rit… di chi ha gi… in mente un programma d'azione. Barclay si avvi• per il lungo corridoio, diretto all'impianto generatore, ma gi… prima di lui Norris e Van Wall si erano messi a correre. Barclay trov• il cavo nell'armadietto dei pezzi di riserva dell'impian- to elettrico, nella parete del tunnel. La voce di Van Wall echeggi• in un grido di avvertimento:--Tensione!--quando la dinamo con motore a benzina, tenuta di riserva per i casi di emergenza, entr• rombando in azione. Una mezza dozzina di uomini, intanto, si era gi… radunata laggi—; carbone e legna venivano infilati nel focolare dell'impianto elettrico a vapore. Norris, che bestemmiava con voce bassa e monoto- na, lavorava con dita svelte e sicure dall'altra estremit… del cavo di Barclay, collegandola a una presa. I cani si erano ritirati, quando Barclay raggiunse il gomito del corri- doio: si erano ritirati di fronte a una mostruosit… inferocita che lancia- va fiamme dai tre occhi rossi e pieni d'odio, miagolando per la rabbia di vedersi in trappola. I cani formavano un semicerchio di musi spor- chi di rosso, con una frangia di denti bianchi e scintillanti, e uggiola- vano con malvagia bramosia che quasi uguagliava la furia degli occhi rossi. Calmo, McReady stava all erta nel gomito del tunnel: nelle mani aveva la torcia ancora ferocemente accesa, ed era pronto a rimetterla in azione contro il mostro. Fece un passo di lato senza distogliere gli occhi dalla bestia quando Barclay lo raggiunse. C'era un sorriso esile e tirato sulla sua scarna faccia bronzea. La voce di Norris lanci• un richiamo dal fondo del corridoio, e Bar- clay fece un passo avanti. Il cavo elettrico era fissato con del nastro isolante al lungo manico di una pala da neve: i due conduttori erano stati allontanati tra loro, e venivano tenuti alla distanza di un paio di spanne per mezzo di un pezzo di legno legato ad angolo retto, di tra- verso, sull'impugnatura del manico. I fili di rame, privi d'isolamento, caricati a 220 volt, scintillavano alla luce delle lampade a petrolio. La cosa miagol•, s'immobilizz• per un attimo e poi cerc• di sottrarsi. McReady si accost• al fianco di Barclay. I cani davanti a loro avverti- rono la natura del piano degli uomini con l'intelligenza quasi telepati- ca dei cani da slitta addestrati. Il loro uggiolio divenne pi— acuto, pi— sommesso, e i loro passi al rallentatore li portarono pi— vicini al mo- stro. All'improvviso un enorme cane dell'Alaska, nero come la notte, si lanci• contro la cosa intrappolata. Essa si volt• come un turbine, col- pendo il cane con le zampe armate di artigli affilati come sciabole. Barclay fece un balzo in avanti e affond• la sua arma. Un urlo sovru- mano, acutissimo, si alz• e si ruppe, soffocato. L'odore di carne brucia- ta si fece pi— aspro in tutto il corridoio; si alzarono volute pigre di fu- mo denso e grasso. L'eco del rombo della dinamo a benzina divenne un tonfo cupo, all'altro capo del corridoio. Gli occhi rossi si velarono nella tremolante parodia, sempre pi— rigi- da, di una faccia. Membra simili a braccia e a gambe sobbalzarono e tremarono~ I cani balzarono avanti, e Barclay ritir• la sua arma mon- ata sul manico di una pala. La cosa che giaceva sulla neve non si mos- se pi—, mentre i denti scintillanti la facevano a brandelli. 204 = 205 Garry si guard• attorno, nella stanza affollata. Trentadue uomini: al- cuni ancora tesi per il nervosismo, appoggiati contro la parete; altri incerti e rilassati; alcuni seduti; molti, volenti o nolenti, costretti a ri- manere in piedi per mancanza di spazio, vicini come sardine. Trenta- due, pi— i cinque che si stavano occupando di ricucire le ferite dei ca- ni: trentasette in tutto, il personale al completo. Garry cominci• a parlare:--D'accordo, penso che siamo arrivati tutti. Alcuni di voi... tre o quattro al massimo... hanno visto ci• che Š successo. Tutti voi avete visto la cosa che Š sul tavolo, e potete farvi un'idea generale. A beneficio di chiunque non l'avesse vista, ora solle- ver•...--La sua mano corse al telo cerato che copri~a il rigonfiamento della cosa deposta sul tavolo. Ne usciva un acre odore di carne brucia- ta. Gli uomini si affrettarono a dire che non ce n'era bisogno, e si agita- rono preoccupati. --Ho proprio idea che Charnauk non guider… pi— nessuna muta-- continu• Garry.--Blair vuole poter mettere le mani su questa cosa, per compiere degli esami pi— dettagliati. Noi vogliamo sapere che co- s'Š successo, ed essere certi che adesso sia permanentemente, comple- tamente morta. Giusto? Connant sorrise.--Chiunque non sia d'accordo pu• venire qui a te- nerle compagnia per la notte. --D'accordo, allora. Blair, che cosa mi puoi dire di essa? Che cos'era?--Garry si volt• verso il piccolo biologo. --Mi chiedo se l'abbiamo mai vista nella sua vera forma natura- le.--Blair port• lo sguardo sulla massa ancora coperta dalla tela ce- rata.--Pu• darsi che imitasse le creature che hanno costruito quell'a- stronave... ma non penso che sia la ~erit…. Secondo me, quella era la sua vera forma. Quelli di noi che erano vicino al gomito del corridoio l'hanno vista in azione; la cosa che c'Š sul tavolo Š il risultato. Quando si Š liberata, a quanto pare, ha cominciato a guardarsi attorno. L'An- tartide Š ancora coperta di ghiaccio come lo era intere epoche geologi- che fa, quando questa creatura la vide per la prima volta... e si conge- l•. Dalle osservazioni da me compiute mentre si stava scongelando, e dai campioni di tessuto organico che in quella occasione ho staccato e colorato, credo che fosse originaria di un pianeta pi— caldo della Ter- ra. Non poteva, nella sua forma naturale, sopportare la temperatura. Non c'Š alcun organismo vivente sulla Terra che possa vivere nell'An- tartide durante l'inverno, ma la miglior soluzione di compromesso so- no i cani. La cosa ha trovato i cani, e in qualche modo Š riuscita ad av- vicinarsi a Charnauk e a ucciderlo. Gli altri cani hanno sentito il suo odore... o il suo rumore... non so, e si sono inferociti, hanno spezzato le catene e l'hanno attaccata prima che avesse finito con Charnauk. La cosa che noi abbiamo trovato era in parte Charnauk, che stranamente era morto solo per met…, in parte Charnauk semidigerito dal protopla- sma di quella creatura, simile a gelatina, e in parte era un residuo del- la cosa che abbiamo trovato originariamente, fusosi, o qualcosa di si- mile, fino a raggiungere lo stato base del suo protoplasma. --Quando i cani l'hanno attaccata, essa si Š trasformata nella mi- glior creatura da combattimento che le Š venuta in mente. A quanto si direbbe, una bestia di un altro pianeta. --Trasformata--scatt• Garry.--E in che modo? --Ogni organismo vivente Š costituito di gelatina... di protoplasma cioŠ, e di minuscole, submicroscopiche entit… chiamate nuclei, che controllano la massa che li circonda, il protoplasma. Questa cosa non era altro che una modificazione del piano universale seguito dalla Na- tura; cellule, costituite di protoplasma, controllate da nuclei infinita- mente pi— piccoli. Voi fisici potreste paragonarla... paragonare uma cellula isolata di qualsiasi organismo vivente... a un atomo; la massa dell'atomo, la parte che riempie lo spazio, Š costituita dalle orbite de- gli elettroni, ma le sue caratteristiche sono determinate dal nucleo atomico. "Queste considerazioni non s'allontanano in modo troppo radicale da ci• che gi… conosciamo. Si tratta solamente di una modificazione che non abbiamo mai incontrato in passato. E altrettanto naturale, al- trettanto logica, quanto ogni altra manifestazione della vita. Obbedi- sce esattamente alle stesse leggi. Le cellule sono fatte di protoplasma, le loro caratteristiche sono determinate dai nuclei. "Solo che in questa creatura i nuclei cellulari possono controllare le cellule con un atto di votontd. Ha digerito Charnauk, e, mentre lo dige- riva, ha studiato ciascuna cellula dei suoi tessuti, e ha modificato le proprie cellule in modo da imitarla esattamente. Alcune parti della cosa... le parti che hanno avuto il tempo di cambiare fino in fondo... sono cellule di cane. Ma non hanno nuclei come quelli delle cellule di cane.n Blair sollev• un angolo della tela cerata. Ne uscŤ una zampa di cane tutta lacerata, coperta di ispidi peli grigi. nQuesta, per esempio, non Š affatto canina; Š imitazione. Di alcune parti non sono certo, il nucleo si nasconde dietro un altro nucleo che imita quello delle cellule canine A tempo debito, neppure un microscopio avrebbe potuto mo- strare la differenza." --E supponendo--chiese amaramente Norris--che avesse avuto tUtto il tempo che voleva? --Allora sarebbe diventata un cane. Gli altri cani l'avrebbero accol- ta tra loro. Noi l'avremmo accolta tra noi. Noi stessi l'avremmo accol- ta come uno di noi. Non credo che possa esistere uno strumento capa- ce di distinguerla: n‚ il microscoDio. n‚ i raoai X. n‚ altro. E un mem- bro di una razza supremamente intelligente: una razza che ha appreso i segreti pi— profondi della biologia, e li ha volti a proprio uso. --E che cosa intendeva fare?--Barclay lanci• un'occhiata alla tela cerata e ci• che si nascondeva sotto di essa. Blair sorrise, a disagio. L'ondeggiante aureola di capelli sottili che circondava il suo cranio pelato si scosse, accompagnando il movimen- to dell'aria.--Impadronirsi del mondo, immagino. --Impadronirsi del mondo! Proprio questo, tutto da solo?--Con- nant boccheggi•.--Mettersi sul trono come un dittatore solitario? --No.--Blair scosse il capo. Il bisturi che aveva continuato a strin- gere fra le dita gli cadde di mano; si chin• a raccoglierlo, cosicch‚, mentre parlava, la sua faccia rimase nascosta agli altri.--Divente- rebbe la popolazione del mondo. --Diventerebbe... Popolerebbe il mondo? Perch‚, si riproduce in modo asessuale? Blair scosse il capo e trangugi•.--E un... non ne ha bisogno. Pesava 38 chili. Chamauk ne pesava circa 40. Sarebbe diventato Charnauk, e gli sarebbero rimasti 38 chili per diventare... o Jack, per esempio, o Chinook. Pub imitare qualsiasi cosa, ossia diventare qualsiasi cosa. Se avesse raggiunto il Mare Antartico, sarebbe diventato una foca... ma- gari due foche. Avrebbero potuto attaccare un'orca marina, e poi di- ventare due orche, oppure un branco di foche. O magari avrebbe preso un albatros, o un gabbiano, e sarebbe volato fino in Sudamerica. Norris imprec• a voce bassa.--E ogni volta che avesse digerito qualcosa, e l'avesse imitato... --Gli sarebbe rimasto il proprio peso di partenza, per ricominciare di nuovo--termin• Blair.--Nulla potrebbe ucciderlo. Non ha nemi- ci naturali, poich‚ diventa qualsiasi cosa voglia diventare. Se un'orca marina lo attaccasse, diventerebbe un'orca marina. Se fosse un alba- tros e un'aquila lo attaccasse, diventerebbe un'aquila. Signore, po- trebbe diventare un'aquila femmina. Tornare indietro, fare il nido e deporre le uova! Sei sicuro che quella creatura infernale sia morta?--chiese il dottor Copper, piano. --SŤ, grazie al Cielo--rispose il piccolo biologo.--Quando hanno portato via i cani, io stesso sono rimasto lŤ, a colpirla per cinque minu- ti con l'aggeggio per la folgorazione elettrica costruito da Bar. Ormai Š morta... e cotta. --Allora possiamo soltanto ringraziare che siamo nell'Antartide, dove non ha neppure un'unica, singola, solitaria forma di vita da imi- tare, tolti gli animali dell'accampamento. --Noi--fece Blair, con una risatina sciocca.--Potrebbe imitare noi. Un cane non riuscirebbe a percorrere seicentocinquanta chilome- tri fino al mare; non c'Š cibo. Non ci sono gabbiani da imitare in que- 208 sta stagione. Non ci sono pinguini, cosŤ nell'entroterra. Non c'Š nulla che possa raggiungere il mare da questa localit…... eccetto noi. Noi ab- biamo il cervello. Noi possiamo farlo. Non capite?... Deve imitare noi... deve essere uno di noi... Š l'unico modo in cui pu• servirsi di un aeropla- no... votare per due ore, e dominare... essere... tutti gli abitanti della Terra. Ha un mondo da raccogliere... se imita noi! --Ma non lo sapeva ancora. Non ha avuto la possibilit… di imparar- lo. Aveva fretta... era in pericolo... ha preso la cosa che ha trovato, la pi— vicina alla sua stessa taglia. Ecco... io sono Pandora... ho aperto il vaso! E l'unica speranza che pu• uscirne... Š che non c'Š nulla che pos- sa uscirne! Voi non mi avete visto. Me ne sono occupato io. Ho risolto il problema. Ho rotto il magnete di ciascun aereo. Non Š rimasto un solo aereo che possa volare. Nulla pu• volare.--Blair rise sciocca- mente e si accasci• a terra, piangendo. Il capo pilota Van Wall si tuff• in direzione della porta. I suoi passi erano un'eco che svaniva nel corridoio mentre il dottor Copper si pie- gava senza fretta sul corpo del piccolo uomo steso sul pavimento. Dal suo armadio all'altra estremint… della stanza, egli prese qualcosa e iniett• un'imprecisata soluzione nel braccio di Blair.--Forse ritorne- r… normale quando si sveglier…--disse con un sospiro, rialzandosi. McReady lo aiut• a sollevare il biologo e a trasportarlo di peso su una cuccetta.--Dipende solo da questo: se riusciremo a convincerlo che quella cosa Š morta. Van Wall ritorn• nella baracca, strofinandosi con aria distratta la folta barba bionda.--Non pensavo che un biologo potesse portare avanti fino in fondo una simile iniziativa. Si Š dimenticato dei ricambi del secondo armadietto. Tutto a posto. Li ho rotti io. Il comandante Garry annuŤ.--Mi domandavo della radio. ll dottor Copper sbuff•.--Non penserete che possa scappare via su '~ un'onda radio, vero? Se sospendessimo le trasmissioni, arriverebbero cinque spedizioni di soccorso nel giro di tre mesi. La cosa da farsi Š quella di parlare, senza riferire niente. Ora mi chiedo se McReady fiss• il medico con aria interrogativa.--Potrebbe essere come una malattia infettiva. Ogni cosa che abbia assorbito il suo san- gue p Copper scosse il capo.--Blair ha dimenticato una cosa. Sar… benis- i~ simo capace di imitare, ma deve possedere, almeno fino a un certo - punto, una propria chimica organica, un proprio metabolismo. Se non li avesse, allora diventerebbe cane, certo... ma resterebbe un cane e niente di pi—. Deve essere un cane fasullo. E dunque lo possiamo sco- prire mediante prove sul siero. E la sua chimica, poich‚ proviene da un altro mondo, deve essere cosŤ completamente, radicalmente diver- sa, che alcune cellule, ad esempio quelle che raggiungono l'organismo dalle gocce di sangue, sarebbero trattate come germi patogeni dall'or- L~ ganismO del cane... o dell'uomo. --Sangue?... Una di quelle imitazioni sarebbe capace di sanguina- re?--domand• Norris. --Certo. Nel sangue non c'Š nulla di arcano. I muscoli sono compo- sti di acqua per il 90~o; il sangue Š diverso soltanto in questo: ha qual- che centesima parte di acqua in pi—, e meno tessuto connettivo. Un'i- mitazione sanguinerebbe normalmente--gli assicur• Copper. Dalla cuccetta, Blair si rizz• bruscamente a sedere.--Connant... Dov'Š Connant? Il fisico si rec• accanto al piccolo biologo.--Sono qui. Che cosa vuoi? --Tu sei?--disse Blair, ridendo scioccamente. Torn• a sprofondare nella cuccetta, contorcendosi in mute risate. Connant lo fiss• con occhi vacui.--Che? Sono io cosa? --Sei dawero lŤ?--Blair fu scosso da un accesso di risate.--Sei dawero Connant? Quella bestia voleva essere un uomo... non un cane! Il dottor Copper si alz• stancamente dalla cuccetta e lav• con cura la siringa ipodermica. Il sottile tintinnio parve molto rumoroso, nella stanza affollata, ora che la gorgogliante risata di Blair era finalmente cessata. Copper rivolse lo sguardo verso Garry e scosse lentamente il, capo.--Non c'Š speranza, temo. Non credo che riusciremo mai a con- vincerlo che la cosa Š morta. Norris fece un sorriso incerto.--Non credo che riuscirete a convin- cere me. Oh, accidenti a te, McReady. --McReady?--Il comandante Garry distolse lo sguardo da Norris per fissare McReady con curiosit…. --Gli incubi--spieg• Norris.--McReady aveva una teoria sugli incubi da noi avuti alla stazione Secondaria dopo avere trovato quella cosa. --E com'era?--Garry fiss• McReady senza battere ciglio. Per lui rispose Norris, parlando inquieto, a scatti.--Che la creatura non fosse morta ma avesse una sorta di esistenza enormemente rallen- tata- un'esistenza che le permetteva comunque di essere vagamente cosciente del passare del tempo, e del nostro arrivo dopo infiniti anni. Io stesso ho sognato che era capace di imitare le cose. --Be'--brontol• Copper--ne Š capace. --Non fare lo stupido--ritorse Norris.--Non Š questa la parte che mi preoccupa. Nel sogno poteva leggere la mente; leggere i pensieri e le idee e i modi di agire individuali. _ E cosa c'Š di male? Mi pare che la cosa vi preoccupi pi— di un'al- tra, e cioŠ il pensiero di come sar… divertente avere con noi un matto, in un campo antartico.--Copper indic• con il capo la sagoma dor- miente di Blair. McReady scosse lentamente la testa.--Voi sapete che Connant Š Connant: infatti egli non soltanto assomiglia a Connant... cosa che, a quantO cominciamo a pensare, era capace di fare anche la bestia... ma pensa come Connant, parla come Connant, si comporta con noi come si comporta Connant. E per farlo non basta solamente un corpo che as- somigli al suo, occorre anche la mente stessa di Connant, i suoi pensie- ri e i suoi caratteristici modi di agire. Pertanto, anche se da una parte voi sapete che la cosa avrebbe potuto assumere un aspetto simile a quello di Connant, dall'altra l'intera questione non vi preoccupa mol- to, poich‚ voi sapete che la mente della cosa proverrebbe da un altro mondo: sarebbe una mente completamente inumana, non potrebbe reagire e pensare e parlare come un uomo che conosciamo, e non po- trebbe farlo in maniera cosŤ abile da ingannarci anche solo per un mo- mento. L'idea che quella creatura imiti uno di noi Š affascinante, ma Š irreale, poich‚ la cosa Š troppo inumana per poterci ingannare. Essa non possiede una mente umana. --Come ho detto in precedenza--ripet‚ Norris, fissando McReady senza battere ciglio--tu riesci a dire le cose pi— infernali nel pi— in- fernale dei momenti. Mi fai il favore di completare il tuo pensiero... in un modo o nell'altro? Kinner, il cuoco della spedizione dal volto segnato da una cicatrice, era rimasto fermo accanto a Connant fino a quel momento. Improv- visamente si scosse e, attraversando l'intera lunghezza della stanza af- follata, si diresse alla sua cucina, dove si mise rumorosamente a scuo- t tere la cenere dal focolare della stufa. --Alla cosa non servirebbe a niente--disse il dottor Copper a voce bassissima, come se pensasse a voce--limitarsi ad assomigliare a t qualcosa che essa cerca di imitare; dovrebbe comprenderne le sensa- i zioni, le reazioni. E la cosa Š profondamente inumana; ha poteri di imi- ~ tazione che vanno al di l… di qualsiasi concetto degli uomini. Un buon L attore, mediante l'esercizio, pu• giungere a imitare un altro uomo, i suoi modi di agire, in modo sufficiente a ingannare quasi tutti. Natu- ralmente~ per•, nessun attore riuscirebbe a imitarlo in modo talmente t~` perfetto da ingannare uomini che sono vissuti con la persona imitata nella assoluta mancanza di privacy che c'Š in un accampamento del- E I~Antartide. Ci• richiederebbe un'abilit… superumana. --Oh, ci sei arrivato anche tu?--Norris lanci• un'imprecazione, a voce bassa. Connant, che era fermo accanto alla parete, da solo, a un'estremit… [ della stanza, si guard• intorno ferocemente. con il viso nallidissimo Con una sorta di lentissima osmosi, gli uomini si erano pian piano spostati verso l'altra estremit… della stanza, e adesso intorno a lui s'e- ra fatto il vuoto.--Santo Dio, volete starvene zitti, voi due menagra- mo?--A Connant tremava la voce.--Che cosa sono, io? Una sorta di esemplare microscopico che voialtri state dissezionando? Un verme talmente sudicio da doverne parlare in terza persona? McReady alz• lo sguardo su di lui; per un istante, le sue mani cessa- rono di torcersi lentamente.--Ci divertiamo moltissimo. Peccato che non ci sia anche tu. Firmato: Tutti. "Connant, se ti pare di essere in una posizione infernale, basta che tu ti metta per un momento nei panni degli altri. Tu hai l'unica cosa che noi non abbiamo: tu sai qual Š la risposta. Ti dir• una cosa: in questo momento tu sei la persona pi— temuta e rispettata di tutto il Campo Magnetico Principale." --Ges—; se tu potessi vedere i tuoi occhi--disse Connant, boccheg- giando.--Smettila di fissarmi, per favore! Che cosa diavolo intendi fare? --Ha qualche suggerimento, dottor Copper?--chiese a voce ferma il comandante Garry.--Questa situazione Š impossibile. --Ah, sŤ?--ritorse Connant.--Venite da questa parte, e guardate quella folla. Santo Cielo, sembrano esattamente la muta di cani dietro il gomito del corridoio. Benning, la pianti di agitare quella maledetta ascia da ghiaccio? La lama di bronzo cadde a terra con un suono metallico quando il meccanico degli aerei, innervosito, moll• la presa. Si chin• all'istante e la raccolse, la soppes• lentamente, facendosela girare tra le mani, mentre i sui occhi scuri si muovevano a scatti per tutta la stanza. Copper si sedette sulla cuccetta accanto a Blair. Il legno cigol• ru- morosamente. Lontano, in fondo a un corridoio, un cane uggiol• per il dolore, e le voci tese degli addestratori dei cani si alzarono piano. --Un esame al microscopio--disse il dottore, pensoso--sarebbe inutile, come ci ha detto Blair. E gi… trascorso un tempo considerevo- le. Per• un esame del siero risulterebbe conclusivo. --Esame del siero? Che cosa intende dire esattamente?--doman- d• il comandante Garry. --Se ho un coniglio cui Š stato iniettato sangue umano... che per i conigli Š un veleno, naturalmente, cosŤ come Š un veleno il sangue di qualsiasi altro animale, escluso i conigli stessi... e le iniezioni conti- nuassero per qualche tempo, salendo continuamente di dose, il coni- glio diventerebbe immune all'uomo. Se poi gli togliessimo una piccola quantit… del suo sangue, e la lasciassimo sedimentare in una provetta e aggiungessimo al siero trasparente una goccia di sangue umano, ci sarebbe una reazione assai appariscente, la quale dimostrerebbe che il sangue che abbiamo introdotto Š umano. Se aggiungessimo sangue di mucca o di cane... o qualsiasi altro materiale proteico diverso da un'u- nica cosa, cioŠ il sangue umano... non si verificherebbe alcuna reazio- ne. Questo sarebbe la dimostrazione definitiva. _ E mi puoi dire dove posso trovare il coniglio che ti serve, dotto- re?--chiese Norris.--CioŠ, senza andare in Australia: non vogliamo perdere tempo per arrivare fino l…. _ so che non ci sono conigli in Antartide--disse Copper, annuen- do col capo--ma il coniglio Š solo l'animale che si usa di solito. Ogni altro animale, a eccezione dell'uomo, va ugualmente bene. Ad esem- pio, un cane. Ma la cosa richieder… alcuni giorni, e, data la mole della bestia, una grossa quantit… di sangue. Due di noi dovranno diventare donatori. --Posso offrirmi io?--chiese Garry, annuendo.--Mi metter• im- mediatamente all'opera. --E per quanto riguarda Connant, nel frattempo?--domand• Kin- ner.--Uscir• da quella porta e mi metter• a correre verso il Mare di Ross, piuttosto che cucinare per lui. --Potrebbe anche essere umano...--cominci• a dire Copper. Connant esplose in una serie di imprecazioni.--Umano! Potrei an- che essere umano, accidenti a te, maledetto segaossa! Ma cosa diavolo credi che io sia? --Un mostro--disse seccamente Copper.--E adesso chiudi il bec- cO e dammi retta.--Dal viso di Connant era scomparso ogni colore; si mise pesantemente a sedere quando l'accusa venne pronunciata. --Finch‚ non lo sapremo... e tu sai bene quanto noi che abbiamo degli ottimi motivi per mettere in dubbio la cosa, e soltanto tu sai quale po- tr… essere la risposta... ci si aspetta logicamente che noi ti si metta sot- to chiave. Se tu sei... non umano... sei molto pi— pericoloso del povero Blair qui presente, e per quanto riguarda Blair mi occuper• io stesso di chiuderlo a chiave in modo che non possa uscire. Prevedo che il suo prossimo passo sar… quello di provare il violento desiderio di uccider- ti, di uccidere i cani e probabilmente anche noi. Quando si sveglier…, sar… sicuro che noi tutti siamo non umani, e nulla in Terra potr… cam- biare le sue convinzioni. Sarebbe pi— gentile lasciarlo morire, ma non possiamo farlo, Š chiaro. Finir… in una delle baracche, e tu potrai ri- manere nella baracca dei raggi cosmici insieme con le tue apparec- chiature. Che poi Š la cosa che faresti in qualsiasi caso. Devo andare a preparare un paio di cani. Connant annuŤ, amaramente.--lo sono umano. Fa' in fretta con quell~esame. I tuoi occhi... Signore, se solamente tu potessi vedere i tuoi occhi, come mi fissano... Il comandante Garry osserv• con ansia mentre Clark, l'addetto ai cani, teneva fermo il grosso eschimese bruno e Copper dava inizio alle miezioni. Il cane non era eccessivamente ansioso di collaborare: l'ago 213 pungeva, e gi… al mattino aveva sperimentato la sua dose di cucito. Cinque punti suturavano una lacerazione che gli partiva dalla spalla per giungere fino a met… del corpo, passando sulle costole. Una lunga zanna era spezzata a met…; la parte mancante si sarebbe potuta trova- re semisepolta nell'osso della spalla della cosa mostruosa che giaceva sul tavolo dell'edificio Amministrazione. --Quanto occorrer…?--chiese Garry, stringendosi delicatamente il braccio. Era tutto indolenzito per la puntura dell'ago usato dal dottor Copper per estrarre il sangue. Copper alz• le spalle.--Non lo so, detto francamente. Conosco il metodo in generale e l'ho usato sui conigli. Ma non ho mai sperimen- tato con i cani. Sono animali grossi, goffi per questo tipo di lavoro di laboratorio; naturalmente, i conigli immuni all'uomo, li forniscono opportuni laboratori: pochi sono i ricercatori che si prendano la fatica di prepararseli da s‚. --Ma che cosa se ne fanno, laggi—?--chiese Clark. --La criminologia Š un campo vasto. A dice di non aver ucciso B, e che il sangue sulla sua camicia viene da un pollo. La polizia fa un test, poi spetter… ad A spiegare come mai quel sangue reagisca con i conigli immuni all'uomo, e non con quelli immuni al pollo. --Che ne faremo di Blair nel frattempo?--chiese stancamente Garry.--Va benissimo lasciarlo dormire lŤ per un po', ma quando si sveglier…... --Barclay e Benning stanno mettendo qualche robusto chiavistello sulla porta della baracca dei raggi cosmici--rispose Copper, con un sorriso torvo.--Connant si sta comportando da geniluomo. Ho l'im- pressione che il modo con cui gli altri lo guardano possa contribuire a fargli desiderare un po' di privacy. Dio sa, come tutti noi, individual- mente, abbiamo pregato per un po' di intimit…. Clark rise amaramente.--Adesso non pi—, grazie tante. Fitta briga- ta, vita beata. --Blair--continu• Copper--dovr… a sua volta avere intimit…... e chiavistelli. Avr… certamente in testa un piano ben dettagliato, quan- do si sveglier…. Avete mai sentito il modo per fermare l'afta nei bovini, quello che usavano una volta? --Se non c'Š afta, non ci sar… afta--Copper spieg•.--Potete sba- razzarverne uccidendo ogni animale che ne mostra i segni, e ogni ani- male che Š stato vicino a un animale ammalato. Blair Š biologo, e co- nosce certamente questa vecchia storia. Inoltre ha paura di questa co- sa che abbiamo messo il libert…. Probabilmente avr… gi… chiara la risposta: uccidere tutto e tutti in questo campo, prima che un gabbia- no o un albatros che si spinge all'interno con la primavera capiti per caso da noi e... si prenda la malattia. Le labbra di Clark si torsero.--Mi sembra logico. Se le cose doves- sero diventare troppo brutte... forse faremmo meglio a lasciare libero Blair. Ci impedirebbe di commettere suicidio. Anzi, potremmo fare un voto, un giuramento, che se le cose dovessero veramente volgere al peggio, si provveda a fare una cosa simile. Copper rise piano.--L'ultimo uomo rimasto in vita al Campo Ma- gnetico Principale... non sarebbe un uomo--spieg•.--Qualcuno do- vr… uccidere quelle... creature che non desiderano uccidersi da sole, lo sai. Non abbiamo abbastanza termite per farlo tutto in una volta, e l'e- splosivo alla decanite non servirebbe a molto. Ho l'impressione che anche i piccoli pezzi di una di quelle cose possano essere autosufficien- ti. --Se possono--disse Garry, pensoso--modificare il loro proto- plasma a volont…, non pensa che si limiteranno a modificare se stessi trasformandosi in uccelli e poi se ne voleranno via? Possono leggere tutto ci• che occorre sugli uccelli, e imitare la loro struttura senza ve- nire direttamente in contatto con essi. Oppure imitare uccelli del loro pianeta. Copper scosse il capo e aiut• Clark a liberare il cane.--L'uomo ha studiato gli uccelli per centinaia di anni, cercando di imparare come costruire una macchina che volasse come loro. Non riuscŤ mai a sco- prire il modo; infine, il successo gli giunse quando rinunci• nettamen- te a quell'idea e si mise a cercare nuovi metodi. Tra conoscere il prin- cipio in generale e conoscere nei dettagli la struttura dell'ala e del- I'osso e del tessuto nervoso c'Š molta, moltissima differenza. E per ci• che riguarda gli uccelli di altri mondi, forse, anzi molto probabilmen- , te, le condizioni atmosferiche che abbiamo qui sono talmente diverse ~r da quelle che regnano laggi— che i loro uccelli non potrebbero volare. Anzi, forse quella creatura Š venuta da un pianeta come Marte, con ~-~ un'atmosfera talmente rarefatta che non esistono gli uccelli. Barclay entr• nella stanza, portando con s‚ un rotolo di cavo d'ac- ciaio per i comandi degli aerei.--Tutto fatto, Doc. La baracca dei rag- gi cosmici non pu• essere aperta dall'interno. E adesso, dove mettia- mo Blair? Copper guard• Garry.--Non c'Š nessuna capanna riservata ai bio- logi. Non so dove potremmo isolarlo. @ --Che ne dice della baracca Est?--chiese Garry, dopo averci pen- sato per un momento.--Blair Š in grado di badare a se stesso, oppure ha bisogno di... essere sorvegliato? L Ne Š abbastanza in grado. Saremo noi, quelli da sorvegliare-- ~`. gli assicur• Copper, con amarezza.--Prenda una stufa, un paio di sacchi di carbone e qualche arnese per mettere a posto il tutto. Non c'Š ~ pib stato nessuno dallo scorso autunno, vero? úL Garry scosse la testa.--Se diventa rumoroso... mi pare che possa ~ essere una buona idea. Barclay sollev• gli attrezzi che aveva con s‚ e fiss• Garry.--Se il brontolio che sta emettendo ora Š una buona indicazione, passer… l'in- tera notte cantando. E le sue canzoni non ci piaceranno. --Che cosa dice?--chiese Copper. Barclay scosse il capo.--Non avevo voglia di ascoltare a lungo. Se vuoi, puoi ascoltarlo tu. Ma ho capito che quel maledetto idiota ha fat- to tutti i sogni che ha fatto McReady, e qualcuno in pi—, anche. Ha dor- mito accanto alla cosa, a ogni fermata che abbiamo fatto nel ritornare dal Polo Magnetico Secondario, ricorda. Ha sognato che la cosa era vi- va, e l'ha sognato in maggiori dettagli. E - che possa dannarsi l'anima - sapeva che non si trattava solamente di un sogno, o almeno aveva motivo di pensarlo. Sapeva che aveva dei poteri telepatici che si stava- no vagamente ridestando, e che non solo poteva leggere la mente, ma poteva anche proiettare i pensieri. Non erano sogni, vedi. Erano pen- sieri in libert… che la cosa proiettava, un po' come Blair, in questo stes- so momento, sta proiettando i suoi... una sorta di mormorio telepatico nel sonno. Per questo sapeva cosŤ tante cose dei suoi poteri. Penso che tu, Doc e io non siamo cosŤ sensibili, se pensi di poter credere alla tele- patia. --Non posso farne a meno--sospir• Copper.--Il dottor Rhine del- la Duke University ha mostrato che esiste, e ha mostrato che alcune persone sono assai pi— sensitive di altre. --Be', se desideri sapere un mucchio di dettagli, va' ad ascoltare ci• che Blair comunica. Ha costretto la maggior parte dei ragazzi a scap- pare via dell'Edificio dell'Amministrazione; Kinner continua a sbatte- re le casseruole come se fosse carbone che rotola lungo uno scivolo. Quando non ha sottomano nessuna casseruola da sbattere, sbatte la cenere. --A proposito, comandante, cosa faremo questa primavera, adesso che gli aeroplani sono in panne? Garry sospir•.--Temo che la nostra spedizione sia destinata a esse- re una netta perdita. Non possiamo dividere le nostre forze in questo momento. --Non sar… una perdita... se continueremo a vivere, e riusciremo a uscire fuori da questa situazione--gli promise Copper.--Il ritrova- mento da noi fatto, se riusciremo a metterlo sotto controllo, Š abba- stanza importante. I dati sui raggi cosmici, il lavoro sul campo ma- gnetico e quello sull'atmosfera non subiranno gravi ritardi. Garry rise senza allegria.--Stavo proprio pensando alle trasmis- sioni radio. Riferire a mezzo mondo i meravigliosi risultati dei nostri voli esplorativi, cercando di ingannare persone come Byrd ed Ells- worth nella madrepatria, facendo loro credere che stiamo facendo qualcosa. CoDDer, serio, annuŤ.--Si accorgeranno che c'Š qualcosa che non va. Ma uomini come quelli hanno abbastanza giudizio per capire che non cercheremmo di ingannarli se non avessimo una qualche sorta di motivo, e aspetteranno il nostro ritorno per giudicarci. Penso che in fin dei conti la situazione risulter… la seguente: gli uomini abbastanza esperti per riconoscere il nostro inganno aspetteranno il nostro ritor- no. Gli uomini che non hanno fede e discrezione sufficienti ad attende- re, non avranno neppure l'esperienza necessaria a scoprire un ingan- no. Noi conosciamo a sufficienza le condizioni di qui per poter imba- stire un plausibile bluff. --Solo perch‚ non inviino spedizioni di "salvataggion--si augur• Garry.--Quando - e se - saremo in grado di uscire, dovremo informa- re il capitano Forsythe di portare con s‚ una scorta di magneti, quan- do verr… da noi. Se invece... no, per ora lasciamo perdere. --Se non potremo mai allontanarci, vuoi dire?--chiese Barclay. --Mi chiedevo se un bel racconto in presa diretta di un'eruzione o di un terremoto via radio, con un opportuno finale sonoro ottenuto me- diante un candelotto di decanite sotto il microfono, non potesse aiu- tarci. Nulla, ovviamente, riuscir… a tenere lontano la gente in eterno. Ma una di quelle eleganti, melodrammatiche scene tipo "ultimo su- perstite" potrebbe convincerli a non affrettarsi troppo. Garry sorrise, sinceramente divertito.--E anche gli altri uomini del campo si danno da fare per trovare simili idee? Copper rise.--Che cosa crede, Garry? Siamo sicuri di poter vincere in definitiva. Ma non sar… una cosa troppo facile, penso. Clark alz• la testa e sorrise, distogliendo gli occhi dal cane che, a forza di carezze, cercava di far tornare alla calma.--Sicuri, hai detto, dottore? Blair si aggir• inquieto per tutta l'ampiezza della piccola baracca. I suoi occhi scattavano e tremolavano lanciando vaghe occhiate sfug- r~ genti ai quattro uomini che lo accompagnavano: Barclay, alto un me- ,1~ tro e ottanta e pesante pi— di 80 chili; McReady, un gigante bronzeo; il dottor Copper, basso, tozzo e robusto; e Benning, un metro e settanta- Cinque di nervi d'acciaio. Blair si rannicchi• contro la parete pi— lontana della baracca Est: la sua roba era accumulata in mezzo al pavimento, accanto alla stufa, e formava come un'isola tra lui e i quattro uomini. Le sue mani ossute Continuavano a stringersi e ad aprirsi, terrorizzate. I suoi occhi chiari emolavano inquieti e la sua testa calva e coperta di lentiggini guiz- zava da una parte all'altra con movimenti da uccellino spaventato. --Non voglio che nessuno venga qui. Mi far• da mangiare da me-- disse, nervosamente.--Kinner pu• essere umano, ora come ora, ma ne dubito. Trover• una soluzione, ma non intendo mangiare nessun ci- bo che voi mi mandiate. Voglio scatolette. Scatolette chiuse ermetica- mente. --Va bene, Blair, te le porteremo questa sera--promise Barclay. --Hai del carbone, e il fuoco Š acceso. Far• un ultimo...--Barclay si fece avanti. Blair corse immediatamente a rifugiarsi nell'angolo pi— lontano. --Esci fuori! Sta' lontano da me, mostro!--url• il piccolo biologo, e cerc• di aprirsi la strada con le unghie nella parete della baracca. --Stai lontano... stai lontano... non intendo lasciarmi assorbire... non voglio... Barclay si rilass• e si tir• indietro. Il dottor Copper scosse il capo. --Lascialo solo, Bar. Per lui sar… pi— facile controllarsi da solo. Dob- biamo occuparci della porta, credo... I quattro uomini uscirono. Con efficienza, Benning e Barclay si mi- sero al lavoro. Non c'erano lucchetti in Antartide: non c'era abbastan- za intimit… per renderli necessari. Ma in ciascuno degli stipiti erano state awitate delle grosse viti, e cavo di scorta degli aerei, un cavo d'acciaio intrecciato, estremamente robusto, venne legato tra le viti e teso forte. Poi Barclay si mise all'opera con un trapano e un seghetto: in poco tempo aprŤ nella porta uno sportellino da cui si sarebbe potuto passare nella stanza gli alimenti, senza necessit… di aprire la porta. Tre spessi cardini presi da una cassa di provviste, due nottolini e una copiglia da dieci centimetri assicuravano che non venisse aperto al- I'interno. All'interno, Blair si muoveva nervosamente. Tra sbuffi e impreca- zioni a mezza voce, era intento a spingere qualche oggetto in direzione della porta. Barclay aprŤ lo sportello e diede un'occhiata, mentre il dottor Copper cerc• di sbirciare da dietro le sue spalle. Blair aveva spinto contro la porta la pesante branda. La porta, ormai, era impossi- bile ad aprirsi senza la sua collaborazione. --Non so, ma ho l'impressione che quel poveraccio abbia ragio- ne--disse McReady, sospirando.--Se riesce a uscire, ha giurato di uccidere tutti noi, nessuno eccettuato, il pi— presto possibile: progetto col quale non siamo molto d'accordo. Ma c'Š qualcosa, dalla nostra parte di quella porta, che Š ben peggio di un maniaco omicida. Se si trattasse di scegliere tra i due, credo che verrei qui di persona a toglie- re il cavo che blocca la porta. Barclay gli sorrise:--Fammelo solo sapere, e ti far• vedere il modo pi— svelto per toglierlo. Il sole tingeva l'orizzonte settentrionale di arcobaleni multicolori, sebbene tramontato gi… da due ore. Il campo di neve si stendeva a per- dita d'occhio verso nord, e scintillava, sotto quei colori fiammeggian- ti, con un milione di glorie riflesse. Basse montagnole bianche e tonde sull'orizzonte settentrionale mostravano la Catena Magnetica, che su- perava di poco la cima della tormenta. Piccole spirali di neve spinta dal vento si allontavano dai loro sci mentre facevano ritorno all'ac- campamento principale, a due miglia di distanza. Il dito scheletrico dell'antenna radio s'innalzava come un sottile ago nero sullo sfondo bianco del continente antartico. La neve sotto gli sci era come sabbia fina: dura e frusciante. --La primavera--disse Benning con amarezza--Š giunta. Non Š divertente? Io aspettavo con ansia di potermi allontanare da questo maledetto buco scavato nel ghiaccio. _ Non ci proverei, se fossi in te--disse Barclay.--La gente che cercher… di squagliarsela di qui nei prossimi giorni risulter… estrema- mente impopolare. _ Come va il tuo cane, dottor Copper?--chiese McReady.--Hai gi… qualche risultato? --In trenta ore? Magari ne avessi! Oggi gli ho fatto un'iniezione del mio sangue. Ma penso che occorreranno altri cinque giorni. Non cono- sco a sufficienza il procedimento per fare pi— in fretta. --Mi chiedevo se Connant fosse... cambiato, ci avrebbe avvertito cosŤ in fretta dopo la fuga della creatura? Non avrebbe aspettato un po' di pi—, in modo da darle maggiore possibilit… di assumere la nuova forma? Non avrebbe aspettato che finisse di dormire?--chiese lenta- mente McReady. --Quella cosa egoista. Al vederla, non ti pareva che si ispirasse ai pi— alti principi di giustizia, no?--gli fece notare il dottor Copper. --Ogni parte di essa Š la sua totalit…, ogni sua parte pensa a se stessa, immagino. Se Connant fosse stato cambiato, allora, allo scopo di sal- vare la propria pelle, egli avrebbe dovuto... ma i sentimenti di Con- nant non sono cambiati; sono perfettamente imitati, o sono i suoi. E chiaro che l'imitazione farebbe esattamente le stesse cose che farebbe Connant. _ Di', Norris o Van non potrebbero sottoporre Connant a qualche tipo di test? Se la cosa Š pi— intelligente degli uomini, allora potrebbe ConosCere la fisica pi— di quanto si suppone possa conoscerla Connant, e loro due potrebbero accorgersene--suggerŤ Barclay. Copper scosse stancamente il capo.--No, se legge nella mente. Non puoi prepararle una trappola. Van ha gi… suggerito la stessa cosa la Scorsa notte. Sperava che rispondesse a certe domande di fisica alle quali anche lui vorrebbe dare una risposta. Quest'idea di uscire a gruppi di quattro ci rallegrer… l'esisten- za disse Benning, guardando i propri compagni.--Ciascuno di noi terr… d'occhio i propri compagni per accertarsi che non facciano nulla 219 di... particolare. Gente, diventeremo proprio un bel gruppo di persone ispirate alla reciproca fiducia! Ciascuno guarda il vicino esibendo il massimo di fede e di fiducia... ora comincio a capire cosa intendesse Connant quando diceva: ~Vorrei che potessi vedere i tuoi occhi~. Di tanto in tanto dobbiamo avere anche noi lo stesso sguardo, credo. Ognuno di noi si guarda attorno con uno sguardo del tipo: ®Mi chiedo se gli altri tre non siano per caso...~>. Tanto per chiarire, non voglio che questo non si applichi anche a me. --Per quanto ne sappiamo, l'animale Š morto, con qualche residua perplessit… a riguardo di Connant. Nessun altro Š sospetto.--McRea- dy fece lentamente questa asserzione.--L'ordine di stare sempre in "gruppi di quattron Š soltanto una misura precauzionale. --Mi aspetto che tra un po' Garry dia l'ordine di "quattro per cuc- cetta~.--Barclay sospir•.--Pensavo che gi… prima si avesse poca in- timit…, ma da quell'ordine in poi... Nessuno osservava con tensione superiore a quella di Connant. Una piccola provetta sterile, piena a met… di un liquido paglierino. Una... due... tre... quattro... cinque gocce della soluzione chiara che il dottor Copper aveva preparato con le gocce di sangue prese dal braccio di Connant. La provetta venne scossa attentamente, poi collocata in un matraccio pieno di acqua pura e tiepida. Il termometro lesse la tempe- ratura del sangue, un piccolo termostato scatt• e poi la piastra elettri- ca di riscaldamento cominci• ad arrossarsi, mentre le luci delle lam- padine si abbassavano un poco. 3~ Poi minuscoli fiocchi bianchi di precipitato cominciarono a formar- ~a si e a scendere come neve all'interno del liquido paglierino.--Signo- . re--disse Connant. Si lasci• cadere pesantemente in una cuccetta, ; piangendo come un bambino.--Sei giorni...--singhiozz•.--Sei giomi dentro quella baracca, chiedendomi se quel maledetto test mentisse. Garry si avvicin• silenziosamente a lui, e gli appoggi• il braccio sul- la spalla. --~on poteva mentire--disse il dottor Copper.--Il cane era im- mune all'uomo... e il siero ha reagito. --E... Š a posto?--ansim• Norris.--Allora... l'animale Š morto... morto per sempre? --E umano--disse Copper, con sicurezza--e l'animale Š morto Kinner scoppi• a ridere, istericamente. McReady si volt• verso di lui e cominci• a schiaffeggiarlo metodicamente: uno, due, uno, due. Il cuoco rise, deglutŤ, pianse e infine si mise a sedere, strofinandosi la guancia e mormorando vaghi ringraziamenti.--Se avevo paura, Si- gnore, se avevo paura... Norris rise seccamente.--E credi che noi non ne avessimo, razza di scimmione? Pensi che Connant non ne avesse? L'edificio Amministrazione si rianim• come per un improvviso rin- giovanimento. Alcuni cominciarono a ridere, gli uomini ammassati accanto a Connant parlarono con voci troppo alte, voci convulse, ner- vose, che ridiventavano sollevate e amichevoli. Qualcuno lanci• un suggerimento, e una decina di persone si diresse agli sci. Blair. Blair poteva rinsavire... Il dottor Copper continuava a pasticciare con le sue provette, sollevato dal nervosismo, occupato a provare varie soluzio- ni. Il gruppo di salvataggio diretto alla baracca di Blair uscŤ dalla por- ta, con gli sci che battevano rumorosamente. Lungo il corridoio i cani emisero un rapido suono che stava a met… tra un guaito e un uiulato, quando l'aria di eccitazione e di sollievo giunse fino a loro Il dottor Copper continu• a pasticciare con le sue provette. Il primo a notarlo fu McReady: lo vide seduto sul bordo della cuccetta, con in mano due provette piene di liquido paglierino reso bianco dai fiocchi del precipitato. La sua faccia era pi— bianca dei fiocchi nella provetta, e dai suoi occhi, terrorizzati fino a un attimo prima, scendevano lacri- me silenziose. McReady si sentŤ trapassare il cuore da una gelida lama di paura che gli raggel• il petto. Il dottor Copper sollev• lo sguardo. --Garry--grid• con voce roca.--Garry, per l'amor di Dio, venga qui. Il comandante Garry si diresse rapidamente verso di lui. Il silenzio cal• bruscamente sull'edificio Amministrazione. Anche Connant alz• lo sguardo, si sollev• rigidamente in piedi. --Garry... i tessuti del mostro... anch'essi formano il precipitato. Il testo non prova niente. Prova solo che il cane era anche immune al mostro. Uno dei due che hanno donato il sangue... uno di noi due, io e lei, Garry... uno di noi Š un mos~ro. 10 i --Bar, richiama indietro quegli uomini prima che arrivino da Blair--disse piano McReady. Barclay si rec• alla porta- debolmente le Sue grida giunsero agli uomini rimasti nella stanza, tesi e silenziosi ~>oi ritornO all'interno. --Stanno tornando--annunci•.--Non ho spiegato loro il perch‚. Solo che il dottor Copper ha detto di non andare. --McReady--sospir• Garry--adesso il comando Š tuo. Che Dio ti possa aiutare. Io non posso farlo. Il gigante di bronzo annuŤ lentamente, fissando sul comandante Garry gli occhi profondi. --Potrei essere io--Garry aggiunse.--Io sono certo di non esserlo, ma non posso dimostrarlo a voi in alcun modo. Il test del dottor Cop- per Š andato in fumo. Il fatto che egli stesso ci abbia mostrato che Š inutile, mentre al mostro sarebbe stato utile che tale inutilit… non fos- se nota, sembra dimostrare che egli Š umano. Copper si dondol• lentamente sulla cuccetta, avanti e indietro.--Io so di essere umano. Anch'io non ho modo di dimostrarlo. Uno di noi due Š un bugiardo, perch‚ quel test non pu• mentire, e il test afferma che uno di noi due lo Š. Io ho dato la prova che il test Š inutile, e questo parrebbe dimostrare che io sono umano, e ora Garry ha dato la dimo- strazione logica che io sono umano... una dimostrazione che non avrebbe dovuto dare, se fosse il mostro. E un giro vizioso che gira... gi- ra... gira... La testa del dottor Copper, poi il suo collo e le spalle cominciarono lentamente a girare, al ritmo delle parole. Poi, bruscamente, stese la schiena sulla cuccetta, scoppiando in una fragorosa risata.--Non c'Š bisogno di dimostrare che uno di noi Š un mostro! Non c'Š affatto biso- gno di provarlo! Ho-ho. Se siamo tutti dei mostri, il ragionamento fila lo stesso! Siamo tutti mostri... tutti... Connant e Garry e io... e tutti voi. --McReady--chiam• piano Van Wall, il capo pilota dalla barba bionda--tu avevi cominciato gli studi di medicina prima di passare alla meteorologia, no? Puoi escogitare qualche test? McReady si avvicin• lentamente a Copper, gli tolse la siringa dalla mano e la lav• accuratamente in una soluzione di alcool al 95 per cen- to. Garry rimase immobile a sedere, sul bordo della cuccetta, con il volto rigido come legno, sorvegliando Copper e McReady.--Ci• che Copper ha detto, Š possibile--fece McReady, sospirando.--Van, vuoi aiutarmi, per favore? Grazie.--L'ago si piant• nella coscia di Copper. La sua risata non si interruppe, ma lentamente si trasform• in un sin- ghiozzo e poi in un sonno profondo quando la morfina fece effetto. McReady si volt• di nuovo. Gli uomini che erano partiti per recarsi da Blair erano fermi all'altra estremit… della stanza, con gli sci spor- chi di neve e gocciolanti; le loro facce erano bianche come i loro sci. Connant aveva in ciascuna mano una sigaretta accesa: da una traeva boccate, con espressione assente, e intanto fissava il pavimento. Il bru- ciore di quella che teneva nell'altra mano richiam• bruscamente la sua attenzione; egli la fiss•, poi fiss• stupidamente quella da cui aspi- rava. Infine ne gett• una a terra e la calpest• lentamente con il tacco. 222 --Il dottor Copper--ripet‚ McReady--potrebbe avere ragione. Io 5o di essere umano... ma Š chiaro che non posso dimostrarlo. Ripeter• il test per mia personale informazione. Se un altro di voi vuole farlo, lo faccia pure a sua volta. Due minuti pi— tardi, McReady mostr• la provetta in cui il precipi- tato bianco si separava lentamente dal siero paglierino.--Anche que- sta reagisce al sangue umano, e quindi nessuno dei due Š un mostro. --Non pensavo che potessero esserlo--disse Van Wall, con un so- spiro.--Anche questa sarebbe stata una soluzione insoddisfacente per il mostro: scoprendolo, avremmo potuto uccidere i mostri nascosti tra noi. Ma perch‚ il mostro non ci ha distrutto, mi chiedo? Sembra che sia libero tra noi. McReady sbuff•. Poi rise piano.--Elementare, mio caro Watson. Il mostro desidera avere disponibili delle forme di vita. Non pu• anima- re un corpo morto, a quanto pare. Si limita ad attendere... ad attende- re l'occasione pi— opportuna. Noi che siamo ancora umani, ci tiene di riserva. Kinner rabbrividŤ violentemente.--Ehi. Ehi, Mac. Mac, io lo sa- prei, se fossi un mostro? Lo saprei, se il mostro mi avesse gi… preso? Oh Signore, io potrei gi… essere un mostro. --Lo sapresti--rispose McReady. --Ma non lo sapremmo noi.--Norris rise seccamente, quasi isteri- camente. McReady guard• l'ultima provetta di siero che ancora restava. --C'Š una sola cosa a cui questa maledetta roba pu• servire, per•-- disse, pensoso.--Clark, tu e Van potete venire ad aiutarmi? Gli altri Š meglio rimangano tutti insieme qui dentro. Tenetevi d'occhio tra di voi--disse con amarezza.--Ma badate a non combinare qualche guaio, se capite cosa intendo dire. McReady si avvi• lungo il tunnel, in direzione del canile seguito da Clark e Van Wall.--Ti occore altro siero?--Domand• Cˇark. McReady scosse il capo.--Test. Ci sono quattro vacche e un toro, e quasi settanta cani, laggi—. Questa sostanza reagisce soltanto al san- gue umano... e ai mostri. ~4cReady, ritornato all'edificio Amministrazione, si rec• silenziosa- ~ente al lavandino. Clark e Van Wall si unirono a lui un istante pi— tardi. Sulle labbra di Clark era sorto un tic che le contraeva in smorfie --Che cosa avete fatto?--sbott• Connant.--Altre immunizzazio- ni? Clark fece una smorfia, poi sobbalz• per un singulto.--Immunizza- zioni. Gi…. Immuni, sicuro. --Quel mostro--disse con voce ferma Van Wall--Š molto razio- nale. Il nostro cane immune era perfettamente a posto, e abbiamo pre- levato da lui un po' di siero per i test. Ma ora non ne faremo pi—. --Non possiamo usare il sangue umano... su un altro cane?...--co- minci• Norris. --Non ci sono--disse McReady, lentamente--altri cani. E neppu- re vacche, devo aggiungere. --Non ci sono altri cani?--Benning appoggi• lentamente le spalle allo schienale. --Sono molto cattivi quando cominciano a cambiare--disse Van Wall, soppesando le parole.--Ma lenti. Quell'aggeggio per la scossa elettrica che hai fatto tu, Barclay, Š molto efficace. Resta solamente un cane... il nostro cane immune. Il mostro ce lo ha lasciato, in modo che potessimo divertirci con i nostri inutili test. Gli altri...--Sollev• le spalle e si asciug• le mani. --Le vacche...--Kinner deglutŤ a vuoto. --Anche quelle. Hanno avuto una bella reazione. Hanno un aspetto molto ridicolo, quando cominciano a sciogliersi. Una bestia non ha molte possibilit… di scappare in fretta, quando Š legata con la catena da cani, e doveva essere legata, per la riuscita dell'imitazione. Kinner si alz• lentamente in piedi. I suo occhi sbarrati corsero per l'intera stanza e giunsero a fermarsi, su un recipiente di stagno posto nella dispensa. Lentamente, un passo dopo l'altro, si ritir• verso la porta, aprendo e chiudendo silenziosamente la bocca, come un pesce fuor d'acqua. --Il latte...--boccheggi•.--Le ho munte un'ora fa...--La sua vo- ce si spezz• e divenne un urlo mentre si buttava fuori della porta. UscŤ sulla banchina polare senza giacca a vento o abiti pesanti. Van Wall lo seguŤ per un istante con lo sguardo, pensosamente. --Probabilmente Š impazzito senza rimedio--disse infine--ma po- trebbe anche essere un mostro che fugge. Non ha preso gli sci. Prepa- rate una di quelle torce degli aerei... non si sa mai. L'esercizio fisico dell'inseguimento fece loro bene: era una cosa che andava fatta. Tre degli altri vomitavano tranquillamente. Norris gia- ceva supino, con la faccia verdognola, e fissava senza battere ciglio il fondo della cuccetta sopra la sua. --Mac, da quanto tempo le mucche... non sono pi— mucche? McReady scosse le spalle, impotente. Si rec• al secchio del latte e cominci• a lavorare su di esso con la sua piccola provetta di siero. Il latte form• una nuvoletta all'interno della provetta, rendendo difficile dare un giudizio. Infine McReady rimise la provetta nella rastrelliera e scosse il capo.--Il test Š negativo. Questo significa che erano muc- che al momento della mungitura, oppure, essendo delle perfette imita- zioni, che hanno dato del lattte perfettamente imitato. Copper si agit• inquieto nel sonno ed emise un gorgoglio che stava a met… tra il ridere e il russare. Occhi silenziosi si piantarono su di lui. --La morfina... su um mostro...--cominci• a chiedere qualcuno. --Lo sa Dio--disse McReady, alzando le spalle.--Agisce su ogni animale terrestre a me noto. Connant, bruscamente, sollev• la testa.--Mac! I cani devono avere inghiottito pezzi del mostro, e i pezzi li hanno distrutti! I cani, ecco il posto dove era il mostro. Io ero chiuso a chiave. Questo non dimostra che io?... Van Wall scosse il capo.--Spiacente. Non dimostra nulla su cib che tu sei; dimostra solo ci• che non hai fatto. --Non dimostra neppure quello-- disse McReady, sospirando. --Siamo impotenti. Poich‚ non ne sappiamo abbastanza, e siamo cosŤ nervosi, non riusciamo neppure a ragionare correttamente. Chiuso a chiave! Avete mai visto come un globulo bianco attraversa la parete di un vaso sanguigno? No? Emette uno pseudopodo. E poi te lo trovi di l…... dall'altra parte della parete. --Oh--fece Van Wall, tristemente--le vacche hanno cercato di sciogliersi, no? Avrebbero potuto sciogliersi del tutto... divenire sem- plicemente un filo di materia e scivolare sotto la porta per poi rico- struirsi dall'altra parte. Legarli con corde, no... non servirebbe neppu- re questo. E in un serbatoio sigillato non potrebbero vivere... --Se spari a uno nel cuore, e quello non muore, allora Š un mo- stro--disse McReady.--E il miglior test a cui riesco a pensare, cosŤ su due piedi. --Niente cani--disse Garry, piano.--E niente vacche. Ora deve imitare uomini. E chiudere la gente a chiave non risolve niente. Il tuo test potrebbe essere utile, Mac, ma temo che la cosa sarebbe un po' du- ra per gli uomini... F, Clark alz• lo sguardo dalla stufa, quando Van Wall, Barclay, McReady e Benning entrarono, scuotendosi la neve dagli abiti. Gli altri uomini E affollati nell'edificio Amministrazione continuarono ostentatamente a fare ci• che stavano facendo: giocare a scacchi, a poker, leggere. Ral- sen riparava una slitta, sul tavolo- Van e Norris~ con le te~te vicino. leggevano dei dati sul magnetismo, mentre Harvey leggeva ad alta vo- ce alcune tabelle. Il dottor Copper ronfava piano, sulla sua cuccetta. Garry stava lavo- rando con Dutton a un fascio di messaggi radio, su un angolo della cuccetta di Dutton e su una piccola frazione del tavolo della radio. Connant aveva occupato la maggior parte del tavolo con i fogli dei ri- levamenti dei raggi cosmici. Dall'altro capo del corridoio, nonostante le due porte, si udiva abba- stanza forte la voce di Kinner. Clark pos• rumorosamente un bricco sulla stufa e rivolse silenziosamente a McReady un cenno del capo. Il meteorologo si avvicin• a lui. --Non Š che mi dispiaccia cucinare--disse Clark nervosamente --ma non c'Š un modo di far tacere l'amico? Tutti noi pensiamo che sarebbe preferibile toglierlo dalla baracca dei raggi cosmici. --Kinner?--McReady indic• l'uscio col capo--Temo di no. Potrei dargli un narcotico, penso, ma non abbiamo riserve illimitate di mor- fina, e non Š in pericolo di perdere la ragione. E semplicemente isteri- co. --Be', siamo noi che siamo in pericolo di perdere la nostra. Tu sei stato via un'ora e mezzo. La cosa Š andata avanti senza interruzione, per tutto il periodo, e andava avanti gi… da due ore. C'Š un limite, sai. Garry si avvicin• lentamente a loro, con aria di scusa. Per un istante McReady colse una scintilla ferina di paura, di orrore, negli occhi di Clark, e in quello stesso istante seppe che anch'egli l'aveva negli occhi. Garry... Garry o Copper... era certo un mostro. --Se potessi farlo smettere, Mac, penso che sarebbe una buona poli- tica--disse Garry, parlando tranquillamente.--Ci sono gi… abba- stanza... tensioni, in questa stanza. Eravamo d'accordo che sarebbe stato meglio avere Kinner qui, poich‚ ogni altra persona del campo Š sotto costante sorveglianza.--Garry rabbrividŤ debolmente.--E cer- ca, per l'amor di Dio, cerca di trovare un test che funzioni. McReady sospir•.--Sorvegliato o no, ciascuno di noi Š teso. Blair ha sbarrato il portello, cosicch‚ ora non possiamo aprirlo. Dice di ave- re abbastanza cibo, e continua a gridare: ®Andate via, andate via... sie- te dei mostri. Non mi lascer• assorbire. Non voglio. Lo dir• agli uomi- ni quando arriveranno. Andate via.® E cosŤ... siamo andati via. --Non c'Š qualche altro test?--chiese Garry, implorante. McReady scosse le spalle.--Copper aveva perfettamente ragione. Il test del siero sarebbe stato assolutamente decisivo se non fosse stato... contaminato. Ma ci Š rimasto un solo cane, e ormai Š immunizzato. --Con la chimica? Un test chimico? McReady scosse il capo.--La nostra chimica non Š cosŤ progredita. Ho cercato col microscopio, lo sai. Garry annuŤ.--Il cane mostro e il cane vero erano identici. Ma... de- vi continuare. Cosa faremo dopo cena? Van Wall si era unito a loro senza far rumore.--Dormiremo a tur- no. Met… dormono, met… restano svegli. Mi chiedo quanti di noi siano mostri. Tutti i cani lo erano. Noi pensavamo di essere al sicuro, ma in qualche modo ha preso Copper... o te.--Gli occhi di Van Wall si mos- sero inquieti.--Potrebbe avervi presi tutti... e tutti voi, io eccettuato, forse ve lo state chiedendo, state facendo dei progetti. No, non Š possi- bile. Vi limitereste a saltarmi addosso. Io sarei inerme. Noi umani, ho I'impressione, dobbiamo essere ancora in maggioranza, in questo mo- mento. Ma...--e s'interruppe. McReady rise seccamente.--Stai facendo la stessa cosa che Norris ha rinfacciato a me. Lasciare a mezzo un'affermazione. ®Ma se ancora uno cambia, questo potrebbe spostare l'equilibrio delle forze.® La co- sa non lotta. Non credo che lotti mai. Deve essere una creatura pacifi- ca... nel suo irripetibile modo. Non ne ha mai avuto bisogno, perch‚ ha sempre ottenuto il proprio scopo in altri modi. Le labbra di Van Wall si storsero in un sorriso malato.--Allora, tu seggerisci che forse ha gi… la maggioranza, e si limita ad attendere... tutti si limitano ad attendere... tutti voi, per quel che ne so io... atten- dere finch‚ io, che sono l'ultimo degli umani, abbandono la cautela per addormentarmi. Mac, hai notato i loro occhi, tutti fissi su di noi? Garry sospir•.--Voi due non siete rimasti a sedere qui per quattro ore filate, mentre tutti i loro occhi silenziosamente valutavano l'infor- mazione che uno di noi due, io e Copper, Š certamente un mostro... e che forse lo siamo entrambi. Clark ripet‚ la sua richiesta.--Non volete farlo tacere? Mi fa im- pazzire. Almeno fategli abbassare la voce. --Continua a pregare?--Chiese McReady. --Continua a pregare--GrugnŤ Clark.--Non ha smesso un secon- do. Le preghiere non mi danno fastidio, se pensa che gli facciano bene, ma quello urla, canta salmi e inni e grida preghiere; pensa che Dio non riesca a udire bene, a questa distanza. :. --Forse Dio non ci riesce proprio--brontol• Barclay--altrimenti egli avrebbe fatto qualcosa per questa cosa uscita dall'inferno. --Qualcuno finir… per sperimentare il test che dicevi, se non riusci- rai a farlo stare zitto--disse Clark, trucemente.--Penso che un col- tello da macellaio in testa potrebbe essere un test altrettanto valido j~ che un proiettile nel cuore. Prepara la cena. Io vado a vedere cosa posso fare. Magari in qual- i~ che armadio posso trovare qualcosa di utile.--McReady si mosse stancamente verso l'angolo che Copper usava come farmacia. Erano tre armadietti alti, di assi grezze e due erano chiusi con un lucchetto: I in essi erano depositate le medicine del campo. Dodici anni prima, McReady si era laureato in medicina, aveva cominciato a fare pratica in un ospedale e poi si era indirizzato verso la meteorologia. Copper era un ottimo medico: un uomo che conosceva completamente, in mo- do aggiornato, la sua professione. Pi— di met… dei farmaci disponibili erano completamente sconosciuti a McReady; molti degli altri se li era dimenticati. Laggi— non c'era una grossa biblioteca medica, non c'erano a disposizione collezioni di giornali medici da cui imparare le cose che aveva dimenticato: le cose che a Copper sarebbero parse sem- plici, elementari, tanto che non le aveva giudicate meritevoli di essere incluse nella piccola biblioteca che si era portato e che era ridotta al minimo. I libri pesano, e ogni grammo dell'equipaggiamento era stato portato in aereo. McReady prese un barbiturico, speranzosamente. Barclay e Van Wall gli stavano dietro. Un uomo non andava da nessuna parte da so- lo, al campo Magnetico Principale. Ralsen aveva tolto dal tavolo la slitta, e i fisici si erano allontanati; al loro ritorno, la partita a poker si era interrotta. Clark serviva il cibo. Il tintinnio dei cucchiai e i suoni attutiti del pasto erano l'unico segno di vita della stanza. Non vi furono parole quando i tre ritornarono; semplicemente, tutti gli occhi si fissarono su di loro con aria interro- gativa, mentre le mascelle si muovevano metodicamente. McReady s'irrigidŤ bruscamente. Kinner urlava un inno religioso, con voce roca e spezzata. Guard• stancamente Van Wall, gli rivolse un sorriso tirato e scosse il capo.--Ehm-ehm. Van Wall lanci• una bestemmia e si sedette al tavolo.--Dovremo sopportarlo finch‚ non gli mancher… la voce. Non pu• continuare a gridare a quel modo per tutta l'eternit…. --Ha la gola di bronzo e la laringe di ghisa--spieg• ferocemente Norris.--Oppure, con un po' di licenza, potremmo dire che Š uno dei nostri amici. In tal caso potrebbe andare avanti, rinnovandosi la gola, fino alla consumazione dei secoli. Il silenzio precipit• bruscamente sull'accampamento. Per venti mi- nuti, tutti mangiarono senza pronunciare una parola. Poi Connant balz• in piedi, furente.--Siete qui immobili come un mucchio di sta- tue di marmo. Non dite una sola parola, ma, oh, Signore, she occhi espressivi avete! Continuano a roteare come un sacco di bilie di vetro rovesciate su un tavolo. Sbattono, si chiudono e fissano... e mormora- no cose. Voi ragazzi non potreste guardare da qualche altra parte, per favore, tanto per cambiare un po'? "Senti, Mac, sei tu che comandi, adesso. Proiettiamo qualche film per il resto della notte. Li avevamo tenuti da parte per farli durare. Durare a che scopo? Chi potr… vedere quelle ultime bobine? Vediamo- le finch‚ possiamo, e guardiamo qualcosa che, una volta tanto, non so- no le nostre facce". --Buona idea, Connant. Io per primo sono disposto a fare tutto ci• che posso per cambiare la situazione. _ Alza il volume, Dutton. Forse riuscirai a superare gli inni--sug- gerŤ Clark. --Ma non spegnere completamente la luce--disse Norris, piano. --Le luci saranno spente-- disse McReady, scuotendo il capo. _ Proietteremo tutti i cartoni animati che abbiamo. Non vi dispiace vedere i vecchi cartoni animati, vero? --Bello, bello, un film per bambini, mi sento giusto in quello spiri- to.--McReady si volt• a guardare colui che aveva parlato: un tale magro e allampanato, originario del New England, che rispondeva al nome di Caldwell. Caldwell si stava riempiendo lentamente la pipa, e teneva su McReady un occhio un po' acido. Il gigante di bronzo fu costretto a ridere.--D'accordo Bart, hai vin- to. Forse non siamo proprio nello spirito adatto per Braccio di ferro e Topolino, ma Š qualcosa. --Allora giochiamo alle classificazioni--suggerŤ lentamente Cald- 1 well.--O magari voi lo chiamate in altro modo. Si fanno delle righe su un foglio di carta, e si segnano classi di oggetti... animali ad esem- pio. Una riga per la U, e una per la S e cosŤ via. Come ad esempio "Umano" e "Sconosciuto". Penso che sarebbe un gioco pi— utile. La classificazione, ho l'impressione, Š una cosa che in questo momento ci serve pi— che il cinema. Forse qualcuno ha una matita per tirare le ri- ghe: per tirare le righe tra gli animali U e gli animali S, tanto per fare un esempio. _ McReady sta cercando di trovare quel tipo di matita--gli rispo- se tranquillamente Van Wall.--Ma abbiamo tre tipi di animali, qui, '~ come sai. Uno che comincia con M. E non ne vogliamo altri. --Matti, intendi dire. Uh-uh. Clark, ti do una mano con quei piatti, in modo che si possa cominciare lo spettacolino.--Caldwell si alz• lentamente in piedi. Dutton e Barclay e Benning, che si occupavano di allestire il proiet- tore e gli altoparlanti, svolgevano il loro lavoro senza parlare, mentre ~ I'edificio Amministrazione veniva spazzato e i piatti venivano lavati. '~ McReady si spost• lentamente fino a raggiungere Van Wall, e si sedet- te nella cuccetta accanto a lui.--Mi chiedevo, Van--disse con un sorriso ironico--se dire o non dire le mie idee prima di passare al- I applicazione. Mi dimenticavo che gli animali S, come li chiama Caldwell~ possono leggere la mente. Ho una vaga idea di una cosa che potrebbe funzionare. Ma Š ancora troppo vaga per pensarci sopra. ~, Continua la proiezione, mentre io cerco di pensare alla logica della co- sa. Lasciami questa cuccetta ~`* Van Wall alz• gli occhi e annuŤ. Lo schermo si sarebbe trovato prati- amente allineato alla cuccetta, e laggi— le immagini lo avrebbero di- tratto di meno, in quanto sarebbero state quasi inintelligibili.--For- e dovresti dirci quello che hai in mente. Ora come ora, soltanto gli S conoscono il tuo piano. Potresti... diventare un S prima di passare al- l'azione. --Non occorrer… molto, se riuscir• a chiarirmi l'idea. Ma non vo- glio che si ripeta la situazione: tutti mostri meno il cane del test. Fa- remmo meglio a spostare Copper e a metterlo nella cuccetta diretta- mente sopra la mia. Tanto, neanche lui guarder… lo schermo.-- McReady indic• col capo la forma di Copper, intenta a russare piano. Garry li aiut• ad alzare e a trasportare il dottore. McReady si appoggi• alla cuccetta e cadde in una sorta di trance per la concentrazione, cercando di calcolare possibilit…, operazioni, metodi. Quasi non not• che gli altri si distribuivano in silenzio ai pro- pri posti, e che lo schermo s'illuminava. Vagamente, le preghiere folli, urlate da Kinner e i suoi inni striduli gli procurarono un senso di fasti- dio finch‚ non entr• in funzione il sonoro. Le luci erano spente, ma le vaste zone dello schermo su cui erano proiettati i colori chiari riflette- vano abbastanza luce da permettere la visibilit…. La luce riflessa face- va scintillare gli occhi degli uomini, che continuavano a roteare senza posa. Kinner continuava a pregare, urlando, e la sua voce era un rauco accompagnamento ai suoni riprodotti meccanicamente. Dutton alz• il volume dell'amplificatore. Per cosŤ tanto tempo la voce del cuoco aveva continuato a echeggia- re, che a tutta prima McReady fu solo vagamente consapevole di una sorta di mancanza di qualcosa d'indefinito. Nella sua posizone sdraia- ta, di fronte al corridoio che portava alla baracca dei raggi cosmici, la voce di Kinner l'aveva raggiunto con molta chiarezza, nonostante il sonoro delle pellicole. Ora si accorse improwisamente che la voce si era interrotta. --Dutton, ferma il suono--grid• McReady, rizzandosi bruscamen- te a sedere. Le immagini guizzarono ancora, mute e stranamente futili in quell'improvviso, profondo silenzio. Il vento che si andava alzando sulla superficie al di sopra di loro inviava malinconiche lacrime di suono nei camini delle stufe.--Kinner si Š fermato--disse McReady, piano. --Per l'amor di Dio, allora riattacca il suono: potrebbe essersi fer- mato per ascoltare--grid• Norris. McReady si alz• in piedi e si avvi• lungo il corridio. Barclay e Van Wall lasciarono i loro posti all'altra estremit… della stanza per segurli. Macchie colorate si gonfiarono e si distorsero sul dorso della tuta di maglia grigia che Barclay indossava quando egli attravers• il fascio luminoso del proiettore, che era ancora in funzione. Dutton accese le luci, e le immagini cinematografiche svanirono. Norris era alla porta come aveva chiesto McReady. Garry sedeva tranquillamente nella cuccetta pi— vicina alla porta, costringendo Clark a farsi da parte. Molti degli altri erano rimasti esattamente do- v'erano. Solo Connant andava lentamente avanti e indietro per la stanza, con un ritmo fisso e invariabile. _ Se non la pianti, Connant--sbott• Clark--faremo volentieri a meno di te, umano o no che tu sia. La vuoi piantare di andare su e gi—? --Scusa--il fisico and• a sedersi su una cuccetta, e si mise a guar- darsi pensosamente le dita dei piedi. Passarono quasi cinque minuti, cinque epoche geologiche, in cui l'unico suono era quello del vento, prima che McReady riapparisse alla porta. --Noi--annunci•--non abbiamo abbastanza fastidi, qui. Qual- cuno ha cercato di aiutarci. Kinner ha un coltello in gola, e questo Š il motivo che gli ha fatto smettere di cantare, probabilmente. Abbiamo mostri, matti e macellai. C'Š qualche altra M che ti viene in mente Caldwell? Se c'Š, tra non molto incontreremo anche quella. --Blair Š libero?--domand• qualcuno. --Blair non Š affatto libero. A meno che non sia capace di volare. Se c'Š qualche dubbio sull'origine del nostro gentile aiutante, questo pu• chiarire da dove Š venuto.--Van Wall mostr• un coltello lungo una trentina di centimetri e dalla lama sottile, avvolto in un tovagliolo. Il manico di legno era mezzo bruciato, e le zone carbonizzate avevano il caratteristico schema del ripiano della stufa della dispensa. 'L~ Clark lo fiss•.--Sono stato io a bruciarlo, oggi. Mi sono dimentica- to di quel coltello e l'ho lasciato sulla stufa. Van Wall annuŤ.--E io ne ho sentito l'odore, ricordi? Sapevo che il coltello veniva dalla dispensa. --Mi domando--disse Benning, lanciando un'occhiata circospetta E agli altri uomini presenti nella sala--quanti altri mostri abbiamo? Se qualcuno si fosse allontanato dal suo posto, fosse andato dietro lo schermo~ fino alla dispensa, e poi alla baracca dei raggi cosmici, e poi fosse ritornato... perch‚ Š poi ritornato, vero? SŤ, siamo tutti qui. Se S uno di noi ha potuto fare tutto questo... --Forse Š stato un mostro a farlo--suggerŤ Garry, pacatamente. --C'Š anche questa possibilit…. --Il mostro, come tu stesso hai detto oggi, ha soltanto uomini da irnitare. Pensi che vorrebbe ridurre la sua... scorta, diciamo?--Fece , ~notare Van Wall.--No, ci dobbiamo occupare di un normale delin- uente~ un assassino. Di solito lo chiameremmo un "inumano assassi- " penso, ma ora come ora dobbiamo stare attenti ai termini. Abbia- o degli assassini inumani, e adesso anche degli assassini umani, o al- ~nenO uno di essi. --C'Š un umano in meno--disse piano Norris.--Forse i mostri adesso hanno forze pari alle nostre. --Lasciamo perdere--disse McReady, sospirando e voltandosi verso Barclay.--Bar, per favore, puoi prendere quel tuo aggeggio elettrico? Vorrei assicurarmi che... Barclay si avvi• per il corridoio per prendere lo strumento della fol- gorazione elettrica, mentre McReady e Van Wall tornavano alla ba- racca dei raggi cosmici. Barclay li raggiunse mezzo minuto pi— tardi. Il corridoio che portava alla baracca dei raggi cosmici faceva delle curve, cosŤ come quasi tutti gli altri corridoi del Campo Magnetico Principale, e Norris era di nuovo all'ingresso del tunnel. Ma tutti udi- rono, piuttosto attutito, l'improvviso urlo di McReady. Ci fu un sel- vaggio tonfo di colpi sordi: ssh-tunk, shluff.--Bar-Bar...--E un urlo selvaggio che sembrava un miagolio, e che tacque prima ancora che Norris, di corsa, raggiungesse il gomito del corridoio. Kinner, o ci• che era stato Kinner... giaceva sul pavimento, tagliato quasi in due dal grosso coltello impugnato da McReady. Il meteorolo- go era appoggiato al muro, e il coltello che teneva in mano era sporco di sangue. Van Wall si agitava piano sul pavimento, gemendo, con la mano che meccanicamente si strofinava la mascella. Barclay, con un indescrivibile bagliore selvaggio negli occhi, calava metodicamente l'arma elettrica che teneva in mano e colpiva... colpiva... colpiva. Sul braccio di Kinner si era sviluppato uno strano pelame scaglioso, e la carne si era contorta. Le dita si erano accorciate, la mano si era ar- rotondata, le unghie erano divenute artigli lunghi sette centimetri, cornei e color rosso mattone, duri come l'acciaio e affilati come rasoi. McReady sollev• il capo, fiss• il coltello che stringeva in mano e lo lasci• scivolare a terra.--Be', chiunque sia stato, adesso pu• parlare. E stato un assassino inumano in un senso: nel senso che ha assassinato un inumano. Giuro su tutto ci• che c'Š di sacro che Kinner era un ca- davere senza vita, steso sul pavimento, quando siamo arrivati. Ma quando la cosa ha capito che intendevamo pungerla con la scossa elet- trica... Š cambiata. Norris lo fiss• con allarme.--Oh, Signore, se quelle cose sanno reci- tare! Starsene qui seduta per ore e ore, gridando preghiere a un Dio che odiava! Urlare inni con voce spezzata... inni di una chiesa che non ha mai conosciuto. Farci impazzire con le sue grida senza tregua... UBene, allora parli, chiunque sia stato. Lui non lo sa, ma ha fatto un favore al campo. E voglio sapere come diavolo ha fatto a uscire da quella stanza senza essere visto. La cosa potrebbe servire per sorve- gliarci meglio." --Quelle urla... quei canti. Neppure l'altoparlante riusciva a vin- cerli.--Clark rabbrividŤ.--Era un mostro. --Oh--disse Van Wall, comprendendo a un tratto.--Tu sedevi ac- canto alla porta! Ed eri gi… quasi dietro lo schermo. Clark annuŤ, confuso.--La cosa Š tranquilla, adesso. E morta... Mac, il tuo test non vale niente. Era morta in qualsiasi caso, mostro o uomo che fosse, era morta. MacReady rise piano.--Ragazzi, vi presento Clark, I'unico di cui sappiamo che Š umano. Clark, colui che dimostra di essere umano cer- cando di commettere un omicidio... senza riuscirci. E per favore gli al- tri cercheranno di evitare per un po' di tempo di dimostrare di essere umani? Credo che possiamo fare un altro test. _ Un test!--esclam• allegramente Connant, poi la sua faccia torn• a rabbuiarsi.--Sar… un'altra di quelle faccende alla "cosŤ Š se vi pa- re.n --No--disse McReady, senza batter ciglio.--Guarda bene e sta' attento. Vieni nell edificio Amministrazione. Barclay, porta il tuo ag- geggio. E qualcuno... Dutton... resta con Barclay per assicurarti che lo faccia. Ciascuno tenga d'occhio il proprio vicino, perch‚, per l'inferno da cui questi mostri sono scaturiti, io ho effettivamente qualcosa, e i mostri lo sanno. Diventeranno pericolosi! Il gruppo entr• bruscamente in tensione. Un'atmosfera di schiac- ciante minaccia era scesa su tutti. Gli uomini si fissarono con attenzio- ne; con maggiore attenzione di prima: I'uomo accanto a me Š un mo- stro inumano? --Di che si tratta?--chiese Garry, quandQ furono di nuovo nella sala principale.--Quanto tempo richieder…? --Non lo so, con esattezza--disse MacReady, con voce stridula. .l --Ma so che funzioner…, e non c'Š possibilit… d'equivoco. Dipende da una qualit… fondamentale dei mostri, non dipende da noi. E stato ~in- ner a convincermi, proprio ora.--Rimase immobile nella sua solidit… bronzea, finalmente di nuovo sicuro di s‚. --Questo--disse Barclay, sollevando l'arma dal manico di legno sormontato dai conduttori aguzzi e carichi--diverr… assolutamente neCessario~ mi par di capire. Il generatore elettrico non si fermer… sul pi— bello? Dutton annuŤ.--Il serbatoio Š pieno, e il generatore a benzina Š prontO a entrare in funzione. Van Wall e io l'abbiamo preparato per la proiezione cinematografica, I'abbiamo controllato accuratamente pi— volte, lo sai. Chiunque tocchi quei fili, muore--assicur• trucemente. Io lo so perfettamente. Il dottor Copper si agit• vagamente nella cuccetta, strofinandosi gli ú occhi con mani intorpidite. Si mise lentamente a sedere, batt‚ le pal- pebre ancora pesanti di sonno e di morfina, e negli occhi gli comparve- ro gli orrori indescrivibili degli incubi generati dalla droga.--Gar- mormor•--Garry, ascolta. Egoisti... sono venuti dall'inferno, e ~ono diabolicamente egoisti... io...--poi si lasci• ricadere nella cuc- etta e riprese a russare piano. _ L 2~7 ~ 233 McReady lo guard•, pensosamente.--Tra poco lo sapremo--disse, annuendo lentamente.--Ma hai detto giusto, egoisti. Forse ci hai pen- sato nella sonnolenza, adesso. Non mi ero chiesto che sogni tu potessi fare. Ma Š giusto. Egoisti Š la parola. E devono esserlo per forza, sai.-- Si volt• verso gli uomini della baracca: uomini tesi, silenziosi, che si fissavano con occhi da lupo.--Egoisti, e, come ha detto il dottor Cop- per, ciascuna parte Š un irltero. Ciascun pezzetto Š autosufficiente, un animale in se stesso. "Questa frase, e un'altra, vi sveleranno tutto. Non c'Š niente di arca- no nel sangue: Š un normalissimo tessuto organico, esattamente come un pezzo di muscolo o un pezzo del Eegato. Ma non ha la stessa quanti- t… di tessuto connettivo, sebbene abbia milioni, miliardi di cellule vi- venti.n La grossa barba bronzea di McReady si arricci• in un crudele sorri- so.--Questo Š sufficiente, in un certo senso. Io sono sicurissimo che noi umani tuttora superiamo di numero voi... altri. Voi altri che siete qui. E noi abbiamo una cosa che voi, razza di un altro mondo, eviden- temente non avete. Non un istinto imitato, ma l'articolo genuino, compenetrato nelle ossa, un autentico fuoco inestinguibile e trasci- nante. Noi lotteremo: lotteremo con una ferocia che voi potrete cerca- re di imitare, ma che non potrete mai uguagliare! Noi siamo umani. Noi siamo reali. Voi siete imitazioni, falsi fino al cuore di ogni vostra cellula. "D'accordo. Adesso siamo alla resa dei conti. Voi lo sapete. Voi, con la vostra lettura del pensiero. Avete colto l'idea nel mio cervello. Ma non potete farci nulla. Siete lŤ immobili... "Basta. Il sangue Š un tessuto. Devono sanguinare, e se non sangui- nano quando li tagli, allora, per Dio, sono falsi! Copie venute dall'in- ferno! Se sanguinano... allora quel sangue, separato da loro, Š un indi- viduo... un iru~i~iduo appena nato, un altro individuo a pieno titolo, esat- tamf~nte come gli altri, chR si sono staccati, tutti, da un solo onginale, sono degli individui separati! "Hai capito, Van? Hai visto la risposta, Bar?n Van Wall rise molto piano.--Il sangue... il sangue non obbedir…. E un nuovo individuo, con tutto il desiderio di proteggere la propria vita che ha l'originale: la massa pi— grande da cui si Š distaccato. Il saugue si metter… a vivere... e cercher… di allontanarsi da un ago rovente, ad esempio! McReady prese il bisturi dalla tavola. Dalla scansia prese una fila di provette, una piccola lampada ad alcool, e un pezzo di filo di platino fissato a una bacchetta di vetro. Sulle sue labbra aleggiava un sorrisO di truce soddisfazione. Per un momento alz• gli occhi su coloro che lo attorniavano. Barclay e Dutton si avvicinarono lentamente a lui, te- nendo pronto il loro strumento elettrico dal manico di legno. --Dutton--disse McReady--tu potresti metterti accanto al punto dove hai giumtato i cavi elettrici. Tanto per essere sicuri che nessuna... cosa lo strappi. Dutton si spost•.--Adesso, Van, suppongo che tu vorrai essere il primo. Pallido in viso, Van Wall fece un passo avanti. Con delicatezza e pre- cisione, McReady gli tagli• una vena alla base del pollice. Van Wall fe- ce una piccola smorfia, poi tenne immobile il dito mentre un paio di centimetri di sangue si raccoglievano nella provetta. McReady rimise la provetta nella rastrelliera, diede a Van Wall un po' di allume per fermare il sangue e gli indic• la tintura di iodio. Van Wall rimase immobile a osservare. McReady riscald• il filo di platino con la fiamma della lampada ad alcool, poi lo tuff• nella pro- vetta. Il filo sfrigol• piano. Per altre quattro volte ripet‚ la prova.--E umano, direi.--McReady sospir• e si raddrizz•.--Per ora, la mia teoria non ha ancora ricevuto una conferma, ma nutro buone speran- ze, vi assicuro. "Tra l'altro, non fatevi distrarre da questi test. Abbiamo con noi al- cuni indesiderabili, non c'Š dubbio. Van, per favore, da' il cambio a Barclay all'arma elettrica. Grazie. A te, Barclay, e posso dire che mi auguro che tu resti con noi? Sei un ottimo ragazzo." Barclay sorrise nervosamente; fece una smorfia quando il bisturi lo tagli•. Infine, con un largo sorriso, riprese la sua arma. --Il signor Samuel Dutton... Barclay! Tutta la tensione accumulata si scaric• in quell'istante. Per grande che fosse la parte d'inferno che i mostri avevano in s‚, in quell'istante gli uomini la uguagliarono. Prima ancora che Barclay avesse la possi- bilit… di muovere la sua arma, una ventina d'uomini si gett• sulla cosa che aveva assunto le sembianze di Dutton. La cosa miagol•, e soffi•, e cerc• di farsi spuntare le zanne... e poi rimasero soltanto cento pezzi Strappati e schiacciati. Senza coltelli e senza armi, con solo la forza brutale di una squadra di uomini scelti, la cosa venne schiacciata, di- t laniata. Lentamente gli uomini si rialzarono, con gli occhi fiammeggianti, freddissimi nelle loro emozioni. Solo un bizzarro tic alle labbra tradi- va una sorta di nervosismo. E Barclay si fece avanti con la sua arma. Brandelli di cosa fumarono e bruciarono con un odore acre. L'acido che Van Wall vers• su ciascuna j, gOCcia di sangue sollev• fumi spessi e irritanti. McReady sorrise: i suoi occhi infossati erano lucidi e accesi e vivaci. --Forse--disse piano--ho sottovalutato le possibilit… dell'uomo andO ho detto che nulla di umano avrebbe potuto uguagliare la fe- ia degli occhi della cosa da noi trovata. Rimpiango di non aver avu- ~ř la possibilit… di trattare queste cose in modo pi— adatto. Olio bol- 235 lente... o piombo fuso per esempio o forse arrostirle a fuoco lento nella caldaia della turbina. Quando ripenso all'uomo che era Dutton... "Non importa. La mia teoria Š stata confermata da... da uno che sa- peva? Bene, Van Wall e Barclay sono immuni. Io penso, allora, che cercher• di dimostrarvi una cosa che gi… so. Che anch'io sono umano." McReady tuff• il bisturi nell'alcool, accost• alla fiamma la lama af- filata, e poi si tagli• in modo esperto la base del dito. Venti secondi pi— tardi, distolse lo sguardo dalla scrivania e lo pos• sugli uomini in attesa. I sorrisi che comparivano sui loro volti erano aumentati: sorrisi amichevoli, eppure con qualcosa d'altro negli oc- chi. --Connant--disse McReady, ridendo piano--aveva ragione. I ca- ni da slitta che hanno tenuto a bada la cosa in quel gomito di corridoio non erano certamente pi— feroci di voi. Chiss… perch‚ noi riteniamo che soltanto il sangue di lupo abbia diritto alla ferocia? Forse nella crudelt… spontanea il lupo ha la palma, ma dopo questi sette giorni... Iasciate ogni speranza, o lupi che entrate qui dentro! "Forse si potr… risparmiare del tempo. Connant, per favore, vuoi..." Anche ora, Barclay e la sua arma si dimostrarono troppo lenti. C'e- rano pi— sorrisi, meno tensione, quando Barclay e Van Wall termina- rono il loro lavoro. Garry disse con voce bassa e amara:--Connant era uno dei migliori di tutti noi... e cinque minuti fa sarei stato pronto a scommettere che era un uomo. Quelle maledette cose sono pi— che delle imitazioni.-- Garry rabbrividŤ e torn• a sprofondarsi nella cuccetta. E trenta secondi pi— tardi, il sangue di Garry cercava di ritrarsi dal filo rovente di platino, e lottava per uscire dalla provetta: lottava con la stessa frenesia con cui un'imitazione di Garry improvvisamente fe- roce, dagli occhi rossi, in via di dissoluzione, lottava per sottrarsi al- l'arma guizzante come un serpente che Barclay spingeva verso di essa, con la faccia pallida e sudata. La cosa nella provetta url• con una voce minuscola e metallica quando McReady la rovesci• sui carboni arden- ti della stufa. 14 --Abbiamo finito?--il dottor Copper guard• gi— dalla cuccetta con occhi tristi, iniettati di sangue.--Quattordici... McReady annuŤ.--In un certo senso, se soltanto avessimo potuto evitare permanentemente la loro diffusione, mi piacerebbe avere qui con noi anche solo le imitazioni. Il comandante Garry... Connant.-- Dutton... Clark... --Dove le portano?--Copper indic• la barella che Barclay e Norris stavano portando via. --Fuori. Sul ghiaccio, dove hanno fatto a pezzi una quindicina di casse, hanno aggiunto mezza tonnellata di carbone e poi aggiungeran- no cinquanta litri di benzina. Abbiamo versato acido su ogni goccia versata, su ogni piccolo frammento. I pezzi pi— grossi li inceneriremo. --Mi sembra un buon programma.--Copper annuŤ stancamente. --Mi domandavo, non hai detto se Blair... McReady sobbalz•.--Ce ne siamo dimenticati! Avevamo tante al- tre cose da fare! Mi chiedo... pensi che potremo guarirlo, ora? --Se...--cominci• il dottor Copper, e tacque significativamente. McReady sobbalz• una seconda volta.--Neppure un matto. Ha imitato Kinner e la sua isteria religiosa...--McReady si volse verso Van Wall, seduto al lungo tavolo.--Van, dobbiamo fare una spedizio- ne alla baracca di Blair. Van alz• gli occhi e lo fiss• con espressione interrogativa, poi la preoccupazione svanŤ per un istante dal suo volto, sostituita dalla sor- presa e dal ricordo. Poi si alz•, annuŤ.--Barclay. E meglio che venga anche Barclay. E stato lui a mettere i cavi, e pu• trovare il modo di en- trare senza spaventare eccessivamente Blair. Tre quarti d'ora, nel gelo dei 38 gradi sotto zero, mentre il sipario dell'aurora si gonfiava sopra le loro teste. Il crepuscolo durava quasi dodici ore, fiammeggiava a nord sulla neve che sotto i loro sci era si- mile a bianca sabbia cristallina. Un vento di circa dieci chilometri al- l'ora spingeva linee di neve in direzione nordest. Occorrevano tre quarti d'ora per raggiungere la baracca semisepolta dalla neve. Dalla piccola baracca non si alzava alcun filo di fumo, e gli uomini amretta- rono il passo. --Blair!--Barclay grid• nel vento, quando era ancora distante un centinaio di metri.--Blair! --Zitto--disse McReady, piano.--E corri. Pu• darsi che voglia fa- re una lunga tappa. Se dobbiamo metterci al suo inseguimento... sen- za aerei, e con il trattore fermo... t --Un mostro pu• avere la resistenza di un uomo? --Se si rompe una gamba, non resta fermo pi— di un minuto--os- serv• McReady Barclay emise tutt'a un tratto un gemito soffocato e indic• qualcosa in alto. Confusa sullo sfondo del cielo illuminato dal crepuscolo, una ~i creatura alata volava in cerchi di grazia e leggerezza indescrivibili. randi ali bianche si inclinavano leggermente, e l'uccello passava so- ~ra di loro in silenzio, incuriosito.--Un albatros--disse Barclay, ~ianO.--Il primo della stagione. Chiss… per quale motivo si Š spinto ~osŤ avanti nell'entroterra? Se c'Š un mostro in libert… ~ ~orris si curv• sul ghiaccio, e si aprŤ in fretta gli abiti pesanti, la 236 ~ ~7 giacca a vento. Poi si raddrizz•, con la giacca a vento che sbatteva e con un'arma di metallo azzurrino in mano. L'arma ruggŤ la sua sfida al bianco silenzio dell'Antartide. La creatura volante emise un grido roco. Le sue grandi ali si mosse- ro freneticamente, mentre una dozzina di penne si staccavano dalla sua coda. Norris fece nuovamente fuoco. L'uccello ora aveva preso a muoversi rapidamente, lungo una linea di ritirata quasi retta. Grid• di nuovo, altre piume caddero al suolo, e con grandi battiti d'ali ripar• dietro un costone di ghiaccio e scomparve. Norris si affrett• a raggiungere gli altri.--Non torner… indietro-- disse, ansimando. Barclay gli indic• di tacere, e con la mano gli segnal• qualcosa. Una luce azzurrina, stranamente intensa, usciva dalle fessure della porta della baracca. Dall'interno proveniva un basso ronzio, unito a un tic- chettio di utensili: i suoni, in qualche modo, parevano trasmettere un messaggio di frenetica attivit…. McReady impallidŤ.--Che Dio ci aiuti se quella cosa...--Afferr• Barclay per la spalla, e fece con le dita il gesto di tagliare dei fili, mo- strando l'intreccio di cavi che bloccava la porta. Barclay si tolse di tasca le pinze, e senza fare alcun rumore si ingi- nocchi• presso la porta. Il suono dei cavi che si spaccavano fece un chiasso indescrivibile nel silenzio dell'Antartide. Ad opporsi al rumore dei cavi c'erano soltanto lo strano, delicato ronzio proveniente dall'in- temo della baracca, e i rumori di utensili metallici. McReady spi• da una fessura della porta. Inspir• profondamente e le sue dita si serrarono dolorosamente sulla spalla di Barclay. Il me- teorologo fece un passo indietro.--Non Š...--spieg• molto piano --Blair. E inginocchiato presso qualcosa che ha posato sulla cuccet- ta... qualcosa che continua a sollevarsi. Qualunque sia l'oggetto su cui sta lavorando, Š una cosa che sembra uno zaino... e galleggia. --Facciamo irruzione insieme--disse Barclay, deciso.--No, Nor- ris, resta dietro, e impugna quella tua arma. Pu• darsi che la cosa sia armata... Insieme, il corpo massiccio di Barclay e la forza gigantesca di McReady colpirono la porta. All'interno, la cuccetta che era stata so- spinta contro il battente cigol• fortemente e and• in pezzi. La porta croll• a terra, scardinata, e gli stipiti si inclinarono verso l'interno. Come una palla azzurra di caucciŁ, una cosa balz• all'attacco. Una delle sue quattro braccia simili a tentacoli guizz• avanti, come un ser- pente nell'atto di mordere. In uma mano con sette tentacoli, un tubo metallico lungo venti centimetri, sottile e lucente, scintill• e si alz• puntandosi contro di loro. Le labbra della cosa, sottili come linee, si spalancarono rivelando una dentatura da serpente, con una smorfia di rabbia, mentre gli occhi rossi fiammeggiavano. 238 Il revolver di Norris rimbomb• in quello spazio chiuso. La faccia stravolta dall'odio si contorse per il dolore, e il tentacolo si ritrasse bruscamente. L'oggetto di metallo lucente che teneva in mano era un rottame frantumato, la mano dai sette tentacoli era una massa di car- ne maciullata da cui colava un liquido giallo-verdastro. La pistola ruggŤ ancora tre volte. Tre fori ciechi si aprirono al posto dei tre occhi, prima che Norris le scagliasse 1 arma sulla faccia. La cosa url• con odio belluino, portandosi agli occhi un tentacolo si- mile a una frusta. Per un istante strisci• sul pavimento, sferzando sel- vaggiamente con i tentacoli, con il corpo che si contorceva. Poi si rial- z•, barcollando, mentre gli occhi ciechi si agitavano, ribollivano osce- namente, e la carne macellata sporgeva fuori in grumi umidicci. Barclay si rimise in piedi e si tuff• in avanti con un'ascia da ghiac- cio. Una piattonata del pesante attrezzo schiant• il cranio della cosa. Ancora una volta il mostro immortale cadde a terra. I tentacoli guiz- zarono ancora, e bruscamente Barclay si sentŤ avvolgere i piedi dalla stretta di una corda livida, vivente. La cosa prese a dissolversi mentre egli cercava di afferrarla: una striscia incandescente che gli mordeva la carne delle mani come fuoco vivo. Freneticamente cerc• di togliersi di dosso quella materia, di tenere le mani dove non potessero venire colpite. La cosa accecata tocc• e tir• gli abiti robusti, pesanti, imper- meabili, cercando carne... carne da trasformare... La grossa torcia che McReady si era portato tossŤ profondamente. Poi ruggŤ la sua disapprovazione. Poi rise con un gorgoglio, ed emise una lingua di fiamma biancazzurra, lunga un metro. La cosa sul pavi- mento url•, sbatt‚ ciecamente i tentacoli che si contorcevano e si ince- nerivano nella rabbia della torcia. Strisci• sul pavimento, rotolando- si, url• e sobbalz• follemente, ma sempre McReady le punt• la torcia sulla faccia, sugli occhi ciechi che bruciavano e ribollivano inutilmen- te. Frenetica, la cosa strisci• e gemette. Da un tentacolo germogli• un crudele artiglio... e si accartocci• nel- la fiamma. Senza interruzione, McReady continu• la sua offensiva L truce e programmata. Inerme, folle, la cosa si ritrasse dalla torcia gor- t gogliante, dalla lingua carezzevole, sottile. Per un momento si ribell•, L urlando il suo odio inumano al contatto della neve ghiacciata. Poi si ~; ritirO davanti al rovente soffio della torcia, immersa nel fetore della ~li propria carne bruciata. Disperatamente continu• a indietreggiare... ~ sempre di pi—, sulla neve dell'Antartide. Il vento pungente la colpŤ, 1~ Spostando anche la lingua di fiamma; invano la cosa si dibatt‚, la- sciando sul suo cammino una scia di fumo nauseabondo e oleoso. McReady ritorn• silenziosamente alla capanna. Barclay lo attende- va sulla soglia.--Altre?--gli chiese il gigantesco meteorologo. Barclay scosse il capo.--No. Si Š suddivisa? - Aveva preoccupazioni di tutt'altro tipo--lo rassicur• McReady. --Quando l'ho lasciata, era un tizzone rovente. Che cosa stava facen- do? Norris rise seccamente.--Siamo proprio furbi, noialtri. Rompiamo tutti i magneti, cosŤ che gli aerei non volino pi—. Strappiamo dai trat- tori i tubi della caldaia. E poi lasciamo sola per una settimana, in que- sta baracca, quella cosa. Sola e indisturbata. McReady osserv• pi— attentamente l'interno della baracca. L'aria, nonostante la porta fosse aperta, era calda e umida. Su un tavolo al- I'altra estremit… della stanza era appoggiato un oggetto fatto di tubi a serpentina e di piccole elettrocalamite, di tubi di vetro e di valvole ra- diofoniche. Al centro c'era un pezzo di roccia. E dal centro della roccia proveniva la luce che permeava tutto l'ambiente: una luce azzurrina, pi— chiara del bagliore di un arco voltaico. E dalla pietra veniva anche il debole ronzio. Su un lato c'era un altro meccanismo di vetro cristal- lino: un dispositivo soffiato con incredibile precisione e delicatezza: piastre metalliche e una strana luccicante sfera che non pareva com- posta di alcuna materia esistente al mondo. --Che cos'Š?--McReady si avvicino. Norris grugnŤ.--Lascialo com'Š, per poterlo esaminare. Ma credo di poter indovinare. Si tratta di un generatore atomico. Quella roba a sinistra... Š una cosettina semplice semplice, che riesce a fare ci• che gli uomini cercano di fare con i ciclotroni da 100 tonnellate e altri grossi calibri. Separa i neutroni dall'acqua pesante: acqua che preleva dal ghiaccio circostante. --E dove ha trovato... oh. Certo. Un mostro non pu• venire chiuso: n‚ in una stanza, n‚ fuori di essa. Ha rovistato gli armadietti delle at- trezzature.--McReady osserv• l'apparato.--Dio, che intelligenza de- ve avere quella razza.....................I --La sfera luccicante... credo sia una sfera di pura forza. I neutroni possono passare attraverso ogni materia, e la Cosa voleva farsi una scorta di neutroni. Basta proiettare neutroni contro il silicio... il cal- cio... il berillio... qualsiasi cosa, in pratica, e si libera energia atomica. Quell'oggetto Š il generatore atomico. McReady prese dalla tasca un termometro.--Qui dentro ci sono 50 gradi, nonostante la porta sia aperta. I nostri abiti hanno tenuto lonta- no il caldo, in una certa misura, ma io comincio a sudare. Norris annuŤ.--La luce Š fredda. Me ne sono accorto. Ma fornisce attraverso quell'avvolgimento il calore necessario per riscaldare l'am- biente. La cosa aveva tutta l'energia che si possa desiderare. Poteva te- nere questo ambiente tiepido e confortevole, nei termini in cui la sua razza pensa al tepore e al comfort. Hai notato la luce, il suo colore? McReady annuŤ.--La risposta Š al di l… delle stelle. Da dietro le stelle, da un pianeta pi— caldo, che ruota attorno a un sole pi— lumino- so, pi— azzurro, sono giunte quelle cose. 240 McReady spost• lo sguardo sulla porta, sulla scia bruciata e sporca di fumo che attraversava ciecamente la neve.--Non ne giungeranno altre, ritengo. E stato un puro caso che siano atterrate qui, e la cosa Š successa venti milioni di anni fa. Ma perch‚ si sar… presa la briga di costruire tutto questo?--E indic• I apparato sul tavolo. Barclay rise piano.--Hai notato l'oggetto a cui stava lavorando quando siamo entrati? Osserva.--Indic• il soffitto della baracca. Il meccanismo, simile a uno zaino e fatto di lamierini presi da vec- chi barattoli di caffŠ, con cinghie pendenti e una cintura di cuoio, ade- riva al soffitto. In esso ardeva un minuscolo, rovente cuore di fiamma sovrannaturale, eppure quella fiamma lambiva il legno del soffitto senza danneggiarlo. Barclay lo raggiunse, afferr• due delle cinghie che pendevano e lo tir• in basso con una certa fatica. Se lo assicur• attor- no al corpo. Un piccolo salto gli fece percorrere una lunga traiettoria da un capo all'altro della capanna. --Antigravit…--disse McReady, piano. --Antigravit…--annuŤ Norris.--SŤ, li abbiamo fermati senza ae- roplani e senza uccelli. Gli uccelli non sono arrivati... ma avevano sca- tole di caffŠ e pezzi di apparecchi radio, e vetro, e l'officina durante la notte. E una settimana... un'intera settimana a disposizione. Da qui all'America in un balzo solo, con l'antigravit… alimentata dall'energia atomica della materia. --Noi li abbiamo fermati. Un'altra mezz'ora... quando siamo arri- vati stava legando le cinghie al suo apparecchio, in modo da poterlo indossare... e noi saremmo rimasti isolati nell'Antartide, a sparare a ogni essere animato che provenisse dal resto del mondo. --L'albatros...--disse piano McReady--pensi che... --Adesso che lo zaino era quasi finito? Con l'arma mortale che ave- va in mano? --No, per grazia di Dio, che evidentemente ci riesce a udire molto bene, anche qui in Antartide, e grazie a un margine di mezz'ora, siamo riusciti a tenere per noi il nostro mondo, e anche gli altri pianeti del si- stema solare; e l'antigravit…, sai, e anche l'energia atomica. Poich‚ le cose sono venute da un altro sole una stella al di l… delle stelle. Le cose sono venute dal mondo di un soie pi— azzurro. olo originale: Where Goes There? aduzione di Riccardo Valla, su licenza di Editrice Nord 241 Murray Leinster BIVI NEL TEMPO Ripensandoci, sembra strano che nessuno, eccetto il professor Minott, avesse previsto in anticipo quel che sarebbe accaduto. Le indicazioni erano pi— che evidenti. All'inizio di dicembre, il professor Michaelson annunci• di avere scoperto che la velocit… della luce non era un assolu- to: non poteva venire considerata invariabile. Naturalmente, quello era uno dei primi indizi di quanto stava per succedere. Una seconda indicazione si ebbe il 15 febbraio, quando, alle 12 e 40, tempo medio di Greenwich, il sole divent• all'improvviso di colore l bianco-azzurro e l'aumento enorme della radiazione fece aumentare la ji temperatura della superficie terrestre di 12 gradi in cinque minuti. Al termine di quei cinque minuti, il sole torn• alla radiazione normale, senza altri sintomi di perturbazione. Naturalmente, seguŤ una gran ridda di pubblicazioni di aspiranti al- la fama scientifica, ma non si trov• una spiegazione plausibile del fe- nomeno che giustificasse la totale mancanza successiva di perturba- zioni nella fotosfera solare. Un terzo, chiaro prodromo degli eventi di giugno fu quello che capi- t• il 10 marzo, quando la giraffa di sesso maschile del Giardino Zoolo- gico del Bronx, a New York, smise di mangiare. Nei nove giorni che se- guirono cambi• forma, assorbendo le proprie estremit…, persino il col- lo e la testa, in una straordinaria massa a forma ovoidale di carne e ossa, ancora vivente, che il decimo giorno cominci• spontaneamente a dividersi e che il dodicesimo giorno si scisse in due masse carnose leg- germente pulsanti. Il giorno dopo, nelle due masse apparvero delle protuberanze. Creb- bero, assunsero una forma precisa, e venti giorni dopo l'inizio del feno- meno, diventarono gambe,~olli e teste. E poi due giraffe, entrambe di sesso maschile, si aggirarono nel recinto. Ognuna pesava un po' menř della met… dell'animale ori~inario. Avevano Dezzature identiche. E mangiavano e si muovevano e si comportavano come due animali nor- mali, anche se immaturi. Un fenomeno simile fu segnalato dalla repubblica Argentina, dove uno stallone delle pampas stava riproducendosi nello stesso straordi- nario modo, sotto gli occhi attenti degli scienziati argentini. J Oggi sembra incredibile che gli scienziati del tempo non avessero compreso il significato di queste stranezze. Oggi conosciamo abba- stanza le tensioni che le produssero, anche se non si verificano pi—. Ma tra il gennaio e il giugno, le agenzie di stampa nazionali erano piene di dispacci dello stesso genere. Per due giomi il fiume Ohio scorse a ritroso. Per sei ore gli alberi di Euclid Park a Cleveland agitarono pazzamente i rami come se fossero investiti da una tremenda tempesta, bench‚ non spirasse un alito di vento. E a New Orleans, verso la fine di maggio, i pesci uscirono dal fiume Mississippi e nuotarono nell aria, poi "annegarono" nell'aria che - inspiegabilmente li sorreggeva, si girarono a pancia in su e galleggia- rono placidamente a un livello d'acqua immaginario, circa quattro metri e mezzo al di sopra dell'asfalto della citt…. Ma a quanto pare Minott fu I unico che intuŤ il significato, oggi rela- tivamente chiaro, degli sviluppi successivi. Minott era allora docente di matematica presso il Robinson College di Fredericksburg, Virginia. Sappiamo ora che egli previde con buona approssimazione ciascuno degli eventi che ancor oggi fatichiamo a spiegarci, bench‚ essi abbiano influenzato la vita di tutti gli abitanti del pianeta - nonch‚, probabil- t mente, di altri pianeti dei quali non sospettiamo nemmeno l'esistenza. ~-r Minott non fece alcun tentativo di condividere con altri le sue sco- perte. A prima vista ci• pu• sembrare incredibile, ma in realt… un si- mile tentativo sarebbe stato inutile. Minott era un semplice assistente - non un vero professore - in quella che non si pu• definire altrimenti che un'oscura universit… di provincia. Non godeva di particolare repu- tazione scientifica, e perfino i suoi colleghi di facolt… e i suoi ex inse- gnanti dell'Universit… Johns Hopkins lo consideravano impulsivo, pre- suntuoso~ inaffidabile e bisognoso di un corso di aggiornamento in buona educazione. Fargli abbassare la cresta sarebbe piaciuto molto a tutti quanti. Se Minott avesse reso pubbliche le sue teorie, con ogni robabflit… nessuno le avrebbe prese in considerazione, neppure per onfutarle. Le sue ipotesi matematiche, oltretutto, erano cosŤ avanzate che pochissime persone al mondo sarebbero state in grado di capirle - propriO com'era avvenuto, all'inizio, con la Teoria della relativit… di ~ Einstein - e non si sarebbe potuta escogitare nessuna verifica speri- ; ~lentale~ salvo attendere la spontanea perturbazione cosmica che si I ~erific• pi— tardi. | ;~I Se anche avesse tentato di far valere i prodromi - descritti in prece- ~enZa_ della perturbazione in questione come prove delle proprie teo- rie, con ogni probabilit… Minott non avrebbe ottenuto altro che di farsi passare per matto. Eppure egli sapeva. Se a metterlo sulla strada giusta fosse stato il re- soconto di Michaelson sulle variazioni della velocit… della luce, che prov• l'esistenza di irregolarit… mai osservate in precedenza - tra l'al- tro la velocit… della luce ha ormai cessato di presentare qualsiasi ano- malia - o se altre violazioni delle normali leggi della natura avessero rappresentato il punto di partenza per le sue ipotesi stravaganti, Š una questione sulla quale non possiamo nemmeno congetturare. Quel che Š certo Š che Minott aveva previsto ogni cosa prima che effettivamente accadesse. Aveva previsto tutto cosŤ bene da poter calcolare l'ammon- tare delle nostre possibilit… di sopravvivenza, risultato pari a uno su quattro. La quale catastrofica previsione gli avrebbe valso di essere su- bito zittito in malo modo, se l'avesse resa nota anzitempo. A ogni modo egli non fece alcun tentativo di mettere sul chi vive gli abitanti del pianeta Terra; si procur• invece vari libri e alcune rivoltel- le. Per fronteggiare il pi— grande pericolo mai corso dall'uomo in qual- siasi luogo e in qualsiasi tempo, e tentare la pi— stravagante impresa che mente umana avesse mai concepito, fece preparare dei panini im- bottiti. Pu• darsi che abbia avuto successo: non lo sapremo mai. Sulla vita di Minott, dalla nascita agli eventi in questione, siamo ab- bastanza bene informati. Era figlio di un agricoltore della Virginia oc- cidentale, e particolari manifestazioni di genio non erano mai state os- servate in nessun ramo della sua famiglia. Aveva frequentato una scuola di campagna che riuniva in un unico edificio le elementari, le medie e le superiori, rendendosi insopportabile a ogni e ciascun inse- gnante che ebbe a che fare con lui. RiuscŤ poi a iscriversi all'Universit… Johns Hopkins di Baltimora, dimostrando lo stesso talento nel render- si sommamente impopolare. Era dotato di un'intelligenza di prim'or- dine- di ci• non possiamo pi— dubitare - ma era cosŤ smodatamente ambizioso, e cosŤ ardentemente desideroso di dimostrare questa sua qualit… da suscitare noia e insofferenza dovunque andasse. E ormai ce- lebre un aneddoto riguardante la breve dissertazione che present• co- me prova scritta alla fine del primo anno, su una questione di calcolo delle probabilit…. Non contento di avere risolto il problema in modo assolutamente non ortodosso, egli aggiunse il seguente, sarcastico post-scriptum: Ci• che precede Š ct• che ci si aspetta da uno studente de- sideroso di ottenere un buon voto. Si d… il caso che sia anche incredibil- mente p~ertle. Una soluzione un po' pi— elegante potrebbe essere la se- guente... Dopo di che aveva riformulato il problema in termini dei quali i suoi insegnanti non avevano capito una virgola, e ottenuto una soluzione che nessuna delle matematiche conosciute poteva giustificare. La pro- va scritta era stata conservata Der caso, e doDo l'universale riconosci- mento del genio di Minott fu attentamente studiata. L'equazione di Mi- nott Š ora considerata con riverenza, e ha rivoluzionato il trattamento matematiCo di moltissimi aspetti della teoria delle probabilit…. L'ispido carattere di James Minott ha causato al mondo una grande perdita. Egli era amareggiato per via della sua impazienza, assillato dalla sua intelligenza, e palesemente dotato di un'ambizione incompa- tibile col ruolo di insegnante di matematica presso il Robinson College di Fredericksburg. Forse se il suo temperamento fosse stato pi— norma- le il mondo ne avrebbe guadagnato. E forse ne avrebbe guadagnato an- che Minott. Ma Š inutile abbandonarsi alle congetture. Quel che Š certo Š che se egli non avesse bruciato i suoi appunti, la notte di quel fatale - quattrO giugno, le nostre conoscenze matematiche sarebbero oggi cosŤ progredite da permetterci di inserire tutte le scienze, senza eccezioni, in una nuova CorniGe unitaria. Gi… i pochi pezzi di carta superstiti rin- t venuti nel suo camino ci lasciano intravedere barlumi di tale metateo- ~ia unitaria, turbando i sonni di filosofi e scienziati: il loro valore Š semplicemente inestimabile. Alcuni frammenti bruciacchiati sono in- sopportabili nella loro enigmaticit…, ma gli appunti pi— importanti Minott deve averli portati con s‚, in qualche luogo impossibile da in- dovinare dove potrebbero benissimo aver dato frutto. Alle 7,30 del mattino del 5 giugno la cittadina di Joplin nel Missouri, stava destandosi dal suo buon sonno estivo. Sulle foglioline d'erba brillava la rugiada e molti rami sfavillavano del diadema intessuto dai a ragni mattinieri ai prirni raggi del sole. ~ella periferia pi— a est della citt…, un liceale uscŤ di casa sbadiglian- do e cominci• a darsi da fare con la falciatrice in giardino; ogni tanto guardava l'orologio perch‚ temeva di arrivare tardi a scuola. Poco pi— | in l… una scassatissima utilitaria stentava a mettersi in moto. Ci fu una detonazione di gas nel tubo di scappamento e dopo qualche sternuto, lo Sconquassato motore si decise a muoversi. L'auto rimase ferma, con il motore al minimo, come in attesa. Dalle case si levavano alte le grida dei bimbi. Una lavandaia negra apparve tra gli alberi di un giardino e , si diresse verso una fune per stendere i panni. Da una finestra si senti- va una radio che comandava: un, due, tre, quattro! Alte le braccia!... tre, uattro! Indietro quelle spalle, mi raccomando!... due, tre, quattro!. Poi, improvviso~ la radio chiocci•. Cominci• a emettere un acutissimo tridio meccanico che si trasform• in breve in uno strano chioccolio. ~Poi fece un fracasso spaventoso: come se avessero messo in onda tutta FCI energia statica di diecimila folgori. E fu il silenzio. Il liceale si pieg• sul manico della sua falciatrice. Cadde a sedere sul- |l erba rorida di rugiada nel momento stesso in cui la radio smetteva di ~are quel tremendo baccano. La lavandaia negra si aggrapp• treman- do al tronco dell'albero pi— vicino. Dal cesto della biancheria, rove- sciatosi al suolo, si sparsero sul prato umidi panni variopinti. Tra le al- tissime grida di terrore dei bimbi, voci di donne spaventate gridavano: --Il terremoto! Il terremoto!--Dalle ville, dalle palazzine della via si videro uscire, correndo, i pacifici abitanti di Joplin. Uno uscŤ dalla fi- nestra e si lasci• scivolare gi— per una colonna della veranda, e finŤ bocconi nel rosaio del suo giardino. Pochi secondi, e tutti erano in stra- da. E poi fu il silenzio. Un silenzio vuoto pauroso. Non c'era stato il ter- remoto. Non era crollata alcuna casa. Non s'era incrinato nemmeno un camino e non s'era udito cadere al suolo un piatto, una lastra di ve- tro dalle finestre. La sensazione provata da tutte quelle persone non era quella di un effettivo movimento del suolo. Un movimento c'era stato, la terra s'era mossa, ma in modo che nessun uomo poteva imma- ginare. Quelle persone avrebbero saputo di quel movimento solo dopo molto tempo. In quell'istante, non seppero far altro che rimaner lŤ, a bocca aperta. A guardarsi l'un l'altro, stupefatti. E nel silenzio profondissimo fattosi improvvisamente tutt'intorno, in quel silenzio rotto soltanto dal vagito d'un neonato, dal ronzio som- messo d'un motore d'auto, s'udŤ un altro rumore: il passo cadenzato delle fanterie in marcia. Lo accompagnava un clangor di metallo, un cupo sferragliare. E si sentŤ abbaiare un comando pronunciato in una lingua che non era inglese. Da un capo d'una stradina periferica di Jo- plin del Missouri, il 5 giugno, avanzava un folto drappello d'uomini ar- mati di lancia e spada. Stringevano al petto lo scudo e vestivano il cor- to gonnellino dei soldati di Roma. Di sotto agli elmi guardavano intor- no a s‚ non meno stupiti dei cittadini di Joplin. A passo cadenzato, la milizia di Roma antica avanzava. Ogni soldato stringeva la lancia con l'aria di chi Š abituato a servirsi di quell'arma. A un secco comando, la truppa si ferm•. Un ufficiale basso, dal volto raggrinzito con una corta spada al fianco rivolse una domanda agli sbalorditi cittadini, agitando la corta spada. Il liceale trasalŤ. L'uomo incartapecorito ripet‚ imperiosamente la sua domanda. Balbettando, il liceale riuscŤ a pronunciare qualche sillaba e, uditala, il vecchio bor- bott• soddisfatto. Poi prese la parola, impaziente, ma compitando chiaramente. Sbalordito, il liceale si rivolse ai suoi compatrioti e disse quasi incredulo:--Vuol sapere come si chiama la nostra citt…. Parla latino. SŤ, quello che ci insegnano a scuola. Dice che non ha trovatO questa citt… sulle sue carte e quindi non sa dove Š andato a finire. Co- munque, ha annunciato di aver preso possesso di Joplin in nome di Va- lerius Fabricius, imperatore di Roma e di tutta la terra. Dice--Conti nu• balbettando il ragazzo--che la sua Š la prima delle sei coorti della Quarantaduesima Legione di guarnigione a Messaglia. Laggi— a due giorni di marcia da quella parte--concluse, puntando il dito in dire- zione di St. Louis. L'auto si mise improvvisamente in movimento. S'awent• lungo la strada tra uno stridio di pneumatici. Chiese il passaggio con un autori- tario colpo di clacson, e si precipit• verso i legionari romani che l'a- docchiarono impietriti dallo stupore. Suon• nuovamente il clacson, e I'auto continu• a dirigersi verso di loro. A un ordine fulmineo, i militi si scagliarono sull'auto con le lance in resta, agitando minacciosamente le spade. Sino a quell'istante, tutti gli abitanti di Joplin, nessuno escluso, avevano creduto che quegli ar- mati fossero un branco di comparse del cinema o un gruppo di buon- temponi mascherati, o qualche cosa d'altro, altrettanto pazzo, tuttavia comprensibile. Ma i soldati che si buttarono all'assalto dell'auto face- ~ano sul serio! L'aggredirono da ogni parte come se fosse una bestia strana e probabilmente feroce. Furono visti battagliare con la macchi- na animati da disperato valore. Non recitavano, no! Non ci fu niente di fittizio nel modo con cui pas- sarono a fil di lancia il povero signor Horace B. Davis che aveva sem- plicemente chiesto la strada per giungere in tempo al magazzino di co- tone presso il quale era capo contabile. Convinti che il meschino si ac- cingesse a farli trucidare da quello strano mostro, s'erano affrettati, in~lece, a trucidare lui. Il liceale assist‚ al triste spettacolo sempre pi— pallido. Quando un uomo armato di spada si fece avanti per mostrare al capitano la testa mozza del signor Davis, da un orecchio del quale pendevano ancora in modo grottesco gli occhiali, il ragazzo piomb• svenuto a terra. L'alba del 5 giugno colse Cyrus Harding nell'atto di deglutire frettolo- samente la prima colazione. Poco prima, e solo per pochi istanti, egli s'era sentito poco bene. Aveva avvertito una strana vertigine. Adesso, ' ~ inVece~ si sentiva proprio in forma. L'odore di fritto riempiva la cucina, sua moglie cucinava, e lui vuotava rumorosamente il piatto. Aveva mani ossute e callose e la sua espressione era compiaciuta e soddisfat- ta. Lanci• un'occhiata al calendario, omaggio della Compagnia di mangimi e fertilizzanti di Bryan, Ohio, e disse:--Oggi lo sceriffo sven- de la roba di Amos. Spero di aggiudicarmi quei quaranta acri a nord per un boccone di pane. | --Te li aveva offerti da un anno!--comment• stancamente la don- na. -~ --E vero!-- conferm• ancor pi— soddisfatto Cyrus Harding. --Amos aveva anche mollato sul prezzo. Comunque, nessuno oser… ontrastarmi l'acquisto di quella terra, alla vendita all'asta. Sanno che ~ni preme e sanno che posso diventare un vicino molto pericoloso, se ~hi pestanO i piedi. Oh! Mi conoscono bene e la terra l'avr• a molto me- ~p di quel che me ne chiedeva Amos! Sperava di venderla bene, per ti- r avanti ancora un anno! L'avr• a met… prezzo. S'alz• da tavola, asciugandosi la bocca con il dorso d'una mano e si diresse verso la porta. --Quel bracciante dovrebbe gi… essere avanti con l'aratura--com- ment•.--Vado a dargli un'occhiata e poi andr• all'asta! E spalancata la porta della cucina rimase sbalordito. Abitualmente quando apriva la porta, Cyrus si vedeva davanti l'aia. Mai troppo in or- dine, a dire il vero, quell'aia si spalancava su una pianeggiante distesa di campi, in quella stagione fittamente coperti di promettenti piante di granturco, sin dove si perdeva l'orizzonte. Ora lo spettacolo era del tutto diverso. Tutto era rimasto come pri- ma sino all'aia. Ma oltre era un sogno delirante. Enormi, rigogliose fel- ci arboree lanciavano il loro fogliame a trenta metri di altezza. Una fit- tissima trina di rami fronzuti formava un tetto d'incredibile consisten- za, steso a proteggere una giungla primeva quale nessun uomo al mondo aveva mai veduto. Al confronto di quella giungla, le impenetra- bili foreste del Rio delle Amazzoni sarebbero sembrate un parco. Era un inestricabile groviglio di vegetazione in cui la crescita era guerra, la guerra era vita, e la vita era un conflitto mortale e spietato. Nessun uo- mo avrebbe potuto avanzare neppure di tre metri in quella giungla. Se ne levava un fetore nel quale si mescolava il lezzo della decomposizio- ne, I'odore di linfe vegetali, il profumo di fiori dalle vivide corolle. Era la giungla che i paleobotanici ascrivevano al Carbonifero: la giungla che aveva dato vita ai nostri giacimenti di carbone. --Non Š possibile--disse con un filo di voce Cyrus Harding. La moglie non gli rispose. Non aveva visto. Stava rigovernando le stoviglie che erano servite alla colazione del suo signore e padrone. Scese gli scalini della cucina scosso e con gli occhi sbarrati, dirigen- dosi verso l'assurda apparizione che nascondeva i suoi campi. L'appa- rizione rimase, nonostante il suo avvicinarsi. A una decina di metri di distanza si ferm•, sempre a~tonito e con gli occhi spalancati, ancora incredulo, e per giunta assillato dal dubbio terrificante di essere diven- tato pazzo. Poi qualcosa si mosse nella giungla. Un lungo collo serpentino, del diametro di quasi un metro alla base, che si riduceva allo spessore di una trentina di centimetri immediatamente dietro la testa della pro- porzione di un barile. Quel collo mostruoso si snod• per sei metri, fin- ch‚ non fu proprio sopra Cyrus Harding. L'uomo si vide osservato da un paio d'occhi dallo sguardo freddo e inespressivo. La bestia spalanc• la bocca e Cyrus Harding lanci• un urlo. Anche sua moglie alz• gli occhi. Guard• attraverso il vano della por- ta e vide la giungla. Vide le fauci del mostro che si chiudevano sul ma- rito. Vide socchiudersi gli occhi assenti di quel "qualcosa" che inghiot- tiva tossicchiando. Vide un rigonfiamento scivolar gi— nel collo mo- struoso: dal tratto pi— sottile, proprio dietro la testa, sino alla seZione enorme che s'inseriva nel corpaccio nascosto tra la selva. Vide quella testa rientrare nella giungla e scomparire quasi istantaneamente. La vedova di Cyrus Harding impallidŤ. Si mise il cappellino e con aria rassegnata uscŤ dalla porta che dava in strada. S'incammin• deci- sa verso la casa pi— vicina. Mentre procedeva, diceva a se stessa, con composteZZa:--Sapevo che sarebbe finita cosŤ. Sono impazzita. Mi chiuderanno in un manicomio. Ma almeno non dovr• pi— sopportarlo. Non dovr• pi— sopportarlo! E alle 10,30 del mattino del 5 giugno, James Minott punt• le due pisto- le delle quali era armato su un gruppetto di studenti. Dal suo viso era scomparsa anche l'ultima traccia dell'espressione severa del docente le cui estreme facolt… di nuocere non vanno oltre l'assegnazione di un cattivo voto. Sostituiti gesso e matita con due pistole, continuava a sorridere gelido. Ma negli occhi gli brillava una luce minacciosa. Tanto che le quattro ragazze del gruppo rimasero con il fiato mozzo dallo spavento. Anche gli studenti, abituati a vederlo soltanto in classe, si re- sero conto in un baleno che James Minott non solo sapeva adoperare le armi, ma era deciso a servirsene. E guardarono il loro assistente di ma- tematica con il rispetto pavido che ci ispira uno scassinatore, un rapi- natore di trista fama o un assassino di professione. Agli sguardi dei suoi allievi James Minott era salito molto in alto. Trasformatosi al- l'istante in un capo, era diventato addirittura un despota, grazie alle sue rivoltelle. --Come vedete--disse Minott con voce piana--io avevo previsto la situazione nella quale ci troviamo. Da un momento all'altro, inutile nascondercelo, tutta la razza degli uomini, noi compresi, pu• venir t spazzata via in modo cosŤ radicale che cerchereste invano di immagi- narlo. Potremmo anche sopravvivere: e io sono preparato a trarre il masSimO profitto dalla mia soprawivenza, se sopravviveremo. E James Minott tacque, per osservare attentamente, l'uno dopo l'al- tro, gli studenti che l'avevano seguito per esplorare la foresta di se- quoie inspiegabilmente apparsa a nord di Fredericksburg. --So che cosa Š successo--afferm• gelido Minott.--E so anche quanto pU• accadere ancora. E so anche come comportarmi d'ora in poi. Chi di voi Š pronto a seguirmi, lo dica. Se c'Š qualcuno che recalci- s. tra. Ebbene... La situazione non tollera ribelli o ammutinati! Sar• co- '~ Stretto a sparargli. Et _ Professore!--esclam• Blake innervosito.--Per prima cosa si do- - - vrebberO accompagnare a casa le ragazze! --Le ragazze non torneranno mai pi— a casa!--disse Minott, cal- ~mo.--Non ci torner… nessuno di voi. Non appena vi sarete convinti ~che Sono pronto a servirmi delle armi, vi dir• che cosa Š successo e cosa 249 significa. Sono settimane che mi preparo ad affrontare questa evenien- za. A mezzogiorno del 5 giugno, s'aprŤ la porta della prigione. Entr• un uo- mo dal viso adorno di un bel paio di baffi. Indossava una strana unifor- me grigia. Avvicinatosi al detenuto, gli batt‚ gentilmente la mano su una spalla. --Sono il dottor Holloway, medico militare--si present• con inco- raggiante urbanit….--Vuole avere la bont… di dirmi che cosa le Š suc- cesso? Sono certo che si potr… accomodare ogni cosa. --... Ma... maledizione!--proruppe il prigioniero.--Ero partito da Louisville, stamattina. Quando sono a met… strada mi piglia un capo- giro, un malessere strano e... Chi ne capisce niente? Si vede che ho sba- gliato strada, perch‚ a un certo momento mi guardo intorno e il pae- saggio mi sembra poco familiare. E poi salta fuori un soldato in unifor- me grigia e si mette a urlare. Io accelero e quello si mette a spararmi addosso. Fermo l'auto, e mi arrestano perch‚ ho la bandiera america- na dipinta sull'auto! Sbattono in galera un povero diavolo che viaggia per la Compagnia Dolciaria Zio Sam soltanto perch‚... Ma uno non pu• esporre la bandiera della sua nazione? --Beh, nella sua nazione, sŤ--convenne il medico con atteggiamen- to conciliante.--Ma dovrebbe sapere, signore, che qui permettiamo di esibire solo la nostra bandiera! In sostanza ha violato le nostre leggi! --Vio... violato le sue leggi?!-- esclam• attonito il detenuto --Ma... E mai possibile che non si possa esporre la bandiera america- na negli Stati Uniti?! --Negli Stati Uniti, Š padrone di farlo--disse il dottore sorridendo. --E lei ha varcato il confine senza accorgersene, evidentemente. Vuole che glielo dica francamente? I nostri soldati l'hanno scambiata per un pazzo! Sono convinto, invece, che si Š trattato di un semplice errore... --Confine?--ripet‚ balbettando sbalordito il prigioniero.--Dove mi trovo? Non sono negli Stati Uniti, forse? Se non ci sono, dove diavo- lo sono finito? --A dieci miglia al di l… del confine della Confederazione, vecchio mio!--esclam• il medico.--E sconfinato per errore e, me ne rendo perfettamente conto, non Š stato per recarci offesa. La far• rilasciare immediatamente. C'Š gi… abbastanza tensione tra Washington e Rich- mond, senza l'ennesimo incidente di frontiera a irritare le nostre teste calde. --Confederazione?--disse il prigioniero.--Non verr… a dirmi che allude agli Stati Confederati...? --Proprio a quelli, vecchio mio! Alludo agli Stati Confederati del- I'America del Nord! Che cos'altro credeva? --Io sono diventato matto!--dichiar• cupo il detenuto, deglutendo faticosamente.--Devo essere impazzito! Ma... E Gettysburg? --Gettysburg? Certo! Vuole che non la ricordi? E le altre batta- glie?--Il dottore annuŤ con aria indulgente.--E ne andiamo giusta- mente fieri! Nel corso di quella battaglia, il fato della Confederazione si decise nel corso degli ultimi dieci minuti di lotta! Pi— di una volta mi sono chiesto che cosa sarebbe stato di noi se la carica di Pickett fosse stata respinta. Ma due giorni dopo il vittorioso assalto di Pickett, I'In- ghilterra ci riconosceva ufficialmente, mentre la Francia seguiva il suo esempio a una settimana di distanza. I crediti illimitati accordati alla Confederazione in quei giorni, ci permisero di concludere vittoriosa- mente la guerra. Se ne era dimenticato? Ce la siamo cavata per il rotto della cuffia, in quell'occasione! Il prigioniero deglutŤ ancora. Guard• dalla finestrella del carcere... Vide un grosso edificio sulla facciata del quale era scritto a grandi let- tere: PALAZZO Dl GIUSTIZIA. Davanti c'era un'asta altissima. Vi garriva allegramente alla brezza meridiana la bandiera della Confederazione! La sera del 5 giugno, I'ufficiale postale di North Centerville, Massachu- setts, uscŤ dal recinto che lo separava dal pubblico per ascoltare anche lui la Unovit…". La panciuta stufa dello spaccio irradiava una luce acco- gliente, sebbene poco necessaria. Prima di cominciare il suo discorso, il testimone oculare ridacchi•. --Dico sul serio, oh! Li ho visti doppiare il capo! Erano una trentina a bordo d'un barcone lungo diciotto o venti metri, che aveva intorno ai fianchi dei cosi rotondi... una specie di scudi! Remavano come inde- moniati. Appena vedono la nostra citt…, rimangono lŤ coi remi a mez- z'aria e fanno una faccia stupita che non vi dico. Vengono quasi a riva e appena ci scorgono si mettono a parlare un dialetto che nessuno capi- sce. Oh‚! Non parlavano mica in americano, non parlavano! Il vecchio Peterson che Š lŤ con un pesce che ha abboccato all'amo in quel mo- mentO, appena li sente lascia andare la canna in acqua. Poi tenta di ri- spondere a quelli l…. Si capiscono, ma fanno una fatica d'inferno. Al- lora quelli della barca virano di bordo e se ne vanno. I casi sono due: o eranO attori del cinema che avevano voglia di prenderci in giro o quei ricconi dell'altra riva ne hanno inventata una nuova per ammazzare la noia Roba da matti, vi dico! Da matti! Fatto sta che il vecchio Peter- Son sostiene che quei buffoni parlavano una specie di scandinavo anti- co O che so io. Ha raccontato che gli hanno detto di essere venuti da Leifsholm~ o qualcosa del genere, gi— lungo la costa. Ma quel che Š fan- tasticO Š che sostenevano di non aver mai visto la nostra citt…! Buona questa no? Ma non Š finita; perch‚ dice che quelli l… erano Vichinghi! Chiam vano Winland l'America e giuravano che... Bont… divina! Che cosa succede ? ! Urla, invocazioni, ruppero improvvisamente la quiete della notte. Da lontano, s'udŤ tuonare un fucile da caccia. Gli oziosi convenuti a scambiare quattro chiacchiere uscirono sul portico. In dodici punti di- versi della spiaggia si erano accesi alti fal•. Illuminavano di luce rossa- stra una decina di imbarcazioni dalla prua alta, adoma d'un serpente, che s'avvicinavano alla riva velocissime, sotto l'impulso dei remi. Al chiarore delle torce, si vedevano corazze e spade accendersi di baglio- ri. Brutalmente ghermita da un omone dalla lunga capigliatura bion- da, una donna lanci• un grido di terrore. Corazza ed elmo del guerriero scintillavano orrendamente. L'aggressore rideva. Ad affrontare quel gigante biondo avanz• un uomo che indossava una tuta da lavoro. Brandiva minacciosamente una scure... 11 gigante lo abbatt‚ con un fendente della spada gi… intrisa di san- gue, e lanci• un grido selvaggio. Gli vennero a prestar man forte altri guerrieri vestiti e armati come lui. 11 sacco e la carneficina ripresero con rinnovato fervore, mentre da un'altra imbarcazione subito accorsa balzavano sulla spiaggia altri armati. Poco dopo, balenavano i primi incendi... Tutto intorno al gruppetto, si levavano altissimi i tronchi degli alberi. Alberi giganti. Alberi magnifici. Svettavano nel cielo, alti quarantacin- que, cinquanta metri, con un'aria di calma venerabile che era a un tempo la prova pi— convincente della loro reale esistenza, e l'aspetto meno accettabile della realt… affermatasi improvvisamente nelle im- mediate vicinanze di Fredericksburg, in Virginia. Il piccolo drappello di cavalleggeri s'era fermato, pavido in sella, accanto a quelle mo- struose creature della foresta. Minott osserv• con occhio critico i tre giovanotti e le quattro ragazze che facevano parte della sua comitiva di studenti del Robinson College. E Minott, ormai, non era pi— il docente che s'era offerto di mettersi alla testa di una piccola spedizione uscita in esplorazione. Era quel che si dice un condottiero deciso a tutto. Alle otto e trenta del mattino del 5 giugno, gli abitanti di Frederick- sburg avevano avvertito all'unanimit… uno strano stordimento. Era passato subito. Il sole brillava luminoso. Nulla, sembrava, era interve- nuto a mutare gli abituali aspetti dell'esistenza di tutti i giorni. Dopo un'ora, tuttavia, la sonnecchiante cittadina ronzava di eccitazione. La strada che portava a Washington, proprio quella che tutte le carte chiamavano Statale n. 1, era rimasta improvvisamente interrotta a circa tre miglia a nord. A tagliarne bruscamente il percorso era appar- sa, come per magia, una colossale, gigantesca foresta. Le comunicazio- ni telegrafiche con Washington erano rimaste interrotte. Le stazioni radio della ca~itale non trasmettevano pi—. Nessuno, in tutta Frede- ricksburg, ricordava d'aver mai visto alberi cosŤ alti come quelli della straordinaria foresta. Somigliavano soltanto a quelli di certe fotogra- fie delle gigantesche sequoie della costa del Pacifico, ma... insomma! Non poteva essere! In un'ora e mezzo, Minott aveva trasformato in drappello di caval- leggeri un pugno di studenti decisi a veder da vicino la foresta. E non sfuggŤ a nessuno che Minott si sceglieva i compagni con strana ocula- tezza. Tre giovani e quattro ragazze in tutto. Se li avesse lasciati fare, gli studenti si sarebbero pigiati nella sconquassata utilitaria apparte- nente a uno di loro, ma Minott aveva scartato quest'idea. --Ci troveremo sbarrata la via all'altezza della foresta--aveva ri- cordato Minott, sorridendo.--Non sarebbe pi— divertente esplorarla a dorso di cavallo? Ci penso io, ai cavalli. Le cavalcature furono pronte di lŤ a una decina di minuti. Scompar- se per andarsi a infilare i pantaloni da cavallerizze, al loro ritorno le ragazze avevano notato, molto soddisfatte, che oltre alle selle, i cavalli avevano anche capaci bisacce. Con il solito sorrisetto, Minott era stato pronto a spiegare:--Dato che si parte per una spedizione, Š giusto at- trezzarci da veri esploratori. Nelle bisacce ho fatto mettere dei viveri. Quando saranno vuote le colmeremo di tutte le rarit… botaniche che troveremo. E partirono. Le ragazze emozionate, i giovani compiaciuti e soddi- sfatti. Peccato che ad attenuare la loro gioia intervenissero di continuo le motociclette e le auto che li sorpassavano rombando. I cittadini di Fredericksburg accorrevano in massa all'improbabile foresta. Nel punto in cui la statale era interrotta, si erano gi… ammassate au- tomobili a centinaia. Una vera folla di curiosi sbarrava l'occhio sui | tronchi altissimi della selva. I tronchi giganteschi affondavano nella terra radici di grandezza mai vista. Qua e l…, spiccava al suolo la mac- chia di qualche cespuglio. Ovunque, tra i tronchi, spirava un senso di pace, di serenit… profonda t Su tutto una sensazione di pace e assoluta serenit… e di eterno. Dalla folla dei convenuti si levava un mormorio sommesso. Si commentava, E si cercava di spiegareEra uno spettacolo impossibile. La foresta pa- reva un miraggio. I cavalieri giunsero sul luogo, proprio quando una frotta di coraggio- si usciva dalla foresta nella quale aveva osato addentrarsi. Tornavano increduli, dubitando dei loro sensi, bench‚ tutti avessero le mani piene di rami, di foglie. Ce n'era uno che aveva raccolto una quantit… di bac- 'L che mai viste sulla costa atlantica. Accortosi delle intenzioni di Minott, un agente lev• una mano per dare l'alt al drappello dei giovani. --Ehi!--disse.--Abbiamo sentito degli strani rumori venire da lŤ dentro, e sino a che non saremo sicuri di quel che sta succedendo, non lascio passare nessuno! --Saremo molto cauti--promise Minott.--Sono il professor Mi- nott del Robinson College e guido i ragazzi che si propongono unica- mente di far raccolta di qualche specie botanica. E poi sono armato di pistola. Non potr… succederci nulla di male. E aveva spronato il cavallo. Ancora privo di ordini precisi, il poli- ziotto aveva allora ceduto al desiderio di Minott con un'alzata di spal- le. Ma aveva poi impedito a tutti gli altri di accedere alla foresta per compiervi un'esplorazione. Pochi minuti dopo, gli otto cavalli e i loro cavalieri erano scomparsi alla vista. Erano passate tre ore da quell'istante. Per tre ore, Minott aveva gui- dato il drappello puntando un poco pi— a sud della direzione nord est. Sino a quel momento non avevano incontrato animali pericolosi. Ave- vano osservato, in compenso, molte piante familiari. Avevano visto co- nigli in quantit…, e in un caso una sfuggente forma grigia che Tom Munter, il laureando in zoologia, aveva supposto essere un lupo. Lupi, nei dintomi di Fredericksburg non se n'erano mai visti. Neanche se- quoie, a dire il vero. E gli esploratori non avevano trovato traccia di vi- ta umana, bench‚ Fredericksburg si trovasse in una zona agricola, densamente popolata. In tre ore, i cavalli dovevano aver coperto alme- no quindici miglia senza che la foresta accennasse a finire. Il giovane Blake cominci• a protestare quando fu avvistata la sagoma gibbosa d'un animale che non poteva essere altro che un bufalo selvaggio, raz- za estintasi sin dal lontano 1820 a est delle Montagne Rocciose. --Qui stanno succedendo un sacco di stranezze, signore--aveva cominciato il ragazzo imbarazzatissimo.--Per quel che mi riguarda, sono pronto a continuare l'esplorazione, quanto vuole, ma non dobbia- mo dimenticare le ragazze! Se non facciamo presto a ritornare, il pre- side ce la far… pagare cara! Era stato allora che Minott aveva puntato i revolver sui ragazzi, an- nunciando tranquillamente che non sarebbe tornato indietro nessuno. E che egli sapeva che cosa era successo e che cosa potevano aspettarsi. E che sarebbe stato pronto a fornire qualsiasi delucidazione, non appe- na i suoi ascoltatori si fossero convinti che era pronto a usare la pistola in caso di ammutinamento. 5 --Ci affrettiamo a fare atto di sottomissione--si affrett• a dire il giovane Blake. Aveva stretto rigidamente le labbra, ma non aveva battuto ciglio. Venuto a mettersi prudentemente tra Maida Haynes e la canna delle pistole, continu•:--Vorremmo sapere in virt— di quale strano feno- meno gli alberi di questa foresta, che dovrebbero trovarsi a cinquemi- la chilometri di distanza da noi, crescono in Virginia. Quel che mi inte- ressa maggiormente, tuttavia, Š questo: perch‚ il suolo sul quale si tro- va questa foresta nuova di zecca Š rimasto topograficamente lo stesso di prima? I rilievi si stendono nella direzione in cui si stendevano an- che ieri, ma, scomparso quanto vi si trovava ventiquattro ore fa, Š sal- tata fuori questa incredibile foresta. _ Magnifico, Blake!--esclam• Minott approvando soddisfatto. --Sei un buon osservatore. Bench‚ avessi le mie buone ragioni per la- sciarti a casa, ho preferito averti con me perch‚ sapevo che sei un buon geologo. Saliamo in cima a quella collinetta, prima. Dovremmo veder- vi il Potomac, se non mi sbaglio. Poi vi spiegher•. Temo, tuttavia, che dovremo cavalcare ancora a lungo, oggi. Riluttanti, i cavalli si spinsero ansando lungo il pendio. Si procede- va fra tronchi giganteschi e folta boscaglia: in tre ore non s'era incon- trata una sola strada tracciata dall'uomo. Gli avventurosi esploratori dovevano trovarne una in cima al colle. Era un viottolo stretto, tutto segnato dai solchi serpeggianti lasciati dai carri. I cavalieri ne seguiro- no il tracciato senza parlare. Dopo un quarto di miglio di continui an- t dirivieni, il sentiero scendeva all'improvviso. Davanti a Minott e ai suoi compagni si stendevano le acque del Potomac. Tutti i cavalieri, tranne uno, lanciarono grida di stupore. Sulle rive del fiume c'era un abitato. Nel porticciolo si dondolavano alcune im- barcazioni. Natanti e navicelle apparvero anche pi— lontano: alcune risalivano faticosamente il fiume venendo dalla direzione di Chesapea- ke Bay, e altre che filavano veloci trascinate dalla corrente che andava verso valle. Ma non si trattava n‚ delle barche n‚ del villaggio che ci si aspettava di vedere sul Potomac.- 5 Il villaggio era piccolo e tutto cinto da mura di fango. Piccole figure d'uomini vestiti d'azzurro si muovevano indaffarate tra i campi che circondavano l'abitato da ogni parte. Le costruzioni, la linea ricurva dei tetti e soprattutto la sagoma inconfondibile di quello che non pote- va essere che un tempio, proprio al centro del villaggio fortificato, era- no cinesi. Le imbarcazioni in vista differivano dalle classiche giunche - unicamente nelle vele, che sembravano esser fatte di tela, invece che di bamb—. I campi tutto intorno alle basse mura di fango erano coltivati in modo assolutamente inusitato. Lungo il fiume, l… dove la riva avreb- be dovuto ospitare le caratteristiche marcite del Potomac, si vedevano intensive colture di riso. E all'improvviso, accanto ai cavalieri, spunt• un uomo. Oltre all'am- pio cappello che gli copriva il capo, indossava una camicia ampia, ara- bescata, di cotonina imbottita. Portava pantaloni di cotone e calzava L un paio di zoccoletti. Era il prototipo del contadino cinese. Lo sembr• ancor di pi— quando, rivolti gli ~7cchi a mandorla sulla piccola comiti- va di cavalieri, atteggi• il volto a un'espressione di sommo terrore e prese a fuggire precipitosamente, gridando. Nella fuga, aveva abban- L donato un pesantissimo bastone, alle due estremit… del quale aveva ppeso un paio di ceste colme di bacche raccolte nella foresta. E i cavalieri sbarrarono gli occhi. Che in quel momento ci fosse il Po- 255 tomac, era perfettamente logico, normale. Ma quel villaggio, quelle giunche cinesi che ne navigavano il corso... --Io devo essere impazzita--mormor• Maida Haynes con la voce rotta.--O no? Minott alz• le spalle. Sembrava deluso, ma stranamente risoluto. --Niente affatto--disse.--Non Š impazzita. E successo semplice- mente che i cinesi sono stati i primi coloni d'America. Non Š novit…: si sa che i figli del Celeste Impero avevano spinto le loro giunche sin sulle spiagge americane bagnate dal Pacifico, assai prima di Colombo. Evi- dentemente vi hanno creato delle colonie. Non so... Forse hanno fatto per intero la traversata del continente, oppure sono arrivati qui facen- do il giro da Panama. Comunque sia andata, questo, adesso, Š un conti- nente cinese. E a noi non serve. Continuiamo la cavalcata. Dal villaggio, avevano avvistato la figuretta del contadino che fuggi- va strillando. Si lev• il clangore discorde di un gong. Dai campi, fu un frenetico accorrere di uomini che andavano a rifugiarsi dietro le mura di fango che difendevano il villaggio. Cominciarono a scoppiare i pri- mi mortaretti tra un coro di grida minacciose. --Avanti!--ordin• Minott.--Sar… bene affrettarci. E fatta compiere una mezza giravolta alla cavalcatura, diede di sprone. Istintivamente, soltanto perch‚ Minott sembrava essere il solo a sapere che cosa si doveva fare, gli studenti seguirono il docente. La cavalcata s'interruppe all'improvviso barcollare dei cavalli. I ca- valieri provarono un'acuta, strana vertigine. Non dur• pi— di qualche secondo, ma anche Minott impallidŤ un poco. --Vediamo un po' che cosa sar… successo, ora...--disse con calma. --Le probabilit… sono ancora abbastanza buone; avrei preferito tutta- via che le cose restassero a questo punto ancora un poco. Almeno quan- to bastava per provare qualche altro posto. Anche la folla dei curiosi che si accalcava ai margini della strada che conduceva a nord di Fredericksburg era stata colta da quel senso di vertigine accompagnata da nausea. Per poco pi— d'un secondo, tutti avevano sofferto un malessere indescrivibile che impedŤ loro persino di vedere. Recuperata la vista, tra la folla fu il pandemonio. Si levaro- no esclamazioni di terrore e si determin• un fuggi fuggi generale a bor- do delle auto. Ma non erano pochi quelli che se la battevano a piedi. La foresta di sequoie non c'era pi—. Scomparsa. Sostituita da una di- stesa squallida, biancheggiante. Semisepolti tra la neve, qua e l… si ve- devano spuntare monconi d'alberi anneriti. A perdita d'occhio si sten- deva una pianura ondulata, ammantata da una polvere bianca, scintil- lante... Pochi minuti, e tutto scomparve alla vista, dietro un denso banco di nebbia formatosi all'istante, non appena il tiepido mattino di giugno in Virginia venne a contatto, raggelandosi, con quella immensa coltre di neve. Con altrettanta rapidit…, tuttavia, i banchi di neve comincia- rono a sciogliersi. E si videro le auto degli abitanti di Fredericksburg darsi a fuga precipitosa lungo la strada asfaltata inseguiti da una corti- na di nebbie che andava sempre pi— dilatandosi. Fiumiciattoli e tor- renti, alimentati da un costante afflusso d'acque inattese, si gonfiaro- no spumeggiando tumultuanti... C'erano solo alberi radi e un'erba alta e rigogliosa, con steli simili a canne. Il suolo tremava ancora, e c'era nebbia. Al di l… di qualche cen- tinaio di metri non si vedeva nulla. Eppure la topografia, per quanto riguardava valli e rilievi, non era cambiata. Ma videro un tapiro - ri- cord• loro, all'inizio, un elefante in miniatura - e altre creature simili a uomini, ma che uomini non erano. Allora due studenti si misero in te- sta al gruppo, per controllare che qualcosa non si nascondesse nell'er- ba alta oltre un metro e mezzo; veniva poi Minott con le studentesse, mentre il quarto studente fungeva da retroguardia. --Questo posto non mi piace--disse freddamente Minott.--Non mi piace per niente. Ma andremo avanti. Lucy Blair cavalcava al suo fianco. Minott le aveva mostrato come usare la rivoltella. Anche Maida Haynes cavalcava accanto a Minott, dalla parte opposta. --Cos'erano quelle cose che abbiamo visto?--chiese Lucy preoccu- pata.--Sembravano... esseri umani. Ma lo erano dawero? --Dipende dal significato che si d… alla parola "umano"--rispose Minott.--Se ci si riferisce alla specie Homo sapie~s--alla nostra spe- cie, cioŠ--allora probabilmente non lo erano. La famiglia umana era composta un tempo da molte specie, come accade ancora oggi agli equini e ai felini. C'erano l'uomo di Neanderthal, quello di Giava e via dicendo. L'Homo sapiens le ha spazzate via, nel mondo da cui veniamo. Ma nella porzione di spazio-tempo in cui ci troviamo lo scontro po- trebbe avere avuto un esito diverso. Maida Haynes si umett• le labbra. Era terribilmente tesa. --Antropologia!--esclam• con voce stridula.--Cosa c'entra con quello che ci sta succedendo? Non capisco pi— niente... Mi sembra di Sognare. SŤ, deve... dev'essere tutto un sogno. --Anch'io ho l'impressione di sognare--disse Lucy.--E ho anche molta paura. Ma nello stesso tempo Š... affascinante. Credo che finir• coll~abituarmi perfino alla paura. Almeno, lo spero. Uno dei due studenti dell'avanguardia si era messo di traverso. Avanz• un poco, con prudenza, poi tir• le redini, spronb il cavallo e raggiunse al ~aloPPo il ~ruPpO di Minott. --Ci sono alcune... creature, laggi—, sdraiate nell'erba. Sembrano... in attesa--disse balbettando.--La cosa strana Š che assomigliano a... degli esseri umani. Cosa facciamo? Minott ci pens• su, imperturbabile. --Se avessimo deciso di restare--disse d'un tratto, senza tradire nessuna emozione--converrebbe caricarli e ucciderne un certo nume- ro, per dar loro una lezione difficile da dimenticare. Ma non abbiamo intenzione di stabilirci qui. Proprio non ne varrebbe la pena. Non ab- biamo niente da guadagnare. Aggiriamoli. Se tentano di inseguirci ne abbattiamo uno o due. Harris si tuff• nell'erba alta e torn• in testa al gruppo, accanto al giovane Blake; poi entrambi mutarono direzione. Grida bestiali si al- zarono dal punto che avevano deciso di evitare. Figure curve saltel- lanti, con capelli scuri lunghi e incolti si misero a correre cercando di intercettarli. Erano armate di lance e bastoni. Minott estrasse il revolver, prese la mira con cura e spar• sei colpi. Il primo degli inseguitori emise un urlo straziante, gli altri fuggirono ur- lando. Il ferito continu• a urlare e a dibattersi per un po', infine emise un verso gorgogliante, e rest• immobile. Minott ricaric• la rivoltella. --L'ha... L'ha ammazzato!--esclam• Maida Haynes inorridita. --Poco ma sicuro--conferm• tranquillamente Minott.--Uccider- ne uno ha messo in fuga gli altri. Se ci avessero attaccato tutti insieme ne avremmo dovuti uccidere parecchi, e ci• avrebbe comportato un grande spreco di munizioni.--L'intelligenza non pu• servirci a molto, qui--aggiunse.--Non c'Š molto da ricavare, da questo paese di sel- vaggi. Non fece altri commenti. In lontananza l'aria caliginosa sembrava ancora pi— satura di umidit…. Davanti a loro c'era un vero e proprio banco di nebbia, che sembrava prolungarsi indefinitamente sia verso destra che verso sinistra. Continuarono ad avanzare risolutamente. --Crede davvero che prima o poi incontreremo una civilt… in cui sa- remo i benvenuti, professor Minott?--chiese all'improvviso Lucy Blair. --Certo che sŤ--rispose Minott asciutto.--Non ho organizzato questa spedizione senza avere in mente un progetto ben preciso. --E lei crede che potremo... che riusciremo a... --Conquistarla? Le assicuro che io la conquister•. Mi basta essere accolto--essere accettato - da una comunit… culturalmente non trop- po progredita, o, per meglio dire, appena al di sopra dello stato selvag- gio. Data questa premessa, potr• mettere a frutto nel modo migliore le mie specialissime conoscenze. Tutto quello che mi occorre Š una socie- t… fluida, malleabile, non ancora prigioniera di una gabbia istituziona- le di qualsiasi genere: finir• inesorabilmente col dominarla. Nella no- stra cultura gli uomini non pensano ad altro che a difendere quello che hanno gi…, sono meschini e prudenti. Non posso concludere nulla con gente simile. Datemi invece degli uomini che bramano ci• che ancora non possiedono, e io glielo far• avere! Li render• prosperi come per magia. --Con la matematica?--chiese Lucy, incredula. Minott fece un sorriso vago. --Se vuole chiamarla cosŤ--rispose Minott in tono ironico.--Per lei, probabilmente, la matematica non Š che una congerie di tecniche di calcolo applicabili agli aspetti quantitativi della realt…. La logica, ovviamente, Š una forma di calcolo applicabile a nozioni non quantita- tive ma qualitative. Ma possono ben esserci--ci sono! - procedimenti di calcolo in grado di cogliere entrambi gli aspetti della realt…, e altri aspetti ancora al di fuori dell'opposizione quantit…-qualit…. Ci sono, e io li ho scoperti. Ma nella nostra epoca non servono a nulla. Mettereb- bero in discussione troppe false certezze, troppe opinioni fatte passare per verit… rivelate. Tuttavia funzionano, e con la stessa inesorabile effi- cacia della matematica e della logica formale. Vi assicuro che mi da- ranno lo stesso vantaggio, nei confronti dei membri di una qualunque cultura, che la capacit… di eseguire le quattro operazioni d… nei con- fronti dei membri di una trib— di selvaggi. Lucy Blair lo fiss• perplessa. --Ipotesi scientifiche, teorie... Ma il suo modo di comportarsi Š ben diverso. Posso dirle una cosa? Lei mi sembra um uomo terribilmente solo. --Lo sono sempre stato--conferm• Minott in tono amaro--e sem- pre lo sar•. Ma finalmente ho la possibilit… di ottenere qualcosa, in cambio di tante sofferenze! Tutto ci• che mi occorre Š una popolazione i cui membri siano abbastanza turbolenti e ambiziosi: io sapr• pla- smarla, modificarla, governarla e guidarla verso... A questo punto s'interruppe. Lucy non sembrava affatto scandaliz- zata. Incuriosita, domand•:--E noi che parte avremo in tutto ci•? --Mi aiuterete--rispose Minott.--Tutti voi. Non avete altra scel- ta, ovviamente; ma la vostra ricompensa sar… pi— grande di quanto possiate immaginare. So bene di non dovervi costringere: non avete al- ternative. Ma alla fine sarete felici, ne sono sicuro. --Ma Š... pura follia!--protest• Maida, costernata--Non... Non tornare mai pi— a casa... --Lei si sposer…, signorina--replic• Minott in tono pratico--e di tornare a casa non le importer… pi— nulla. Anche in questo, comunque, lei Š assolutamente libera di scegliere. Anche se probabilmente non trover… molto di suo gusto dei semiselvaggi; non pi— di quanto possa trovarli di suo gusto uno qualunque di noi. Ma qualcuno che le piace fi- nir… col trovarlo, vedr…. Lucy e Maida si guardarono negli occhi. Erano in otto: quattro stu- dentesse~ tre studenti, e... Minott. --Gi…--continu• il docente in tono che non ammetteva repliche --perch‚ io sposer• una di voi. La pi— adatta ai miei piani. L'impera- trice del mondo dovr… essere molto intelligente. Dopo di che galopp• avanti. Il banco di nebbia davanti a loro si sten- deva da un orizzonte all'altro. Quando i cavalli degli otto vagabondi del tempo vi entrarono, I'aria divent• gelida tutt'a un tratto. Il ferryboat proveniente da Berkeley, in California, avanzava lenta- mente nella luminescenza biancastra. La sirena fischiava agli interval- li prescritti. In plancia, il capitano disse in tono confidenziale al co- mandante in seconda:--Vuoi sapere una cosa? Ho appena avuto la plU strana sensazione della mia vita. Proprio ora. Era come essere sbronzo e avere il mal di mare nello stesso tempo. --E tu vuoi sapere una cosa?--chiese il secondo.--L'ho avuta an- ch'io. Proprio un momento fa. Sar… colpa della digestione. Per• Š stra- no... --Che cosa? --C'era un gran via vai nella baia fino a un attimo fa. Sirene in con- tinuazione. E adesso, da qualche minuto, neanche un fischio. Ascolta! I due marinai tesero le orecchie. Udirono il rumore della sala mac- chine, che faceva tutt'uno con la sorda vibrazione della nave; udirono il brusio discontinuo di conversazioni che veniva dal ponte passeggeri, qualche metro sotto di loro. Udirono il ritmico sciacquio delle onde contro le fiancate del ferryboat. E nient'altro. Non sentirono nessun al- tro rumore. --Curioso--disse il capitano. --Maledettamente curioso--conferm• il secondo. Il ferryboat continu• ad avanzare. La nebbia riduceva la visibilit… a un raggio inferiore ai cento metri. --La cosa pi— buffa che mi sia mai capitata--disse il capitano in tono preoccupato. Allung• il braccio verso la corda della sirena, la tir•, e un lungo suono lamentoso si diffuse tutt'intorno.--Dovremmo esse- re vicini al nostro molo, comunque. Se soltanto... Sbuffando e tossicchiando una motolancia a vapore sbuc• dalla neb- bia, e vir• improvvisamente; gli uomini a bordo fissavano sbigottiti la mole imponente del ferryboat. La motolancia fece un giro completo in- torno all'enorme, lenta, tozza imbarcazione, e a un certo punto uno de- gli uomini che erano a bordo si alz• e prese a urlare a squarciagola qualcosa di totalmente incomprensibile. La motolancia complet• il gi- ro; I'uomo url• di nuovo. Indic• con un braccio la bandiera fissata alla poppa della piccola imbarcazione - una bandiera che il capitano e il secondo non avevano mai visto - ed emise una specie di ruggito. --Guarda quel tipo come d… fuori di matto! Vorrei sapere con chi ce l'ha--disse il comandante in seconda, perplesso. Improvvisamente si lev• una leggera brezza, la nebbia cominci• a diradarsi, e la zona di 260 cielo debolmente luminosa che avevano di fronte - il sole - divenne pi— luminosa, acquist• un contorno pi— definito. La brezza continu• a di- sperdere la nebbia, finch‚ la chiara luce del giorno permise loro di di- stinguere perfino il colorito paonazzo dell'uomo sulla motolancia, in- capace di rassegnarsi al fatto che le sue parole non ottenevano l'effetto voluto. Poi anche gli ultimi residui di nebbia si dissolsero, e si pot‚ ammira- re la Baia di San Francisco in tutto il suo splendore. La Baia di San Francisco? Ma quella non era San Francisco! Gran parte degli edifici della citt… erano di legno. E la citt… era piccola. Piccola, piuttosto spor- ca con strade strette, lampioni a gas nelle strade, e quattro mostruosi edifici simili a caserme al centro del porto. Nob Hill era al suo posto, ma priva di edifici. E --Dio del Cielo!--esclam• il comandante in seconda. Stava guardando un'enorme costruzione in legno, culminante in una cupola gigantesca e di forma strana, coperta di scanalature a spi- rale. Uno stendardo altrettanto strano sventolava su alcuni edifici. C'e- t ra gente nelle strade, e c'erano veicoli a motore, ma grossi, goffi e lenti. Gli occhi del secondo si posarono su un carro trainato da cavalli. Da t tre cavalli affiancati, per l'esattezza, ma addestrati in modo tale, o con le redini cosŤ tirate, che solo il cavallo centrale guardava davanti a s‚. I colli degli altri due erano torti verso l'esterno, secondo l'uso della Rus- sia zarista. Eppure, in un certo senso, tutto ci• era perfettamente normale: ap- pena si ebbe a disposizione un interprete, il comandante del ferryboat e il suo secondo furono duramente redarguiti, per essere entrati nel porto di Novo Skevsky violando praticamente tutte le norme di ingres- so nei porti promulgate da Sua maest… Alexiei, Zar di tutte le Russie. Le quali norme, essi appresero, erano fatte rispettare con specialissi- mo zelo in Alaska, nonch‚ negli altri territori russi situati sul continen- te americano. Gli otto cavalieri erano pallidissimi in volto. Quando tir• le redini del- la sua cavalcatura, persino Minott apparve visibilmente scosso. Ma non meno determinato di prima. t --Sarete soddisfatti, adesso, spero--disse.--Blake, tu che sei il geologo della comitiva, guarda un po' la riva del fiume. Non ti sembra Eamili re? Il giovane, esangue in viso, fece un cenno d'assenso. Indicando il Po- omac, disse:--SŤ. Riconosco anche le cascate. Questa, professore, Š la Sponda sulla quale sorgeva Fredericksburg, fino a stamattina. LŤ c'era, o ci sar…, il Ponte Grande. E l'autostrada per Richmond dovrebbe pas- are press'a poco lŤ. Dove c'Š quella mastodontica quercia. L'albergo 261 Princess Anne dovrebbe essere dietro quel colle. A mio awiso, profes- sore, dovremmo aver compiuto un passo indietro nel tempo. Non so come, ma... A meno che non si sia invece balzati in pieno futuro. Sono ore che cerco di capire. Mi sembra di dover diventar matto da un mo- mento all'altro... --Benissimo--approv• Minott freddamente.--Ci troviamo sulla riva del Potomac nel punto esatto di Fredericksburg. Ma non siamo an- dati n‚ avanti n‚ indietro nel tempo, ragazzi. Spero che abbiate notato il punto nel quale siamo usciti dalla foresta di sequoie. Ci deve essere una specie di "falla" lŤ. E sar… molto utile ricordarcene. Non ci trovia- mo nel passato, Blake--riprese Minott dopo una pausa.--E non sia- mo nemmeno nel futuro. Il nostro viaggio nel tempo si Š compiuto late- ralmente; in una specie di oscillazione tra un sentiero e l'altro del tem- po. In questo momento, siamo capitati in, come dire, una linea del tempo in cui Fredericksburg non esiste. Allo stesso modo, poco fa ci trovavamo in un "punto" del tempo in cui i cinesi hanno preso possesso del continente americano. E adesso sar… bene fare colazione. Minott smont• di sella. Le quattro ragazze si strinsero l'una accanto all'altra. A Maida Haynes battevano i denti. Blake si mise davanti ai cavalli. --Non perdete la testa--sussurr•.--Dovunque siamo, ormai sia- mo qui. Tra qualche minuto il professor Minott ci spiegher… ogni cosa. E dato che lui sembra perfettamente al corrente del fenomeno, possia- mo star tranquilli. Scendete da cavallo e mangiate qualcosa. Ho una fame da lupi! Vieni, Maida! Balzata a terra, la povera ragazza cerc• di fare una specie di sorriso. --E di lui che ho paura!--confess• al compagno in un sussurro. --Pi— che ogni altra cosa, mi fa paura il professore! Stammi vicino. Blake aggrott• la fronte. Minott disse, asciutto:--Troverete dei pa- nini imbottiti nelle bisacce. E ci troverete anche le armi da fuoco. Vi consiglio di mettervi le pistole al fianco, ragazzi. Dato che la speranza di tornare al mondo che conosciamo appare inconcepibile, ritengo giunto il momento di potervi affidare le armi. Il giovane Blake fiss• Minott prima di cominciare l'ispezione delle sue bisaccee. Contenevano due rivoltelle e una quantit… enorme di car- tucce. Ma c'erano anche numerosi libri ai quali erano state strappate le copertine. Dopo aver osservato da intenditore le due pistole, se le in- fil• in tasca. Ripose i volumi. --Ti nomino comandante in seconda della spedizione, Blake--dis- se a questo punto Minott, con accento ancora pi— asciutto di prima. --Non capisci niente, ma almeno vuoi capire. Non mi sono sbagliato quando ho deciso di portarti con me. Anche se avevo buonissime ragio- ni per lasciarti a casa. Siedi. Ti racconter• cosa Š successo. Preannunciato da un brontolŤo, dalla boscaglia vicina emerse sof- fiando un orsacchiotto bruno. Lo si vide attraversare velocemente una radura che aveva ospitato, sino a quel mattino, una ben fornita stazio- ne di servizio. Subito messo in allarme, il gruppetto torn• alla calma. E, all'improvviso, le ragazze cominciarono a ridere, quasi istericamen- te. Addentato tranquillamente un panino, Minott disse:--Purtroppo sar• costretto a esprimermi in termini matematici. Mi sforzer•, tutta- via, di farvi un'esposizione meno noiosa delle mie solite lezioni. Infat- ti, i recenti avvenimenti sono spiegabili unicamente in termini mate- matici, e, pi— precisamente, attraverso certi concetti di fisica matema- tica. Dato che voi siete soltanto degli studenti universitari, mi vedo costretto a parlare in maniera molto semplice. Come se avessi davanti un branco di ragazzini di dieci anni UNon fare quella faccia, Hunter! Se hai avvistato qualcosa che somi- glia a un indiano, tira fuori la pistola e sparagli. Taglier… la corda. Quel poveraccio, con tutta probabilit…, non ha mai sentito parlare di un'ar- L ma da fuoco. Non ci troviamo pi— su un continente cinese, ormai." Ansante, spaurito, Hunter armeggi• impacciatissimo intorno alle sue bisacce. E mentre il giovane si armava delle pistole, Minott conti- nu• imperturbabile:--La natura ha subŤto gli effetti di un sommovi- mento tuttora in atto. Il fenomeno, tuttavia, non ha la forma di scosse 7 sussultorie o ondulatorie della terra e delle rocce: sono scosse sussulto- rie e ondulatorie di spazio e tempo. E qui, sar… bene fermarci un mo- mento a stabilire qualche principio fondamentale. Il tempo Š una di- mensione, del quale passato e futuro sono due estensioni, due comple- menti, cosŤ come, in un ordine di grandezze pi— familiare a noi, l'est Š l'estensione opposta all'ovest. "Mentre si Š soliti considerare il tempo come una retta, come un tun- nel, ci si guarderebbe bene dal commettere simile errore quando si ha a che fare con grandezze d'uso quotidiano. Mi spiego subito: sappia- mo, per esempio, che Annapolis, King George, Curt, Norfolk si trovano ~- all'est rispetto a noi. Ma sappiamo che non ci si arriva puntando esclu- sivamente a est, per la semplice ragione che occorre anche piegare a nord o a sud. Quando per• ci capita di compiere un viaggio immagina- rio nel futuro, eccoci pronti a considerare il futuro una retta anzich‚ una coordinata, un binano invece che una direzione. Partiamo dal pre- Supposto che un viaggio nel futuro ammetta una sola destinazione. E questo Š assurdo quanto pensare che occorra dirigersi soltanto a est, dimenticare che esistono nord-est e sud-est e tutta una quantit… di _ punti intermedi.n Comprendo, professore--disse lentamente Blake.--Ma non ve- do come 3 --..tutto ci• possa avere attinenza con la nostra situazione attuale? -r Ebbene, ti sbagli!--lo interruppe Minott mostrando i denti in un lar- go sorriso. Addent• il suo panino e proseguŤ:--Immaginiamo che giunto a un bivio, indeciso sulla direzione da prendere, io lanci in aria la monetina. Qualunque sia la scelta, sul sentiero che percorrer• attra- verser• certi luoghi, vivr• certe avventure. Le une e le altre non saran- no mai identiche a quelle che contraddistinguono il sentiero che io ho scartato. dChiaro quindi, che nel decidere per una delle due soluzioni che mi si sono presentate, io non avr• soltanto dato la preferenza a queste o quelle caratteristiche topografiche, ma avr• scelto tra due diverse ca- tene di awenimenti, di vicende, di episodi. Avr• scelto non solo tra due strade sulla superficie terrestre, ma anche tra due strade nel tempo. E cosŤ come due strade diverse mi condurrebbero a due diverse citt…, due sentieri diversi aperti sul futuro mi condurranno a due futuri comple- tamente differenti. Mentre il primo pu• portarmi alla ricchezza e al successo, il secondo pu• portarmi al pi— banale degli incidenti stradali e lasciarmi il corpo martoriato, non solo su un bivio di un'autostrada della Virginia, ma anche su un bivio di un'autostrada nel tempo. In so- stanza, mi preme di farvi notare che i futuri nei quali ci possiamo im- battere sono pi— di uno e che noi scegliamo il nostro tra i molti futuri con maggiore o minore consapevolezza. Ma i futuri che non avremo scelto di percorrere lungo le strade che non abbiamo imboccato esisto- no, e sono realt…. Come esistono e sono realt… le loc lit… lungo le strade che non abbiamo scelto. Noi non li vediamo quei futuri, ma ne ammet- tiamo l'esistenza." Ancora fu Blake a protestare. --Tutto ci•--disse il giovane--Š molto interessante. Ma non rie- sco a capire che cosa c'entri con quanto Š successo. --Ma non capisci--ribatt‚ Minott impaziente--che se esiste uno stato di cose simile nel futuro, deve essercene uno del geneFe anche nel passato? Non capisci che mentre si continua a parlare di tre dimensio- ni, ci si ostina ad ammettere un solo passato e un solo futuro, quando invece c'Š la necessit… teorica, dovrei dire matematica, di ammettere l'esistenza di pi— d'un futuro? "Esiste um numero indefinito di futuri possibili. Potremmo incon- trarne uno qualsiasi a condizione di scegliere bene ai bivi che si aprono sul tempo. Come ci sono infinite direzioni verso est, cosŤ ci sono infini- te direzioni nel futuro Se tu parti a centocinquanta chilometri di di- stanza a ovest di qui e ti dirigi all'est scegliendo le strade a caso, come fai quando devi scegliere tra le strade che si spalancano sul tempo, puoi anche arrivare qui. Ammettiamo pure che tu sia giunto un po' a sud o a nord di questa localit…: sarai sempre a est, rispetto al tuo punto di partenza. Adesso prova a immaginare di aver preso le mosse non gi… a centocinquanta chilometri di distanza all'ovest di questo punto, ma a cento anni di distanza da questo momento!" Ancora brancolando nel buio, il giovane Blake mormor• impacciato: _ Non so se ho capito bene, professore. In sostanza, lei sostiene che, ammessa l'esistenza di un numero imprecisato di futuri, bisogna am- mettere anche che vi siano stati un numero imprecisato di passati, as- sai diversi da quelli di cui si legge nei nostri testi di storia. Ne consegue che debba esistere anche un numero incalcolabile di, come devo chia- marli, presenti... Inghiottito l'ultimo boccone del suo panino, Minott fece un cenno d'assenso.--Esattamente! E la convulsione subŤta oggi dalla natura, ha fatto di quei presenti una mescolanza. Peggio, ne continua a sov- vertire l'ordine a intervalli. Gli Scandinavi un tempo colonizzarono l'America. Nel susseguirsi degli eventi che hanno accompagnato il cammino compiuto dai nostri antenati quel tentativo di colonizzazio- ne Š fallito. Ma lungo un altro cammino attraverso il tempo, le colonie scandinave si sono sviluppate. Sono divenute fiorenti. CosŤ, sappiamo anche che i cinesi sono sbarcati sulle coste della California. Mentre lungo la pista di tempo seguita dai nostri padri tale evento Š rimasto privo di ulteriori conseguenze, stamattina siamo finiti su di un sentie- ro del tempo nel quale i cinesi hanno colonizzato e conquistato il conti- nente americano, bench‚ si sia potuto notare, dal terrore dimostrato dal contadino nel quale ci siamo imbattuti, che non sono riusciti a sterminare gli Indiani. "Da qualche parte, continua a esistere l'Impero romano, e non Š im- probabile che abbia colonizzato l'America, come un tempo aveva sot- tomesso la Britannia. Da qualche parte, forse, sussiste ancora l'Era glaciale, e la Virginia Š sepolta sotto una coltre di neve. Non mi stupi- rebbe certamente se apprendessi che da qualche parte esiste ancora il Carbonifero. E per avvicinarci un tantino a un presente che ci Š mag- giormente noto, potrebbe darsi che in una determinata strada del tem- po la disperata carica di Pickett alla battaglia di Gettysburg abbia con- dotto i sudisti alla vittoria; per cui, in questa localit… imprecisata del tempo gli Stati Confederati d'America sono ora una nazione indipen- dente, con un confine ben fortificato e un atteggiamento di bonaria su- periorit… nei confronti degli Stati Uniti." A muovere obiezioni, a porre domande, era stato soltanto Blake. Ma anche i suoi compagni avevano ascoltato Minott a bocca spalancata. Preso il coraggio necessario, Lucy Blair disse:--Ma professor Minott, dove siamo adesso? --E probabile--rispose Minott sorridendo--che ci troviamo in un sentiero del tempo in cui l'America non Š stata scoperta dall'uomo bianco. E non ne sono soddisfatto. Ci conviene andare in cerca di qual- cosa di meglio. Vi vedete al riparo di una tenda indiana, vestiti di pel- li? E necessario trovare un ambiente che faccia meglio al caso nostro. Spero che ci rimangano un paio di settimane, almeno, per questa ricer- ca A meno che spazio e tempo non vengano cancellati per intero dal fe- nomeno che ci ha ridotti al punto in cui siamo. 265 Tom Hunter si agit• a disagio. --Ma allora--disse--non abbiamo fatto un viaggio in avanti o al- l'indietro nel tempo... --No--ripet‚ Minott. E alzatosi, aggiunse:--A quanto sembra, quello strano senso di nausea che ci ha colti sarebbe caratteristico dei movimentii laterali del tempo. Dovrebbe essere il sintomo che accom- pagna una oscillazione nel tempo. Comunque, in sella, ragazzi. Andia- mo un po' a vedere che razza di mondi ci aspettano. Costituiamo un gruppo di gente ben preparata per una spedizione di questo genere. Hunter Š il nostro zoologo. Blake Š l'ingegnere e geologo della compa- gnia e Harris--proseguŤ Minott, mentre l'interessato, un giovane di statura assai bassa per la sua et…, arrossiva violentemente nel sentirsi guardato da tutti--e Harris, a quanto mi si dice, Š un buon chimico. La nostra signorina Ketterling Š assai competente in botanica e la si- gnorina Blair... Maida Haynes si alz• lentamente. --Dunque, professore, lei aveva previsto tutto quanto! E ci• nono- stante non ha esitato un attimo a trascinarci con lei in un'avventura, che, sono sue parole, non ammette neppure in teoria il nostro ritorno a casa. Sapeva i pericoli a cui andavamo incontro, e ha deliberatamente scelto noi per compagni. Perch‚? Qual Š il motivo che l'ha spinta ad agire in questo modo? Minott balz• in sella. Sorrise. Un sorriso pieno d'amarezza. --Nel mondo che conosciamo, io non ero che l'oscuro assistente di matematica in un'universit… altrettanto oscura. Nella migliore delle ipotesi, un giorno sarei stato titolare d'una cattedra. In questo mondo, invece, io sono il capo d'un gruppetto di giovani molto intelligenti. Co- me avete potuto constatare, non ho soltanto pensato a fornirvi di armi: nelle vostre bisacce ci sono strumenti assai pi— importanti per la no- stra attivit… futura. Ci sono dei libri! Continueremo a vagare nel tempo sino a che non ci imbatteremo in un tipo di civilt… capace di accogliere le cognizioni tecniche di cui siamo ricchi. Se tempo e spazio non saran- no completamente annientati, noi vivremo in quel mondo e faremo buon uso della nostra scienza. --Perch‚?--disse Maida Haynes.--A quale scopo? --Per conquistarlo!--grid• Minott con insospettato vigore.--Sis- signori ! A noi sar… dato di dirigere un mondo, come non Š mai stato fat- to da nessuno. Da che tempo Š tempo! Vi prometto che non appena avremo trovato l'ambiente adatto, sarete ricchi a miliardi, avrete schiavi a migliaia, potrete soddisfare ogni brama di lusso e di potere di cui Š capace l'anima umana! --E lei, professore?--intervenne Blake con voce piana.--Che cosa riserva per lei? --Il sommo potere!--dichiar• Minott con decisione. Sar• impera- tore del mondo! Minott spron• il cavallo e volse le spalle ai ragazzi aprendo la caval- cata. Pallida, Maida Haynes accost• il cavallo a quello di Blake. Afferr• un braccio del compagno con dita convulse. --Jerry!--sussurr•.--Ho paura! Ma Lucy Blair continu• a cavalcare, con un sorriso strano in volto. Il bambino corse gridando verso il villaggio.--Nonno, nonno! Guar- da! Guarda gli uccelli!--E punt• l'indice mentre correva. Un uomo alz• pigramente lo sguardo e rimase di sasso. Una donna smise di lavorare e spalanc• gli occhi. Verso ovest si stendevano le ac- que azzurre del Lago Superiore, e agli abitanti del villaggio capitava spesso di guardare in quella direzione. Ma ora, mentre il bambino cor- reva e awisava tutti di ci• che aveva visto, gli uomini si meravigliava- no, le donne allibivano, gli altri bambini correvano anche loro, e urla- vano e saltavano, eccitati dalla meraviglia degli adulti. Sopra la grande, sparsa foresta di pini gli uccelli stavano arrivando. Giungevano in grandi distese scure, non dozzine o centinaia, o mi- gliaia. Giungevano a milioni, in grandi nuvole nere che oscuravano il cielo. Solo due enormi stormi erano in vista quando il bambino aveva gridato la prima volta; ma prima che fosse arrivato a casa e avesse av- vertito i genitori ne erano arrivati altri quattro. E altri, incredibilmente numerosi, si stavano dirigendo verso il vil- laggio. L'oscurit… cal• bruscamente quando il primo stormo pass• so- pra le case. Il rumore di quei milioni di ali era cosŤ forte che gli abitanti dovevano quasi gridare per esprimere la loro meraviglia, e chiedersi l'un l'altro cosa stesse succedendo. Torn• la luce del sole, e poi di nuo- vo I'oscurit…, al passare del secondo stormo. La grandezza di ciascuna formazione si doveva misurare non in me- tri o in chilometri, ma in decine di chilometri. E a una formazione ne seguiva un'altra, e poi un'altra, e poi un'altra ancora... --Cosa sono, nonno? Devono essere milioni e milioni! Da qualche parte arriv• lo sparo di una doppietta. Piccole forme scu- re cadevano dal cielo. Un altro sparo, e un altro. Una grandinata di pallini da caccia si alz• dal villaggio verso la distesa di ali in movimen- . to, e piccoli corpi coperti di piume cominciarono a cadere, piroettan- do, tra le case. Il nonno ne raccolse uno, e ne carezz• le piume arruffate. Emise un'esclamazione, e rimase senza fiato.--E un piccione selvatico, quel- li che si usava chiamare piccioni di passo. Fino al '78 di questi uccelli ce n'erano a milioni. Ho sentito dire che nel Michigan, in un solo anno, i~ ne abbatterono un miliardo! CosŤ, almeno, diceva la gente. Adesso non Z. ce ne sono pi—. Sono scomparsi. Come il bufalo. No... Non ce ne sono pi—! E il cielo nereggiava sopra il capo del vecchio. Uno stormo largo quattro chilometri e lungo sette obblig• il villaggio ad accendere le lu- ci. L'aria era colma del battito delle ali. Il piccione di passo era riap- parso in un continente dal quale mancava da oltre cinquant'anni. Stormi di colombi volavano alti in fitta schiera eguagliando in nu- mero quelli che avevano fatto stupire Audubon nel 1813: quando ne aveva contati a centinaia di miliardi nel Kentucky. E a stormi di cui si sarebbe tentato invano di contare i colombi selvatici volavano puntan- do a occidente. Il sole era gi… tramontato, e l'aria era ancora piena del loro volo. Parecchie ore dopo il tramonto, si sentiva, incessante, il rom- bo di quelle ali. Un grande fuoco lambiva le pietre fra le quali l'avevano acceso. Inquie- ti, i cavalli brucavano le erbe vicine. Il profumo delle carni messe ad arrostire era molto invitante. Ma una delle ragazze non smetteva un istante di gemere battendo i denti, distesa su un letto di foglie. Harris cucinava. Tom Hunter s'era messo a tagliare legna, mentre Blake mon- tava la guardia immediatamente al di l… dell'alone rossastro della fiamma. Sbarrava gli occhi sull'oscurit… che gli si spalancava davanti, con le pistole pronte in pugno. Minott studiava attentamente una car- ta topografica della Virginia e Lucy Blair faceva del suo meglio per rin- cuorare la compagna piangente. --La cena Š pronta--annunci• Harris. E pronunci• perfino quella frase timidamente, quasi in tono di scusa. Minott ripieg• la mappa, mentre Tom Hunter tagliava grosse fette di carne fumante. Porse la cacciagione ai compagni, servita su pezzi di corteccia ricoperti da foglie. Minott allung• la mano e ne prese uno. Mangi• con ottimo appetito. Posata la carta topografica sembrava es- sersi liberato anche da ogni altra preoccupazione. Faceva sfoggio delle buone qualit… di un buon capo. --l~arai il cambio a Blake, non appena avrai finito di mangiare, Hunter--disse.--Dopo disporremo i turni di guardia per la notte. A proposito, ragazzi: non dimenticate di caricare gli orologi. Sar… anzi utile regolarli. Hunter finŤ di mangiare in fretta e raggiunse Blake nel suo nascondi- glio. Scambiarono qualche parola a bassa voce. Venuto accanto al fal• Blake prese la carne che Harris gli porgeva e cominci• a masticare adocchiando ogni tanto la compagna malata. --Pi— che altro--comment• Minott--si tratta di una reazione allo spavento. Non ha che una semplice scalfittura, al braccio. Non Š un'e- sperienza comune, per una laureanda del Robinson College, una ferita da freccia. Blake fece un cenno d'assenso.--Ho sentito rumori strani, l… fuo- ri--disse.--E bench‚ non sia in grado di giurarlo, ho avuto la sensa- zione di essere spiato. A un certo momento m'Š sembrato persino di udire una voce umana. --Niente di pi— facile--ammise Minott.--Comunque, siamo usci- ti, ormai, dal sentiero di tempo in cui siamo stati assaliti dagli indiani. Ammesso che qualcuno dei nostri aggressori ci abbia seguito dovrebbe essere troppo stupefatto per costituire un pericolo. --Speriamo!--comment• Blake senza la minima cordialit… per Minott. Minott aveva deliberatamente cacciato un gruppetto dei suoi allievi in una situazione dalla quale non c'era scampo. Peggio, il pro- fessore aveva messo insieme proprio quel gruppo di studenti, per tra- scinarli poi con s‚ all'awentura. Pur essendo disposto a riconoscere a Minott qualit… di capo, Blake non sapeva dimenticare il tiro mancino iniziale del docente. Comunque, non si proponeva affatto di scalzare Minott dal suo ideale seggio autoritario. Ma quantunque fosse molto giovane, Blake sentiva anche un certo diritto al comando. Ed era maturo quanto bastava per costringersi a non rivelare le sue virt— di condottiero prima che Minott gli avesse fat- to conoscere con esattezza i suoi fini. Quanto c'era ancora da aspettar- si, soprattutto. Tese l'orecchio, e dopo un poco disse:--Credo di poter affermare che la sua lezioncina di stamani sia stata ormai digerita, professore. Potrebbe dirci quanto pu• durare ancora lo strano sovver- timento di cui sono vittime tempo e spazio? Se ben ricordo, lasciata Fredericksburg, ci siamo diretti a cavallo verso il Potomac, e l'abbia- mo trovato territorio cinese. Tornati a Fredericksburg ne abbiamo constatata la scomparsa. Al suo posto, invece, abbiamo incontrato un mucchio di Indiani che ci hanno lanciato nugoli di frecce, una delle quali ha ferito Bertha Ketterling a un braccio. Ed Š stata una fortuna che ci trovassimo quasi fuori tiro. --Li abbiamo spaventati, poveracci--disse Minott.--Quelli erano Indiani che non avevano mai visto un cavallo. E chiss… come sono ri- masti impressionati nel vedere la pelle bianca delle nostre facce! Natu- ralmente, appena hanno sentito i nostri spari e harmo visto uno dei lo- ro cadere ucciso, hanno messo le ali ai piedi. --D'accordo! Ma che cosa Š successo a Fredericksburg? Perch‚ non possiamo tornarvi cosŤ come ne siamo partiti? r ~ _ Il sovvertimento di spazio e tempo non Š cessato mai e continua tuttora--disse Minott, asciutto--ricorderete, spero, che abbiamo provato pi— d'una volta quella strana vertigine durante la giornata. E, ogni volta che abbiamo avvertito quel malessere, il terreno sul quale ci trovavamo subiva una di quelle oscillazioni di tempo. Ecco... Guarda qui! Minott si alz• per andare a prendere la mappa che aveva studiato si- no a poco prima. La aprŤ tutta, indic• una grossa linea tracciata a mati- 269 ta e spieg•:--Questa Š la carta della Virginia ai nostri tempi. Il conti- nente cinese Š apparso a circa cinque chilometri a nord di Frederick- sburg. La linea di demarcazione era costituita dalla foresta di sequoie. Mentre eravamo nel continente cinese, abbiamo provato di nuovo quel- lo stordimento e siamo ritornati verso Fredericksburg. Siamo usciti dalla foresta di sequoie nello stessopunto da cui eravamo entrati. Me ne ero assicurato. Ma il continente dei nostri tempi non c'era pi—. "Ci siamo diretti a est e prima che raggiungessimo il confine della King George County c'Š stato un altro brusco cambiamento della vege- tazione. Da interminabili pinete a canneti, alberi primitivi, tapiri, uo- mini scimmia che non sono proprio tipici di questa parte del mondo e di quest'epoca. Non essendoci apparso il bench‚ minimo segno di ci- vilt…, ci siamo diretti al sud Qui, siamo stati salutati da un terribile nebbione che celava un'enorme estensione di terra coperta da nevi. E evidente che in un determinato sentiero del tempo la Virginia si trova ancora nell'era glaciale." Blake annuŤ, ascolt• ancora e disse:--Ho visto che ha segnato sulla carta i tre lati, in un certo senso, d'una specie di isola del tempo... --Bravo, Blake!--conferm• Minott.--Esattamente! Nel corso del fenomeno che sovverte il tempo, si sono formate sulla superficie terre- stre delle zone che potremmo chiamare "fallen. In sostanza, a scivolare periodicamente dall'uno all'altro cammino nel tempo, sarebbero aree abbastanza vaste che costituiscono delle unit… ben delimitate. Mental- mente. io le immagino come degli "ascensori" a diversi "piani". Ci tro- vavamo sul piano Fredericksburg, ovvero in quella determinata sezio- ne del nostro cammino nel tempo. quando l"'ascensoren si Š mosso. Partiti in osservazione a cavallo siamo capitati in pieno continente ci- nese. Mentre ci trovavamo lŤ, il piano dal quale eravamo partiti si Š spostato nuovamente; Š finito in un altro settore del tempo: e quando abbiamo fatto ritorno nel luogo in cui avevamo lasciato alla partenza la citt… di Fredericksburg, essa era finita in un altro piano di tempo. --Ascolti!--grid• Blake all'improvviso. Di lontano, all'estremo nord, veniva un sordo brontolio. Dopo qual- che istante, si spense. Improvvisamente, preceduto da un fracasso di rami spezzati, dalla vicina boscaglia spunt• un animale mostruoso che venne a fermarsi, sul chi vive, nel riverbero delle fiamme del fuoco. Si trattava di un alce di proporzoni mai viste. Alla vista di quella bestia colossale, gigantesca, una delle ragazze lanci• un urlo di terrore e l'a- nimale fece un brusco voltafaccia scomparendo tra un rumore di rami infranti nel vicino sottobosco. --Mai visto un alce in Virginia!--comment• gelido Minott. --Ascolti!--grid• ancora Blake. Si udŤ nuovamente il sordo ruggito provenire da nord. A mano a mano che si avvicinava, lo si riconobbe per il rombo di un aereo. Presto quel rombo crebbe di volume e divent• un boato possente. L'aeroplano pas- s• basso sul capo degli otto esploratori mostrando chiare, sfavillanti, le luci di posizione alle estremit… delle ali e della coda. Torn• a sorvola- re l'accampamento dopo aver compiuto una virata assai stretta. Poi tracci• una serie di cerchi sopra Minott e i suoi compagni, lasciando in chi l'osservava una strana sensazione di impotenza. Infine, si tuff• ver- sO terra... --E un aviatore dei nostri tempi--disse Blake con gli occhi fissi al- la sorgente del suono.--Avvistato il nostro fuoco, tenta un atterraggio di fortuna... Al buio! Il motore si spense e per un istante all'accampamento non s'udŤ che lo scoppiettio della fiamma, il sibilo del vento tra le asperit… lontane. Poi, uno spaventoso scricchiolare di legno infranto e un'esplosione Balen• vivissima la fiammata. Un soffio ruggente, e l'incendio della benzina illumin• l'oscurit…. --Fermi!--Tuon• Blake, balzando in piedi.--Harris! Minott! Re- state a guardia delle ragazze! Andr• in aiuto del pilota con Hunter! E scomparve nell'oscurit… chiamando il compagno a gran voce. I due ragazzi s'aprirono laboriosamente la via nel sottobosco. Minott schizz• in piedi e tir• fuori le pistole. Di corsa, irato, and• a occupare I'osservatorio che Hunter aveva appena abbandonato. Lontano nella notte, si udŤ esplodere anche il serbatoio di riserva dell'aereo. La vampa della fiammata si fece intollerabilmente vivida. Presto indebolito dalla distanza il rumore dei due ragazzi partiti in 3 aiuto dello sventurato pilota tra la boscaglia venne a cessare del tutto. Trascorse molto tempo. Moltissimo tempo. Poi, remoto, s'udŤ di nuo- vo uno scalpiccio nel sottobosco. La fiammata di benzina diminuŤ d'in- tensit…. Indistinte sagome umane avanzarono lentamente nel buio. Si trascinavano come se stessero trasportando qualcosa di molto pesan- te. Si fermarono nella zona immediatamente al di l… del riverbero ros- seggiante del fuoco del campo. Poco dopo, Blake e Hunter erano di ri- torno. Soli. L --E morto--disse laconico Blake.--Per fortuna Š stato scaraven- tato lontano dall'apparecchio, prima che la benzina prendesse fuoco. Ha ripreso coscienza pochi istanti prima di morire. Ha detto che il no- Stro fuoco Š stato il solo segno di vita umana che gli Š riuscito di vedere in molte ore di volo. L'abbiamo lasciato qui vicino. Gli daremo sepol- tura domattina. Minott torn• a prendere posto accanto al fuoco accigliato in volto, vivamente incollerito. Ruppe il silenzio Maida Haynes che volle sape- re:--Che cosa t'ha detto, ancora, il pilota? L --Era partito da Washington, circondato da una realt… simile se non identica a quella dei nostri tempi, verso le cinque del pomeriggio. Infatti alle quattro e mezzo tutta la Virginia che si stende al di l… del Potomac era scomparsa per lasciare il posto a una immensa foresta primitiva e quel poveraccio era uscito in volo di esplorazione. Tornato su Washington dopo un'ora, il pilota constatava la scomparsa della citt…. L'area che aveva ospitato la capitale gli era apparsa avvolta da un immenso banco di nebbia sotto il quale si vedevano biancheggiare nevi eterne. Deciso a seguire il corso del Potomac, a un certo punto ha scoperto numerosi villaggi costruiti su palafitte. A riva, lunghe imbar- cazioni dalla prua alta, arcuata. --Vichinghi!--escalm• Minott soddisfatto.--Scandinavi! --Non volendo atterrare, I'aviatore continu• a scendere lungo il corso del fiume, costeggiando poi la baia. Cercava di raggiungere Bal- timora, ma non pot‚ che verificarne la scomparsa. Svanita. A un deter- minato momento gli Š sembrato di aver avvistato una citt…: ma rimes- sosi da un malore, non la vide pi—. Il pilota avvistava il nostro fuoco mentre procedeva sempre a nord, preoccupato perch‚ vedeva esaurirsi il carburante. Ha tentato l'atterraggio di fortuna: privo di luci, I'aereo Š cappottato e il pilota Š morto. --Poveretto!--esclam• Lucy angosciata. --Comunque--fece notare il giovane Blake--Washington si tro- vava ancora nel nostro presente alle quattro e trenta, circa, di oggi. C'Š, per quanto vaga, una speranza di poter far ritorno ai nostri giomi, forse... A mio awiso, dobbiamo piantarci ai margini di una di quelle zone che continuano a oscillare nel tempo. Dobbiamo montare la guar- dia ai limiti di una di quelle sottili strisce di terreno, lungo le quali si verificano quelle che il professore definisce "falle" del tempo! Appena avvertiamo un'oscillazione si parte in fretta e si d… un'occhiata in giro. Pu• darsi che sia molto improbabile capitare proprio nella nostra era, nella realt… dalla quale siamo venuti. Ma potremmo avere la fortuna di riuscire a infilarci in una realt… pi— vicina a noi di quanto non sia que- sta! Minott sostiene che da qualche parte continua a esistere la Confe- derazione degli Stati d'America. Saluterei con gioia la possibilit… di continuare a vivere tra la nostra gente. Con individui che parlano la nostra lingua! Comunque vada, sar… sempre meglio che trascinarci tra Indiani primitivi, cinesi e scandinavi sino alla fine dei nostri giorni. --Meglio mettere le cose in chiaro sin da principio, Blake!--pro- ruppe Minott con violenza.--Gli ordini, qui, li impartisco soltanto io! Non m'Š sfuggito il tuo atteggiamento quando Š caduto l'aereo. Ti sei spinto al punto da permetterti di dare degli ordini a me! Per questa volta, passi! Ma ti renderai conto che qui non ci possono essere due ca- pi! Qui comando io! E farai bene a non dimenticartene! Blake accenn• a slanciarsi, ma si trov• puntate contro il petto le pi- stole del suo ex-professore. --Come osi proporci il ritorno ai nostri giorni?--continuava Mi- nott frattanto.--Io non ci penso neppure lontanamente! Prima di tut- to, Š molto probabile che si finisca annientati tutti quanti! Ma se ci• non fosse, se riusciremo a scampare a questo disastro, sono decisissi- mo a trarne profitto! Non ho nessuna intenzione di ricominciare a dar lezioni di matematica a quattro studentelli del Robinson College! --E con questo?--indag• gelido Blake.--Che cosa si propone di fare? --Niente! E quando ti avr• tolto le pistole obbedirai ancora meglio ai miei ordini. Partiremo alla ricerca d'un periodo di tempo in cui l'A- merica Š colonia vichinga. Non ci sar… difficile imbatterci in quella zo- na di tempo, perch‚ il fenomeno che turba la nostra terra continuer… ancora per qualche settimana. Trovato quanto cerchiamo, ci aggreghe- remo a una di quelle comunit… vichinghe e, ristabilizzatosi nuovamen- te il tempo, proceder• alla fondazione del mio impero! E se non farai quel che ti imporr• di fare, sarai abbandonato al tuo destino, mentre noi tutti continueremo il nostro cammino senza di te! --Magnifico--sibil• Blake con calma offensiva.--E se invece noi tutti preferissimo venire abbandonati al nostro destino piuttosto che diventare gli strumenti mediante i quali si propone di costruire il suo? Minott sbarr• gli occhi per qualche istante sul ribelle. Tese le labbra e disse gelido:--Peccato, Blake! Con quel cervello m'avresti fatto co- modo. Purtroppo, non posso tollerare degli ammutinati nelle mie file. Mi vedr• costretto a ucciderti. E gli punt• spietatamente una pistola contro. All'Accademia Britannica delle Scienze si stava svolgendo una seduta straordinaria, indetta allo scopo di determinare con esattezza le cause dei recenti, deprecabili awenimenti. Stanchissimi, tutti i membri del famoso consesso avevano gli occhi rossi e gonfi per il gran sonno. Ci• non bastava, tuttavia, a privarli del loro atteggiamento dignitoso, con- sci com'erano, soprattutto, dell'importanza dell'incarico loro affidato. In quel momento, aveva la parola un vecchio professore di fisica, ador- no d'un bel paio di candidi baffoni. Con appropriata solennit…, diceva dogmatico:--... Impossibile, signori, giungere a conclusioni diverse. Gli eventi straordinari di queste ultime ore non possono trarre origine che da certi fenomeni verificatisi a carico di quello che deve essere il nostro spazio chiuso. Il campo gravitazionale di I079 particelle di ma- teria chiude lo spazio intorno a um simile aggregato. Nessun cosmo pu• essere pi— grande. Nessun cosmo pu• essere pi— piccolo. E se pro- vassimo a raffigurarci la creazione di un simile cosmo, vedremmo le sue galassie svanire nell'istante in cui la massa della 1079 particella si somma a quelle che erano gi… presenti in precedenza. "Comunque, il fatto che lo spazio si sia chiuso intorno a un simile co- smo non significa l'annichilimento di tale cosmo. Significa soltanto che esso si separa dal proprio spazio d'origine, si isola nello spazio- tempo a causa della curvatura dello spazio prodotta dal suo campo gravitazionale. E se ammettiamo l'esistenza di pi— aree di spazio chiu- so, ammettiamo come corollario l'esistenza di un iperspazio che sepa- ra gli spazi chiusi; di coordinate iperspaziali che determinano le loro posizioni iperspaziali reciproche; di..." A voce alta, vibrante, un gentiluomo ancor pi— baffuto e canuto di quello che parlava interruppe dicendo:--Perdiana! Non ho mai udito tante buffonate! --Signore! --I'oratore fece una pausa e sgran• gli occhi.--Allude forse... --Alludo, caro mio! Sta pronunciando la pi— pazzesca congerie di idiozie che abbia mai udito. Di questo passo, verr… a dirci che nel suo iperspazio gli spazi chiusi sono soggetti a iperleggi, ruotano l'uno in- torno all'altro in iperorbite che obbediscono a ipergravitazione! Natu- ralmente, arriver… persino a parlare di periodiche oscillazioni iperter- restri, nonch‚ di ipercollisioni e, perch‚ no? di ipercatastrofi! --Proprio cosŤ!-- replic• l'oratore dall'alto della sua tribuna. --Esattamente, caro mio! --Ah, sŤ?--disse l'altro.--Sappia allora che le sue elucubrazioni mi provocano la nausea! E a conferma che quanto aveva dettQ corrispondeva a verit…, si pieg• su se stesso. E non era il solo: tutta quanta la venerabile assemblea si torceva per un attacco di nausea accompagnata da spiccata vertigine. Dopo di che l'Accademia Britannica delle Scienze sciolse la seduta in preda a vero e proprio panico. Si diede a vergognosa fuga. Scomparsa improvvisamente la tribuna destinata agli oratori, nell'immensa aula che accoglieva il nobile consesso non ne era rimasta traccia. Al posto del seggio presidenziale c'era uno spazio vuoto. E in questo spazio ar- deva altissimo un fal•. E intorno al fuoco di quel fal• stavano ritti e mi- nacciosi certi individui primitivi, un branco di bruti veri e propri che somigliavano in modo strano ai vecchi uomini di scienza che fuggiva- no precipitosamente da loro. I cavernicoli levarono alte urla alla vista di tanta veneranda canizie in fuga. Grufolando, agitando minacciosa- mente nodose clave, i bruti si precipitarono nella sala dell'Accademia Britannica di Scienze. Si Š saputo, poi, che riuscirono a mettere le ma- ni su una sola persona: un biologo assai noto per le sue eccentriche teo- rie. A quanto sembra, se lo mangiarono. Non c'Š da stupirsi se si ricorda che da tempo Š ammesso che le spe- cie estinte degli uomini di Neanderthal fossero dedite al cannibalismo. Se lungo determinate strade del tempo queste specie riuscirono a ster- minare i loro rivali pi— intelligenti, se da qualche parte, cioŠ, il Pithe- canthropus erectus ha avuto la meglio sull'Homo sapiens, ebbene... Iun- go quel settore di tempo il cannibalismo fa parte delle regole della buona societ…. 274 Con un grido, Maida Haynes si lanci• davanti a Blake. Harris, tuttavia, era stato ancora pi— svelto. Aveva appena terminato di tagliare una grossa porzione di cacciagione fumante e, senza abbandonare la sua solita aria timida di ragazzino che domanda scusa, la lanci•. Arriv• sulla mano di Minott che impugnava la pistola, colpendola con forza. L'arma cadde dalle dita ustionate del professore e Blake gli si piant• davanti, con una rivoltella in pugno. --Non faccia nemmeno il gesto di raccogliere quella pistola, profes- sore!--sibil• il giovane con il fiato mozzo, ma con estrema decisione. --Altrimenti, le sparo al braccio! Minott imprecb. Afferr• il revolver con la sinistra e se lo ficc• in tasca. --Pezzo di somaro!--grid•.--Credevi davvero che avessi inten- zione di ucciderti? Volevo farti paura. Mettertene in corpo tanta che ti bastasse per un pezzo! Quanto a te, Harris, sei proprio un asino! E con Maida... faremo i conti in un altro momento! Ma la miglior punizione sarebbe che vi piantassi in asso, che vi lasciassi in balŤa di voi stessi! Nel vedere Minott allontanarsi e scomparire nell'oscurit…, i ragazZi provarono un profondo senso di costernazione. Nel punto in cui era ca- duto l'aereo, si vedevano brillare sinistre le ultime fiammelle violacee dell'incendio. --Questo Š il guaio--brontol• Hunter angosciato.--Minott Š al corrente di tutto, mentre noi non ne sappiamo niente. Se ci pianta, sia- mo fritti, ragazzi miei! --Gi…--concesse Blake.--E se rimane, magari Š peggio! --Lasciate che gli parli io!--propose Lucy Blair.--A scuola, con me, Š sempre stato molto carino. E poi, devi avergli ustionato la mano, Hunter! Preceduta da una lunga ombra angolosa, la ragazza abbandon• a sua volta il fal•. Dopo qualche istante i compagni udirono Minott dire con voce aspra:--Torna indietro! C'Š qualcosa che si muove tra quegli arbusti! Non aveva ancora finito di lanciare il suo avvertimento e gi… aveva fatto fuoco. Alla prima esplosione rispose un grido inumano di dolore e poi la pistola abbai• ancora: tre, quattro volte. Tra un secco schiantarsi di rami, il vicino sottobosco si popol• improvvisamente d'ombre in fu- ga. Al suo ritorno all'accampamento, Minott sogghignava, sarcastico. --Che razza di capitano sei, caro Blake, che dimentichi i turni di guardia?--indag• sardonico.--Non avevi detto che t'era sembrato di udire delle voci? Stai tranquillo, ora! Gli Indiani sono fuggiti, natu- ralmente. --Vuole che mi occupi della sua mano?--propose con voce esitante ~ Lucy Blair. --Che cosa pensi di fare?--ribatt‚ Minott collerico. _ Ungerla con un po' di grasso--rispose la ragazza.--Gli Indiani ` 275 curano le scottature con quello d'orso. In mancanza di plantigradi, adoperer• il grasso del capriolo che ha ucciso per cena. L'ustione riportata da Minott era di lieve entit…. Il professore, tutta- via, permise alla ragazza di fare la crocerossina. Per far le cose per be- ne, Lucy chiese in prestito ai compagni qualche fazzoletto. Intorno al fuoco regnava un'atmosfera di profondo disagio. Non era un gruppo preparato alle avventure, addestrato ad affrontare ogni evenienza: tut- to era cominciato come una scampagnata di studenti. Mentre Lucy gli medicava la mano, il professore aveva uno sguardo truce. Harris aveva pi— che mai l'aria di domandare scusa, sapendosi colpevole dell'ustio- ne inflitta a Minott. Bertha Ketterling continuava a piagnucolare sul suo giaciglio di foglie. Un po' meno di prima, forse, perch‚ nessuno si curava di lei. Blake fissava il fuoco con aria meditabonda. I cavalli cominciarono a dar segni di inquietudine. Tra i lamenti, Bertha Ketterling starnutŤ un paio di volte. Lucy si sentŤ bruciare gli occhi. E fu la prima ad accorgersi che l'esplosione dei serbatoi del- I'aereo aveva finito per appiccare l'incendio alla foresta. Mise in al- larme i compagni con un grido. Il velivolo era andato a fracassarsi al suolo a un buon miglio di di- stanza dall'accampamento. Violentissimo, I'incendio del carburante era per• stato assai breve. E non c'era voluto molto perch‚ il fuoco tra- sformasse le ali e la fusoliera dell'apparecchio in un ammasso di rotta- mi carbonizzati. Il fuoco si era ridotto soltanto a pochi tizzoni rosseg- gianti. Quei tizzoni, ora, sembravano aver preso nuova vita. Infatti, le fiamme s'erano illanguidite soltanto per diffondersi a poco a poco nel fitto sottobosco. Prima di slanciarsi ad accendere i rami del- le conifere, avevano serpeggiato a lungo al suolo. Spirava una brezza sottile, ma costante. E quando Lucy aveva alzato la testa per scoprire la provenienza del fumo che le faceva bruciare gli occhi, un tronco al- tissimo era gi… tutto un crepitio di fiamme. Si vide il fuoco avventarsi famelico al suolo e in un baleno due, tre, dodici nuovi focolai si al- zarono ruggendo verso il cielo. Soffiando inquieti, i cavalli scalpitavano, agitando la testa. --Harris!--comand• Minott sferzante.--Sella quelle bestie! Fai montare immediatamente le ragazze, Hunter! Deliberatamente, non degn• Blake del minimo comando. Tra l'ac- cresciuto rombo delle fiamme della foresta, il professore spieg• la mappa e la studi• calmo, a lungo. Non appena vide Minott infilarsi la carta in tasca, Blake, che nel frattempo aveva raccolto la cacciagione che era rimasta, balz• rapidamente in sella, spingendo poi la sua ca- valcatura accanto a quella di Maida Haynes. --Procederemo a coppie--disse Minott.--Ognuno di noi si assu- mer… la responsabilit… d'una ragazza. Aprir• la cavalcata illuminando il terreno con la mia torcia elettrica. Se riusciremo a mantenere l'in- cendio alle nostre spalle, se si potr… evitare l'accerchiamento, dovrem- mo raggiungere il fiume Rappahannock prima o poi. Raggiunta la cima d'un piccolo colle, la spedizione si rese conto ap- pieno del pericolo che la minacciava: un chilometro in lunghezza al primo divampare, I'incendio non aveva tardato a stendersi tre volte tanto in larghezza. Al sopraggiungere dei cavalieri sulla sommit… della collina, la fiamma stava scagliandosi rabbiosa nel pi— fitto d'una giun- gla inestricabile. Ruggiva guadagnando terreno con rapidit… assai preoccupante. A sinistra degli otto avventurosi, la boscaglia scoppiet- tava paurosamente, avvolta da vampe sempre pi— elevate. Quasi a prendersi gioco di coloro che gi… versavano in una situazione assai precaria, si lev• improvviso e forte il vento. Tra i cavalieri comin- ci• a cadere, fitta, una pioggia di foglie ardenti, di ceneri calde e minu- scoli carboni rossi. Colpita su di una guancia da uno di quei lapilli, Bertha Ketterling lanci• un acuto grido di dolore. E il cavallo di Harris nitrŤ e scalci• sentendosi scottare all'improvviso da qualcosa. La ca- valcata dei fuggiaschi riprese subito, ventre a terra, fra i tronchi im- mensi della foresta ancora buia. Ridicolo era il povero lume della tor- cia elettrica di Minott a confronto dell'immenso incendio alle sue spal- le. Ma almeno illuminava loro la strada. Una "cosa" enorme, scura, goffa, colmava di s‚ lo spazio compreso tra il monumento a Grady e il Palazzo delle Poste. Le lampade ad arco ri- velavano l'oggetto per qualcosa che non avrebbe avuto il minimo dirit- to di presentarsi, sia di giorno, sia di notte, per le strade di Atlanta, in Georgia. L'autista di un taxi poco manc• di rimetterci una ruota, cosŤ brusca fu la sua inversione, nel tentativo di fuggire. Il poliziotto che per primo la vide, divent• pallido come un lenzuolo e si precipit• al pi— vicino telefono per avvertire la centrale. Ma erano successe troppe cose strane quel giorno per dubitare della sua salute mentale, e troppe notizie incredibili da tutto il mondo erano state pubblicate dal Journal perch‚ potesse non credere ai suoi occhi; e se non ne avesse gi… viste ca- pitare di ben peggiori quel giorno, se i giornali non fossero stati pieni delle ultime di cronaca pi— mirabolanti che si fossero mai pubblicate, il povero tutore dell'ordine, in quell'occasione, avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per metter in dubbio la sua sanit… mentale. La "cosa" era un rettile mostruoso, repellente. Lungo venticinque metri, almeno una quindicina erano di collo e coda: il resto era corpac- cio flaccido e grinzoso. Non poteva pesar meno di venticinque o trenta tonnellate, ma non aveva la testa molto pi— grande di quella d'un ca- vallo. E quella strana testina si muoveva tutt'intorno con espressione stolida. Non c'era dubbio: la "cosa" era in preda a vivo stupore. Era sbalordita. Appena mosse una delle zampe enormi si vide uno zampil- 276 277 lo schizzare al cielo nel punto in cui la bestia aveva infranto pavimen- tazione stradale e tubatura dell'acqua. Ma la NcosaN non s'accorse del danno. Si muoveva indecisa, instupidita. Ed emanava un tanfo selvati- co e disgustoso. Immediatamente l'aria fu piena del gemito lamentoso delle sirene della polizia e del clangore intermittente delle campanelle delle auto- pompe. Come sbocc• nel piazzale, un'autoambulanza fu colpita in pie- no dalla possente coda del rettile. FinŤ contro un muro, fracassandosi. Ancora ignara del disastro del quale era stata la causa, la "cosan lan- ci• un grido di protesta. Un belato elevato all'ennesima potenza. E co- minci• a guardarsi intomo angosciata, come se si sentisse presa in trappola tra le altissime case in mezzo alle quali era finita. Ma era troppo stupida per tornare sui propri passi. Di lontano, si alz• un grido, proprio mentre numerose auto della po- lizia, seguite da innumerevoli autopompe, si avvicinavano alla prima delle "cose". Vigili del fuoco e forze di polizia circondarono l'enorme animale che continuava a dondolare incerto, incapace di fuggire. Gof- fe, due "cose" pi— piccole della prima si affacciarono con espressione bovina sulla piazza. Avevano anche loro teste minuscole e corpi masto- dontici. Una, muovendosi lenta e impacciata, pos• un'estremit… su un autocarro dei pompieri. Animale e autocarro si rovesciarono e la "co- sa" lanci• un belato terribile, identico a quello dell'altra. E poi, un pazzo aprŤ il fuoco. Altri pazzi furono pronti a imitare il primo. Pallottole rivestite d'acciaio penetrarono a fondo nelle carni dei rettili. La polizia copriva di raffiche di mitra i mostri. A sparare erano uomini di grande coraggio, uomini che non potevano non aver notato l'immensa stupidit… delle bestiacce uscite dall'enorme palude apparsa all'improvviso dove sino a poche ore prima si stendeva l'In- man Park di Atlanta. La mitraglia pungeva, feriva le carni delle tre creature primordiali che, sbalordite, lanciavano al cielo i loro raccapriccianti belati, cer- cando, goffamente, una via di scampo. La prima, la pi— mastodontica, tent• la scalata d'una casa di cinque piani con il risultato di farla crol- lare quasi per intero, sventrata. Prima che che fossero tutte morte - o meglio, prima che cessassero di muovere le enormi membra, visto che le code continuarono a dime- narsi a lungo e il cuore ancora batteva spasmodicamente quando furo- no caricate sui tre camion della nettezza urbana il giorno dopo - pri- ma, dicevamo, che fossero tutte morte, avevano raso al suolo tre isolati nel centro di Atlanta e ucciso diciassette persone. I mostri non avevano mai dimostrato il minimo atteggiamento ag- gressivo. Il loro unico pensiero era la fuga. Le distruzioni e i lutti di cui erano stati causa si dovevano ascrivere unicamente alla loro incom- mensurabile goffaggine, alla loro abissale mancanza d'intelligenza. Nell'affondare improvvisamente sino ai garretti in un terreno soffice spugnoso, i cavalli che si trovavano alla testa del drappello barcollaro- no. Quanto bast• perch‚ Bertha Ketterling lanciasse un gridolino di terrore. Poi, nell'oscurit… che li circondava, si udŤ Blake dire secca- mente:--Riaccenda la lampada, professore! Credo che siamo finiti in mezzo a un campo arato! Alle spalle dei fuggiaschi, il cielo rosseggiava vivido. L'incendio della foresta li tallonava ancora. Esteso lungo un fronte di parecchie miglia, lanciava scintille e vampe a tinger di rosso nugoli di fumo. Il fascio di luce della torcia illumin• il terreno. Era terra arata; terra resa soffice dalla mano dell'uomo. Ma quasi in risposta alle esclama- zioni di sollievo dei suoi compagni, Minott illumin• ancora quel terre- no per far notare, sarcastico:--Sapete che cosa sono queste? Coltiva- zioni di lenticchie! Avete mai sentito che se ne coltivassero, in Virgi- nia? Sar… molto interessante stabilire con chi abbiamo a che fare. E fece compiere un brusco scarto al cavallo per procedere seguendo la direzione dei solchi. Con accento assai triste, Tom Hunter, commen- t•:--Andiamo male, ragazzi! Queste sono coltivazioni primitive: un aratro tirato da un solo cavallo farebbe solchi assai pi— profondi di questi! Da lontano brillava fioca una luce. I compagni di Minott l'avvistaro- no contemporaneamente. Obbedendo all'istinto, le cavalcature vi si diressero. --Andiamo piano!--ammonŤ Blake.--Non vorrei che fossimo ca- pitati addosso a dei cinesi un'altra volta! La luce splendeva a un paio di chilometri di distanza. Avanzarono cautamente. All'improvviso, i ferri del cavallo di Lucy Blair colpirono una pietra, e il rumore parve fortissimo. Subito dopo lo stesso accadde agli altri cavalli. Una strada di pietre. Pietre squadrate. Uno dei cavalli soffi• impaurito, scalpitando. S'impenn• agitando il collo, per non calpesta- re qualcosa che giaceva al suolo. La torcia elettrica del professore cer- - cava affannosa nel buio. --Soltanto i Romani--disse Minott--sapevano costruire strade di questo genere. Soprattutto le strade cosiddette strategiche, militari. Tuttavia, non sapevo che Roma aveva scoperto l'America... út In quell'istante il raggio della torcia elettrica si pos• su una massa j~ scura. L'accarezz•, allontanandosene; torn• per soffermarvisi. A lun- ~t go. Una delle ragazze lanci• un grido soffocato, di spavento. Al suolo '' c'eranO due cadaveri. Uno vestiva l'elmo e la corazza delle fanterie di Roma antica. Un colpo d'arma da fuoco gli aveva squarciato orribil- mente una met… del viso. Gli giaceva sopra, ucciso da un terribile col- Př di spada, un uomo che indossava una strana uniforme di color gri- gio. Il fascio di luce frug• il suolo tutt'intorno. Altri corpi. Molti cada- 279 veri con la tenuta dei legionari romani. Tre o quattro cadaveri con una divisa molto simile a quella dei soldati dell'esercito confederato. --Qui c'Š stata una battaglia--comment• obiettivo Minott.--Gli uomini che popolano ancora il sentiero di tempo cui appartiene la Confederazione debbono essere usciti in esplorazione per rendersi con- to della natura di fenomeni che a loro apparivano molto strani. I Ro- mani, dato e concesso che di Romani si tratti, li hanno assaliti. Si vide qualcosa strisciare nell'oscurit…. Il raggio della lampada prontamente spostato da Minott lo illumin•. Era un uomo, sŤ. Ma era seminudo, e portava le catene, e aveva i segni di tremende percosse, so- pra altri segni di percosse pi— antiche. Era scheletrito ed emaciato. Ed era marcato dalla ferocia insensata della disperazione. Era stato bru- talizzato dalle sue sofferenze fino al punto di essere soltanto un uomo, e nient'altro. Troppo stordito per provare paura, il raggio della torcia elettrica gli fece soltanto socchiudere le palpebre. E Minott gli rivolse la parola. Come sentŤ il suono di una voce, il me- schino si gett• tra la polvere. Minott si rivolse a lui aspramente. La creatura, a capo chino, mormor• parole d'un latino barbarico che gli uscivano ancor pi— mutilate dal labbro screpolato e tumefatto. --E uno schiavo--annunci• Minott gelido.--Dice che improvvi- samente hanno visto degli stranieri venire dal nord. Allude probabil- mente ai Confederati che avrebbero aggredito e ucciso alcuni dei suoi guardiani. Lo schiavo lo nega, ma con tutta probabilit… cercava di fug- gire dalla fattoria presso la quale lavora. Come vedete, tuttavia, noi non siamo stati i soli, in questi giomi, a farci sorprendere fuori dal no- stro tempo da una delle oscillazioni. La cavalcata riprese il cammino verso la luce che brillava ancora lontana. --Che si fa, ora?--chiese Maida debolmente. --Si va alla fattoria e ci si informa!--rispose Minott laconico. --Se la villa Š in mano ai Confederati, potremo contare senz'altro su di una buona accoglienza. Se invece ci• non Š, vedremo di cavarcela come meglio potremo. Comunque, Š mia intenzione andarmi ad ac- campare ai margini di una "fallan di tempo e varcame i confini non ap- pena un'oscillazione fortunata ci porter… a tiro di una realt… di origine scandinava. Mi sar… molto utile accertare in qual luogo e quando si siano visti degli scandinavi, se riuscir• a trovare qualcuno che sia in grado di dirmelo. Maida Haynes si strinse accanto a Blake. Il giovane le pose una ma- no sul braccio nell'intento di tranquillizzarla, mentre continuavano a cavalcare in direzione della luce lontana. Alle spalle della piccola spe- dizione, il fuoco dell'incendio illuminava vivamente la notte. A inter- valli qualche conifera resinosa levava al cielo fiamme altissime, abba- glianti, che bagnavano di luce rossastra i cavalli e i cavalieri in fuga. Gradualmente, tuttavia, la vampa si fece pi— continua, pi— stabile e in- tensa. Illumin• le mura bianche d'una grande villa, le sagome di qual- che fienile, un granaio. Infine, una costruzione enorme che ricordava stranamente una caserma. Ci si trovava nei pressi di una fattoria. Un latifondo romano con la villa del proprietario trasportata da chiss… dove, proprio sul limitare di un territorio selvaggio. Sembrava, ricord• improwisamente Blake, una illustrazione che aveva visto molto tempo prima su una rivista set- timanale. Quella d'una villa inglese d'origine romana restaurata in modo che somigliasse il pi— possibile a quella antichissima che i Ro- mani s'erano lasciati alle spalle quando avevano abbandonato i Bri- tanni a vita selvaggia, e incolta. Nel passare accanto a certi cumuli di fieno messi a seccare, Blake annus•, sospettoso. Maida gli venne vicino. Pronunci• qualche parola. Lucy Blair caval- cava accanto a Minott e ogni tanto lo guardava. Nel suo caratteristico atteggiamento di persona che domanda scusa, Harris s'era messo vici- no a Bertha Ketterling. La ragazza stava in sella denunciando con chiari segni la sua stanchezza. Tom Hunter cavalcava a lato di Minott, quasi a farsene proteggere, e aveva abbandonato a se stessa la povera Janet Thompson. --Jerry--sussurr• Maida.--Che ne pensi? Che cosa ci capiter… adesso? --Non so. Ma non mi piace!--rispose Blake a bassa voce.--Co- munque--aggiunse--non ci rimane che andare avanti. Strano! Mi sembra di sentire un puzzo di... Un nugolo d'uomini improwisamente usciti dal buio si gett• pazza- mente sui cavalieri. Sembravano nudi selvaggi dai corpi unti di sudore ed emanavano un tanfo ferino. Nell'aggredire il gruppo a cavallo fece- ro tintinnare le catene. Li spronava da lontano una voce autoritaria che faceva seguire le parole da un sinistro schioccar di staffile. Prima che la zuffa fosse terminata si udirono unicamente due spari. Li aveva sparati Blake, che poi aveva voltato il cavallo. Come sentŤ il cavallo abbattersi sotto di lei, Bertha Ketterling lanci• un debole gri- do di spavento. Si sentiva Tom Hunter parlare affannosamente, quasi fosse in preda a un attacco isterico. Harris, prodigiosamente liberato dall'etemo complesso di timidezza che lo inceppava, pronunciava una sequela di imprecazioni orrende. Blake, soffocato da una quantit… di corpi nudi che tentava invano di allontanare da s‚, non trov• di meglio, a un certo punto, che rivolger la parola agli aggressori. Bast• il suono risentito di quella voce perch‚ gli assalitori si allontanassero, tremanti, quasi istintivamente. E alla luce di numerose torce apparse all'improvviso a illuminare il teatro della lotta, i prigionieri si videro attorniati da un gran numero di schiavi in catene. Orrido miscuglio di tutte le razze della terra, in ogni stadio di degradazione, serbavano nei confronti di coloro che reggevano le torce e impartivano gli ordini un atteggiamento succube, frutto della pi— di- sperata abiezione. Il padrone era basso di statura, obeso. Si drappeggiava in una specie di toga e la stringeva maldestramente a s‚. La luce delle fiaccole illu- min• i prigionieri, ma illuminb anche i lineamenti debosciati, superbi e crudeli dell'uomo che possedeva gli schiavi e la villa. Dal suo atteg- giamento e dagli ordini che pronunci• in un latino stranamente cor- rotto, si capŤ che si considerava proprietario anche dei prigionieri. Il deputato di Aisne-le-Sur si convinse di aver fatto proprio bene. Quat- tro passi all'aria aperta, di notte, a Parigi, Š quel che ci vuole per "tirar- si un po' su di cordan. Macch‚ vertigini e nausea! Doveva essere stato lo champagne. Il fresco della notte gli aveva gi… fatto passsare quello strano malessere. L'unica cosa che non andava era che il deputato non riusciva a capire dove fosse finito. Eppure, lui, Parigi la conosceva co- me le sue tasche, perbacco! Quelle strade erano strane. E le case... An- che quelle gli sembravano inusitate. Eh, sŤ! Inusitate come le lampade dell'illuminazione che ne facevano emergere dall'ombra le stranissi- me sagome architettoniche. Stupito e un po' inquieto egli si sforz• di identificare il particolare sapore dell'atmosfera di quelle case. C'era proprio da andare in bestia! A un certo momento doveva pur tornare a casa da sua moglie! Il deputato scroll• le spalle e non appena vide delle luci davanti a s‚, vi si diresse di buon passo. Si trov• allora vicino a uno stupendo palazzo gentilizio, sfarzosamente illuminato. Preceduta da un fragoroso risuonare di zoccoli, ecco una scorta a ca- vallo che viene a disporsi ai due lati del portone. Si vede uscirne un giovane pallido accompagnato da un omuncolo grassottello che gli ba- cia le mani come rapito da un'estasi. I cavalieri fanno ala al passaggio dei due che si dirigono a passo regale verso il cocchio. I due giovani uf- ficiali che li seguono hanno il petto che sembra un medagliere. E il de- putato, inconsciamente, comincia a notare che lui, quelle uniformi non ricorda di averle vedute se non... Anche il cocchio gli sembra una stranezza, ma... Un marziale sbatacchiare di tacchi, un balenare di sciabole sguaina- te nel saluto. Il giovanotto esangue si degna di lasciarsi baciare le mani ancora una volta dall'uomo grasso e finalmente sale in carrozza, segui- to dai due ufficiali. Non appena il cocchio si muove, la scorta a cavallo d… di sprone, e i cavalieri appiedati balzano in sella. In breve si dispon- gono tutt'intorno alla carrozza che si allontana. L'uomo grasso rimane un poco sul marciapiede davanti al suo palaz- zo e si stropiccia le mani, tutto soddisfatto. Il deputato di Aisne-le-Sur sbarra gli occhi, sbalordito. Vede un passante che s'Š fermato come lui a godersi lo spettacolo. E vestito in modo inconsueto e ostenta panni che si addicono stranamente alle case di quella via, alla scena che ha appena visto. --Pardon, m'sieur--balbetta il deputato.--Temo di non riuscire a riconoscere questo luogo... Potrebbe... --La casa--risponde il passante sarcastico--Š quella di Monsieur le Duc de Montigny. Possibile che una persona non conosca il nome di Monsieur le Duc? E soprattutto di Madame la Duchesse, di chi ella sia, e di dove abiti? Il deputato deglutisce con fatica e sbatte le palpebre allibito. --Montigny?--dice.--Montigny?!--ripete angosciato.--No!-- confessa.--E non so nemmeno chi sia quel giovanotto che si faceva fa- re il baciamano da... --Da Monsieur le Duc?--si sbalordisce il passante.--Mon Dieu! Ma di dove viene lei, da non conoscere neppure Luigi XX?! Quello che ha veduto uscire da quel portone era il Re che aveva appena terminato di far visita a madame, la sua amante. --Luigi... Ventesimo?-- balbetta il deputato di Aisne-le-Sur. --Io... non capisco! --Sciocco!--fa il passante, indignato.--Quello era il re di Fran- cia, che Š succeduto a suo padre all'et… di dieci anni, e che da soli sei mesi regna senza aiuto del reggente... e che ha cominciato gi… a man- dare in rovina la Francia! La centralinista inserŤ la spina e recit• con voce malferma:--Dica il numero, prego!... Spiacenti, ma non possiamo darvi Camden... Sono cadute tutte le linee... Mi spiace, signore!...--Ripet‚ la manovra sotto un altro segnale luminoso e disse ancora:--Dica, signore!... Non pos- so darle Jenkinstown, signore. Le linee sono tutte abbattute! Sul quadro brill• un'altra luce. --Mi spiace, signore... Non posso darle Dover! Non posso darle New York! Ho tutte le linee gua... No, signore non posso nemmeno inoltrar- gliela attraverso Atlantic City! Mi spiace! Lo so! Anche le compagnie telegrafiche non garantiscono pi— la consegna dei dispacci! "...No! Signora, prego di non insistere! Non Š colpa mia, ma non sia- mo pi— in grado di comunicare con Pittsburgh! ... Interrotte le comuni- cazioni con Scranton signorina... No! Nemmeno Harrisburgh!" strill• la centralinista rabbrividendo. --Neanche Filadelfia, signore! Non abbiamo pi— ricevuto da Fila- delfia.... Non abbiamo pi— ricevuto da nessuna parte!... Abbiamo tenta- to di stabitire un ponte radio, ma non ci siamo riusciti! Per qualche istante la povera capoturno si coprŤ il volto con le mani. Poi si concesse una chiamata personale. 282 ~ 283 --Ciao Minnie, sono io! SŤ! Saputo niente. ancora?... Hanno mobili- tato tutte le forze di polizia? Ci sono dei combattimenti in corso? ...Sparatorie?!... Ma con chi ce l'hanno, Minnie!? Per l'amor di Dio! Non lo sai?! ...Che?! Han tirato fuori persino le autoblindo delle ban- che?! ...Ma perch‚? Che cosa succede?! Ho i genitori laggi—, Minnie! Le porte del capannone degli schiavi furono chiuse con fragore. Dall'e- sterno vennero calate in sede le sbarre trasversali di legno. Intorno ai prigionieri s'addens• un'atmosfera densa e irrespirabile. Poi scoppi• un pandemonio di voci, punteggiato dal tintinnare delle catene. Ovun- que si sentiva scricchiolare la paglia sulla quale stavano sdraiati, co- me bestie, gli schiavi. Una voce stridula super• la gazzarra delle altre voci; s'impose. Tra un pi— sommesso mormorio, tutti sembravano pre- starle ascolto. Maida, atterrita, disse:--Ho capito quello che sta dicendo quello lŤ. Parla una specie di latino, e sta raccontando agli altri schiavi della no- stra cattura. Bertha Ketterling lanci• un urlo raccapricciante nel buio assoluto. --M'hanno toccata!--balbett•.--Un uomo! Da vicino, qualcuno parl• divertito. Scoppiarono alcune risate fra- gorose. Gli schiavi erano animali, secondo il concetto romano. Tra un distinto scalpicciar di piedi e uno squillante tinnire di catene, gli schiavi stavano awicinandosi agli studenti del Robinson College. Ci si poteva divertire, con della gente non ancora degradata come loro! Si udŤ Lucy Blair mandare un grido soffocato. Un brusco, secco crac. Qualcuno che cadeva e poi altre risate. --L'ho sbattuto gi—--disse Blake.--Harris! Hunter! Cercate intor- no a voi pietre, pezzi di legno. Qualunque cosa possa servirci come ar- ma. Gli schiavi tenteranno di malmenarci, e qui dentro, nella loro stes- sa tana, non c'Š modo di indurli alla ragione! Qui comandano loro. An- che se ci accoppano, nel peggiore dei casi subiranno l'ennesima bastonatura. E poi ci sono le ragazze che... Dalle tenebre uno schiavo gli si butt• addosso grugnendo. Blake lo strapazz• urlando pieno d'odio. Ci furono dei sommessi brontolii. Al- tre sagome indistinte s'avvicinarono ancor pi— ai prigionieri. Ridotti allo stato di animali, gli schiavi si comportavano n‚ pi— n‚ meno come belve feroci nel loro covo. Provavano odio per i nuovi venuti, non fos- s'altro perch‚ erano stati liberi sino a poco prima, e non schiavi. Le ra- gazze, inoltre, erano pulite, atterrite... Preda, quindi! Tutto intorno a Blake e ai suoi compagni era un sinistro clangore di catene. L'aria era pestilenziale. Ed era buio come in fondo a un pozzo. Bertha Ketterling cominci• a gemere sommessamente. Si udŤ un colpo sordo calato con la forza su qualcuno. Allora si scaten• il fini- mondo di una zuffa accanita mentre Lucy Blair gridava aiuto ripetuta- mente... Ansando, gli studenti si battevano come leoni tra tonfi di corpi che cadevano riversi e rumore di colpi terribili. Bang. Bang. Bang. Spari da fuori, un'autentica scarica di fucileria. Passi di corsa, in fuga. Altri colpi di pistola e le sbarre di legno che chiudevano il portone dall'esterno caddero al suolo. Sulla soglia si af- facciarono molti uomini reggendo fiaccole: con urla di comando e fa- cendo schioccare gli staffili ordinavano agli schiavi di venire a com- battere un aggressore tuttora sconosciuto. Venivano chiamati fuori dalla loro tana, come cani dal canile. A smuovere il branco riluttante entrarono quattro aguzzini che cominciarono a sferzare a dovere quanti capitavano loro a tiro. Fuori continuavano le esplosioni. Men- tre un gruppo di schiavi si gettava nell'angolo estremo del baraccone gli altri si precipitarono fuori in cerca di scampo. Ma al suolo ne giace- vano tre che non avrebbero mai pi— potuto levare un lamento. Blake e Harris stavano appoggiati a una parete del covo: armati di due lunghe pertiche erano pronti a vendere cara la pelle. Quando la lu- ce delle fiaccole illumin• uno schiavo ucciso, ai suoi piedi, Harris rias- sunse la sua aria di chi chiede scusa ma non moll• per questo il nodoso bastone. Hunter contendeva a due ragazze la protezione offerta da Harris. Lucy Blair, pallida come una morta, stringeva in pungo un os- so scheggiato brandendolo come se fosse stato un pugnale. Li raggiunsero gli staffili degli aguzzini. Blake ruot• ferocemente la clava; aveva il viso sfigurato da una sferzata. Poi una rivoltella abbai• pi— volte dalla soglia. Gli studenti videro Minott con gli occhi iniettati di sangue, sparare con mortale precisione, le due mani armate di pisto- la. Uno dei portatori di fiaccola cadde fulminato e la sua torcia si spen- se sfrigolando nel sangue. --Venite fuori!--url• Minott.--Che cosa aspettate? Balbettando e lamentandosi come un ragazzino, Hunter fu il primo a raggiungerlo. Tutto intorno era un pandemonio di urla e di grida scomposte. Un enorme granaio si sfasciava tra le fiamme di un incen- dio. S'udirono nuove nutrite scariche di fucileria e schiavi e aguzzini cominciarono a correre qua e l… come impazziti. Altre e pi— tremende detonazioni squarciarono la notte. --I cavalli sono ancora lŤ, nelle stalle--sibil• Minott, esangue in volto, ma deciso alla strage.--Non hanno ancora capito come si fa a dissellarli. Prima di dar fuoco al granaio, ho sparso tra la paglia alcune manciate di pallottole. Le sentirete esplodere a intervalli pi— o meno regolari. Un uomo armato di staffile e di una corta daga si lanci• sul gruppo dei prigionieri evasi e Minott lo abbatt‚. --Mi dia una pistola!--url• Blake.--Voglio... --Prima i cavalli!--grid• Minott. 285 Corsero verso un ampio cortile. Due revolverate e gli schiavi fuggiro- no. Appena fuori dal chiuso, i fuggitivi si piegarono sulle selle, passan- do al galoppo davanti alla villa romana. In cima alla scalinata c'era un ometto in toga, che strepitava paonazzo di collera! Mostr• i pugni ai fuggiaschi, abbattendo a pedate uno schiavo che si rotolava gemendo ai suoi piedi, e url• ordini con una voce piena di furia. A causa di quella rabbia bestiale, non provava nemmeno paura. Minott lo uccise a revolverate. Balz• di sella per strappargli la toga e la lanci• a Lucy. --Indossala!--impose feroce.--Potrei uccidere... Inutile mettere in dubbio le qualit… di capo di Minott. Fu lui a guida- re abilmente la ritirata dalla villa. I cavalieri fuggirono al nord, verso la foresta che faceva rosseggiare sinistramente il cielo~ Fermarono il galoppo al fiammeggiare altissimo di un secondo gra- naio cui il primo aveva appiccato il fuoco. Alla fattoria regnava il di- sordine: morto il padrone, la confusione era divenuta completa. Prese fuoco il tetto dell'immenso capanno che serviva da covile agli schiavi. Le grida di terrore di chi vi si trovava ancora raggiunsero persino i fug- giaschi ormai lontani. Tra il bagliore delle fiamme si vedeva una fuga generale di gente impazzita... Nacque una zuffa. Ci fu un pandemonio di urla belluine... Minott strappava ferocemente le vesti ai caduti della stranissima battaglia tra militi romani e Confederati, venuti a conflitto lungo un impensato cammino del tempo. Blake si guardava alle spalle, e Minott raccomand• di far bottino d'armi e munizioni confederate. Ammesso che fossero Confederati. Mentre Hunter, ancora tremante e in preda a terrore isterico, carica- va il suo cavallo dell'inusitato peso delle armi, gli otto provarono una volta di pi— un indescrivibile senso di nausea accompagnata da verti- gini. Davanti ai loro sguardi attoniti, la foresta in fiamme disparve co- me inghiottita dal nulla. Dalla profonda oscurit… venuta a prendeme il posto, il vento port• un lezzo di decomposizione, commisto all'umido acutissimo profumo di corolle mostruose. Un essere enorme, mortife- ro, latr• orrendamente dal profondo di una palude primeva. Emanava un puzzo insopportabile. Il City of Baltimore filava veloce sul mare illuminato dalle prime luci dell'alba. Il capitano, in plancia, aveva la fronte corrugata per la preoccupazione. Gli si avvicin• il marconista con un fascio di radio- grammi in una mano. Aveva gli occhi rossi per la grande stanchezza. --Forse, capitano--esordŤ con voce incerta--Š stata tutta colpa dello strano malessere che m'ha colto a met… della notte. Non m'Š riu- scito, per ore e ore, di captare il minimo segnale. A un certo punto ho persino pensato che si fosse guastato l'apparecchio e ho controllato tutto. Poi mi ha ripreso di nuovo la strana vertigine di poco prima e i segnali sono arrivati a frotte! Io non capisco proprio... Comunque, qui c'Š un po' del materiale che ho captato. E darei un milione per capire com'Š possibile che un attimo di malessere mi abbia reso incapace di captare segnali per pi— di un'ora! --Mi sono sentito male anch'io!--disse il capitano.--Stai tran- quillo! Stordimento e vertigine. Ecco che cosa ho provato. E la stessa cosa Š successa al timoniere e a tutti gli altri.. Fammi vedere i messag- --...notizie in breve... Met… Londra Š scomparsa alle due antimeridiane di oggi... dalla motonave Manzanillo: il serpente marino che questa notte aveva attaccato la nostra nave causando la morte di quattro marinai Š ri- comparso e l'abbiamo speronato cinque minuti fa. Pare che stia morendo. Abbiamo la prua mal ridotta e due paratie invase dalle acque... --... A tutti i naviganti! Attenzione! Awistati banchi di ghiaccio a cin- quanta miglia al largo del porto di New York! --...notizie in breve. In Spagna, Madrid ha subito un inesplicabile cambiamento. Tutti gli edifici sino a poco fa riconoscibili dau'aereo sono scomparsi. Svaniti tutti gli aeroporti. A chiese e cattedrali paiono essersi sostituite moschee. f n cima a un campanile sventola una band iera con la mezzaluna... La popolazione europea di Calcutta sembra essere stata mas- sacrata. La motonave Carib comunica che il porto appare deserto. Svani- to ogni segno di presenza europea. Sulle rive si accalca una gran folla di indigeni in atteggiamento ostile... Il capitano della City of Baltimore si pass• una mano tremante sulla fronte e guard• imbarazzatissimo il suo marconista. --Sparks!--esort• poi con voce gentile.--Fatti dare un'occhiata dal medico, per favore. Ti faccio accompagnare da qualcuno, vuoi? --Lo sapevo--brontol• amaramente Sparks.--Devo essere im- pazzito improvvisamente! Eppure... io non sono riuscito a captare al- tro! Sorretto da un marinaio, il marconista si allontan• dal ponte di co- mando a capo chino. Dritto a prua apparve una nuvoletta di fumo ne- ro. La si vide ingrandire rapidamente. Sommandosi la velocit… delle due navi, l'altra imbarcazione fu ben visibile nel giro di mezz'ora. Lun- ga, bassa, era tutta dipinta di nero. Ma quel che stupŤ tutti quanti fu il vedere che si muoveva a ruote! Ne aveva due serie: oltre alle solite ruo- te a pale in centro, ne aveva un altro paio pi— a prua. E ruotavano pi— velocemente delle altre. Quando il capitano volle osservare quella nave pi— da vicino, poco manc• che si lasciasse cadere di mano il cannocchiale. A poppa del va- scello che si avvicinava, sventolava una bandiera bianca e nera. Quan- do il vento la distese per intero si vide al centro un teschio con le tibie incrociate... La bandiera della pirateria di tutti i tempi! Tra il sartiame della nave pirata si lev• una fila di bandierine da se- gnalazione. E il capitano della City of Baltimore le osserv• attentamen- te. --Accidenti!--mormor•.--Non capisco nulla! Non si serve del co- dice internazionale, quella gente! Chi ne capisce niente?! Tuon• un cannone. La prua della nave nemica si avvolse in una fitta nube di fumo nero. Una grossa palla affond• alta nelle sovrastrutture di dritta della City of Baltimore. Un attimo dopo esplose. --Sono impazzito anch'io!--strill• il timoniere. Un altro colpo di cannone. E poi un secondo e un altro ancora. La strana vaporiera nera aprŤ il fuoco di bordata nell'evidente tentativo di colare a picco l'avversaria. Si rovesci• in mare met… del castello di prua della City of Bakimore, tra un uragano di sorde esplosioni. A quella vista, il capitano torn• prontamente in s‚. Lanci• rapidi or- dini. Nel far manovra, la nave si inclin• paurosamente su se stessa. Poi si lanci• in avanti a una velocit… assai superiore a quella di crociera. Le batterie della nave corsara raddoppiarono e triplicarono il fuoco. Tent• di sottrarsi all'urto quando era troppo tardi. La City of Baltimore la speron• in pieno. E fino all'ultimo istante il suo capitano si credette improvvisamente impazzito. Troppo tardi, co- munque, per salvare la nave corsara! La City of Baltimore la tagli• in due. Il pallido grigiore delle prime luci dell'alba filtrava tenue tra l'incredi- bile intrico del fogliame. A terra, accanto al punto in cui bruciava un povero fuocherello, non era pi— di un vago chiarore crepuscolare. La legna che bruciava, levava un'alta colonna di fumo. Hunter badava al fuoco, vestito d'un abito composto di male assortiti brandelli d'unifor- mi grigie. Harris si dava da fare pazientemente con un fucile nell'in- tento di comprenderne il funzionamento. Ma era un fucile diverso da quelli che conosceva. L'otturatore non era affatto un otturatore, e inol- tre la canna non era rigata. Cerc• invano di capire cosa mettesse in ro- tazione la pallottola. Anche Harris aveva sostituito con il grigio dei Confederati il gonnellino che gli avevano dato prima di scaraventarlo insieme ai suoi compagni tra gli altri schiavi. Minott sedeva sorreg- gendosi il capo tra le mani, e guardava l'altra sponda del fiume. Lucy Blair adocchiava Minott di tanto in tanto, lanciandogli sguardi carichi di preoccupazione. A un certo punto non seppe pi— resistere al- la tentazione, gli si and• a sedere vicino e lo tempest• di domande. Le altre ragazze sedevano accanto al fuoco. Bertha Ketterling s'era ap- poggiata al tronco d'un albero. A capo riverso, spalancava la bocca a un sonoro russare. Tutti, tranne Blake, erano scalzi. Tornato accanto al fuoco, Blake accenn• con il capo al ruscello che scorreva poco lontano. --A quanto sembra, professore--fece osservare speranzoso--sia- mo finiti ai margini d'una "falla di tempo". Mentre da questa parte del corso d'acqua siamo in pieno Carbonifero, di l… ci si trova in un'era as- sai meno primitiva, per quanto arretrata rispetto a quella dalla quale proveniamo... Professore! Minott sollev• il capo e chiese:--Cosa c'Š? --Siamo qui da ore--disse Blake--e non si Š verificato il minimo cambiamento della realt… che ci circonda. Che il fenomeno dell'oscilla- zione sia terminato? Se cosŤ Š avvenuto, e le "zone" di tempo rimango- no in queto stato di confusione, ci converrebbe andare in cerca di colo- nie o citt… abitate da nostri simili! --E se lo facessimo--rispose Minott con amarezza--quanto dure- remmo? Siamo praticamente disarmati... mi rendo conto di essere un povero illuso - o di esserlo stato. Pensavo che dei giovani, perfino dei giovani del Robinson College, avrebbero voluto conquistare ci• che ancora non avevano. Invece sono gi… pietrificati nell'ideale del cittadi- no modello. Gente simile Š inutile al cento per cento. L'incidente della villa romana l'ha dimostrato a sufficienza. Attaccati, cos'hanno fatto? Si sono battuti a mani nude, ecco cos'hanno fatto. Bel modo di ragio- nare da bravi cittadini, da animali bene ammaestrati! Ma a me non servono degli animali ammaestrati. Sono stato l'unico ad avere il buon senso di usare le pistole. Non avevano il tempo di pensarci su, di pren- dere appunti, i signori studenti. E allora cos'hanno fatto? Si sono com- portati come dei mocciosi. Lucy mormor• di nuovo qualcosa. Minott si accigli•. --Faccio parte del corpo docente del Robinson College--proclam• con palese sarcasmo.--Si suppone che debba prendermi cura dei miei studenti. E sa il Cielo se me ne sarei preso cura! Li avrei trasfor- mati in principi e principesse, in duchi e marchesi, avrei messo nelle loro mani intere nazioni. Ma cosa possono valere simili bazzecole, di fronte alla prospettiva di tornare a casa, laurearsi e andare di porta in porta a proporre polizze d'assicurazione? Ebbene, che ci tornino! Quasi senza accorgersene Blake aveva recuperato in parte il rispetto che nutriva per Minott. La cattura e la sprezzante riduzione alla condi- zione di schiavo avevano scosso tutta la sua sicurezza di s‚. In prece- denza, si era sentito non soltanto un membro di una razza superiore, ma anche un individuo superiore di quella razza. Nel venire ridotto in schiavit— era stato degradato e insieme disprezzato. La dignit… offesa gli rodeva ancora, e la sua sicurezza si spezzava al pensiero di non es- sere stato capace di fare altro che uccidere due miserabili compagni di schiavit—~ senza peraltro riuscire a contribuire minimamente alla pro- pria libert…. Ora, per la prima volta, la sua voce riprese in parte il tono precedente. --Sappiamo--diceva Minott--che la forza di gravit… incurva lo spazio. A furia di osservazioni, siamo riusciti a calcolare con esattezza quale curvatura Š prodotta da una determinata massa. Siamo quindi in grado di sapere quanta massa occorre a far sŤ che lo spazio si curvi in modo da chiudersi completamente, determinando un universo chiu- so, impossibile a scoprirsi nelle dimensioni a noi conosciute. Sappia- mo, per esempio, che se due masse gigantesche, due stelle gigantesche, dovessero scontrarsi, I'istante della loro collisione non condurrebbe a un immane cataclisma. Quelle due stelle si limiterebbero a svanire. Non cesserebbero per• di esistere. Cesserebbero di esistere unicamen- te per quel che concerne il nostro spazio-tempo. La collisione delle due stelle creerebbe un suo proprio spazio-tempo. --Sarebbe un po' come infilarsi in una buca, tirandosela poi appres- so--mormor• con aria di scusa Harris.--Ho letto qualcosa del gene- re su di una rivista, una volta. Fatto un breve cenno di assenso, Minott continu• in tono cattedrati- co:--Immagino ora che si siano formati due universi di questo tipo. L'uno e l'altro saranno invisibili dallo spazio e dal tempo nei quali si sono determinati. Ognuno d'essi continuer… a esistere in un proprio spazio-tempo, proprio come succede al nostro universo. Nondimeno, quei due universi debbono, necessariamente, continuare a esistere an- che in una specie... diciamo... di iperspazio: perch‚ se ammettiamo che due spazi chiusi siano separati l'uno dall'altro, dobbiamo anche am- mettere che ci sia qualcosa tra l'uno e l'altro; qualcosa che li separi. Al- trimenti coesisterebbero, sarebbero uniti. --Comunque--obbiett• Blake--lei ci sta parlando di concetti teo- rici, che non potremmo mai controllare con l'osservazione. --SŤ--rispose Minott.--Se ti riferisci alle osservazioni che sono state pubblicate, comunque, se il nostro Š uno spazio chiuso, dovremo ammettere anche l'esistenza di altri spazi chiusi come il nostro. E non bisogna dimenticare che questi altri spazi dovrebbero essere, sono an- zi, altrettanto reali come lo Š il nostro. --E con ci•?--volle sapere Blake. --Se esistono altri spazi chiusi simili al nostro, se questi altri e il no- stro esistono in un mezzo comune, I'iperspazio, cioŠ, che li tiene sepa- rati, dovremmo poterli paragonare... che so?... alle stelle e ai pianeti che conosciamo, che pur essendo separati l'uno dall'altro si inauenza- no a vicenda. Poich‚ questi spazi chiusi sono separati da un iperspazio logicamente necessario, si dovrebbe poter concludere che siano capaci di influenzarsi a vicenda tramite l'iperspazio. --Si dovrebbe quindi ritenere--mormor• Blake a bassa voce --che il fenomeno dell'oscillazione dei "tempi" sia stato indotto da qualcosa di simile all'attrazione che produce le nostre maree... se al nostro sole si avvicinasse improvvisamente un'altra stella, basterebbe l'attrazione esercitata da quelle due stelle per fare andare a pezzi il no- stro pianeta! Lei dice che un altro spazio chiuso Š awicinato al nostro nell'iperspazio... Beh... Ho le idee molto confuse, professore... --Ebbene, io questo fenomeno l'avevo previsto e avevo calcolato a tre contro una le probabilit… che spazio, tempo e universo compren- dente tutte le stelle e le galassie dei cieli andassero cancellati in una so- la volta a opera di un fenomeno distruttivo capace di annientare per sempre persino il passato come se questo passato non fosse mai esisti- to. Ma rimaneva ancora una probabilit…, e io avevo cercato di sfruttar- la nel modo migliore. Avevo progettato... Alzatosi improvvisamente in piedi, Minott disse:--Per Giove! Si potrebbe ancora tentare! se voi non foste dei vermi. Abbiamo le armi, i libri, le formule... rl meglio di quanto Š stato scoperto dall'uomo l'ab- biamo lŤ, nell'interno delle nostre bisacce! Ascoltatemi. Noi, adesso, attraversiamo quel torrente. Non appena si determina un cambiamen- to della realt… attuale, qualunque sia quella nuova che verr… a pren- derne il posto, noi ci dirigiamo verso il Potomac! Andiamo l… dove quell'aviatore aveva visto delle imbarcazioni scandinave sulla riva. Mi sono portato vocabolari inglese-sassone antico e viceversa. Ne ho an- che un paio di inglese-scandinavo antico e viceversa. A quei primitivi ci presenteremo in atteggiamento pacifico. Diventeremo loro amici. Gli insegneremo quanto basta. Li guideremo, e attraverso di loro di- venteremo padroni del mondo. --Mi spiace, professore--mormor• Harris con il tono di scusa. --Ma ho promesso a Bertha che l avrei portata a casa non appena se ne fosse presentata l'occasione, e debbo mantenere la parola! Forse ha ragione, ma io non ho la minima voglia di fare l'imperatore! Minott indirizz• al ragazzo un'occhiata carica d'ira e di disprezzo. --E tu, Hunter?--indag•. --Be'. . Io... Far• quel che fanno gli altri... Certo... preferirei tomare a casa mla... --Che somaro!--ringhi• Minott. --Io invece...--disse con decisione Lucy Blair.--A me piacerebbe fare l'imperatrice, professor Minott! Maida Haynes sbarr• gli occhi sulla compagna. Sbalordita, stava per parlare, ma preferŤ non intervenire. Con aria distratta, Blake tir• fuori dalla tasca una pistola e si mise a osservarla con aria meditabon- da, mentre Minott apriva e chiudeva i pugni in preda a ira profonda. Gli si erano inturgidite le vene della fronte e respirava forte, con affan- no. --Imbecilli!--strepit•.--Idioti! Non riuscirete a diventare niente pi— che assistenti in qualche universit… di terz'ordine, e per questo sie- te disposti a buttare via... Improvvisa e violentissima una vertigine li colse di sorpresa. Blake si sentŤ cadere la pistola di mano. Si guard• intorno e si trov• davanti una distesa di pini e di campi che gli sembrarono familiari. E c'erano anche molte case... Edifici da sempre conosciuti. Cadde un silenzio di morte. Gli otto non osavano respirare. Poi Blake grid•:--Ma quella... quella Š... Ia King George Court House! Siamo nella King George County, in Virginia! Il nostro tempo Š tornato! Accidenti, attraversia- mo di corsa il ruscello! Il giovane afferr• rapidamente Maida. La port• di peso, tra le brac- cia, attraverso il minuscolo corso d'acqua. Minott grid• disperatamen- te:--Aspettate! Li guard• con una sorta di amara speranza.--Per l'ultima volta! Vi offro ricchezza, potere, signoria. Tutto quanto un uomo pu• desidera- re. Blake, raggiunta la riva opposta, depose Maida tra l'erba del greto. Hunter sguazzava pazzamente tra le acque basse. Blake torn• a guar- dare il fiumiciattolo. Tremante, temendo di non fare in tempo, riunŤ in un sol nodo le redini dei cavalli e caric• le armi tolte ai Confederati ca- duti sulle selle. Condusse le tre ragazze alla riva opposta. Hunter non si vedeva gi… pi—. Correva a precipizio verso il villaggio. Blake fece at- traversare il letto del torrente ai cavalli. Minott guardava i fuggiaschi con l'occhio acceso di furibondo disprezzo. --Venga con noi, professore!--I'esort• Blake.--E meglio! --Dovrei tornare a fare l'assistente di matematica?--ruggŤ colleri- co Minott.--Mai! Rimango! Blake si sofferm• a meditare. Minott era un uomo strano, per certi aspetti insopportabile. Era stracciato. Era disperato. Blake prov• per- sino piet…, per lui, nel vederlo stagliarsi contro lo sfondo d'una giungla del Carbonifero: senza scarpe, con la barba lunga, eppure ancora in at- teggiamento di sfida! --Un momento, professore!--esclam• Blake. Strapp• le selle a sei cavalli e ne caric• gli altri due. Li prese per le redini e li ricondusse dall'altra parte. Accanto a Minott. Il professore continuava a osservarlo con odio sprezzante. --Ti laurerai--disse scandendo ogni parola.--Troverai un lavoro, e passerai la vita a pagare bollette quando avresti potuto imbarcarti su un transatlantico di lusso. Sarai una pedina quando avresti potuto es- sere il re. Ma io non ci sto. Nossignore. Preferisco morire... Con un'alzata di spalle, Blake riattravers• il corso del torrente. Lucy Blair rimase a guardare la solitaria figura di Minott, con un'ammira- zione che probabilmente nessun altro aveva mai provato per lui. --Ha del coraggio, per•...--disse, imbarazzata. Un senso appena percettibile di stordimento li colse tutti per un atti- mo. Come il fenomeno fu passato, guardarono tutti all'altra riva, quasi istintivamente. La giungla era sempre lŤ. Immutata. Minott li fissava. Amaramente. --Debbo ancora dirgli una cosa!--ansim• Lucy tremante.--An- date pure. Non aspettatemi! La ragazza si butt• nel fiume. Torn• di nuovo a farsi sentire l'imper- cettibile stordimento di poco prima. Lucy frust• il cavallo. Maida url•: --Torna indietro, Lucy! Torna indietro! Sta per cambiare di nuovo! --E quello che voglio!--le rispose Lucy.--Ho deciso di rimanere... Lucy aveva gi… oltrepassato la met… del ruscello, quando li sconvolse ancora una volta la tremenda, improvvisa vertigine. Il resto Š noto. Per due settimane, si verificarono qua e l… sporadiche oscillazioni del tempo. Ma non si tard• a notare che le "falle", per dirla con il termine trovato da Minott, stavano gradualmente diminuendo di numero. Si Š potuto calcolare che al culmine del fenomeno il cento per cento della superficie terrestre finŤ per trovarsi lungo un sentiero di tempo che non era il suo. Non si conosce un solo settore del globo che a un determinato momento non soggiacesse alle conseguenze delle oscillazioni. I nostri scienziati, ormai, non si dimostrano pi— tanto dogmatici, nelle loro asserzioni. Tutti i sistemi filosofici sono usciti scossi sino alle fondamenta dalle straordinarie esperienze causate dalla perturbazio- ne spaziale. Quelli che si consideravano sino a poco fa i concetti basila- ri della botanica, della zoologia, della filologia, si sono dovuti adegua- re alle nuovissime cognizioni provocate dalle escursioni laterali nel tempo. Naturalmente, per nostra fortuna, fu l'unica probabilit… su quattro, quella che si verific• alla fine: la terra sopravvisse. Continua a vivere nel nostro tempo, quanto meno. I sei superstiti della spedizione Minott raggiunsero la King George Court House appena un quarto d'ora dopo che una delle ultime oscillazioni aveva portato via Minott e Lucy Blair dal nostro spazio-tempo. Per sempre. Blake e Harris si affannarono su- bito a trovare il modo di comunicare a tutto il mondo le notizie che avevano appreso. E la teoria di Minott varc• gli spazi a cavallo delle onde corte della trasmittente radio di un dilettante. Sfrondata delle osservazioni pessimistiche di Minott, la teoria venne raccolta ed elabo- rata da competenti. ServŤ soprattutto a impedire certe esplorazioni in forze, disposte in determinati settori della terra. ImpedŤ, tra l'altro, che una spedizione punitiva si addentrasse in una "falla" di tempo si- tuata in Georgia, al di l… della quale s'erano rifugiate alcune trib— di Indiani allo stato selvaggio, colpevoli di aver scotennato i prigionieri. ~ece sŤ che non s'inviasse gran numero di incrociatori a bombardare Leifsholm dalla quale era partito un attacco di Vichinghi contro North Centerville nel Massachusetts. Una squadriglia di aerei da ricognizio- ne fu fatta tornare tempestivamente alla base, prima che sorvolando una zona di giungle e paludi primeve nella Virginia occidentale rima- nesse isolata in un'altra Šra per sempre. Accaddero per• anche certi episodi che nessuno poteva prevedere. Si calcola che non siano meno di cinquemila i cittadini degli Stati Uniti rimasti isolati per sempre in tempi che non erano i loro per aver obbe- dito al desiderio d'esplorare meravigliosi paesaggi improvvisamente apparsi davanti ai loro occhi. Molti debbono considerarsi perduti. Al- tri, ne siamo certi, debbono essere venuti a contatto con altre civilt… in seno alle quali, forse, continuano a esistere. Per contro, c'era da aspet- tarselo, abbiamo fatto degli acquisti. Abbiamo con noi gli abitanti di altre strade del tempo. Nei pressi di Ithaca, New York, stazionano un paio di coorti della Ventiduesima Legione Romana. Quattro famiglie di contadini cinesi, uscite a raccogliere quella che sembrava una mes- se straordinaria di bacche, sono rimaste in Virginia quando quella zo- na torn• definitivamente a far parte del proprio ambiente. Nel Colora- do abbiamo un intero villaggio di Russi. E se c'Š qualcuno che la vuol vedere, c'Š una colonia di francesi in fondo al Middle West. Le nostre pianure si sono arricchite nuovamente di fitti branchi di bufali allo stato selvaggio. Ce ne sono non meno di duecentomila accanto a un bel villaggio di Cheyenne che non avevano mai veduto un cavallo o un'ar- ma da fuoco. Un miliardo e mezzo di colombi di passo hanno fatto ri- torno da chiss… dove al Nord America. Ma le nostre perdite sono state sensibili. Oltre a coloro che si videro trasportati in altri tempi dopo essersi avventurati su terreni a loro sco- nosciuti e nuovi, non possiamo dimenticare la catastrofe di cui sono state vittime Detroit, Tokyo e Rio de Janeiro. Quel che Š successo alle due ultime citt… riusciamo a capirlo. Cessato il fenomeno che aveva causato le oscillazioni laterali nel tempo del nostro globo, quasi tutte le sezioni terrestri tornarono a occupare il loro posto nello spazio e nel tempo dei nostri giorni. Non tutte, purtroppo. Nel Tennessee orientale ci Š rimasto un pezzo di giungla del Carbonifero. E del villaggio russo del Colorado, nonch‚ della colonia francese del Middle U7est abbiamo gi… parlato. In qual- che caso, comunque Š successo che sezioni intere di sentieri oscillanti nel tempo sono andate a stabilizzarsi assai lontano dal loro punto di partenza. CosŤ possiamo spiegarci la scomparsa totale di Tokyo e di Rio de Ja- neiro. L… dove sorgeva Rio, oggi si vede una giungla vergine. Appartie- ne Š vero, alla nostra era geologica, ma risale ai tempi in cui Rio de Ja- neiro non era ancora stata fondata. Il posto gi… occupato da Tokyo Š stato preso da una foresta di tipo assai primitivo. Botanici e paleonto- logi avranno da sudare quattro camicie a studiarla! Da qualche parte, tuttavia, non si sa dove nel tempo e nello spazio, Tokyo e Rio de Janei- ro continuano a esistere con i loro abitanti. Ma quel che Š successo a Detroit... Non siamo ancora riusciti a capire che cosa Š accaduto a Detroit. Ve- nuta a trovarsi su di una sezione di globo in oscillazione-nel tempo svanŤ dalla nostra epoca per poi farvi ritorno, ma... Gli abitanti di De- troit non sono tomati a noi con la loro citt…. L'abbiamo trovata deser- ta; priva delle centinaia di migliaia di individui che la popolavano e che dobbiamo ritenere dissolti, svaporati nell'aria. Si sono trovati, Š vero, segni di lotta: ma a quanto sembra, devono attribuirsi semplice- mente al panico. In complesso, si pu• dire che la grande citt… di De- troit Š tornata indenne, intatta al suo tempo e al suo spazio. Non Š sta- ta messa a ferro e fuoco. Non Š stata sottoposta a un immane saccheg- gio. Al suo ritorno, tuttavia, non vi si Š pi— trovato un solo essere vivente: neppure un gatto o un uccellino in gabbia. Questo, purtroppo, non riusciamo a capirlo assolutamente. Forse, se fosse tornato a noi, Minott sarebbe riuscito a spiegarci que- sto fantastico mistero. Quanto ci rimane delle sue annotazioni Š stato di enorme aiuto per noi, quando abbiamo cercato di chiarirci il feno- meno della perturbazione di cui Š stato vittima il tempo Se siamo sta- ti in grado di abbozzare una teoria capace di spiegare quei fenomeni dobbiamo esserne grati agli incompleti appunti di Minott nonch‚ alle spiegazioni che ci hanno fornito Blake e Harris scampati alla spedizio- ne di quell'audace. Tom Hunter, purtroppo, non ricorda quasi nulla delle lezioni impartite ai ragazzi dal professore e i dati che ci ha forni- to Maida Haynes, quantunque importantissimi, si riferiscono a osser- vazioni che anche altri sono stati in grado di fare. Siamo tuttora incapaci di rispondere a una miriade di quesiti: ne sa- premmo di pi— se Blake non avesse consegnato a Minott le bisacce, po- co prima che partisse per la sua disperata spedizione senza ritorno. I nostri scienziati si affaticano con somma diligenza intorno ai dati nu- merici cne Minott riteneva poco importanti e che noi invece ci sforzia- mo di comprendere e integrare. E sono innumerevoli i pensatori di tut- to il mondo che rivolgono un nostalgico pensiero alle bisacce di cui Š carico un certo cavalluccio che accompagna il viaggio di Minott e Lucy Blair, partiti alla conquista d'un mondo armati solo di qualche pistola e di pochi libri di testo . Titolo originale: Sidewise in ~ime ~raduzione di Riccardo Valla. su licenza di E~itrice N(lr~l >q4 295 Harry Bates AHIME, TUTTO QUESTO PENSARE AhimŠ, tutto questo pensare! Strettamente confidenziale. (Questa Š di- namite! Fare molta attenzione a chi lo legge.) Da: Charles Wayland. A: Harold C. Pendleton, Presidente della Sezione per la Salvezza Umana della Commissione Nazionale sulle Malattie Mentali. Soggetto: Relazione sulla conversazione e sulle azioni di Harlan T. Frick nella notte del 7 giugno 1963. Metodo: Ho usato il dittografo da tasca che tu mi hai dato; e il mio rapporto Š la trascrizione letterale della registrazione avvenuta, con la sola aggiunta di qualcosa di mio per renderla pi— comprensibile. Note speciali: (a) Il rapporto, avallato da quello che Š stato inciso sul dittografo, deve essere considerato solo come un terzo della prova che il tuo "investigatore dilettante di nevrosi" Wayland non Š da consi- derare egli stesso oggetto di interesse psichiatrico, dal momento che questo incredibile rapporto pu• essere confermato in tutti i dettagli da Miles Mateson, che era con noi quella notte, cosŤ, come credo, dallo stesso Frick. (b) Fino a quando non deciderai sul da farsi, ho convinto sia Mate- son che Frick a mantenere un assoluto silenzio sui fatti e sulle conver- sazioni avvenute. Essi sono d'accordo e penso che ci si possa fidare. (c) Mi sento in dovere di dirti, fin d'ora, affinch‚ tu possa seguire in modo pi— approfondito il rapporto, che Frick sar… trovato sicuramen- te sano di mente, ma che mai pi— il suo incredibile talento scientifico potr… essere utilizzato per il progresso delle scienze. Come suo amico, ti consiglio di abbandonare ogni speranza di poterlo salvare, e di la- sciarlo invece proseguire per la strada che ha scelto, alla ricerca del piacere e della dissolutezza. Potrai sempre ricordarlo come un grande scienziato morto. Lui Š un uomo logico, ma Š pur sempre umano, e io considero lo spreco della sua vita come giustificabile sul piano umano. ~_ tP nf~ rf~n ~ r~li r~ntr~ ~n~he tu. Rapporto. Gli strabilianti eventi della serata cominciarono in un modo assolutamente normale al Lotus Garden, dove io avevo fissato una cena con Frick e il nostro comune amico Miles Mateson, chimico e autore di una recente, e quanto mai divertente, teoria matematica sul- le variabili invertite applicate alle curve femminili, teoria che Frick aveva espresso l'ardente desiderio di ascoltare. Avrei preferito osservare Frick da solo, ma non ero sicuro di riuscire a tenere vivo l'interesse della sua mente irrequieta e vigorosa per la terza volta nel giro di due settimane. Dieci minuti di noia e le mie os- servazioni psicologiche sarebbero arrivate a una fine improvvisa e tu avresti dovuto trovarti qualcun altro per portare avanti le tue indagi- ni psicologiche. Arrivai al tavolo che avevo riservato con quasi un quarto d'ora di anticipo per sistemare tutto, mettere il dittografo nella tasca, e rivede- re per l'ultima volta i miei piani. Avevo tre indizi. Avevo scoperto (ve- di i miei rapporti del 26 e del 30 maggio) che quando venivano pro- nunciate parole come ''cervellon, aprogresso dell'uomo" e "amore" lui manifestava delle reazioni emotive notevoli, insolite e costanti. Er˘ si- curo che tutto questo era sintomo di qualcosa. E ho sperato di av- vicinarmi alle radici del suo comportamento anomalo con il solito me- todo di usare una lista memorizzata di parole, osservazioni e doman- de che io gli avrei fatto di tanto in tanto. Potevo solo sperare che Frick non avesse molta familiarit… con la psicoanalisi, cosŤ non avrebbe notato quello che stavo facendo. Confesso che per un momento, mentre aspettavo gli altri, ebbi la spiacevole sensazione che tutto questo non avrebbe portato a nulla, ma mi ricredetti subito. Uno non pu• fare altro che provare, e io vole- vo fare del mio meglio. Con chiunque altro, avrei potuto tirarmi indie- tro, ma mai con Frick. Era il mio vecchio amico dai tempi dell'univer- sit…, e valeva veramente la pena salvare una personalit… di tale spicco! Ed era ancora cosŤ giovane, aveva ancora tanto da offrire all'umanit…! Ancora una volta pensai a cosa avesse potuto alterare la sua mente in quel modo. Un fisico, forse il pi— brillante e certamente il pi— pro- mettente nel mondo, entra nel suo laboratorio dopo la laurea, e per undicj anni a mala pena mette il naso fuori dalla porta. Nel frattempo, per•, trova il modo di produrre una quantit… di scoperte, nuove teorie e integraZioni di vecchie leggi fisiche, che prima non erano mai state uguagliate e ora, improvvisamente, lo stesso fisico esce dal laborato- rio, chiude la porta, dimentica tutte le sue responsabilit… e per due an- ni si dedica completamente, e con entusiasmo, a sciocchezze della vita mondana~ come il golf, i vestiti, i viaggi, la pesca, i night club e via di seguito. Sconvolgente Š una parola troppo debole per descrivere lo Spettacolo. Non riesco a pensare a niente che possa lontanamente ren- dere meglio l'idea. Miles Mateson arriv• con un minuto di anticipo, cosa che per lui era praticamente un avvenimento, e dimostrava quanto l'occasione di ce- nare con Frick lo avesse interessato. Miles ha quarantacinque anni, Š basso, massiccio, pelato... ma non ho bisogno di descriverlo. --Verr…?--furono le sue prime parole, prima di sedersi dall'altra parte del tavolo. --Credo di sŤ--lo rassicurai con un sorriso notando la sua ansia. Sembr• rilassarsi un po', e tir• fuori dalla giacca da sera quell'abomi- nevole pipa che fumava dovunque e con chiunque, quando pi— gli fa- ceva comodo, con disperazione del maitre che lo guardava accigliato. L'accese, tir• un paio di boccate, si appoggi• alla sedia sorridendo e ammise con franchezza:--Charles, mi sento come un ragazzo che sta per andare a cena con il preside della sua scuola. Lo potevo capire, in quanto molti scienziati si sentivano allo stesso modo quando c'era di mezzo Frick. Sorrisi e lo presi un po' in giro. --Non sar… mica che tu e la tua pipa vi farete intimorire da un sem- plice playboy? --No... non da lui, ma da quello di misterioso che c'Š dietro il play- boy--fu il suo commento serioso.--Secondo te che cosa succeder…? Dai, svelto prima che arrivi. Alzai le spalle. Naturalmente non ero molto in confidenza con Miles. --Potrebbe essere una donna?--continu•.--Ma non ho sentito niente riguardo una donna. Un problema di lavoro? Una reazione da bambino viziato? Che sia diventato matto? Che cosa lo ha fatto cam- biare? Se solo lo avessi saputo! --Frick, pi— di qualsiasi altro uomo al mondo, ha toccato i limiti dello scibile umano--continu• quasi con tono lamentoso--e voglio sapere come pu• un uomo di quel genere scambiare un futuro cosŤ brillante con un vestito da sera! --Forse sta solo rilassandosi un po'--risposi con un sorriso. --Ah, sicuramente, si sta rilassando--mi rispose in tono sarcastico --da ben due anni! Mi resi conto che Frick aveva sentito tutta la conversazione, quando alzando lo sguardo lo vidi, molto elegante nel suo vestito scuro, sorri- dere divertito piegando la bocca da una parte, mentre si trovava die- tro il cameriere che gli mostrava il suo posto a sedere. Miles e io ci al- zammo, e dovevamo sembrare un po' confusi. Non eravamo sicuri, in- fatti che Frick avesse sentito. Ma lui non si mostr• offeso, anzi tutto il cont;ario, sembrava di ottimo umore, dal momento che rispose gentil- mente ai nostri saluti, fece segno di riaccomodarci ai nostri posti e, do- po essersi seduto, si unŤ al dialogo. --SŤ, per due anni. E lo far• per altri quarantadue. L'inizio cosŤ brusco della conversazione mi butt• fuori strada, ma mi ricordai di accendere il dittografo, e questo mi diede l'opportunit… di chiedere qualcosa che in altre circostanze non avrei mai osato chie- dere. --Perch‚? Ancora una volta non si mostr• seccato alla mia domanda, ma inve- ce, sorprendentemente, si abbandon• a una lunga e soffocata risata che sembrava nascere dal profondo con inesauribile dolcezza. Rispose in modo enigmatico, divertito dall'imbarazzo che mostravamo a ogni sua parola.--Perch‚ l'uomo in questione Š caduto in disgrazia. Per- ch‚ il pensiero Š arido e le emozioni sono dolci. Perch‚ finalmente ho recuperato il mio senso dell'umorismo. Perch‚ la parola "perch‚n, Š molto pericolosa e rende la gente infelice. Perch‚ ho avuto il piacere di vedere la futura degenerazione del cervello umano. Ecco perch‚!-- Rise, smise per un momento di parlare, quindi aggiunse con voce bas- sa e con un tono che aveva un che di drammatico:--Ci credereste? Ho posto fine al genere Homo Sapiens! Non era ubriaco, e come ti renderai conto in seguito, neanche pazzo, anche se io, al momento, non ci avrei scommesso neanche un soldo. Il suo comportamento era estremamente allegro. Era molto divertito dalle nostre reazioni alle sue parole, si divertiva a impressionarci, e lo faceva in continuazione. Ora potrei dire che, secondo me, tutte le rive- lazioni di quella notte furono essenzialmente il risultato dell'improv- visa decisione da parte di Frick di metterci in difficolt…, e non alla mia presenza o alla mia intenzione di attaccarlo psicologicamente. L'espressione di Miles era costernata. Frick smise di ridere sommes- samente e, con i suoi occhi grigi luminosi, si divertiva alle nostre spal- le in silenzio. Poi aggiunse:--No. A rigor di termini c'Š ancora del la- voro da fare. E questione di un solo omicidio. Mi sono trastullato per un po' all'idea di commetterlo stanotte, e di terminare cosŤ l'opera. A voi due piacerebbe esserne coinvolti? Miles sembrava fosse sul punto di scusarsi. Cominci• a tossire, a sorridere a mala pena, lanciandomi delle occhiate incerte. Per quanto mi riguarda, avevo deciso di essere pronto a prevenirlo nel caso in cui Veramente Frick avesse deciso di commettere un omicidio. Credo che questa determinazione disperata fosse molto visibile sulla mia faccia in quanto Frick, che mi stava guardando, cominci• a ridere. In quei momento Miles rinvenne quel tanto che bastava per sorridere a sua volta e dire che in realt… stava scherzando. Disse:--Sono sorpreso dal 299 fatto che gente con un cervello come il tuo possa fare scherzi cosŤ fiac- chi. Alla parola Ucervello" per poco Frick non esplose. --Cervello!--esclam•.--Non io! Io sono stupido. Stupido come quel sassofonista dai capelli impomatati laggi—! Lo so che in passato avevo del cervello, ma tutto questo ora Š finito; Š orribile, non pensia- mo pi— a queste cose. Vi dico che sono diventato stupido, felice, con- tento, e stupido! Miles non riusciva a capire Frick pi— di quanto non riuscissi io. E co- sŤ gli ricord•:--Tu avevi un quoziente intellettuale di 248... --Sono cambiato!--lo interruppe Frick. Era ancora eccitato, ma si capiva che, dentro di s‚, si stava divertendo parecchio. --L'intelligenza di una persona normale non pu• degradarsi cosŤ tanto nel giro di pochi anni--obiett• Miles vivamente. --Te l'ho detto... sono diventato scemo!--ripet‚ con insistenza Frick. Le mie probabilit… di successo dipendevano dalla possibilit… di non abbandonare questo argomento. Gli chiesi:--Come mai sei arrivato a considerare una cosa cosŤ orribile il fatto di avere del cervello? --Per aver visto ci• che ho visto e saputo ci• che so--cit•. Miles cominciava a irritarsi.--Va bene allora... Io chiamiamo sce- mo?--disse guardandomi.--Visto che insiste in questo stupido gio- co? Ora era il mio turno per farlo parlare un po'.--Naturalmente, tu stai parlando riguardo certi concetti abbastanza enigmatici che esi- stono solo nella tua mente, ma qualsiasi concetto sia, be', Š assurdo. Le grandi capacit… del cervello umano sono l'unica propriet… dell'uo- mo. Hanno ispirato il nostro progresso, ci hanno dato la possibilit… di essere quello che siamo oggi, padroni di tutto il regno animale, signori della creazione. Solo altre due cose lo hanno aiutato: il lavoro umano e l'amore; ma anche queste fanno parte della nostra mente. Ti rendi soltanto ridicolo quando deridi questi valori. --Oh, I'amore e il progresso umano!--esclam• Frick ridendo. --Charles, ti dico che la mente sar… la rovina dell'uomo.--Continu• con gran divertimento. --La mente sar… la salvezza della razza umana!--lo contraddisse con impeto Miles. --Tu commetti un errore molto comune, Miles--Frick rispose in modo ora molto pi— serio.--Sicuramente Charles ha ragione nel col- locare l'uomo all'apice della creazione, ma ha torto nell'affermare che ci rimarr… per sempre. Rifletti. La Natura ha creato la cellula, e dopo un po' di tempo la cellula Š diventata un pesce; e in quel momento quel pesce divent• il signore della creazione. Il vero primo padrone. Per un po'. Solo pochi milioni di anni. Perch‚ un giomo, un pesce usa 300 dal suo ambiente naturale, I'acqua, e si mise a strisciare e divent• un rettile. Un magnifico rettile. Il Tyrannosauros Rex era lungo quindici metri, e alto venti; aveva denti lunghi quasi trenta centimetri e ai pie- di aveva artigli terribili. Nessun'altra creatura poteva resistergli: era veloce, enorme, potente e feroce, tui divenne il signore del creato. Che cosa successe al pesce? Era stato il signore del creato per un po', ma non Š andato oltre. Che ne Š stato invece del Tyrannosauros Rex? An- che lui Š stato il signore del creato, ma lui, ahimŠ, si Š estinto. "La Natura ha provato a dare al pesce la velocit…, poi le dimensioni al dmdŔ`î6Ŕ€ŕ€bc;{{x{{x» € sw;{{{{{{{s{{{{{{{{{{{{{{{{{{{{{{{{{{y{{{{{{{{{{{{{{y{{{{{{{{{{{{{{{y{{{{{{{{y9{{{{{{{{{{{{{{{{y;{{yyű{{{{{{{„€@"9ą˝˝9  –‘?!?8228>8>!>0!>F9>9>0ÁÂ9>89>&9>>8>8 8> &8&?Iammatico:--Ci credereste? Ho posto fine al genere Homo Sapiens! Non era ubriaco, e come ti renderai conto in seguito, neanche pazzo, anche se io, al momento, non ci avrei scommesso neanche un soldo. Il suo comportamento era estremamente allegro. Era molto divertito dalle nostre reazioni alle sue parole, si divertiva a impressionarci, e lo faceva in continuazione. Ora potrei dire che, secondo me, tutte le rive- lazioni di quella notte furono essenzialmente il risultato dell'improv- visa decisione da parte di Frick di metterci in difficolt…, e non alla mia presenza o alla mia intenzione di attaccarlo psicologicamente. L'espressione di Miles era costernata. Frick smise di ridere sommes- samente e, con i suoi occhi grigi luminosi, si divertiva alle nostre spal- le in silenzio. Poi aggiunse:--No. A rigor di termini c'Š ancora del la- voro da fare. E questione di un solo omicidio. Mi sono trastullato per un po' all'idea di commetterlo stanotte, e di terminare cosŤ l'opera. A voi due piacerebbe esserne coinvolti? Miles sembrava fosse sul punto di scusarsi. Cominci• a tossire, a sorridere a mala pena, lanciandomi delle occhiate incerte. Per quanto mi riguarda, avevo deciso di essere pronto a prevenirlo nel caso in cui Veramente Frick avesse deciso di commettere un omicidio. Credo che questa determinazione disperata fosse molto visibile sulla mia faccia in quanto Frick, che mi stava guardando, cominci• a ridere. In quei momento Miles rinvenne quel tanto che bastava per sorridere a sua volta omiamo indietro un attimo--dissi a Frick.--Mi sembra che tu 3 Stia facendo un'asserzione un po' troppo avventata nel sostenere che la razza umana non Š l'ultima, ma solo il pi— recente esperimento del- la Natura. 1. Frick era sconvolto.--Ma vi siete dimenticati di quello che vi ho detto poco fa? Io ho posto fine alla razza umana! Miles sbuff• quasi con aria disgustata. Io ero allarmato. Miles prov• 301 a essere sarcastico.--Allora, tu e Madre Natura avete deciso quale sa- r… il prossimo signore del creato? --Personalmente non ho niente da dire--replic• Frick con finto candore--n‚ immagino quale potrebbe essere. Potrei saperlo, ma du- bito che lo scoprir• mai. E pi— divertente non sapere... non credi? Seb- bene, se dovessi proprio indovinare--aggiunse--direi che questa volta sar… il turno dell'istinto. Questo era decisamente troppo per Miles. Si alz• come per andarse- ne, dicendo mentre rimetteva a posto la sedia:--Ne ho abbastanza. O sei totalmente pazzo o sei uno stupido presuntuoso. Personalmente credo che tu sia entrambe le cose! Ma Frick lo trattenne con un gesto, e con tono sincero gli disse: --Siediti Miles, non perdere la calma. Tu sai molto bene che non men- to n‚ tanto meno che sono un presuntuoso. Prometto di provarti tutto quello che ho detto. Miles si rimise a sedere e cominci• a guardare Frick con aria ironi- ca. --In ogni caso avete ragione a pensare che io sia uno stupido. Lo so- no stato. Il pi— grande di tutti! Ma non sono un presuntuoso. Sono cosŤ poco presuntuoso che ho deciso di farmi vedere da voi nella situazione pi— ridicola possibile in cui uno stupido o una scimmia senza coda ab- bia potuto trovarsi. "Dar• in cambio la mia dignit… per la vostra opinione e vedrete che non sono pazzo e poi ci faremo la pi— grossa risata possibile sulla raz- za umana! Va bene?n Miles mi lanci• uno sguardo che faceva chiaramente capire i suoi dubbi sulla sanit… mentale di Frick. Frick, dal canto suo, avendo visto il disagio di Miles, rise e ci offri un altro stimolo. --E cosŤ, incidentalmente, ci metter• dentro anche un omicidio molto interessante. Il nostro amico era completamente disgustato.--Siamo venuti qui per mangiare--disse.--Cominciamo e basta.--E mentre pronun- ciava queste parole prese il menu che era rimasto davanti a lui per tut- ta la serata. Frick mi guard•. --Io non ho fame--disse--e tu? Non avevo fame. E gli feci cenno di no con la testa. --Possiamo andare noi due, allora? Esitai. Non ero molto ansioso di accompagnare, da solo, un pazzo in una missione di omicidio. Ma intercettai lo sguardo di Miles, e, da gran signore quale era, disse che sarebbe venuto anche lui. Frick sorri- se blandamente. Dieci minuti dopo eravamo arrivati lungo la costa, dalle parti di Glen Cove, dove Frick ha la sua propriet…, e dove ci fece strada fino a una stanza piccola e spoglia al secondo piano del suo appartamento dove era il laboratorio, che si trova a fianco della sua splendida casa. Men- tre eravamo lŤ ad aspettare, Frick entr• in una stanza adiacente, da cui ritorn• con due sedie, e poi con altri due viaggi, con una terza e con un vassoio con sopra un grosso thermos e un servizio da tŠ per tre perso- ne. Dispose le sedie in modo che potessimo guardarci in faccia, e mise il vassoio per terra vicino alla sedia che lui occupava. --Per prima cosa occorre che vi racconti una storia un po' lunga-- spieg•.--La casa sarebbe pi— comoda, ma questa stanza Š pi— adatta. Frick ora sembrava un altro uomo. La superficialit… di prima era scomparsa: era teso, e sul suo viso austero comparvero linee profonde; la sua testa imponente si era abbassata come se mettere insieme i suoi pensieri gli costasse fatica, pensieri che erano difficili, e forse dolorosi per lui. Quando inizi• a parlare la sua voce era cambiata, era molto pi— dolce. Il mio dittografo era ancora acceso. --Charles e Miles--cominci• Frick.--perdonate il mio comporta- mento di prima al Gardens. C'erano cosi tanti pensieri nella mia men- te, e voi eravate cosŤ dannatamente scettici, che la tentazione di so- praffarvi con quello che sapevo Š stata troppo forte. Non avevo nessu- na intenzione di farvi delle rivelazioni. Ve le ho fatte per impulso, ma non abbiate paura, comunque non me ne pentir•. Credo... solo ora mi rendo conto di essermi portato addosso un peso molto, troppo pesan- te... Quello che ho da dirvi potrebbe riempire un grosso libro, ma cer- cher• di essere il pi— breve possibile. All'inizio non mi crederete, ma per favore non abbiate fretta, in quanto le prove arriveranno in segui- to. Ogni singola cosa che vi ho detto Š vera, incluso l'omicidio che sto per commettere... Fece una pausa, e sembr• che volesse rilassarsi, come se fosse stan- t co. Ombre sconosciute offuscavano il mio cuore. Miles lo scrutava, senza muoversi. Aspettammo. Frick si pass• lentamente il palmo del- la mano sugli occhi, poi sulla fronte, quindi la fece cadere e comin- --No--disse alla fine--non sono mai stato un presuntuoso. Alme- no non credo. Ma c'Š stato un periodo in cui ero molto orgoglioso della mia intelligenza. Lavoravo, realizzavo cose che sembravano impor- tanti; avevo l'impressione di controllare il divenire delle cose. Credevo "L che il lavoro fosse tutto. Il cervello Š il primo giocattolo della vita, e con il mio cervello ~otevo tentare di tutto. Di tutto! Ho osato ~erfino yl realizzare un dispositivo che mi avrebbe dato la possibilit… di guarda- re nel futuro! E quando ho pensato di averlo trovato, ne ho cominciato la costruzione! Non l'ho mai finito n‚ mai lo finir•; ma il tentativo ha condotto Pearl da me... "SŤ--aggiunse cDme per convincere se stesso--sono sicuro che se non avessi tentato, Pearl non sarebbe mai venuta qui. Da una lontana dimensione temporale, in qualche modo, si Š messa in contatto con me... non chiedetemi come, perch‚ non lo so. Comunque attraverso me ha deciso di entrare in quel piccolo spazio, che Š il nostro tempo. "Ero sorpreso quanto voi. Stavo lavorando proprio in questa stanza, che era allora molto pi— grande di adesso e ingombra di strani aggeggi che ora ho tolto. Avevo lavorato febbrilmente per mesi; avevo la barba lunga, gli occhi rossi ed ero sporco... e poi improvvisamente, eccola. Proprio l…, dietro quella porta che vi sto indicando. Era in un cilindro dorato scintillante che era sollevato da terra di circa sessanta centi- metri. Per un momento rimase sospesa lŤ; poi lo scintillio scomparve e lei fece un passo verso il pavimento. aNon mi credete? Be', naturalmente non mi aspetto che lo facciate. Ma ci sar… la prova. Ci sar… la prova. "Ero sorpreso e tuttavia non impaurito. Il mio visitatore non era minaccioso. Era solo una giovane donna scalza, molto snella, di altez- za media vestita con una camicia nera scintillante che le arrivava al ginocchi˘, non posso dire se fosse ben fatta. Forse il suo corpo era troppo esile, le labbra troppo strette, la testa troppo grande. Non era affatto graziosa. I capelli e gli occhi castani andavano bene, ma la faccia era insignificante e scialba, con una straordinaria espressione di impenetrabilit… e di intellettualismo. L'effetto che se ne ricavava non era normale, ma neanche troppo strano; era solo insolita, diver- sa... barocca. Mi parl• in inglese. In un inglese non idiomatico, con le parole mes- se insieme in qualche modo e con un accento che era atroce! Mi chiese in tono severo: ~ćŕŢćčŢ@Â@čęččĘ@ŘĘ@ćęĘ@ČŢÚÂÜZaVoi farete le vostre mentre io continuo! aCosŤ le mostrai New York. Mi chiese: ®Come mai la gente va cosŤ di fretta? E davvero necessario che tutte quelle automobili vadano avan- ti e indietro? Vivono dawero bene in queste condizioni? Se gli Stati Uniti d'America sono dawero cosŤ grandi come dici tu, perch‚ co- struite dei palazzi cosŤ alti? Come mai ci sono cosŤ pochi ricchi, e cosŤ tanti poveri?®. E via di seguito, senza fine. "La portai al ristorante. ®Come mai la gente impiega un'ora di tem- po solo per mangiare?® Le dissi che la gente amava mangiare, ma que- sto non sembrava interessarla troppo ®Ma se ci impiegassero solo un minuto, avrebbero pi— tempo da dedicare alla meditazione! ® Non po- tevo fare altro che essere d'accordo. aPoi la portai in un night club. ®Perch‚ alcuni portano le cose e altri le mangiano?® Le spiegai che i primi erano camerieri, gli altri dei clienti. ®Anche i clienti fanno a turno nel portare il cibo?® Le risposi che forse un giorno questo sarebbe potuto accadere. ®Quell'uomo Š un cameriere cantante?® a®No, Š solo un cantante melodico.® a®Come mai quegli uomini fanno cosŤ tanto rumore?® a®Perch‚ le orchestre da ballo sono pagate per questo.® a~ "®Tu non sei in grado di giudicare!® esclam•. aE anche se il suo cor- po fosse in decomposizione? La sua mente Š eterna. "®A che cosa sta pensando?® Pearl cominci• a pensare. Dopo un minuto disse: ®A un buco nel ter- reno®. a®Puoi interpretare i suoi pensieri per me?® le chiesi. "®E difficile, ma ci prover•.® Dopo poco cominci• a parlare con tono inespressivo. ®E un buco. E c'Š qualcosa che riguarda questo buco... una volta sono rimasta con una gamba in un buco... mi sono tirata fuo- ri. SŤ, c'Š qualcosa... di ineffabile... cosŤ... chiamato... aria... nei... bu- chi... profondit…... SŤ, questa Š l'idea di un buco... buco inverso infini- to...® "®CosŤ va bene!® dissi e spinsi il ricettacolo di tanta sapienza im- provvisamente in avanti. Ci fu un rumore secco, come un ramo che si spezza, e il ricettacolo cominci• a dondolare da una parte all'altra contro le costole. "®Giustizia Š fatta!® gridai. "La prossima era la vecchia donna. ®Che cos'ha di buono questa?® "®E una madre® mi rispose Pearl. "®Pi— che sufficiente!® esclamai e il colpo della mia mano fu subito seguito da un altro rumore secco. ®Giustizia alla donna che diede i na- tali all Homo Sapiens ! ® Quello che seguŤ era un rottame orrendo, peg- gio di quelli visti precedentemente. ®Che cosa di positivo puoi dirmi di lui?® "®E un grande scienziato.® "®Puoi interpretare i suoi pensieri?® UPearl si accasci• come al solito e poco dopo cominci• a parlare: ®Forza della mente... come Š potente... sŤ, potente... Ia base di ogni co- sa vivente... Š davvero tutto... non il vivere... ma il pensare... in diretta proporzione... non c'Š niente... mmm, tutto Š relativo, ma tutte le cose messe insieme fanno l'unit…... perci• abbiamo un'unit… relativa... o meglio dal momento che Š l'altra met… dell'inverso... i due messi insie- me fanno un'altra unit… e cosŤ abbiamo l'equazione; un'unit… relativa Š uguale a un'unit… di relativit…... sembra avere un senso, Einstein era un primitivo. Sono d'accordo con Wlyxzso. Era pi— intelligente di Yutwxly. E con questo si dimostra che la mente vince sempre sopra la t materia...®. ® Dimostrato! ® esclamai urlando, mentre con un crac partiva un al- tro collo. ®Giustizia Š fatta. Avanti il prossimo." t "Questo, come mi disse Pearl, era un metafisico ®Oh Dio® gridai ®non mi dire che in mezzo a tutti questi super metafisici c'Š uno spe- cialista e anche di pi—. A che cosa sta pensando?® "Ma questa volta la povera Pearl era dubbiosa. ®A dire la verit… non siamo molto sicuri se lui pensi o no, o se Š vivo o morto. Qualche volta riceviamo dei pensieri cosŤ deboli che non siamo sicuri di averli vera- mente sentiti, secondo alcuni c'Š il vuoto pi— assoluto.~ "®Prova® le ordinai. ®Prova con tutte le tue forze. Ogni uomo morto deve avere la sua possibilit… di essere ucciso.® ®E cosŤ prov•. In qualche modo, disse lei: ®Credo dawero che sia vi- vo... la verit…... aria... la verit… saldamente radicata nell'aria... ah, di- ramaZioni lussureggianti che vanno in profondit… nella terra... ma non li tocco, quindi posso solo attaccarmi alle radici... D. Il suo collo fece crac. 4Spezzai il collo a un'altra dozzina. Ogni volta era pi— facile. Poi Pearl mi present• quello che era il tesoro della collezione. La sua testa aVeva la circonferenza di un cesto da pallacanestro. "®Che cosa mi puoi dire di buono di lui?® "®E il pi— grande di tutti noi, e ti prego di risparmiarlo. Non so qua- le Sia la sua specialit…, ma tutti qui lo considerano cosŤ eminente!® ®A che cosa sta pensando?® 4®Questo Š il problema® mi rispose ®nessuno lo sa. Sin da quando Š natO, non ha mai parlato. Sbava e basta. Nessuno Š mai stato in grado di trovare dei segni di attivit… cerebrale. Lo abbiamo messo in una cel- la molto presto. Uno di noi ha suggerito che fosse un idiota idrocefalo fin dalla nascita, ma Š stato un errore di giudizio, perch‚ il resto di noi Š sempre stato certo che la sua mancanza di vita Š solo apparente. Le sue meditazioni sono semplicemente al di sopra della nostra sensibili- t… grossolana. Senza dubbio lui riflette sui problemi pi— importanti dell'infinito.~> "®Prova, anche lui ha diritto alla sua possibilit….® ~Pearl prov•, ma invano e cosŤ, con un crac, si ruppe anche questo collo. "E cosŤ continuai. Uno per uno, in rapida successione, e con un gu- sto che ancora ora mi sorprende quando ci ripenso, liberai la terra da questi nemici pubblici. In quel momento il sole era alto nel cielo, il la- voro era completo ed ero diventato il prossimo signore del creato!" ''L'effetto del lavoro mattutino si fece sentire su Pearl che cadde in pro- fonda meditazione per parecchie ore. Quando emerse dai suoi pensie- ri, sembrava sempre la stessa, ma dentro qualcosa era cambiato, come ora mi rendo conto, o forse qualcosa si era accelerato, e quando questa accelerazione ebbe raggiunto un certo picco, la mia sciocca ambizione fu vergognosamente sconfitta. Ah, si prese una bella bruciatura! E che scottatura! Altro che allegro e serio... ero ben cotto su tutti e due i lati. "Ma la consapevolezza della mia umiliazione finale venne pi— tardi e all'improvviso. I miei pensieri non erano assolutamente concentrati su un simile pericolo, ma sul milione di cari discendenti nei cui salotti ci sarebbe stato appeso un mio ritratto, quando Pearl uscŤ dalla sua meditazione prolungata. "Avevo deciso di essere estremamente gentile con lei. un padre mo- dello anche se non un amante perfetto... cosŤ, quasi come un cortigia- no, la scortai nel campo vicino a una grossa pietra, sulla quale pronta- mente si sedette e in modo molto efficente mi chiese che cosa volevo. Credo che rimase contrariata quando le dissi che volevo solo parlare con lei di alcuni preparativi relativi alla nostra futura civilizzazione, ma non fece nessun commento, mi fece dipingere un quadro suggesti- vo delle nostre possibilit…, e fu concorde con me sulla linea da tenere con i vari piani che avevo formulato. "Avevo fretta. Le chiesi se voleva tornare indietro nella mia civilt… per avere una cerimonia come si deve. aPensavo che questa offerta fosse un gesto delicato da parte mia. Lei rispose con quello che equivaleva a un diritto sacrosanto del cuore. Mi- rispose severamente: ®SŤ, Frick, ti sposer•, ma prima devi farmi la corte ~, . "Osservate ora, Miles, e anche tu, Charles, la mia rapida ascesa alla pi— alta vetta della stupidit… umana. lnnumerevoli altri uomini avreb- bero speso la loro vita cercando di arrivare a questa altezza vertigino- sa, pochi avevano quasi raggiunta la cima. Ma io, signore della crea- zione, ancora non c'ero arrivato. E... dato che non c'era niente altro da fare, cominciai a corteggiarla! "®Tieni la mia mano® mi disse... e io le tenni la mano. Intanto lei pensava. ®Dimmi che mi ami® mi chiese. E io le dissi che l'amavo. ®Ma guardami in faccia quando lo dici® pretese... e io guardai quella faccia priva di espressione, con quelle labbra sottili che mi ricordava- no sempre una pietra simile al vetro, e le dissi ancora che l'amavo. Mi resi conto che era ancora persa nei suoi pensieri, ed ebbi l'impressione che stesse cercando di capire le sue sensazioni. ®Baciami® mi ordin•, e quando lo feci scivol• sul terreno in trance! "®C'Š del mistero in questo, da qualche parte® mi disse quando la sollevai da terra. ®Devo pensarci su molto profondamente.® "Ma io continuavo ad avere molta fretta! CosŤ le dissi... che Dio mi perdoni... che lei si stava chiaramente innamorando di me! E che den- tro di lei c'era qualcosa... non potevo immaginare cosa... che incorag- giava questa idea. Stavo battendo il ferro fino a quando era... non completamente freddo! "®Oh, su® le dissi facendole fretta. ®Vedi benissimo che ci amiamo. Sposiamoci e facciamola finita.® ® No, devi prima corteggiarmi® lei mi rispose, e io le feci notare che stava diventando troppo civettuola. t "®E anche per molto tempo® aggiunse. ®L'ho scoperto nel tuo tem- po. Ci vogliono mesi.® aTutto questo era terribile! ®Ma perch‚ aspettare? Perch‚? Noi ci amiamo. Guarda Romeo e Giulietta. Non ti ricordi?® "®Mi piaceva di pi— quel giovanotto di nome Rudy® mi rispose di- retta. "®Vuoi dire l'uomo che era al night-club?® "<~SŤ® mi rispose. ®Sembrava che cantasse solo per me.® ®®No, non cantava, canticchiava!® la corressi irritato. - "®Va bene, canticchiava® disse ®e ora tu canticchierai per me, Frick.® Potete immaginare! Io e lei unici esseri tra tutti in un campo aperto e in piena luce del giorno! ®Ma pensate che io canticchiai? SŤ. Non mi avete ancora visto ai miei massimi livelli! ', "®Di pi—® mi disse in tono astratto. ®Credo di sentire qualcosa.® Co- ~ sŤ canticchiai ancora per un po'. U®Canta qualcosa che fa rima con cuore e amore.® Cantai qualcosa in cui cuore faceva rima con amore. "®E adesso canta qualcosa con cui vero fa rima con sincero.® L'ac- contentai. U®Ora baciami ancora.® L'accontentai di nuovo! "Grazie a Dio si accasci• di nuovo in un altro pensiero! Scappai nel- la foresta mentre lei era incosciente, e non la rividi se non il mattino seguente. "Cari amici, questo Š il vergognoso esempio di comportamento che caratterizz• le mie due settimane successive!" "Io soffrivo. E quanto soffrivo! Eccomi lŤ,tutto concentrato all'idea di essere l'autore di una nuova civilt…, compiaciuto al pensiero dei miei titanici progetti completati, e eccola lŤ, sicuramente l'essere pi— straordinario cui desiderio umano potesse ambire, che gelava la mia passione, e che spietatamente voleva essere corteggiata! "Le tenni le mani per tutto quel tempo, diedi un'occhiata ai suoi oc- chi mentre eravamo sulla tomba del vecchio idrocefalo, canticchiavo delle canzoni per lei a mezzanotte, e potrei scommettere che tutto il vicinato era sotterrato proprio lŤ da anni, proprio negli stessi posti do- ve lei si accasciava a pensare nel bel mezzo di un bacio! "Lei aveva osservato molto da vicino... troppo da vicino, le tecniche dei preliminari dell'innamoramento come vengono attuate qui, nel nostro tempo, e in particolare gli effetti che ci• aveva sulle donne, e aveva bisogno ogni volta di concentrarsi profondamente per stabilire se stava reagendo nella maniera corretta! UAh, ce n'era di cervello! Come sono felice di essere stupido! "Cominciai a perdere peso e a essere sempre pi— stanco. Mi resi con- to che il nostro corteggiamento poteva andare avanti per anni. Ma lei mi salv• proponendomi un'idea che le era stata suggerita da un ro- manzo che aveva letto. Me la comunic• una mattina piovosa, dicendo- mi che sarebbe stato meglio che io e lei non ci fossimo pi— visti per un paio di mesi. Aveva tante cose su cui riflettere, e tra l'altro era davvero molto dispiaciuta per i suoi compagni che erano morti senza neanche immaginare che la vita potesse contemplare una cosŤ gran quantit… di quelle sane emozioni, che aveva imparato da me. "A quel punto avevo pi— fretta che mai di togliere la mia razza dal loro stesso potere, ma ero fisicamente cosŤ esausto che le mie proteste furono molto lievi, e cosŤ dovetti arrendermi. Facemmo tutti i prepa- rativi possibili e parlammo per l'ultima volta. Era chiaro a entrambi che sarei ritornato dopo due mesi e che l'avrei presa come moglie. Lei mi mostr• come far funzionare la macchina. Assestai i controlli e in un minuto ero di nuovo in questa stanza. "Ma la ingannai. E fu proprio cosŤ, in un certo senso. Non aspettai due mesi. L'idea che mi venne fu quella di annullare quel periodo nella macchina... cosŤ in un altro minuto stavo materializzandomi nei due mesi seguenti quando avrei dovuto sposarla! Ero molto riconoscente alla macchina, in quanto quella prova mi aveva debilitato e aveva la- sciato la mia mente esaurita, e proprio non avevo idea di come avrei potuto sopportare un periodo cosŤ lungo! Capite, avevo fretta! "Ah se solo lo avessi saputo! La catastrofe incombeva su di me! No- tate l  sua breve e veloce rapidit…. "Quando arrivai, tutto era esattamente come prima. Il grande pa- lazzo era polveroso come prima, la comunit… deserta, il blocco di quel- le morbose celle come le avevo lasciate. Solo i campi erano cambiati, trovai Pearl seduta in meditazione sulla tomba del grande idrocefalo. "®Sono sorpresa di vederti cosŤ presto® furono le sue parole di ben- venuto ®sembra che sia passata solo una settimana.® "®Sei stata bene, mia Perla inestimabile?® le chiesi teneramente. ~Aveva cominciato a insistere perch‚ la chiamassi cosŤ. Una volta, prossimo alla disperazione, lo avevo usato con un significato diverso, e da allora mi aveva detto di usarlo tutte le volte che mi rivolgevo a lei...) L "®E stato un periodo di grande integrazione® mi rispose. ®Infatti Š stata un'esperienza molto preziosa. E sono giunta alla conclusione che siamo stati troppo frettolosi nell'uccidere i miei prestigiosi compa- gni . ® "(2uesto era dawero inquietante! Le dissi di venire a fare una pas- seggiata con me nei campi. Per ben tre volte lei si accasci• al suolo in meditazione per delle cose a cui avevo soltanto accennato. "Capii che era sopraggiunta la crisi, e lo era davvero. Feci uso di tut- te le mie risorse nell'ultimo tentativo di ottenere una vittoria imme- diata. Le presi le mani in una delle mie, le gettai il braccio attorno alla vita, misi le mie labbra sulle sue, e le dissi in tono cantilenante: ®Spo- sami adesso, cara! Non posso pi— aspettare! Ti amo, ti adoro, sono pazzo di te...® e accidenti, alla parola pazzo, lei si accasci• al suolo! ULa sollevai e ci provai di nuovo, ma, come un orologio, alla parola 'pazzo' cadde al suolo di nuovo! L "Ero furibondo! Capite, dovevo fare in fretta! Lei stava cambiando F; proprio davanti al mio naso! "Mi avvicinai alla macchina del tempo. Avevo intenzione di sapere ~`~ una volta per tutte quale sarebbe stato il mio futuro in rapporto a una potenziale razza umana. Preparai i comandi per l'anno successivo. , Questa volta trovai Pearl nella cella vuota. Era chiaramente pi— vecchia~ pi— avvizzita e pi— magra, e la sua testa era diventata pi— grande. Sedeva sotto il baldacchino come avevano fatto gli altri, e c'e- Sl ra un po' di polvere sui suoi vestiti "®E strano che tu venga in questo momento® mi disse con una voce rauca. ®Stavo pensando a te.® "All'ultima parola lei chiuse gli occhi... cosŤ non poteva vedermi, ma solo pensarmi. Vidi che la scatoletta del cibo era piena. Con la dispera- zione nel cuore, tornai alla macchina. "Per qualche tempo esitai di fronte alla macchina. Ero cosŤ vicino alla fine. Il cambiamento era stato cosŤ veloce! A Pearl ci voleva un an- no, a me un'ora; e ancora le sue azioni erano cosŤ statiche, il suo carat- tere immutato, come se fossero stati pietrificati sotto il peso di millen- ni! Mi feci coraggio per quello che stavo per fare. Improvvisamente senza pensarci, saltai sulla macchina, impostai i comandi avanti di settanta anni, e fui scaraventato nel futuro. "Vidi Pearl ancora una volta. A fatica la riconobbi nel mostro che se- deva sotto il baldacchino nella sua cella. Il suo corpo si era raggrinzi- to. La sua testa era diventata enorme. Il suo naso era scomparso. La sua bocca era un'orribile, sottile crepa. Sedeva su uno strato di polve- re spesso, che ricopriva il suo stesso corpo. E puzzava di rancido da morire! "Era tomata a comportarsi come prima. Aveva superato le differen- ze che l'avevano caratterizzata all'inizio, ed era al principio di quella strada nauseabonda che avrebbe dominato l'umanit… nel futuro. NMentre stavo lŤ davanti a lei, le sue palpebre tremarono un pochi- no, e io capii che lei sapeva della mia presenza. Era orribile. Ma il peg- gio doveva ancora arrivare. Anche la bocca si mosse. Si aprŤ e ne uscŤ un suono terribile. ~Dimmi che mi ami!® "Volai velocemente indietro al mio tempo!" 11 lungo racconto di Frick era terminato, ma le sue immediate conse- guenze furono di un orrore cosŤ improvviso che sia io che Miles non fummo in grado di muoverci dalle sedie. Nel silenzio che ci circonda- va sembrava che la voce di Frick continuasse ancora, esuberante, ri- dente. aspra, flessibile come i suoi cambiamenti d'umore. Lui stesso croll• all'indietro nella sua sedia, a testa bassa, ormai senza energie. Rimanemmo cosŤ per dei lunghi minuti, ognuno con i propri pensie- ri, e ognuno con la certezza di quello che Frick avrebbe avuto intenzio- ne di fare e che noi non gli avremmo impedito. Frick sollev• la testa e parl•. Tremavo all'idea di quello che avrebbe detto. --L'ultima volta le hanno lasciato cibo solo per cinque anni. Dalle mie pi— remote profondit… venne una voce che rispondeva: --Sarebbe un atto di piet…. ii --Per te--mi rispose Frick.--Io lo faccio perch‚ lei Š rimasta l'ul- timo disgustoso esemplare. Si alz•, ci fiss• a turno con sguardo severo. --Volete venire anche voi? Nessuno dei due rispose. Lesse il consenso nei nostri occhi. Sorrise sardonicamente. Si diresse verso la porta che aveva indicato, la aprŤ con una chiave che aveva nella tasca, la tir• faticosamente verso di s‚, entr• e accese una luce. Anch'io mi alzai e lo seguii, tremando, con Miles dietro di me. _ Ho murato la macchina, non l'ho pi— usata da allora. Vidi la macchina. Era esattamente come lui l'aveva descritta. Rima- neva sospesa nel vuoto, alzata da terra di mezzo metro! Per un mo- , mento mi manc• il coraggio di salirci sopra, e Frick mi spinse in qual- che maniera. Stava cominciando a mostrare l'eccitamento che ci acco- munava per questo avvenimento eccezionale. Miles salŤ velocemente e anche Frick salŤ, con le mani direttamente sui controlli. --Non muovetevi!--url•... Ia stanza si offusc• di luce dorata, poi pi— niente, e mi sentii pervaso da un silenzio incommensurabile. Improvvisamente ci fu ancora la luce dorata, e altrettanto veloce- mente se ne and•. Eravamo in una piccola stanza scura. Era notte. Mi chiesi se lei sapesse che stavamo arrivando. Ci avvicinammo a lei silenziosamente, predatori nell'infinito, il no- stro tappeto, nella polvere dci millcnni. 1,'na svolta, una porta... e tro- vammo i campi addormentati sotto una pallida e gobbosa luna. Un angolo, una svolta... e vedemmo i trentasei sepolcri dei mostri. Uno non ancora morto del tutto. Mi sembrava di essere in un sogno. Ci addentravamo furtivamente attraverso l'erba alta. Frick in avanscoperta era come un animale veloce e rapido. Ci faceva da guida, attraverso l'erba umida che si attaccava alle no- stre gambe come per impedirci di raggiungere il nostro scopo Cam- minavamo silenziosamente attraverso quei sepolcri. La Natura appro- vava; il suo cuore era esteso dappertutto, inconsapevole; e agli anni seguenti, non avrebbe importato nulla. N‚ avrebbe importato nulla alle mummie che erano nelle tombe intorno a noi. Non ora, con le loro teste appoggiate sulle costole. Solo a Frick importava e anche tanto. ~ ~ Era il giovane agente dell'umanit… prima della grande degenerazione. Fpx~,~ In maniera superba lui era giudice ed esecutore. Rallent• vicino a un sepolcro dove c'era ancora uno di loro che non ~, era ancora morto. Si ferm•, e io pregai. Fece un respiro profondo, pinSe la porta ed entr•. Spaventati, prima Miles poi io, lo seguimmo. La porta si chiuse dietro di noi. La tomba era come un pozzo d'inchiostro. Della polvere invisibile mi saliva alla gola. C'era un terribile puzzo di stantio! Trattenni il fia- to, ma il mio cuore batteva furiosamente. Anche se in maniera leggera sentivo nel silenzio il battito degli altri due. Era possibile che un quarto cuore stesse battendo debolmente lŤ dentro? Rumori leggeri provenivano dalla mia sinistra. Un braccio mi sfior• da un lato, a tastoni. Udii un grido soffocato, credo fosse Miles. Al pi— presto dovevo prendere una boccata d'aria fresca, trattenevo il respi- ro. Aspettai, sforzando i miei occhi e cercando di guardare pi— avanti dove poteva essere un'oscurit… pi— profonda attraverso quel buio Silenzio. Forse Frick stava prendendo coraggio? Potevo sentirlo mentre osservava al di l… di me, atterrito da quello che avrebbe visto. A un certo punto, la paura divenne intollerabile e in quel momento tutto finŤ. Ci fu un movimento, un rumore, un fiammifero acceso nel buio; per un secondo che sembr• durare un'eternit…, guardai attraver- so un alone dorato di polvere, che si posava su una mostruosit… mum- mificata... ma che muoveva le palpebre! Poi il buio ci riavvolse di nuo- vo, si sentŤ un rumore secco, come un ramo spezzato, e mi trovai a cor- rere con la Morte in persona alle calcagna attraverso il cimitero, in una corsa selvaggia verso il palazzo dove c'era la nostra macchina In pochi minuti eravamo di ritorno nel nostro tempo; qualche atti- mo dopo Frick aveva distrutto la macchina e io ero fuori dal laborato- rio con l'immagine indimenticabile, mentre correvo, di Miles che die- tro di me urlava: aHa mosso le palpebre! Ha mosso le palpebre!~ e l'altro, che camminava pi— indietro come un dio, al momento un po' stordito, allargando le braccia su quel cimitero ormai completato mentre diceva: asic /ransit gtona m~dt®. Titolo originale: Alas, All Thinking. Traduzione di Micaela Acocella. E.F. Russell e Leslie T. Johnson L'UOMO IN CERCA DEL FIJTURO La citt… venusiana di Kar risplendeva sotto la boccia capovolta di un alone azzurro. Era un giorno perfetto per una manifestazione cittadi- na sulla Terra dopo molti secoli. I cittadini apprezzavano la collabora- zione del tempo; Liberty Square traboccava di una folla vociante e multicolore che turbinava dando luogo a disegni caleidoscopici. Qual- cosa stridette nella volta spaziale; il caleidoscopio si fece uniforme- mente rosa quando mezzo milione di facce si levarono al cielo. In alto nella stratosfera apparvero un paio di matite metalliche che dall'estremit… vomitavano fiamme rosso cremisi. Dagli ugelli dei mo- tori si irraggiavano verso il basso onde sonore che rimbalzavano sui timpani degli astanti. Le matite divennero pi— grandi; il cremisi si dif- fuse sulla superficie inferiore mentre i razzi frenanti spingevano al massimo. In breve gli oggetti si erano manifestati come lunghe navi spaziali affusolate. Si profilarono all'improvviso, enormi, e sprofondarono dietro la massa possente degli edifici dell'universit…. Per un attimo sembrarono indugiare, mentre gli obl• sui lati fissavano da sopra il bordo dei tetti la folla sottostante. Subito dopo erano svaniti. Ci fu uno schianto tre- mendo che riecheggi• seguito da un attimo di perfetto silenzio. La gran folla ritrov• la parola, ruppe in un brusio mentre, simultanea- mente, si allungava in un flusso di individui che si precipitavano lun- go University Avenue, verso l'aeroporto di Kar. La pista di atterraggio dell'aeroporto presentava una scena di totale confusiOne~ Da un lato sostavano le navi spaziali circondate da una folla che urlava e si agitava. Il clamore era al massimo, al punto che le guardie della citt… si erano disposte a cuneo e stavano disperatamente facendosi largo attraverso una barriera di corpi. 11 gran vociare si fece pi— forte quando si capŤ che la nave pi— vicina StaVa per aprire il portello anteriore. 11 pezzo circolare di metallo ruo- t• decisamente attorno al suo ingranaggio arretrando sempre pi— al- I'interno, nell'ombra. Ancora una mezza rotazione ed era scomparso nella nave, mentre la forma di un uomo appariva nel cerchio di oscuri- t…. Dalla folla, i volti accesi, si lev• un grido:--Umas Karin! Urnas Ka- rin ~ Karin rispose alle ovazioni e alz• una mano per chiedere silenzio Met… della folla fischi• per chiedere silenzio, mentre l'altra met… con tinuava a schiamazzare. Quelli che fischiavano biasimavano quelli che schiamazzavano e questi a loro volta rispondevano schiamazzan- do. Ci fu chi spinton• qualcuno e qualcun altro che si irrit•. Una don- na svenne e croll• a terra mentre, dieci metri pi— in l…, un uomo di pic- cola statura veniva colpito alla testa per ritorsione. D'un tratto cin- quanta persone diverse assunsero cinquanta diverse versioni di quello che per loro era un atteggiamento di minaccia. Un cane nascosto guaŤ quando qualcuno lo calpest• e dalle retrovie della folla una voce stri- dula chiam•:--Woopsey! Woopsey! Subito la folla scoppi• a ridere; la tensione si era improvvisamente dissolta e venne, infine, il silenzio. Karin salt• a terra seguito da una ventina di compagni che emerse- ro dall'interno della nave. LŤ vicino era stata sistemata una piccola piattaforma alta circa due volte un uomo. Karin vi mont• su e coi suoi occhi penetranti percorse la folla. Una guardia in uniforme gli mise davanti una scatoletta di ebano montata su un tripode. Karin fece cen- no alla guardia di andarsene, si piazz• di fronte alla scatola e parl• --Amici miei--cominci•. La sua voce era piacevolmente amplifi cata dall'altoparlante.--11 vostro meraviglioso benvenuto Š gi… una ricompensa. Vi ringrazio, e di nuovo, anche a nome dei miei colleghi grazie! Ora sono sicuro che voi tutti scoppiate dalla voglia di sapere se questa spedizione ha fatto qualche sorprendente scoperta sul nostro Ť~ Pianeta Madre.--Fece una pausa e sorrise mentre la folla gli comuni- 1 cava con un fremito che sŤ, scoppiava dalla voglia. --Ebbene, temo che la nostra storia sia davvero troppo lunga per essere raccontata nei dettagli. Basti dire che non abbiamo trovato al- cuna traccia della civilt… di quelli che erano i nostri antenati. Le gran- di citt… e le potenti macchine di un tempo si sono sgretolate nella pol- ; vere e sono state completamente cancellate dall'orma del tempo. La vecchia Madre Terra Š del tutto, e completamente, priva d'aria, d'ac- qua, di vita. "Tuttavia una grande scoperta l'abbiamo fatta.--E qui si ferm• per un interminabile minuto.--Abbiamo ritrovato il corpo di un uomo preistorico! E stata davvero una scoperta sensazionale. L…, in un mon- do tanto antico che ogni traccia dell'opera dell'uomo Š stata spazzata via, dove l'atmosfera si Š disciolta nello spazio e persino la rotazione assiale Š cessata, giaceva il corpo di quest'uomo. "Da un esame del cadavere Š risultato il fatto apparentemente im- possibile che aveva cessato di vivere da non pi— di cinquanta ore. For- tunatamente avevamo con noi, come parte del nostro equipaggiamen- to standard di pronto soccorso, una camera di normalizzazione. Vi ab- biamo fluidificato il sangue e siamo riusciti a riportarlo indietro in condizioni tali da autorizzarci a sperare che gli esperti del nostro Isti- tuto di Medicina e Chirurgia siano in grado di resuscitarlo. "Il corpo di quest'uomo Š in perfette condizioni. La causa della mor- te Š stata, letteralmente, la mancanza di respiro. Sembra appartenere a un periodo risalente a diverse migliaia di anni prima che i nostri an- tenati abbandonassero la terra agonizzante e si stabilissero qui su Ve- nere, un periodo cosŤ remoto che le nostre registrazioni storiche non ne recano traccia. Pensate, la sua testa Š coperta di peli e ha peli anche sul petto e sulle gambe! "L'abilit… degli scienziati, in questa nostra epoca cosŤ evoluta, di far rivivere i morti nei casi in cui la morte non sia dovuta a vecchiaia e non sia accompagnata da un serio danneggiamento organico, Š una meraviglia troppo nota perch‚ le si debba dare ancora rilievo. Forse ci sono qui persone che non sarebbero tra di noi se non fosse per i mira- coli compiuti dai nostri uomini e donne pi— abili..." Venne interrotto da diverse grida di assenso. "Io credo che qui ci sia un'opportunit… unica per l'Istituto di ripor- tare in vita quest'uomo e permettergli di raccontarci la sua storia con la sua viva voce. Se le mie speranze dovessero realizzarsi, intendo fare una richiesta ufficiale a Orca Sanla, presidente della commissione per la stereo-visione, che a quest'unico abitante di un pianeta da tempo morto venga concesso il permesso di comparire davanti allo schermo della stazione stereo di Kar e spiegare al nostro mondo circostanze che, per essere del tutto sincero, ci appaiono assolutamente inspiega- bili.--Karin si volt• e fece cenno a un uomo alto e grosso che se ne stava in prima fila tra le schiere dei suoi seguaci.--A ogni modo, que- sta sera ci sar… per voi un programma. Olaf Morga, con l'aiuto di suo fratello Reca che si trovava nell'altra astronave, ha registrato tutte le immagini dei nostro viaggio dal momento in cui siamo partiti da Kar fino a quando abbiamo lasciato la Terra. Il filmato sar… inviato alla stazione S.K. e sar… trasmesso questa sera al tramonto." Karin si era mosso per scendere quando si scaten• una tempesta di - applausi. Una donna dal centro della folla grid•:--La cintura! = ~ Quella parola fu ripresa da mille altre persone. Prima ancora che . Karin avesse posato il piede sul primo gradino, la folla intera stava gridando:--La cintura! Vogliamo la cintura! Morga e Karin si scambiarono un sorriso. Il secondo torn• al centro della piattaforma, slacciandosi con lentezza deliberata la cintura di rnetallo flessibile che portava in vita. La tenne penzolante per un'e- L Stremit…, la folla danzava eccitata. All'improvviso la fece roteare sopra la testa e la scagli• in alto e lon- tano. La cintura vol•, serpeggiando nell'aria dove la calca era ma giore. Quando cadde scattarono in una cinqŁantina. Poi scomparve sotto un ammasso di esseri umani, che lottavano tutti furiosamente per impadronirsi del souvenir cosŤ ottenuto. Rapide ad approfittare del diversivo, le guardie sgomberarono un sentiero che dalle navi spaziali raggiungeva la torre di controllo. Ka- rin e il suo equipaggio, insieme con quello della nave gemella, si preci- pitarono lungo il sentiero e dentro la torre. La folla sciam• fuori della pista dell'aeroporto, si rivers• in un torrente variopinto lungo Univer- sity Avenue e riempŤ, mettendole a dura prova, le strade semoventi di- rette ai sobborghi. L'oscurit… discese su Venere. Le stelle fisse su un cielo senza luna pe- netravano il velo spesso dell'atmosfera, disegnando pallidi bagliori di furtivo splendore sulle fiancate delle due astronavi interplanetarie che dormivano fianco a fianco, sulla pista coperta di rifiuti. Due mesi dopo Bern Hedan, I'uomo che si era aggiudicato la fibbia della cintura, stava cincischiando coi comandi del suo apparecchio stereoscopico e imprecava. Il nuovissimo schermo panoramico di sele- nite mostrava, a colori naturali e con effetto tridimensionale, l'ultimo stadio di trasformazione nel ciclo vitale di uno stagno venusiano. La voce dl un annunciatore lasciava intendere che per i tirapiedi di Sanla un canto funebre suonato con un oboe asmatico era l'accompagna- mento pi— adatto per le acrobazie trimestrali di un pesce con il capo --Per la morte della Terra!--sbott•, ricorrendo all'imprecazione piU tremenda che la sua immaginazione potesse concepire in quel mo- mento.--Pago cinquantacinque yogs subito e altri dodici a ogni alta marea per quest'apparecchio. Pago bollette della luce esorbitanti per farlo funzionare; verso diciotto yogs all'anno per il diritto di usare quello che ho comperato, o sto ancora comperando.--Gesticolava e parlava ad alta voce. Gli piaceva molto parlare da solo Era attratto dalle opinioni dettate dal buo senso.--E che cosa rice- viamo in cambio, mi chiede? Dimostrazioni figurate delle abitudini domestiche di babbuini venusiani col culo rosso con un sottofondo di lamentosi strumenti a corda. O le avventuare amatorie di una larva marina che fa la corte alla sinfonia per dieci armoniche del tale dei ta- h. Mah! 334 Gir• rabbiosamente la manopola di selezione dei canali che spunta- va dall'apparecchio dello stereo. Lo schermo si oscur•, si annerŤ, poi si schiarŤ e mostr• una nuova scena. Era un panorama della sala dei di- battiti della citt… di Nuova Londra. Due uomini sedevano su poltron- cine disposte su di un palco semicircolare di fronte a un enorme audi- torium pieno di gente dalla platea ai loggioni. Un terzo individuo era in piedi sul palco di fronte a uno schermo stereoscopico. Bern Hedan not• che uno specchio appeso al muro dietro il palcoscenico provoca- va lo strano effetto di riflettere sul suo schermo domestico lo schermo trasmittente, dandogli un'immagine doppia delle tre figure sul palco. Il conduttore stereo stava dicendo:--Questa sera avete ascoltato e assistito a un dibattito estremamente interessante e istruttivo sull'ar- gomento di un'altra Grande Migrazione. Voi tutti conoscete le ragioni che hanno costretto il genere umano a mettere in pratica la scoperta dei mezzi con cui viaggiare nello spazio cosmico dando libero corso al- la migrazione di massa verso la nostra attuale dimora: Venere. I sinto- mi di una decadenza senile del pianeta, quali la perdita dell'atmosfe- ra, la perdita della velocit… orbitale e della rotazione assiale, erano di- ventati cosŤ allarmanti che era evidente che le caratteristiche della Terra si stavano alterando troppo velocemente perch‚ l'umanit… po- tesse adattarvisi. I giorni della Terra erano contati, almeno per quanto riguardava il genere umano. Venere presentava un habitat adatto per i nostri predecessori, per noi e per i nostri figli e nipoti. E i mezzi per andare su Venere erano disponibili. "11 tema di discussione stasera Š stato, per dirlo in breve, 'La storia si ripeter…?'. Nel corso del tempo, a un certo punto nel lontano futuro il destino del nostro pianeta sar… lo stesso di quello della Terra. Pu• darsi che non ci faccia piacere pensarlo, ma Š un fatto, un fatto perfet- tamente naturale, e inevitabile. Gli abitanti di Venere moriranno su Venere o ci sar… un'altra Grande Migrazione?n Con una mano indic• I'uomo seduto alla sua destra. 4I pessimisti pensano che noi siamo condannati per le ragioni che vi ha spiegato, la pi— incontestabile delle quali Š che il nostro prossimo approdo nello spazio Š il pianeta Mercurio, e Mercurio non Š in nessun modO abitabile dagli essere umani.--Poi indic• il lato opposto.--Gli ttimisti~ invece, sostengono che l'umanit… non scomparir… mai dal reatO, soprattutto grazie al costante progresso scientifico che, ha det- ~to, ci consentir… di perfezionare l'arte di navigare nello spazio a tal ~punto che potremmo scegliere tra una dozzina di mondi molto prima ~che l'attuale diventi inospitale. Con ci• si conclude il dibattito tra Leet Horis di Kar e Reca Morga ~della Societ… dei Dibattiti di Nuova Londra." |- Rimase immobile a sorridere dentro lo schermo di trasmiss entre il pubblico applaudiva. --E ora veniamo all'avvenimento che tutta Venere ha atteso con la massima curiosit…. Da quando l'Istituto di Kar Š riuscito a resuscitare l'uomo preistorico due mesi fa, il mondo intero Š in attesa di ascoltare la sua storia. Ci sono state critiche su questo ritardo che, vi posso dire ora, era dovuto al fatto che il semplice ritorno in vita di quest'uomo non bastava a giustificare una sua immediata apparizione sul video. Aveva bisogno di un periodo di convalescenza, durante il quale ha im- parato a parlare la nostra lingua. Troverete che si esprime con buona padronanza, e la ragione Š che la sua lingua Š risultata essere la radice della nostra. Bem Hedan regol• il tasto della luminosit… del suo apparecckio in modo da rendere l'immagine del palcoscenico pi— nitida. Spost• una poltrona di fronte allo schermo, vi si accomod• e accese il grattatesta automatico. Rabbonito dalla comodit… dei cuscini e dalla delicata fri- zione del grattatesta, si dispose di buon grado ad ascoltare. Dopo essere stati inquadrati dal teleschermo, i due protagonisti del dibattito lasciarono la scena. L'annunciatore raggiunse allora il retro del palcoscenico, aprŤ una porta e, con aria solenne, fece entrare l'uo- mo preistorico. L'uomo stava direttamente di fronte allo schermo e studiava duecentomila venusiani. Duecento milioni di venusiani stu- diavano l'uomo. I venusiani erano leggermente delusi. L'oggetto della loro attenzione non aveva l'aspetto di chi vive sugli alberi e si nutre di noci. Il capo era coperto di peli disgustosi. Ma, a parte questo, sembrava del tutto nor- male. Era alto un metro e ottanta; gli occhi scuri, vigili, il volto da in- tellettuale anche per il giudizio dei venusiani. Un silvoid ~carossa rica- mato gli pendeva dalle spalle; in vita portava l'inevitabile cintura ve- nusiana. Sembrava sentirsi completamente a proprio agio; era evidente che non concordava col pubblico nel dare alla sua persona un valore di puro antiquariato. --Ho l'onore di presentarvi--cominci• l'annunciatore,--Glyn Weston, l'uomo del 2007 d.C., un'epoca che si situa circa settantamila anni prima della Grande Migrazione, ovvero centocinquantamila anni Un mormorio di sorpresa percorse le file compatte di sedili --Glyn Weston ha raccontato la sua storia al consiglio dell'Univer- sit… di Kar; ha dato un preziosissimo contributo alle pagine della sto- ria antica. Ora gli chieder• di ripetere per noi il suo racconto e sono certo che dopo che avrete sentito quello che ha da dirvi converrete che questa voce del passato ha narrato la storia pi— sorprendente che sia mai stata tra.cm~cczl Cll nllesti schermi. Glvn Weston. Amici miei--cominci• Weston, parlando con una voce piacevolmen- te modulata--c'Š una cosa che devo dirvi prima di iniziare il mio rac- conto. Il pi— grande dono che Dio ha fatto all'uomo Š la vita. Non pos- so dire che voi mi abbiate dato la vita, ma alle notevoli capacit… della vostra meravigliosa civilt… io devo la restituzione di ci• che mi era sta- to sottratto: la vita! Il debole e fallace potere della parola Š del tutto inadeguato per esprimervi la gratitudine che provo. Desidero che ognuno di voi sappia quanto io abbia apprezzato ci• che ha fatto per me la scienza venusiana. (Un boato di applausi scosse l'auditorium. Il pubblico finŤ per con- vincersi che stava per ascoltare un uomo e non un selvaggio.) --Come vi hanno detto, mi chiamo Glyn Weston. La mia et… non la conosco, e la ragione vi apparir… evidente pi— avanti dalla mia storia. All'epoca che viene definita come mia, se mai un periodo storico si pu• chiamare cosŤ, ero un fisico. "Ho cominciato il mio lavoro all'et… di 28 anni quando fui abbastan- za fortunato da ereditare una grossa somma di denaro. Allora ero l'as- sistente del famoso professor Vanderveen astrofisico all'Osservatorio di Glasgow. Per diversi anni il mio pallino era stato lo studio dell'ope- ra di McAndrew, noto a tutti come 'l'uomo del raggio mortale'. "McAndrew era uno scienziato del decennio precedente. Il suo lavo- ro aveva sopravvanzato quello di certi matematici e fisici del Ventesi- mo secolo, pi— in particolare di Einstein, Graham, ~orrest, e Schweil. Era l'esponente pi— autorevole al mondo del concetto spazio-tempo e, come molti altri geni, egli morŤ dopo aver subito l'incredulit… dei suoi contemporanei, perch‚ aveva sostenuto che sarebbe stato possibile viaggiare attraverso il tempo, muoversi nel tempo verso il futuro. "Schweil, che aveva lavorato in coppia con McAndrew, aveva dimo- Strato che il tempo non era un concetto indipendente, bensŤ un aspetto del movimento. Non ci poteva essere tempo senza movimento, n‚ mo- vimento senza tempo. "Ci• potrebbe apparire piuttosto oscuro ad alcuni di voi, ma in real- t… Š molto semplice. Provate a immaginarvi il tempo senza il movi- mentO; pensate ai mezzi coi quali misurate il tempo. I due concetti non possono essere separati, in quanto sono semplicemente due aspet- ti diversi della medesima cosa. McAndrew dedic• la propria vita alla ~s Scoperta della vera relazione fra questi due aspetti e, se posso metterla CoSŤ, a definirne la 'differenza'. "Il suo lavoro fu coronato dal successo due anni prima della morte. Lavorando alla teoria secondo cui la velocit… del movimento e il ritmo !`~ del tempo si mantengono costantemente paralleli, egli svilupp• un yl raggio col quale fece svanire una serie di oggetti. Sosteneva che il rag- gio faceva aumentare la velocit… del movimento degli elettroni, in mo- do che gli atomi vivevano il tempo a una velocit… maggiore e gli ogget- ti venivano proiettati nel futuro. Naturalmente gli risero in faccia. ''La sua scoperta veniva descritta nei termini pi— assurdi, quali 'il disintegratore automatico' e 'il raggio della morte'. McAndrew lasci• i dati della sua scoperta al solo scienziato che gli aveva creduto. Quello scienziato era Vanderveen, il mio superiore. "Vanderveen era sui cinquant'anni quando raccolse il testimone che gli aveva passato il fallito McAndrew. Nel periodo passato con lui mi diede un costante, quasi paterno, incoraggiamento. Il mio interesse per il lavoro di McAndrew gli faceva immensamente piacere. Quando ricevetti la mia eredit… gli comunicai il mio desiderio di usarla per proseguire le ricerche l… da dove si era fermato McAndrew "aWeston® mi disse, posandomi una mano sulla spalla ®ho pregato perch‚ questa fosse la tua ambizione. McAndrew, ahimŠ, in me ha tro- vato un segugio troppo vecchio per imparare nuovi trucchi. Ma tu... tu sei giovane.® "CosŤ il seme era stato gettato. Ma Vanderveen non visse abbastanza per vederne il frutto. Ventidue anni dopo divenni la cavia umana di un esperimento di viaggio nel tempo. Avevo allestito il mio laboratorio nella regione selvaggia del Peak District nel Derbyshire, in Inghilter- ra, dove potevo portare avanti il mio lavoro con interferenze minime. Da questo laboratorio io avevo spedito nell'ignoto, presumibilmente il futuro, una moltitudine di oggetti, comprese anche diverse creature viventi come ratti, topolini, piccioni e volatili domestici. In nessun ca- so ero riuscito a riportare indietro qualcosa che avevo fatto svanire. Una volta partita, la cavia era sparita per sempre. Non ci fu modo di scoprire dove esattamente fosse finita. Non rimaneva altro da fare che rischiare e andarci io stesso. "A questo scopo progettai una camera a tenuta stagna per viaggiare nel tempo e la feci costruire immediatamente. La camera era in grado di contenere il propulsore del raggio di Schweil-McAndrew, in una versione molto perfezionata, me stesso e una quantit… di materiale che ritenevo necessario portare con me. Avevo allestito il propulsore in modo tale che l'intera camera, con tutto ci• che conteneva, sarebbe svanita immediatamente non appena avessi acceso il raggio. Natural- mente sapevo che se quella camera mi avesse davvero trasportato nel futuro, sarebbe stato d'obbligo considerare la possibile alterazione dei contorni del terreno nel corso del tempo da me percorso. Sarebbe sta- to considerato fare l'esperimento in un punto dove il suolo si sarebbe sollevato lasciandomi incastrato metri al di sotto della superficie ter- restre. Pertanto affittai un terreno sulla cima di una collina a una quindicina di chilometri a nord-ovest di Bakewell, un luogo molto so- litario ed equipaggiai le travi del tetto con un paracadute di mia pro- gettazione per cautelarmi da un possibile fenomeno opposto. "Il 14 di aprile del 1998 d.C. tutto era pronto per il mio esperimento. I miei affari finanziari erano stati sistemati con pi— di una attenzione al futuro. La camera per il viaggio nel tempo, abbondantemente dota- ta di finestre e rassomigliante a una cabina telefonica molto grande, stava al centro del campo dell'agricoltore Wright. Avvicinandomi a essa, ignaro di ci• che il Fato aveva in serbo per me, pensavo a che aspetto assurdo doveva avere, eretta cosŤ in mezzo ai solchi. Senza la minima esitazione aprii la porta, entrai e la richiusi a chiave, azionai il dispositivo per purificare l'aria, diedi un'ultima occhiata alla Terra, immersa in una fresca atmosfera primaverile, e abbassai la leva del propulsore." --La sensazione di essere sotto l'influenza dei raggi era stranissima. La mente sembrava svuotata di tutti i pensieri, tratteneva soltanto ed esclusivamente le impressioni contrastanti di ruvidit… e di levigatez- za, viscosit… e lucentezza, come se la stessa natura della mia materia cerebrale oscillasse tra una sorta di fibrosit… come quella di una cara- mella tirata e una suadente morbidezza come quella di una palla di stucco arrotolata di fresco. Un velo di nebbia scese fra me e il mondo che mi sforzavo di guardare. La nebbia era elusiva, intangibile. Qual- che momentaneo effetto ottico intervenne per sconfiggere ogni mio sforzo di decidere se quella nebbia coprisse le finestre della camera o i miei globi oculari. "Fui assalito da un panico improvviso e tirai la leva di accensione alla quale la mia mano destra era ancora aggrappata. Una sensazione di immensa stanchezza mi tormentb il corpo da capo a piedi, i miei vasi sanguigni frizzavano come se il loro contenuto fosse stato sosti- tuito con acqua minerale. La fugace nebbia fu strappata via come il velo trasparente di una danzatrice orientale. Stavo malissimo. "La mia chiave scatt• nella serratura. Uscii e mi guardai intorno. Tutto sembrava esattamente come lo avevo lasciato. Il campo era an- Cora arato; qualche albero e i cespugli mostravano di essere consape- voli della primavera; il cielo era ancora nuvoloso, l'aria frizzante co- me prima. Il mio esperimento era fallito. "Quello che si incammin• verso il suo laboratorio attraverso i sen- tieri solitari era un uomo distrutto. Ricordo che gli uccelli cinguetta- VanO, ma io non li udivo, in quel momento; fiorellini precoci aggiunge- vano la loro dolce bellezza a questo mio mondo orribile, ma io non li vedevo. "Maledicendo mentalmente la mia mancanza di previdenza per non aver parcheggiato l'auto nel campo in affitto, svoltai per un tornante e cominciai a risalire una collina che stava fra il campo e il laboratorio. Un bracciante della fattoria emerse da un sentiero alla mia sinistra avanzando faticosamente dietro di me. Acceler• il passo, mi raggiuns‚ e mi chiese l'ora. Era un vecchio e aveva l'aria di essere un tipo loqua- ce. Pensai che la sua domanda fosse una scusa per attaccare bottone. Ci• nonostante presi la catena d'oro e guardai l'orologio da poco prez- zo attaccato alla sua estremit…. "®Mi dispiace, I'orologio si Š fermato.® "®Anche il mio® rispose. ®Vuol dire che la sentir• alla radio, quando arrivo a casa.,> Si accese una sigaretta e cammin• su per la collina in silenzio per un breve tempo. ®Che ne pensa del grande volo dei missi- li?~ domand• all'improvviso. "Mi era difficile riprendermi e dovetti fare un grosso sforzo mentale prima di potergli rispondere. In qualche modo riuscii a ricordarmi del sensazionale volo attraverso la Manica di Robert Calir. Quello era sta- to salutato come il primo esperimento veramente riuscito di volo umano con un missile. Se ricordavo bene, il volo aveva avuto luogo al- meno un mese prima. La scienza dei razzi destava l'interesse di un nu- mero estremamente ristretto di persone ed era strano che il vecchio mostrasse ancora dell'interesse per un avvenimento di un mese prima. Ma la buona creanza imponeva una risposta. '®Giusto un altro passo avanti nella marcia inevitabile del progres- so® replicai. '®Pensa che andranno sulla Luna?® "®Chi pu• dirlo® risposi evasivamente. ř®Be', se ne parla; se ne parla® insisteva lui. ®Giusto l'altro giorno ho letto sul giornale che un certo professore ha stabilito quanto ci vor- rebbe per andare su Venere, come si potrebbe costruire un missile adatto e quanto costerebbe. Ho sempre pensato che Venere fosse una donna nuda, non un pianeta. Ci• dimostra quanto la scienza sia pro- gredita da quando ero giovane io.® "®Ah, ma Š il destino di tutti noi essere considerati ignoranti rispet- to alle conoscenze pi— recenti® buttai lŤ per calmarlo. "®Dove si andr… a finire?® domand• lui, tirando una furiosa boccata alla sigaretta. ®Prima i motori a vapore, poi le automobili, gli aerei e quegli auto... come diavolo si chiamano che sembrano mulini a vento e non hanno ali, aerei stratosferici. E ora i razzi! Ricordo che quando ero ragazzo fece furore sui giornali Ginger Leacock quando circum... circum... fece il giro tutt'intorno al mondo senza fermarsi, in uno di quei pazzi vecchi aerei stratosferici. Da allora hanno fatto il giro altre sei volte e non ne hanno ancora abbastanza! Per questo hanno inco- minciato a impicciarsi con i razzi. Per cominciare un pazzo scatenato finisce sopra una casa e si rompe l'osso del collo. 'Martire della scien- za' lo hanno chiamato. Poi un altro idiota che vuole diventare un mar- tire attraversa la Manica su un missile e si spezza entrambe le gambe. Per non essere da meno un altro scemo parte da Dublino e centra in pieno un grattacielo di New York spiaccicandosi tutto...® "®Bastal® lo interruppi ®Di che diavolo sta parlando?® "®Razzi;> rispose, sorpreso. ®E ora che possono andare di qui in Nuova Zelanda in ventiquattr'ore, comprese le soste, o diciotto senza, L quello che io ho da dire Š® "®Mi vuole ascoltare?® gridai, afferrandolo per le spalle. ®Perdio, cosa sta dicendo?® "®Senza offesa, capo, senza offesa® disse nervosamente, cercando di ritrarsi. ®Non intendevo offendere nessuno, davvero!® "®Ma certo che non sono offeso® tuonai. Poi, quando mi accorsi che il mio comportamento lo stava innervosendo, mi calmai e ripresi in un tono pi— basso. ® Lei mi deve scusare, ma l'argomento di cui stava par- lando Š di estremo interesse per me, e per una serie di ragioni non ho pi— avuto modo di aggiornarmi. Stupidamente mi sono lasciato pren- dere dall'eccitazione quando lei ha fatto cenno al volo di un razzo su New York. Mi saprebbe dire quando ha avuto luogo? " ® Be ', mi faccia pensare! ® Apparentemente rassicurato, si ferm• e si mise a guardare il cielo mentre scrutava nella sua memoria. ®Per quanto mi pare di ricordare era l'estate del 2004.® "®Che anno?® ~- "®112004® ripet‚. "®E quando Š stato questo grande volo di missili al quale alludeva b all inizio?® domandai facendo uno sforzo pazzesco per controllarmi. "®Ieri.® "®Senta, le potr… sembrare una domanda strana la mia® gli dissi ~ma sto abbastanza bene. Ho solo un lieve disturbo di memoria. Dun- que mi dica, che giorno era ieri?® "Sembrava comprensivo, tir• fuori un giornale ripiegato dalla tasca siniStra, lo aprŤ apposta e me lo diede. Un titolo a nove colonne alto Cinque centimetri attraversava in alto la prima pagina. Diceva: NUOVO IlMITE DEI RAZZI. E il sommario: IN NUOVA ZELANDA IN 18 ORE--Lamson St schianta nelta Hawkes Bay. Non feci tanto caso a questa notizia, per quantO fosse entusiasmante. I miei occhi cercavano impazienti in ci- ma alla pagina. E l… si trovava a chiare, inconfutabili lettere: LA VOCE DEL GIORNO--22 maggio 2007. "Prima che il poveretto, spaventato a morte, potesse muoversi, lo avevo abbracciato e lo stavo baciando. Lanciai il giornale per aria e al 7 volo gli sferrai un ~ran calcio mentre stava per ricadere. Gridai a squarciagola e mi misi a ballare un fandango sulla strada. Il cappello cadde e rotol• diritto in una pozzanghera; la catena dell'orologio salt• fuori e danz• al tempo. Il mio esperimento di viaggio nel tempo era nuscito! Per cinque minuti divenni pazzo da legare, mentre il mio compagno, dimentico della dignit… dell'et… e dei reumatismi, raggiun- geva al galoppo la cima della collina come un cervo inseguito dai cac- ciatori e scompariva dietro la cresta." --La notevole impresa di aver compiuto un breve viaggio nel tempo non ebbe su di me l'effetto che mi ero immaginato qualche anno pri- ma. Non mi precipitai, rosso in volto e trionfante, a darne l'annuncio a un mondo esterrefatto. Al contrario, divenni diffidente e riservato co- me tutti gli avari. Il mio desiderio di fama e il rispetto per il mondo scientifico svanirono, sostituiti da una curiosit… cosŤ insaziabile che l'oggi era ormai solo un momento per speculare sul domani. Il futuro mi aveva in pugno come una droga malefica. "Prima ero diffidente perch‚ ero deciso a impedire che il mio lavoro cadesse in mani indegne. Ora il motivo era che avevo paura che mi ve- nissero sottratti i mezzi per soddisfare il mio desiderio di esplorare il futuro il pi— accuratamente possibile. "~otto ogni aspetto risultava altamente desiderabile che io intra- prendessi subito la prossima avventura. La mia sorte personale era faccenda di poco conto; il mio denaro era al sicuro, ma non abbastan- za da resistere all'assalto del tempo. Giunsi alla conclusione che mi potevo permettere di ignorare la sorte delle mie fortune terrene. Non sembrava probabile che le potessi reclamare in un lontano futuro. 4Nell'atmosfera silenziosa del laboratorio pieno di polvere ci pensai su. La camera del tempo doveva essere rimossa al pi— presto. Sapeva il cielo quale strana storia avrebbe raccontato il mio interlocutore di prima, quali occhi curiosi e mani indiscrete avrebbero esplorato l'og- getto sul campo di Wright. E a proposito di quello, non sapevo nean- che se apparteneva ancora all'agricoltore Wright. Il proprietario, chiunque śosse, avrebbe potuto cacciar via l'intruso dalla sua proprie- t… a suo arbitrio. Quella notte stessa dovevo fare la prossima mossa. "Un'ora dopo il tramonto entrai nella camera del tempo e chiusi a chiave la porta in previsione della mia seconda avventura. Ero a sto- maco vuoto; nel laboratorio non c'era niente da mangiare e io non ave- vo ingerito niente da ore. Mi consolai con una sigaretta che aveva nove anni ed era ancora fresca! Pallide strisce di luce si allungavano dal cie- lo in direzione dello Staffordshire; la luna crescente pendeva bassa e le stelle luccicavano distinte. La sigaretta cedette la sua ultima, fra- grante boccata. Schiacciandola sotto il piede, mormorai: ®Addio 2007 ! ® . "Con una mano sull'interruttore, esitai. L'ultima volta la leva era stata abbassata tra i sei e i dieci secondi, per quanto avevo potuto sti- mare, e avevo coperto nove anni. Dunque la distanza percorsa era pro- porzionale al tempo in cui la leva era abbassata? Sarei rimasto ucciso quando i raggi mi avessero portato al giorno che la natura aveva fissa- to come quello della mia morte o, per quanto potesse apparire logico o no, sarebbe stato possibile oltrepassarlo indenne? Il silenzio rispose alle mie domande non pronunciate. Non c'era altro da fare che sco- prirlo. Poteva essere un buon esito o il suicidio. Abbassai completa- mente la leva con esagerata determinazione. Il dado era tratto! "Non vi annoier• con un'altra descrizione del malessere che ho defi- nito nausea del tempo. I raggi entrarono in azione per un periodo dieci volte superiore a quello della precedente occasione: quasi un minuto. Poi lasciai la leva. Il corpo venne sottoposto a una potente, ma mo- mentanea tensione, ed ero gi… arrivato. La chiave scatt• nella serratu- ra e la porta si spalanc• all'interno. Qualcosa mi afferr• per i piedi e caddi in avanti. Alzatomi scoprii che la camera del tempo era sprofon- data di circa 15 centimetri nel suolo; avevo incespicato sul gradino di terra fuori dalla porta. Fu una fortuna non aver dotato la camera del tempo di una porta con apertura all'esterno: sarei rimasto in trappola. "Guardandomi attorno, la prima cosa che notai fu che il campo non ` era coltivato. Qualche misero alberello e qualche cespuglio esponeva- no gli ultimi brandelli di fogliame bruno. Il cielo era grigio, cupo e nu- ~, voloso. Conclusi che si doveva essere nel tardo autunno o gi… in inver- no. Non c'era anima viva mentre attraversavo il campo verso il sentie- ro. 3 aMi imbattei in un muretto di pietra alto poco pi— di un metro e vi salii sopra per scrutare il lontano orizzonte e il terreno tutt'intorno. Non c'era alcun segno di vita o di abitazione umana. Lo sguardo spa- zi• ansioso tutt'intorno, intravidi una forma inspiegabile a una di- stanza di circa sette chilometri. Mi tolsi gli occhiali, pulii le lenti e me Ii aggiustai bene sul naso. L'oggetto era un enorme emisfero di colore l~ grigiastro. "L'edificio, se di ci• si trattava, spuntava dalla cima della collina co- rne una verruca sul naso della terra. Si trovava nella direzione oppo- Sta a quella dove c'era, o c'era stato una volta, il mio laboratorio. Ero , affamato e il mio stomaco suggeriva che quell'unica presenza artifi- ciale nel paesaggio prometteva cibo. Saltai gi— dal muretto e mi dires- si con passo pesante verso il cocuzzolo lontano. "Camminando speditamente per una buona oretta arrivai ad alcune centinaia di metri dall'oggetto, che si era rivelato un'enorme gobba di cemento del diametro di circa trenta metri e alto centocinquanta. Sul- la cima sembrava esserci un grande buco. Non ebbi il tempo di fer- marmi a esaminarlo prima di avvicinarmi- rallentai il passo e una vo- ce si materializz• dall'aria dietro di me. Parlava con un accento curio- samente biascicato, simile pi— o meno a quello degli scozzesi, secco e conciso. Disse:--Continua! Mi girai di scatto. Di fronte a me c'era un uomo vestito di marrone scuro, I'abito a met… tra una tuta da ingegnere e un'uniforme militare. Sul capo portava un elmetto, niente pi— che una cuffia di metallo scu- ro; in pugno aveva un oggetto che somigliava solo lontanamente a un fucile. Il suo abbigliamento era del tutto disadorno e lo faceva assomi- gliare a una via di mezzo tra un soldato e un idraulico. "®Da dove sei sbucato?® escalmai. "®Da sotto un cespuglio d'uva spina® disse lui, sorridendo aperta- mente. ®E tu?® "®Dall'anno 2007.® "®Addirittura! Allora il passato si rivolta contro di noi!® C'era una nota di sarcasmo nella sua voce, ma pareva un tipo intelligente. a®Mi devi credere® ribattei. ®La mia storia Š molto lunga, ma quan- do l'avrai udita, la troverai...® "®Molto verosimile!® intervenne. ®Se sei un bugiardo migliore di tanti noi, vorr… dire che sei in gamba. Ora cammina. Ci potrai raccon- tare come hai fatto a salvare il mondo nel 2300 non appena saremo al- I 'interno. ® 4®2300! Hai detto 2300?® Tentai di afferrargli il braccio. "Mi punt• la bocca dell'arma contro lo stomaco. ®Certo che ho detto 2300. Muovi i piedi un po' di pi— e la lingua un po' meno. E, giusto nel caso che tu voglia continuare a giocare la parte del Matusalemme, posso anticipare una tua domanda informandoti che questo Š l'anno di disgrazia 2486?® "aSanto cielo! ® urlai voltandomi e incamminandomi su per la colli- na. ®Ho fatto un salto di quasi quattro secoli!® "®Dalla padella alla brace® fece il mio compagno. "®Perch‚? Cosa intendi dire?® "®Esattamente quel che ho detto® riprese, mentre il suo volto assu- meva un'espressione sardonica. ®Pu• darsi che tu sia un bravo saltato- re, ma come selezionatore non vali proprio niente. Perch‚ non hai fat- to un salto un po' pi— corto o un po' pi— lungo? Il saltatore che viene a finire in questo anno Š pazzo. Diavolo, lo sapevo in ogni caso che tu sei matto! ® a®SŤ, ma..® `` "®Cammina, saltatore, cammina!® ordin•. ®Non voglio usare il mio fucile economico con un bianco, anche se Š pazzo.® "®Perch‚ chiami la tua arma un 'fucile economico'?® gli domandai. "Lui emise un sospiro. ®E va bene, se vuoi fare conversazione e fin- gere di ignorare le cose comuni. Si chiama cosŤ perch‚ viene caricato di frecce avvelenate ad aria compressa e cosŤ si risparmia la spesa per I'esplosivo di cui hanno tanto bisogno altrove.® J "Stavo per chiedergli dove avessero bisogno di esplosivi e per quale scopo. quando scoprii che eravamo arrivati ai piedi della montagnola di cemento e ci trovavamo di fronte a una porta laterale di metallo. "Il mio compagno tocc• la porta e fece scorrere una piccola botola nel mezzo scoprendo uno schermo fluorescente dietro a essa. Si mise di fronte allo schermo e parl•: ®Numero KH. 32851B4, con un signore dell 'anno 2007 ® . --La porta si spalanc• silenziosamente. Entrammo. Di fronte a noi c'era un lungo corridoio illuminato con luce indiretta proveniente da fessure sui lati. Con passo sincronizzato, che mi irritava e che cercavo inutilmente di rompere, marciammo lungo il corridoio. In fondo svol- tammo a destra, avanzammo con passo militaresco lungo un altro cor- ridoio di cemento ed entrammo in una grande stanza. UUn individuo con la pelle come il cuoio e i baffi guard• su dalla sua scrivania. ®Che cosa vuoi?® ringhi•. "®Cibo® risposi in fretta. "®Portagli del cibo® disse rivolto al mio custode. E voltandosi verso di me: ®Siedi®. "Per terra accanto a me c'era un grosso cubo di gomma rossa. Mi ci sedetti sopra con cautela. Era un cuscino gonfiato ad aria e ci si stava magnificamente. L'uomo dietro la scrivania si sporse in avanti, accese uno strumento che aveva una vaga rassomiglianza con i vecchi regi- stratori Si lisci• i baffi e mi ispezion•. "®Nome?® domand•. U®Professor Glyn Weston.® "®Professore, eh? Di quale istituto di ricerca?® "®Prima all'Osservatorio di Glasgow. Da allora ho lavorato nel mio s laboratorio a circa quindici chilometri da qui.® "®Non ci sono laboratori nel raggio di venti chilometri® disse lui, acido. "®Il mio laboratorio si trovava a nove miglia da qui nell'anno 2007® ribattei ostinato. "®Nt~l 2nn7! Ouanti anni hai allora?® "®Da un certo punto di vista ho superato da poco i cinquant'anni, da un altro ne ho quasi cinquecento.® "®Assurdo!® esclam•. ®E evidente che Š assurdo!® "®C'Š una spiegazione a quest'apparente assurdit…. Nel 2007 ero il primo uomo ad aver viaggiato nel tempo, cioŠ nel futuro. Ero arrivato in quell'anno dal 1998. L'esperimento Š stato ripetuto e questo Š il ri- sultato: sono qua.® "®Ah!® Con l'indice si gratt• il lato del naso mentre mi fissava in modo strano. ®La popolarit… dei racconti di fantascienza ci ha reso I argomento del viaggio nel tempo piuttosto familiare. Ma viaggiare nel tempo non Š possibile.® ~'®E perch‚?® chiesi io. "®E illogico.® ' ®La vita Š illogica; i terremoti sono illogici.® ®E vero® convenne. ®Sotto certi aspetti Š profondamente vero. Ma puoi rassegnarti all'idea di stringere la mano di tuoi antenati alcuni secoli prima di essere nato?® "®No, quello sarebbe veramente illogico. I miei esperimenti mi han- no dimostrato che il tempo pu• essere percorso soltanto in una dire- zione, e cioŠ in avanti, nel futuro. Non pu• esservi ritorno, nessuna re- trocessione nel passato, neanche per la frazione di un secondo ® "Si alz• in piedi, si allontan• dalla scrivania verso una libreria ad angolo, cerc• a lungo tra le file compatte di volumi e tir• fuori un gros- so tomo nero. Ne sfogli• rapidamente le pagine. ~oltandosi verso di me, col libro aperto in mano, cominci• a interrogarmi. ®Qual era la popolazione di Bakewell nel 2007~® "®Non posso risponderti® replicai. ®Ho trascorso pochissimo tempo nel 2007. Ma nel 1998 era di circa 4500 persone.® "®Uhm. Chi era il premier della Gran Bretagna?® ~ ® Richard Grierson. ® "®Giusto! Clair trasvol• la Manica. Chi progett• il suo razzo?® "®Il ricercatore aeronautico tedesco Fritz Loeb.® "®Giusto di nuovo!® "®Ascolta® lo supplicai ®Se quella che hai lŤ Š una specie di enciclo- pedia cerca sotto la voce 'tempo' e guarda chi scrisse libri sull'argo- dSi inumidŤ un dito e cominci• a cercare tra le pagine del suo libro. Lo appoggi• sulla scrivania e ne afferr• un altro cercando anche tra le pagine di quello. Ne consult• altri quattro prima di trovare quello che voleva. a®Eccoci qui. A proposito, io sono il capitano Henshaw® aggiunse, come per un ripensamento. ®Fammi vedere... Schweil, Herman, filo- sofo olandese 'Der Vattelapesca'; Schweil di nuovo con un altro libro- McAndrew, Fergus, 'Le coordinate spazio-tempo'; di nuovo McAn- drew, 'La relazione tempo-movimento'; Weston Glyn... bene, che mi venga un colpo! Accelerazione atomica nella corrente del tempo'; di nuovo: Weston, Glyn, 'La teoria di Schweil-McAndrew semplificata'. Un altro e un altro ancora; uno, due, tre, quattro, cinque, sei! Glyn We- ston: sei tu!® "®E posso provarlo® dissi, estremamente soddisfatto che fosse regi- strata la mia opera per cinque secoli. "®Come?® chiese il capitano Henshaw. "®La mia camera del tempo Š in attesa di una tua ispezione in un luogo che ti posso descrivere come il campo di Wright. Si trova a un'o- ra di cammino da qui.® "Una porta alla mia sinistra si aprŤ all'improvviso. Comparve un uo- mo in uniforme che spingeva un carrello di scintillanti tubi metallici montati su rotelle con pneumatici a forma di ciambella. Manovrava il carrello con destrezza e, girandolo di fronte al mio sedile, sollev• un vassoio ricolmo dal piano superiore e, con l'aria indifferente di un esperto prestigiatore, tir• fuori quattro gambe telescopiche dal fondo. Sistemato il congegno per bene, spieg• una tovaglia e si inchin• con un sorriso impudente. "®Devi aver fame dopo cinque secoli di astensione!® disse. E lan- ciando un ghigno verso Henshaw marci• fuori della stanza. U®Per essere del tutto sincero con te® disse Henshaw, mentre comin- ciavo il gradito pasto ® la tua storia Š troppo ridicola perch‚ le si possa credere, nonostante le prove che hai da offrire. Adesso non pensare che io voglia darti del bugiardo, perch‚ non Š cosŤ. Tutto quello che posso dire Š che intendo sospendere il mio giudizio sulla vicenda finch‚ non avr• avuto l'opportunit… di ispezionare questa tua cabina magica, e L~ ho intenzione di andare a vederla subito dopo aver finito il mio turno di servizio, fra due ore." ® Sarai il benvenuto® borbottai con la bocca piena, agitando la for- chetta nell'aria. " ® Dopo che avr• ispezionato il tuo aggeggio far• un rapporto a Man- chester. Saranno i miei superiori poi a decidere come trattarti.® "®Suona come una minaccia® osservai masticando rapidamente. "®E, giusto nel caso che la tua storia sia vera sotto ogni aspetto, c'Š qualcosa che vorresti sapere?® "®SŤ® risposi trafiggendo una patata. ®Dove sono?® "®Ti trovi all'interno del N. 37 Fortezza di intercettazione.® Si al- - lontan• dalla scrivania e cominci• a misurare la stanza a passi. [ "®N. 37 che?® domandai con improvvisa energia. "®Fortezza di intercettazione® ripet‚. ®Siamo in guerra.® "®In guerra® feci eco debolmente. L "®La guerra pi— vasta e feroce che il mondo abbia mai conosciuto C'Š da cinque anni ormai, e sembra che durer… per i prossimi cinque La decima parte della popolazione della terra Š sata spazzata via, can- cellata. Metropolis, che ai tuoi tempi si chiamava 'Londra', non esiste pi— se non come un enorme ammasso di mattoni a pezzi, tegole e ce- mento che custodisce le ossa di quelli che aveva ospitato in vita. Se tu sei in grado di viaggiare nel tempo come dici vivrai abbastanza da maledire l'invenzione che ti ha precipitato in quest'epoca.® L'espres- sione di Henshaw si fece amara, la voce rauca. "®Contro chi sta combattendo la Gran Bretagna?>~ domandai. Mi ero ormai quasi dimenticato della cena. "aNon c'Š nessuna Gran Bretagna® rispose Henshaw. ®Quel nome fu abbandonato due secoli fa. E non c'Š neppure alcun Impero britanni- co. Ora ci troviamo in Inghilterra, uno stato indipendente che fa parte del Mondo Bianco, proprio come la Scozia, I'Irlanda, I'Australia, la Germania, la Russia e tutti gli altri che śanno parte del Mondo Bianco. Oggi la Terra si divide solo in tre parti: il Mondo Bianco, il Mondo Giallo e il Mondo Nero. Il Mondo Nero Š il pi— piccolo e il pi— insignifi- cante dei tre. Comprende le cosiddette razze nere ed Š neutrale, per il momento. Il Mondo Bianco e quello Giallo si stanno decimando l'un l'altro per imporre il proprio diritto a riprodursi senza riguardo per lo spazio disponibile. Ma sto disturbando il tuo pasto. Per favore, finisci di mangiare e io ti porter• nella sala del teleriproduttore. L… ti potr• mostrare qualcosa della guerra. ''Con la mente turbata da un nugolo di pensieri passeggeri, mangia- vo in silenzio mentre Henshaw si muoveva irrequieto davanti alla li- breria, tirando fuori volumi e rimettendoli al loro posto. Poi la cena termin•. Bevvi l'ultimo sorso d'acqua, sgranocchiai l'ultimo fram- mento di biscotto e mi alzai. 3 "Henshaw fece cenno verso la porta dalla quale eravamo entrati. La attraversammo, percorremmo un lungo corridoio, oltrepassammo un'altra porta su per una scala a chiocciola e un altro corridoio al ter- mine del quale ci ritrovammo in una lunga stanza rettangolare pro- prio sotto il tetto della fortezza. U~Questa Š la stanza del teleriproduttore® disse Henshaw." --I muri e il pavimento della stanza erano ingombri di una massa di strumenti e apparecchiature. Quattro uomini si davano da fare in quel guazzabuglio, occupati in varie attivit…, mentre nel lato pi— distante altri due erano seduti a quello che mi parve un quadro dei comandi di qualche genere. L'oggetto principale era un grande disco di vetro fissa- to in una cornice di metallo al centro del pavimento. Il disco era leg- germente inclinato rispetto all'asse orizzontale, aveva una superficie a specchio e somigliava moltissimo ai riflettori astronomici dei miei tempi. "Henshaw tir• fuori una sedia da qualche parte. Dopo averla siste- mata vicino allo specchio, mi invit• a sedere e poi raggiunse gli uomi- ni al quadro di comando e tenne con loro una breve conversazione. Torn• indietro e si ferm• accanto alla mia sedia. "®Il teleriproduttore risulta dall'aver permesso agli sperimentatori dilettanti sulle onde corte di giocare con la televisione. E dawero troppo complicato spiegarlo qui ora. Diciamo che viene diretto un raggio al cielo che trapassa gli strati di Heaviside e Appleton e rimbal- za sulla strato di Grocott, a un'altitudine di circa milleduecento chilo- metri. Il raggio poi torna alla terra e cattura la scena nel punto di im- patto. Rimbalza tutto intorno alla terra, registrando la scena ovunque vada il raggio a colpire; la prima impressione Š la pi— forte e quando raccogliamo di nuovo il raggio non abbiamo grosse difflcolt… a sinto- nizzarci fuori dalla confusione delle scene sottostanti, lasciando le pri- me chiare e nitide. In questo momento gli operatori stanno cercando di angolare il raggio in modo da darci una visuale di Metropolis. I ri- sultati doYrebbero arrivare da un momento all'altro.® "Mentre stava ancora parlando il disco a specchio si anim• tutto di un colpo. Non fu preceduto da alcun offuscamento. Un momento pri- ma la superficie era completamente vuota tranne che per il luccichio, un momento dopo mostrava una scena con sorprendente chiarezza. Mi sporsi in avanti e guardai dentro il disco. "Una strada devastata, butterata di crateri frastagliati, attraversava un'area piena di cumuli di macerie. Per quanto guardassi attentamen- te, non riuscii a cogliere un solo posto dove due mattoni fossero ancora attaccati, n‚ potei vedere un solo mattone intatto. La scena conserva- va un'atroce uniformit…, un miglio quadrato di patetica evidenza. ,~ "Niente si muoveva in quella lugubre scena, non un solo passo dove dieci milioni di persone avevano camminato; nessuna voce si levava dove un tempo i bambini gridavano durante i loro giochi. Mi venne un F groppo alla gola, quando mi resi conto che Metropolis, la vecchia cara Londra, non esisteva pi—. Era ormai solo uma grossa cicatrice grigia Sopra quella che io mi immaginavo ancora come la verde dolce faccia L della terra; una cicatrice sull'anima dell'umanit…. "L'immagine sullo specchio mutava quando gli uomini nel fondo della stanza toccavano i comandi. Il lato pi— vicino della strada sem- brava sollevarsi verso di me quasi per mostrarsi in maggior dettaglio. Scorsi delle ossa che sporgevano da un ammasso di sudiciume a circa cinquanta metri da un enorme cratere. Vicino alle gambe c'era lo scheletro appiattito di un cane. Henshaw chin• il capo in avanti, si t strOfin• il mento con un rumore aspro e stridulo e parl•. a®Hai di fronte uno degli incidenti pi— strazianti della guerra. Il ca- ne si Š rifiutato di abbandonare il padrone colpito. Gli Š rimasto vicino fino a lasciarsi morire di fame. Migliaia di persone hanno assistito al suo lungo atto di devozione protrattosi nel tempo attraverso il teleri- produttore, imprecando e versando lacrime impotenti. Il tenente d'a- viazione O'Rourke, disubbidendo agli ordini, ha fatto un estremo ten- tativo di salvare il cane quando ormai il ventre gli era scomparso sotto le costole. Ma Š stato abbattuto da una squadriglia dei Gialli. Il suo ae- roplano a reazione Š nella polvere dell'Arco di Marmo. Sia resa grazia a un prode gentiluomo!® "®I Gialli stanno vincendo?® domandai col cuore a pezzi. "~ rispose prontamente il Senior. "®Le donne!® Henshaw sembrava sbigottito. U®La guerra dur• nove anni, non cinque® continu• il senior. ®Fu portata alla conclusione da un'organizzazione militante di donne che, innanzitutto, si rifiutarono di mettere al mondo altri bambini, poi smisero di lavorare nelle fabbriche di munizioni costringendo entram- bi i contendenti a ritirare un gran numero di soldati per rimpiazzarle, e, alla fine, presero loro stesse le armi e assassinarono coloro che esse consideravano gli uomini-chiave del conflitto. Fu quella guerra la cau- sa diretta del matriarcato su scala mondiale che per i tremila anni se- guenti esercit• il potere.® U®Be', sono uno sporco soldato!® esclam• Henshaw. "®Dunque lei Š il famoso viaggiatore attraverso il tempo~j disse il se- nior, rivolto verso di me. ®Ho sentito parlare molto di lei nei notiziari. Ho saputo che lei sar… invitato al Convegno annuale degli scienziati che si terr… tra una settimana a Metro. Sarebbe molto interessante se lei potesse portare con s‚ il suo apparato da viaggio.® "®Ora questa sŤ che Š curiosa!® dissi. ®Sono qui da diversi giorni e non mi Š mai venuto in mente di chiedere che cosa ne Š stato del con- gegno.® a®E al sicuro® rispose Melsona. ®Mentre ti portavano a casa mia, quello l'hanno tolto dalla strada. E stato poi recuperato e messo nel Museo della Scienza fino a quando non vorrai riaverlo.® "®Bene® proposi io. ®Vi piacerebbe andare a vederlo?® Tanto senior Molcho quanto Melsona furono entusiasti di poter visitare la camera del tempo. Tagliammo attraverso una strada laterale per andare a prendere una strada semovente diretta verso il centro, ci imbarcam- mo sulla corsia esterna da otto chilometri e filammo verso la citt…. " ® La cosa pi— curiosa dei viaggi nel tempo ® dissi al senior ® Š come al- tera le idee. Per esempio, si potrebbe pensare che io abbia sconvolto le leggi della natura vivendo migliaia di anni. Tuttavia, in quanto viaggia- tore nel tempo, io so che non Š cosŤ. In realt… sono pi— vecchio di una set- timana circa di quando ho dato inizio al mio esperimento. Ora so che la natura ha fissato la data della mia fine non in termini di anni secondo il computo degli uomini, ma in termini di anni della mia vita. Morir• a un certo numero di miei anni dalla mia nascita, indipendentemente da co- me quel numero possa venire diviso o distribuito nel futuro.® U®C'Š un punto che, a mio parere, Š ancora pi— curioso® rispose il se- nior. ®Com'Š possibile che noi, con la nostra grande civilt…, il nostrř enorme interesse per ogni ramo della scienza, non siamo stati capaci di risolvere il problema che gi… fu risolto da due uomini che ci prece- dono di migliaia di anni?® U®Henshaw non l'ha affatto risolto® gli feci notare. "®Non mi riferivo a Henshaw, ma al suo predecessore.® "®Il mio predecessore?® non capivo a chi si riferisse. "®Ti ho detto che la possibilit… di viaggiare nel tempo non ci era sco- osciuta® intervenne Melsona. ®Ti ho anche detto, quando ci incon- trammolaprimavolta,cheeragi…statoeffettuatoconsuccessoprima.® UFrugai nella mia memoria e mi ricordai vagamente che lui mi ave- va detto qualcosa di simile- Allora mi era sfuggito perch‚ mi trovavo in uno stato confusionale. U®Quando spunt• fuori Schweil affermando che...® U< Schweil!® gridai con tutto il fiato che avevo in gola. ®Ha detto Schweil?® U®SŤ® rispose il senior, spaventato. ®Quando Schweil Š comparso af- fermando che proveniva in origine dalla sua epoca, pi— o meno, tutti risero di lui e fu...® U®Mi dica® lo interruppi. ®Da che anno diceva di venire?® U®Mi faccia pensare...® Studi• il pavimento e si mise a riflettere. Non la finiva pi—. ®Era il 1949, mi sembra.® U®E proprio cosŤ® urlai, tremando letteralmente dall'eccitazione. ®E cosŤ!® La gente intorno mi fissava come se fossi matto. Stavo dando spettacolo e non me ne importava niente. U®Lo conosceva?® chiese il senior, con un tono tranquillizzante. U®No. MorŤ alcuni anni prima che nascessi. O per lo meno fu creduto morto. PartŤ con il suo aeroplano privato con la manifesta intenzione di partecipare a un congresso scientifico a New York. Scomparve. I rottami del suo aereo raggiunsero la costa della Nuova Scozia un mese dopo. Era un tipo piuttosto eccentrico, non molto ben visto e alcuni suggerirono che si trattasse di un evidente caso di suicidio. Le sue teo- rie, e quelle dei suoi successori, furono utilizzate da me. Che ne Š stato L~ di lui? Dove si trova? Mi dica, per favore, tutto quello che sa.® "Il senior pareva sopraffatto, trasse un lungo respiro e disse: ®Nel '~ 312 n. c., 460 anni fa, questo Schweil comparve nella periferia di Me- tro, la nostra grande citt… sul Tamigi, e sostenne di aver viaggiato at- traversO il tempo dal passato. Il suo congegno aveva la forma di una sfera di metallo scuro di circa tre metri di diametro. Nonostante le sue caratteristiche antiche, non venne creduto. La sua macchina fu esami- nata e dichiarata una burla. Si trovava nella sfortunata posizione di non essere in grado di provare le sue asserzioni, se non dando una di- mostrazione pratica. E cosŤ si sarebbe allontanato dalle stesse persone L~ che doveva convincere, poich‚ ci disse che, sebbene fosse possibile E~ Viaggiare nel futuro, non si poteva tornare indietro nel passato®. U~Giusto® dissi io, pendendo dalle sue labbra. ®Era molto amareggiato. A sentire lui la nostra era l'ottava epoca s che aveva visitato, e in nessuna era stato creduto. Alla fine emigr• su Venere portando con s‚ la sfera. Visse l… per circa un anno e poi gli riu- ~ScŤ di convincerci che le sue affermazioni erano fondate. Lo fece en- ando nella sua sfera e scomparendo di fronte agli occhi di un mi- gliaio di coloni. Non Š mai pi— tornato. Da allora non abbiamo pi— sa- uto nulla di lui.® "®E andato ancora avanti® dissi saltellando intorno come un gatto sui mattoni ardenti. ®E andato ancora avanti. Oh, se solo potessi in- contrarlo! Un uomo del mio tempo, un compagno adatto per i miei viaggi... Lo devo incontrare! Lo deve assolutamente trovare! Mi sta aspettando da qualche parte nel futuro. Devo andare a cercarlo! La mia camera del tempo deve essere trasportata immediatamente su Ve- nere!® CosŤ dicendo, preso da un'agitazione folle, saltai sulla corsia centrale pi— veloce e corsi su di essa con un unico pensiero in testa: ar- rivare al Museo della Scienza il pi— presto possibile e disporre per il trasporto della camera. "Lo sforzo della corsa doveva avermi placato la mente. Dopo mezzo chilometro mi trasferii sul marciapiede e attesi che gli altri mi rag- giungessero. Arrivarono uno dietro l'altro, senza fiato. Prima Hen- shaw, poi Melsona e il senior buon ultimo a gran fatica. "Insieme entrammo nel Museo e Melsona domand• dov'era stata si- stemata la mia camera del tempo. Lasciandoci guidare da lui la rag- giungemmo all'ultimo piano. A questo punto mi ero calmato abba- stanza da ricordarmi che i miei compagni desideravano esaminarla. Aprii la porta e cominciai a spiegare loro il funzionamento dell'appa- rato a raggio e le teorie su cui si basava. "La cabina sembrava aver subito danni leggeri. Gli angoli esterni erano fortemente rigati e ammaccati. Una delle finestre era rotta. Tirai fuori le valvole e il tubo del raggio e li esaminai alla luce, rimettendoli a posto dopo aver constatato che erano ancora in condizioni eccellenti. "Ispezionai l'intero apparato, aggiustando un cavo qui e stringendo un morsetto l…. Per diverso tempo girellai l… attorno come una mam- ma intorno al suo bambino. Stavo per chinarmi a esaminare un con- tatto del vibratore McAndrews quando mi prese un senso di nausea e il contatto cominci• a vibrare sotto i miei occhi.n --Mi raddrizzai, vidi le finestre inquadrare una semitrasparenza in cui una vaga ombra danzava, ondeggiava e poi scompariva come quando si estingue la fiammella di una candela. Fui preso dal panicO quando una nebbia ormai familiare mi appann• la vista. Capii che co- sa era avvenuto. In qualche modo il propulsore si era messo in azione "Presi a frugare affannosamente nella nebbia che mi avvolgeva in cerca dell'interruttore. Le sensazioni che si alternavano rapidamente~ di levigatezza e di fibrosit…, mi annebbiavano il cervello. Frugavo co- me un uhriaco in cerca di chiss… cosa. Tiravo tutto aue!l~ rh~ l~ mia mano toccava. Spingevo oggetti invisibili che si rifiutavano di spo- starsi. Montavo su cose che apparivano e subito scomparivano. - "Per quanto tempo dur• tutto ci• non saprei. Mi angosciai al pensie- - ro che il mio ultimo dolce mondo recedeva rapidamente nell'irrevoca- bile passato. Cominciai a scalciare all'impazzata in ogni direzione. Il frantumarsi di vetri seguito da una sensazione di fatica mi appagaro- no dei miei sforzi. La nebbia si dirad•, lasciandomi intento a osserva- re una valvola rotta. La camera del tempo si era fermata. "Un pesante strato di vapore copriva l'interno delle superfici dei ve- tri. La mia attenzione fu attratta da un forte sibilo. Rimasi sbigottito nel vedere l'aria che usciva fuori attraverso l'apertura della porta soc- chiusa. Sbarrai immediatamente la porta, aprii il rubinetto della bom- boletta di ossigeno di scorta, pulii il vetro dal vapore e guardai fuori. !~ "La scena che si present• ai miei occhi era assai deprimente: una li- scia e piatta distesa di sporcizia e polvere si estendeva senza interru- zione fino all'orizzonte. Il cielo da una parte risplendeva di luce bian- ca, dall'altra tesseva una trama violacea scura e sinistra. Al primo sguardo capii che il mondo di quell'epoca era privo di aria, deserto, morto. Caddi preda dell'orrore al pensiero che le mie ore erano conta- te. La morte mi attendeva fuori. E dentro! "Dopo qualche ora, con la preziosa bottiglia di ossigeno che ancora gocciolava, stavo guardando sconsolato fuori della finestra della mia stanza, notando che il cielo non era mutato minimamente e che evi- dentemente ero bloccato in una zona di eterno crepuscolo. Proprio mentre stavo cosŤ alla finestra un istinto attrasse la mia attenzione sul lontano orizzonte. L…, con una curva maestosa, stava planando una colossale nave spaziale, la fusoliera liscia e scintillante, la coda ornata di piume di fuoco. Sentii un tuffo al cuore mentre seguivo la sua traiet- toria di volo fino a che s'immerse in un luogo d'atterraggio a me invi- sibile proprio oltre il bordo della terra. "Non mi venne da chiedermi perch‚ una nave spaziale dovesse vola- re su un mondo senz'aria. L'idea che io potessi essere la vittima della mia stessa visione non mi venne mai in mente. Ripiegai un fazzoletto in modo da farne un tampone, lo compressi sul collo della bottiglia di Ossigeno ormai quasi vuota e aprii la porta. Tenendo il tampone schiacciato sul naso, corsi verso l'orizzonte... . "Mi sembr• di correre per interminabili chilometri col petto ansante, il cuore che batteva e la testa che mi girava. La lingua mi si era gonfiata in bocca, gli occhi mi sporgevano dolorosamente in fuori e non vedevo ' pi—. Non sapevo n‚ mi importava se stavo correndo in linea retta o in ircolo. La cosa principale era continuare a correre. Caddi in preda al delirio- mi muovevo, mi muovevo, mi muovevo come un automa. 'Devo aver perso la bottiglia dell'ossigeno; devo essere caduto e i morto. Ma non me lo ricordo. Il mio ullimr~ rirr~r~ lell~ TPrr:~ e Ch~ stavo fuggendo con piedi di piombo come chi Š inseguito da fantasmi in un incubo. Voi conoscete il seguito della mia storia. Ripresi i sensi disteso nella sala di resuscitazione dell'Istituto di Kar col corpo dolo- rante e il polso che batteva in sintonia col battito di un cuore meccani- co sospeso sopra il mio torace. "Che cosa avverr… ora? E giusto che lo sappiate. E mia intenzione tra- scorrere un po' di tempo a visitare il vostro bel mondo. Desidero visi- tare i monumenti, studiare i vostri costumi. Con grande interesse ho appreso che l'enorme quantit… di lavoro che Š risultata dalla Grande Migrazione ha causato molti mutamenti radicali rispetto al mondo che ho conosciuto per ultimo. Voglio leggere della Grande Migrazione per imparare tutto quello che c'Š da imparare su questa straordinaria avventura epica della storia umana, per comprendere la natura dei cambiamenti che ha comportato come, per esempio, il vostro ritorno a un sistema monetario. "Poi mi metter• al lavoro e mi costruir• un'altra camera del tempo. Lo voglio fare perch‚ ho intenzione di ritrovare il mio contemporaneo Schweil. Abbiamo bisogno l'uno dell'altro. Vi piacerebbe sapere come penso di riuscirci? Lasciate che ve lo dica. "Far• una serie di brevi salti nel futuro e da quelli deriver• i dati ne- cessari per fare certi calcoli che, quando li avr• completati, mi consen- tiranno di partire per una data predeterminata. Se Schweil non sar… ancora ricomparso, gli lascer• un messaggio con un appuntamento pi— in l… nel futuro, e poi partir• per quella data. Quando Schweil arri- ver… e trover… il mio messaggio si metter… in viaggio anche lui per quella stessa data. E cosŤ ci daremo convegno in un futuro. "Non ho dubbi che il piano funzioner…, solo che a Schweil venga re- capitato il mio messaggio. Dovreste cercarlo. Sono sicuro che dall'ul- tima volta che si Š saputo di lui Š gi… ricomparso una dozzina di volte. Date le accoglienze che ha ricevuto in passato, e conoscendone il ca- rattere, vi posso dire che Š probabile che egli faccia ritorno in segreto, senza pubblicit…. "Voi potete essermi di aiuto. Tutto quel che vi chiedo Š che mante- niate la mia storia e il mio messaggio per sempre vivi!" L'annunciatore si avvicin• con passi felpati allo schermo di trasmiS- sione. Il pubblico era una massa di occhi che fissavano intenti una sola rlgura centrale. Con un movimento improvviso Glyn Weston, "l'uomo in cerca del Futuro®, lasci• la scena. Titolo originale: Seeker of Tomorrow Traduzione di Paola Rambaldi Stanley G. Weznbaum L'ARRIVO DELLA FIAMMA Il mondo Hull Tarvish si volt• indietro una volta sola, quando fu giunto alla cur- va a gomito della strada. Il piccolo, basso cottage di pietra che era stato la sua casa era come l'aveva visto mille volte, incomicia-to dai cedri. Sua madre lo seguiva ancora con lo sguardo, e due dei fratelli minori lo stavano guardando dai fianchi della montagna. Alz• la mano in un ge- sto d'addio, poi la lasci• cadere, quando si rese conto che ormai nessu- no di loro lo vedeva pi—: sua madre si era girata con indifferenza verso la porta, e i due ragazzini avevano avvistato un coniglio. Torn• a vol- tarsi e riprese a camminare a grandi passi, scendendo il pendio che portava fuori dall'Ozarky. Pass• davanti al luogo dove un tempo stava la grande strada d'ac- ciaio degli Antichi, ormai ridotta a due lunghe strisce arrugginite ad una fila di tronchi putrefatti. Accanto c'era un mucchio di pietre coper- te di muschio che era stato un edificio nei tempi antecedenti ai Secoli Bui, quando l'Ozarky faceva parte del vecchio stato del M'souri. I mon- tanari andavano ancora a frugarvi, in cerca delle pietre squadrate, da usare nelle costruzioni, ma il duro metallo della strada d'acciaio era troppO resistente e ostinato perch‚ fosse possibile utilizzarlo, e in quei trecento anni le rotaie si erano arrugginite in silenzio. Tutto questo Hull Tarvish lo sapeva, perch‚ se ne parlava ancora, la notte~ intorno ai camini. Gli Antichi erano stati potentissimi maghi- le loro strade d'acciaio andavano dovunque, e dovunque c'erano le rovine delle loro citt…, erette - a quanto si diceva- per mezzo di una magia che evava i pesi. Gi— nella valle - sapeva anche questo--gli uomini sta- Vano tuttora cercando quella magia: una volta un cavaliere si era fer- ato a passare la notte in casa Tarvish, e aveva raccontato che lontano ntano~ a Sud, il segreto era stato scoperto, ma nessuno ne aveva mai ~pi— sentito parlare. ~ischiettando tra s‚, Hull si assest• sulla spalla la borsa di pezza, si- stem• pi— comodamente I arco, e continu• il suo cammino. Era per questo che anche lui voleva raggiungere la valle; voleva vedere com'era fatto il mondo. Era sempre stato un tipo irrequieto, diverso dai sei figli maschi Tarvish e dalle sei femmine. Quelli erano veri montanari: i figli erano grandi cacciatori, le figlie stolide e industriose. Ma Hull no: non era pigro come i fratelli, n‚ stolido come le sorelle. Era irrequieto, cu- rioso, sognatore. Perci• si avventurava fischiettando nel mondo, ed era felice. La sera si ferm• al cottage degli Hobel, al limitare della montagna. Lontano, davanti a lui, si stendeva la pianura, e nella lontananza, men- tre scendeva l'oscurit…, si scorgeva il campanile della chiesa di Norse. Era un villaggio: Hull non aveva mai visto un villaggio, o meglio non ne aveva mai visto altro che un campanile lontano, simile nella forma a un pino bianco e diritto. Ma aveva sentito parlare di Norse, perch‚ qualche volta i montanari vi scendevano a comprare polvere e pallotto- le per i fucili... quelli che avevano i fucili, naturalmente. Hull aveva solo un arco. Non capiva a cosa servissero i fucili: le pal- lottole e la polvere costavano denaro, e una freccia faceva gratis lo stes- so lavoro, e senza bisogno di far fuggire la selvaggina per un raggio di un chilometro. La mattina dopo si conged• dagli Hobel che, come sempre, lo giudi- carono un po' matto, e si avvi•. Le gambe poderose, brune e nude si muovevano svelte sotto i calzoni laceri, i piedi scalzi facevano un pia- cevole suush nella polvere della strada, il Sole di giugno batteva caldo sulla sua guancia destra. Hull era felice: non c'era mai stato un mondo pi— piacevole, e perci• sorrideva e fischiettava, e sputava meticolosa- mente nella polvere, ricordando che portava sfortuna sputare verso il Sole. Era avviato verso l'avventura. E l'avventura arriv•. Hull era giunto ormai nella pianura, dove gli, alberi erano pi— alti degli arbusti del territorio collinoso, e dove le rare fattorie erano grandi e prospere, con i campi ben coltivati. Il sentiero era divenuto una strada carraia, tagliata e angolata in mezzo alla fore- sta. E inaspettatamente un uomo... no, due uomini si alzarono da un tronco sul bordo della via e si avvicinarono a Hull. Li scrut•: uno era al- to e aveva i capelli chiari come lui, ma non aveva la sua struttura robu- sta; I'altro era pi— basso di tutta la testa, e bruno. Abitanti della valle, sicuramente, perch‚ il bruno aveva una tozza pistola alla cintura con il calcio di legno come quelle degli Antichi, e l'arco dell'uomo pi— alto era fatto di lucente acciaio elastico. --Salve, montanaro,--disse il bruno.--Dove vai? --A Norse--rispose laconico Hull. --Cosa c'Š nel sacco? --La mia lingual--ribatt‚ il giovane. I Frase idiomatica del secondo secolo dell'Illuminismo. Avere ~la lingua nel saccon significava rifiutarsi di rispondere alle domande (N.d.A.). _ Calma, calma--grugnŤ il biondo.--Non offenderti, montanaro. Siamo soltanto curiosi. Hai un gran bel coltello. Voglio fare un baratto. Con che cosa? Con un po' di piombo nel tuo gozzo--ringhi• il bruno. All'im- provviSo, la pistola tozza apparve nel suo pugno.--Passalo qui, e an- che la borsa. Hull guard• con una smorfia prima l'uno, poi l'altro. Alla fine scroll• le spalle, e si mosse come per scaricare il sacco. E poi, rapido come il guizzo di un serpente velenoso, il suo piede sinistro sfrecci• avanti, col- pendo il bruno esattamente alla bocca dello stomaco, con tutta la po- tenza dei muscoli e del peso di Hull. L'uomo riuscŤ a emettere solo un grugnito soffocato; si pieg• su se stesso e cadde, mentre l'arma volava nella polvere, a cinque o sei metri di distanza. Il biondo si lanci• per recuperarla, ma Hull lo blocc• pas- sandogli un braccio poderoso intorno alla gola, e lo stratton• due volte: la breve lotta finŤ. Si avvi• placidamente verso Norse con una tozza pi- stola carica al fianco, un lucente arco d'acciaio elastico sulla spalla, e ventidue frecce tubolari d'acciaio nella faretra. Arriv• in cima a un dosso: il villaggio si stendeva davanti a lui. Spa- lanc• gli occhi. Cento case almeno. Dovevano esservi cinquecento abi- E tanti, pi— di quanti ne avesse visti tutti insieme in vita sua. ProseguŤ, impaziente, guardando meravigliato la chiesa che torreggiava come un albero altissimo, le finestre di pezzi di vetro recuperati dalle antiche rovine e meticolosamente rimessi insieme, la taverna con l'insegna L dondolante: un uomo grasso in modo incredibile che impugnava un gi- gantesco boccale. Fiss• le case, alcune delle quali avevano sul davanti i negozi, e gli abitanti, quasi tutti calzati di cuoio. Hull non attirava molta attenzione. Norse era abituata ai montanari, e solo una o due ragazze volsero lo sguardo attento sulla sua figura po- derosa Ma questo lo mise a disagio; le ragazze delle montagne ridac- chiavano e arrossivano, ma non fissavano apertamente gli uomini. Per- ci• ricambi• le occhiate con aria di sfida, facendo scorrere lo sguardo dalle cuffie alle corte gonnelle ondeggianti e ai sandali di cuoio, e le ra- gazze risero e passarono oltre. ` Norse non gli piaceva, decise. Mentre il Sole tramontava, le case in- combevano troppo vicine, come se volessero soffocarlo, e perci• si di- resse verso l'aperta campagna, per trovare un posto dove dormire. Al limitare del villaggio c'erano i resti di un'antica citt…, con le spettrali ' Inura sgretolate, verso occidente. C'erano fantasmi, lŤ, era naturale, erciO Hull pass• oltre, trov• una zona boscosa e si sdrai•, chiudendo . l arcO e le frecce d'acciaio nel sacco, per proteggerli dalla rugiada not- L~turna che li avrebbe arrugginiti. Poi si leg• il sacco intomo ai piedi e al- ~le gambe, si sdrai• comodamente, e si addorment• con la mano sul cal- io della pistola. Non c'erano animali pericolosi, nei boschi, eccettuati i lupi che non attaccavano mai gli esseri umani nei mesi caldi dell'an- no; ma c'erano gli uomini, e loro non si ritenevano vincolati da quelle leggi stagionali. Si svegli• bagnato fradicio di rugiada. Il Sole lanciava frecce dorate attraverso le fronde, e Hull aveva una fame tremenda. Mangi• I ultimo pezzo di pane scuro preparato da sua madre, togliendolo dal sacco, e poi raggiunse la strada. C'era un carro che avanzava cigolando pesan- temente, diretto verso il Nord; I'uomo barbuto dall'aria mite fu lieto di dargli un passaggio, per avere un po' di compagnia. --Montanaro?--chiese. --SŤ. --Diretto dove? --Nel mondo--rispose Hull. --Be'--osserv• l'altro--Š un posto molto grande, e quello che ho visto io somiglia molto a quel che c'Š qui. Tutto, tranne Selui. Quella Š una citt…. SŤ, quella Š una citt…. Ci sei mai stato? --No. --Ci sono--disse il contadino, con tono d'importanza--ventimila persone. Forse anche di pi—. E ci sono le rovine pi— grandi che si siano mai ~riste. Ponti. Palazzi... alti quattro o cinque volte di pi— della Chiesa di Norse, anche se sono crollati. Il Diavolo solo sa quant'erano alti nei tempi antichi. --E chi ci viveva?--chiese Hull. --Non lo so. Chi poteva desiderare di vivere cosŤ in alto che sarebbe occorsa una mattina intera per salirci a meno che usassero la magia? Io non me la faccio molto con la magia, ma dicono che gli Antichi sapeva- no volare. Hull cerc• d'immaginarlo. Per qualche istante vi fu silenzio, rotto soltanto dai tonfi lenti degli zoccoli dei cavalli.--Non ci credo--disse finalmente. --Neppure io. Ma hai sentito quello che stanno dicendo a Norse? --Non ho sentito niente. --Dicono--fece il contadino--che Joaquin Smith ha intenzione di rimettersi in marcia. --Joaquin Smith! --Gi…. Lo conoscono anche i montanari, eh? --E chi non lo conosce?--ribatt‚ Hull.--Allora ci saranno com- battimenti nel Sud, immagino. Ho idea di andare a Sud. --Perch‚? --Mi piace combattere--rispose semplicemente Hull. --Ottima risposta--fece il contadino--ma a sentire quel che dice la gente, non ci sono molti combattimenti quando il Maestro si mette in marcia. Ha un incantesimo: c'Š una grande stregoneria a N~orleans~ dal pi— umile incantatore fino a Martin Sair, che Š figlio del Diavolo in persona, o almeno cosŤ dicono. _ Mi piacerebbe vedere la sua stregoneria contro le frecce e le pal- lottole dei montanari--rispose Hull con aria truce.--Non c'Š uno solo di noi che non riesca a centrare un occhio a mille passi, con il fucile. E a duecento con l'arco. --Senza dubbio: ma... e se la polvere s'infiamma, e i fucili sparano da soli prima ancora che lui abbia superato l'orizzonte? Dicono che ab- bia un incantesimo per questo... o lUi, o Margot la Nera. --Margot la Nera? --La Principessa, la sua sorellastra. La strega bruna che cavalca al suo fianco, la Principessa Margaret. --Oh... ma perch‚? Margot la Nera? Il contadino si strinse nelle spalle.--E chi lo sa? CosŤ la chiamano i suoi nemici. --Allora la chiamer• cosŤ anch'io--fece Hull. --Be', non saprei--disse l'altro.--Per me conta poco dover pagare le tasse a N Orleans o al vecchio, burbero Marcus Ormiston, I'Anziano del villaggio di Ormiston.--Punt• la frusta davanti a s‚, e Hull scorse in distanza un gruppo di case, e il balenio di un fiumicello.--Ho ven- duto i miei prodotti in villaggi dell'Impero, e gli abitanti sembravano felici quanto noi, n‚ pi— n‚ meno. --Per• c'Š una differenza. La libert…. --E soltanto una parola, amico mio. Arano, seminano, mietono, pro- prio come noi. Vanno a caccia e a pesca e si azzuffano. E in quanto alla libert…, sono meno liberi loro sotto il dominio di uno stregone, o io sotto quello di un vecchio rimbambito? --I montanari non pagano le tasse a nessuno. --E nessuno costruisce loro strade, o scava pozzi pubblici. Dove pa- ghi poco ottieni meno, e io direi che le strade dell'Impero sono migliori delle nostre. --Migliori di questa?--chiese Hull, guardando l'ampiezza polvero- sa della strada. --E di molto. Presso la citt… di Memphis c'Š una strada di pietra soli- da: la spandono morbida, non so con quale magia, e poi la lasciano in- durire~ e cosi non c'Š mai n‚ fango n‚ polvere. Hull riflett‚.--Il Maestro--sbott• all'improvviso--Š dawero im- rnortale? Il contadino si strinse ancora nelle spalle.--E come posso saperlo? ~i sono grandi stregoni, nei territori meridionali, e il pi— grande di tut- ti Š Martin Sair. Ma so questo: ho vissuto sessantadue anni, e a quanto 1~ 1 icordo c'Š sempre stato Joaquin Smith a Sud, e c'Š sempre stato un Im- b~_ pero che inghiotte le citt… come una lepre inghiotte le carote. Quand'e- ~,rO gioVane era lontano, adesso Š arrivato vicino: la differenza Š tutta lŤ. ~li uomini parlavano allora della bellezza di Margot la Nera come ne Jparlano adesso, e anche della magia di Martin Sair. ~72 373 Hull non rispose, perch‚ Ormiston era ormai vicina. Il villaggio era molto simile a Norse, ma stava accovacciato fra basse colline: sulla cresta di alcune alture incombevano antiche rovine. Il suo compagnO ferm• il carro, e Hull lo ringrazi•, balzando a terra. --Dove andrai?--chiese il contadino. Hull riflett‚ un momento.--Selui--disse poi. --Be', Š a centosessanta chilometri da qui, ma ci saranno molti che potranno darti un passaggio. --Ho i miei piedi--fece il giovane. Si volt• di scatto nel sentire una voce dall'altra parte della strada:--Ehi! Montanaro! Era una ragazza. Una ragazza molto graziosa, dalla vita sottile, i ca- pelli color rame, gli occhi azzurri, ritta sulla porta di una grande casa di pietra. ~ Ehi!--esclam•.--Sei disposto a lavorare un po', in cam- bio della cena? Hull aveva di nuovo una fame da lupo.--Con piacere!--rispose. Alle sue spalle risuon• la voce del contadino.--E Vail Ormiston, la figlia dell'Anziano rimbambito. Fatti servire un pasto abbondante, montanaro. L'ho pagato anche con le mie tasse. Ma Vail Ormiston non era disposta a chiacchierare troppo con un montanaro vagabondo. Scrut• con aria d'approvazione la sua figura poderosa, gli mostr• i tronchi da fare a pezzi, e poi rientr• in casa. E se anche sbirci• attraverso il pi— trasparente dei frammenti di vetro che formavano la finestra, e osserv• il flettersi dei muscoli delle grandi braccia nude mentre Hull lavorava d'ascia... be', lui non se ne accorse. E cosŤ fu che quel pomeriggio si avvi• verso Selui con lo stomaco sa- zio di un pasto abbondante e tre monetine d'argento in tasca, e il ricor- do della giovane donna era gi… sbiadito. Era pi— ricco di quando era partito: adesso aveva in pi— le monete, la tozza pistola al fianco, I 'arco e le frecce d'acciaio lucente, e il ricordo dei capelli cuprei e degli occhi azzurri di Vail Ormiston. Il vecchio Einar Tre settimane passate a Selui erano state utili per farla conoscere Ull po' a Hull Tarvish. Adesso non guardava pi— a bocca spalancata le rovi-; ne dell'antica citt…, protese verso il cielo, o gli enormi ponti crollati, e si sentiva a suo agio. Aveva trovato lavoro abbastanza facilmente in uD forno, dove i suoi muscoli erano utili; I'orario era lungo, ma la paga munifica... cinque quarti d'argento la settimana. Ne pagava due pe l'allo~io, e il cibo- quel po' che gli occorreva, a parte le Daanotte brU ciacchiate che riceveva gratis sul posto di lavoro - gli costava un altro j~ quartO; e cosŤ gliene restavano due da mettere via. Talvolta scommette- va sulla sua abilit… di tiratore, e questo gli permetteva quasi sempre di guadagnare qualche altra cosa. t Normalmente, Hull faceva amicizia in fretta: ma il lungo orario glie- L lo impediva. Aveva soltanto un amico, un uomo incredibilmente vec- chio che la sera si metteva sopra i gradini accanto al suo alloggio: il Vecchio Einar. CosŤ, quella sera Hull uscŤ come al solito per raggiun- k gerlo, guardando le torri semidiroccate degli Antichi che splendevano nel tramonto. Su molte di esse erano cresciuti gli alberi, e tutte erano rivestite del verde dei rampicanti e dei muschi e delle piante spuntate dai semi portati dal vento. Nessuno osava costruire fra le rovine, per- ch‚ nessuno era in grado di prevedere quando sarebbe crollata una di quelle vecchie torri. --Chiss… com'erano gli Antichi--disse Hull al Vecchio Einar. --Erano uomini come noi? E allora, come potevano volare? --Erano uomini come noi, Hull. In quanto al fatto che volassero... be', sono convinto che sia una leggenda. Senti: c'era un uomo che avrebbe volato sulle terre fredde al Nord e su quelle al Sud, e anche at- traverso il grande mare. Ma in alcune versioni quell'uomo Š chiamato Lindbird, e in altre Bird, e quindi Š facile capire l'origine della leggen- da. Le migrazioni degli uccelli, che ogni anno attraversano la terra e i mari... ecco di che si tratta. --O forse era magia--suggerŤ Hull. --Non esiste, la magia. Lo dicevano gli stessi Antichi, e io ho frugato in molti dei libri ammuffiti scritti in quella loro lingua bizzarra e arcai- ca. Il Vecchio Einar era il primo studioso che Hull avesse mai incontra- ,~ to. Sebbene ve ne fossero molti, agli albori di quell'epoca brillante chiamata Secondo Illuminismo, quasi tutti erano nell'Impero. John ,~ Holland era morto, ma Olin era ancora vivo, e Kohlmar, e Jorgensen, e Teran, e Martin Sair, e Joaquin Smith, il Maestro. Grandi nomi... nomi di semidei. Ma Hull ne sapeva ben poco.--Tu sai leggere !--esclam•.--Questa Š gi… una sorta di magia. E sei stato nell'Impero, addirittura a N'Or- leans. Dimmi, com'Š la Grande Citt…? Hanno scoperto dawero i segreti degli Antichi? Gli Immortali sono veramente Immortali? Come impa- rano ci• che sanno? -~ Il Vecchio Einar si assest• sul gradino, traendo sbuffi di fumo azzur- ro dalla pipa carica dell'aspro tabacco della zona.--Troppe domande non trovano risposte--osserv•.--Debbo raccontarti la vera storia del , rnondo~ Hull... Ia storia chiamata Storia? --SŤ. Nell'Ozarky parlavamo pochissimo di queste cose. --Bene--dissse tranquillamente il vecchio.--Allora comincer• da quello che per noi Š il principio, ma che per gli Antichi fu la fine. Non so quali fattori, quali guerre, quali conflitti portarono al mondo pos. sente che morŤ durante i Secoli Bui: ma so che trecento anni fa il mon do raggiunse il suo culmine. Tu non puoi immaginare com'era, Hull Era un'epoca di citt… immense... cinquanta volte pi— grandi di N'Or leans, con i suoi cinquantamila abitanti. Sbuff• di nuovo, lentamente.--Grandi carri d'acciaio CorrevanO rombando sulle strade di ferro degli Antichi. Gli uomini attraversava- no gli oceani, verso l'Est e l'Ovest. Le citt… erano piene di ruote ronzan- ti e, invece delle tante, piccole citt…-Stato del nostro tempo, c erano na- zioni gigantesche, con migliaia di citt… e cento milioni... centocinquan_ ta milioni di persone. Hull spalanc• gli occhi.--Non credo che vi sia tanta gente al mon- do--disse: Il Vecchio Einar si strinse nelle spalle.--Chiss…?--ribatt‚.--I libri antichi, e sono troppo pochi... ci dicono che il mondo Š sferico, e che al di l… dei mari vi sono diversi continenti: ma neppure Joaquin Smith pu• dire quante razze esistano oggi.--Un altro sbuffo di fumo.--Be- ne, il mondo antico era cosŤ. Erano nazioni bellicose, cosŤ amanti delle battaglie che dovevano scrivere molti libri sugli orrori della guerra per rimanere in pace, ma non ci riuscivano mai. Nell'epoca che chiamava- no Ventesimo secolo vi fu tutta una serie di guerre, non piccoli conflitti come quelli che avvengono spesso tra le nostre citt…-Stato, e neppure come quella che scoppi• tra la Lega di Memphis e l'Impero cinque anni fa. Le loro guerre si diffondevano sul mondo come nubi temporalesche, e venivano combattute fra milioni di uomini, con armi inimmaginabil i che scagliavano la distruzione a centinaia di chilometri di distanza, e con le navi sui mari, e con i gas. --Cosa sono i gas?--chiese Hull. Il vecchio Einar agit• la mano, e l'aria smossa sfior• la guancia bru- na del giovane.--L'aria Š un gas--disse.--Loro sapevano avvelenare l'aria in modo che chiunque la respirava moriva. E combattevano ser- vendosi delle malattie, e la leggenda dice che combattevano anche nel- I'aria, con le ali: ma questa Š solo una leggenda, appunto. --Le malattie!--esclam• Hull.--Le malattie sono l'alito dei Diavoli: e se dominavano i Diavoli, allora usavano la stregoneria, e quindi conoscevano la magia. --La magia non esiste--ripet‚ il vecchio.--Io non so come si combattessero per mezzo delle malattie, ma lo sa Martin Sair di N'Or- leans. Quello Š il suo campo, non il mio: ma so che non Š magia.--Při riprese il racconto.--Perci• quelle grandi nazioni bellicose si scaglia rono l'una contro l'altra, perch‚ la guerra, per loro, era pi— importante che per noi. Per noi Š un po' un gioco rozzo, gioioso, pericoloso: ma per_ loro era una passione. La combattevano per una ragione qualunque~ q anche senza altro motivo che l'amore per la battavlia. A me piace combattere--disse Hull. ~ SŤ, ma ti piacerebbe se significasse semplicemente l'annienta- nlento di migliaia di uomini al di l… dell'orizzonte? Uomini che non ve- dresti mai? --No. La guerra deve essere combattuta corpo a corpo, o almeno a distanze non superiori a quelle che pu• coprire una palla di fucile. ~ E vero. Bene, verso la fine di quello che loro chiamavano il Vente- simo secolo, la guerra scoppi• come un corno di polvere gettato nel fuo- co. Dicono che ogni nazione combatt‚, e che le battaglie si svolsero su mari e continenti. Non era solo una nazione contro l'altra, ma una raz- u contro l'altra, neri e bianchi e gialli e rossi, tutti impegnati in una lotta titanica. _ Gialli e rossi?--gli fece eco Hull.--Nell'Ozarky vi sono alcuni uomini neri chiamati Neg, ma non ho mai sentito parlare di uomini rossi e gialli. _ Io i gialli li ho visti--disse il Vecchio Einar.--Vi sono alcune cit- tadine di uomini gialli sulle rive dell'oceano occidentale, in una regio- ne chiamata Friscia. La razza rossa, dicono, Š scomparsa, spazzata via dal morbo chiamato Morte Grigia, di cui i suoi membri cadevano vitti- me pi— facilmente delle altre razze. --Ho sentito parlare della Morte Grigia--disse Hull.--Quand'ero ragazzino, c'era un uomo vecchissimo, il quale raccontava che suo non- no era vissuto ai tempi della Morte Grigia. Il Vecchio Einar sorrise.--Ne dubito, Hull. E accaduto pi— di due- centoCinquant~anni fa. Comunque--riprese--le grandi nazioni anti- che erano in guerra, e come dico, combattevano con le malattie. Forse qualche nazione scoprŤ il segreto della Morte Grigia, o forse si produsse me una sorta d'incrocio tra altre malattie, non so. Martin Sair dice che le malattie sono cose vive, quindi pu• darsi che sia avvenuto que- sto. Comunque, la Morte Grigia si scaten• all'improvviso nel mondo, colpendo tutti indiscriminatamente. Dovunque decim• gli eserciti, le ~`~ Citt…~ le campagne: di quelli che venivano colpiti, sei su dieci moriva- ~= no. Doveva esservi un grande caos nel mondo; non esiste un solo libro 5Shrnpato durante quel periodo, e solamente le leggende raccontano co- i~e and• | ~ Ma la guerra si estinse. Gli eserciti si trovarono all'improvviso sen- |-~ avversari~ e poi furono annientati prima di potersi muovere. Venne- colpite le navi in mezzo agli oceani, e andarono alla deriva, senza ~ipaggio~ naufragarono o entrarono in collisione con altre. Nelle cit- i morti venivano ammucchiati per le strade, e i superstiti divennero ~de di ladroni vagabondi, e al terzo anno dell'epidemia, al mondo _llo rimaSti solo pochissimi governi stabili." E cosa pose fine all'epidemia?--chiese Hull. ~Ion so. Le pestilenze finiscono. Coloro che ne sono colpiti e non muoiono non possono ammalarsi una seconda volta, e coloro che ne so- no immuni non la prendono; gli altri... muoiono. La Morte Grigia spaz_ z• il mondo per tre anni; quando finŤ, secondo Martin Sair, era peritO un essere umano su quattro. Ma per molti anni l'epidemia ritorn•, in ondate sempre meno forti; sembra che soltanto una pestilenza del seco- lo decimoquarto degli Antichi, chiamata Morte Nera, l'abbia eguaglia- ta in tutta la storia. --I suoi effetti, per•, erano solo all inizio. Lantico sistema di tra- sporti era crollato, e le citt… soffrivano la fame. Bande fameliche co- minciarono a scorrere le campagne; e al posto di un'unica guerra enor- me c'era un milione di piccole b ttaglie. Le armi degli Antichi erano dovunque, e le battaglie erano furiose, in verit…, sebbene non si potes- sero paragonare agli scontri colossali del grande conflitto. Un anno do- po l'altro le citt… decaddero, fino a quando, il quinto anno dopo la Mor- te Grigia, la popolazione mondiale si era ridotta di tre quarti, e la civil- t… era finita. La barbarie ormai regnava nel mondo: ma erano soltanto barbari, non selvaggi. La gente ricordava ancora la possente civilt… an- tica, e dovunque si tentava di ricostruire le vecchie nazioni. L'impresa non riuscŤ, perch‚ mancavano i grandi capi. --E cosŤ doveva essere--disse Hull.--Adesso abbiamo la libert…. --Pu• darsi. Nel primo secolo dopo l'Epidemia, degli Antichi era ri- masto ben poco, tranne le citt… in rovina, dove si annidavano bande di predoni che infestavano le campagne durante la notte. Costoro s'inte- ressavano soltanto ai viveri e alle monete coniate delle vecchie nazioni e causavano danni incalcolabili. Pochissimi sapevano leggere e nelle notti fredde c'era l'usanza di fare incursioni nelle antiche biblioteche in cerca di libri da bruciare: e per aggravare le cose, il fuoco devast• le rovine di tutte le citt…, senza incontrare un ostacolo organizzato. Le fiamme si estinguevano spontaneamente, dopo aver distrutto libri di valore inestimabile. --Eppure a N'Orleans studiano, vero?--chiese Hull. --SŤ, ci sto arrivando. Circa due secoli dopo l'Epidemia, cento anni fa, quindi, il mondo si era stabilizzato. Era molto simile a quello di og- gi, con minuscole cittadine agricole e vaste distese di campagna deser- ta. Era stata riscoperta la polvere da sparo venivano usati i fucili. e quasi tutte le bande di predoni erano state distrutte. E poi, nella citta- dina di N'Orleans, costruita alla periferia della vecchia citt…, arriv• il giovane John Holland. --Holland era un tipo eccezionale, avido di sapere. Trov• i resti di un'antica biblioteca e cominci• lentamente a decifrare le parole arcai- che dei pochi libri sopravvissuti. A poco a poco altri si unirono a lui, e via via che lentamente la voce si spargeva, arrivarono uomini da altre regioni, portando i loro libri, e nacque l'Accademia. Non c'era nessunř che insegnava, naturalmente: era soltanto un gruppo di studiosi che vi- 378 Vevano un'esistenza da comunit… monastica. Non vi furono tentativi di S~ruttare in modo pratico l'antica sapienza, fino a quando um giovane chiamato Teran fece un sogno.-. sogn• di riattivare le macchine cente- narie di N'Orleans, e di ridare alla citt… l'energia che corre nei fili! E che cos'Š?--chiese Hull.--Che cos'Š, Vecchio Einar? ~ Non lo capiresti, Hull. Teran era un entusiasta; non si ferm• ben- ch‚ sapesse che non c'era carbone n‚ petrolio per far fimzionare le sue macchine- Credeva che, quando l'energia fosse divenuta necessaria, sa- rebbe venuta; perci• lui e i suoi seguaci lucidarono e limarono e salda- rono. E aveva avuto ragione lui. Quando ebbe bisogno dell'energia, la trov•. "Fu il dono di un uomo chiamato Olin, che aveva scoperto l'ultimo, supremo segreto degli Antichi, I'energia chiamata atomica. La diede a Teran, e N'Orleans divenne una citt… del miracolo, dove splendevano le luci e giravano gli ingranaggi. Gli uomini accorrevano da ogni parte del continente per ammirare; e tra costoro c'erano Martin Sair e Joa- quin Smith, giunti dal Messico con la sorellastra di Joaquin, satanica- mente bella, chiamata talvolta Margot la Nera. "Martin Sair era un genio. Trov• il suo campo nello studio della me- dicina, e passarono meno di dieci anni, prima che scoprisse il segreto delle radiazioni dure. Stava studiando la sterilit…, ma trov• invece... I'immortalit…! " --Allora gli Immortali sono veramente immortali--mormor• Hull. --Pu• darsi, Hull. Almeno, sembra che non invecchino, ma... Bene, anche Joaquin Smith era un genio, ma di un tipo diverso. Sognava di riunificare i popoli del paese. Credo che il suo sogno sia ancora pi— grande Hull, la gente dice che si fermer… quando regner… su cento cit- t…, ma io credo che sogni un Impero americano, oppure...--Il Vecchio Einar abbass• la voce.--Un Impero mondiale. Almeno, si servŤ del- l'immortalit… di Martin Sair e la baratt• con il potere. Il Secondo Illu- minismo stava spuntando, e a N'Orleans il genio non scarseggiava. Joaquin Smith diede l'immortalit… a Kohlmar in cambio di un'arma, I offri a Olin per la potenza atomica; ma Olin non era pi— giovane, e la rifiut•~ un po' perch‚ non la voleva, e un po' perch‚ non aveva molta simpatia per Smith. E cosŤ il Maestro s'impadronŤ del segreto dell'ato- o a dispetto di Olin, e incominci• la Conquista. "N'Orleans, esposta direttamente all'influenza della personalit… ma- gnetica del Maestro, era pronta a cedere, e lo fece con gioia. Lui radun• un esercitO e marci• verso Nord, e dovunque le citt… caddero o si arre- sero. Joaquin Smith Š magnifico e gli uomini corrono a lui, le citt… l'ac- manO, e persino le mogli e i figli degli uccisi gli giurano fedelt…, ~uandO egli concede loro il perdono con quel suo modo generoso. Solo ~,ua e l… vi sono uomini che lo odiano rabbiosamente, e lo chiamano ti- ~no, e parlano di libert….N 379 --Come i montanari--disse Hull. --Neppure i montanari possono resistere ai raggi ionici che Kohl mar riscoprŤ nei libri antichi, n‚ al risonatore di Erden che fa esplodere la polvere da sparo a chilometri di distanza. Credo che Joaquin Smil riuscir… nel suo intento, Hull. Inoltre, non ritengo sia un gran mal_ perh‚ Š un grande sovrano, un portatore di civilt…. --E come sono gli lmmortali? --Ecco, Martin Sair Š freddo come la roccia delle montagne, e 1.. Principessa Margaret Š simile a un fuoco nero. Persino le mie vecchie ossa ringiovaniscono quando la guardo; ed Š meglio che i giovani non la guardino affatto, perch‚ Š senza cuore, implacabile, spietata. In quanto a Joaquin Smith, il maestro... non conosco parole capaci di de- scrivere um personaggio tanto complesso, eppure lo conosco bene. E mite, forse, ma enormemente forte, buono o crudele a seconda di quel che conviene ai suoi scopi, intelligentissimo, e pericolosamente affasci- nante. --Lo conosci!--esclam• Hull. E aggiunse, incuriosito:--Qual Š il tuo cognome, Vecchio Einar che conosci gli Immortali? Il vecchio sorrise.--Quando nacqui--rispose--i miei genitori mi chiamarono Einar Olin. Il maestro in marcia Joaquin Smith era in marcia. Hull Tarvish era appoggiato alla porta dell'officina di File Ormson a Ormiston, e guardava oltre i campi e i bo- schi in direzione delle azzurre montagne dell'Ozarky, a meridione. Era l… che avrebbe dovuto essere, l… con i montanari ma quando lo stancO messaggero a cavallo ebbe portato l'annuncio a Selui, e Hull ebbe rag- giunto Ormiston, ormai era troppo tardi, e Ozarky era solo una provin- cia periferica dell'Impero in continua espansione, mentre il MaestrO era accampato lass—, sopra Norse, e mandava ambasciatori a Selui. Selui non intendeva cedere. Gi… le citt… della Confederazione di Se- lui, nata solo tre mesi prima, inviavano i loro uomini, da Bloom'tom, da Cairo, persino dalla lontana Ch'cago, sulle rive del mare d'acqua dolce, Mitchin. Gli uomini della Confederazione odiavano i piccoli snelli, bruni ch'caghiani, perch‚ non avevano ancora dimenticato la di- sastrosa battaglia di Starved Rock; ma qualunque alleato contro Joa- quin Smith era il benvenuto. I ch'caghiani erano per giunta buoni com- battenti, e s'impegnavano sul serio, perch‚ se il Maestro avesse presř Selui, il suo Impero, si sarebbe esteso Dericolosamente vicino ai mari d'acqua dolce, dall'oceano a Est fino alle montagne all'Ovest, e a Nord fino alla confluenza tra M sippi e M'souri. Hull sapeva che ci sarebbe stato da menar le mani, e se ne rallegrava. ~ra un peccato non aver potuto combattere nell'Ozarky per la sua gen- te, ma Ormiston sarebbe andata bene. Quella era la sua patria, per il momento~ poich‚ aveva trovato lavoro presso File Ormson, il robusto fabbro, che aveva le spalle ampie quanto lui ed era pi— basso di tutta la testa. Era un lavoro piacevole per i suoi muscoli poderosi, sebbene al momento non vi fosse nulla da fare. lq~,q lq c~mn ivna. tranquilla. Joaquin Smith era in marcia e oltre il villaggio i contadini lavoravano ancora nei campi. Hull ascol- t• il lento Canto della Semina: Ecco che cosa occorre al buon terreno: prima l'aratro, quindi i semi in seno; poi con la zappa lavori indefessi, e pioggia per far crescere le messi. Ecco che cosa occorre all'uomo buono: delle promesse e dell'azione il dono; e poi la freccia, poi la lama vera, e il badile con la pala nera. Ecco che cosa occorre per la sposa: un'ortaglia curata e prosperosa; e poi la figlia e un figlio da curare, e il caminetto dove riposare. l~rr~ ch~ co ~ ~r~rro ~l hr ~ fj~l j~ Hull smise di ascoltare. I contadini cantavano, ma Joaquin Smith era in marcia, con gli uomini di cento citt…, con la sua bandiera nera e il serpente dorato svolazzante. Quello, aveva detto il Vecchio Einar, era il Serpente di Midgard, che secondo la vecchia leggenda cingeva la Ter- ral. Era il simbolo del sogno del Maestro, e per un attimo Hull prov• un fremito di simpatia per quel sogno. --No!--si disse.--La libert… Š meglio, e tocca noi schiacciare la testa del Serpente di Midgard! Una voce suon• al suo fianco.--Hull! Hull Tarvish! Sei troppo orgo- glioso per notare l'umile gente comune? Era Vail Ormiston, con gli occhi viola che brillavano capricciosi sot- to i lisci capelli color rame. Hull arrossŤ: non era abituato ai modi delle ragazze della valle, che flirtavano apertamente come non avrebbero mai fatt~ le timide fanciulle montanare. Eopure lui... be', in un certo I Nell~antica mitologia nordica, I'immane Serpente di Midgard era immerso nelle acque dell'Oceano e stringeva il mondo nelle sue spire. Simboleggiava il CaoS e l'ignoto che assediano la realta. Il serpente Š di per s‚ simbolo della totali- t…, SpeCie nella nota figurazione in cui si morde la coda (N.d.T). senso gli faceva piacere, e Vail Ormiston gli piaceva, e ricordava con gioia quando, due sere prima, era rimasto seduto a parlare con lei per tre ore buone, sulla panca accanto all'albero che ombreggiava il pozzo di Ormiston. E ricordava la passeggiata per i campi, quando lei gli ave- va mostrato l'imboccatura di una grande fogna antica, che si estendeva ancora, semisgretolata, per chilometri e chilometri sottoterra, in dire- zione delle colline, e ricordava che Vail gli aveva raccontato di quando da bambina, vi si era persa, e suo padre aveva piantato gli arbusti di mirtilli che nascondevano tuttora l'apertura. Hull sorrise.--La figlia dell'Anziano parla di umile gente comune? Tuo padre mi raddoppier… le tasse, se viene a saperlo. Vail scosse il casco di capelli metallici.--Lo far… di sicuro, se ti vede con questo bell'abito di Selui.--Le brillavano gli occhi.--Per chi l'hai comprato, Hull? Perch‚ faresti meglio a risparmiare il tuo danaro. --Chi risparmia l'argento perde la fortuna--ribatt‚ Hull. Dopotut- to, non era tanto difficile parlare con lei.--Del resto, meglio un tuo sorriso dello scintillio del danaro. Vail rise.--Ma come impari presto, montanaro! Comunque, se ti di- cessi che ti preferisco vestito di stracci, con i muscoli possenti che guiz- zano tra gli strappi? --Lo dici davvero, Vail? --Sicuro! Ridacchiando, Hull si port• alle spalle le grandi mani. Vi fu il suono della stoffa lacerata, e un lungo strappo si aprŤ sul dorso della camicia acquistata a Selui.--Ecco fatto, Vail! --Oh!--gemette lei.--Hull, sprecone! Ma Š soltanto una cucitura che ha ceduto!--Si frug• nella borsa che portava alla cintura--La- scia che l'aggiusti io. Vail si chin• dietro Hull, ed egli ne sentŤ il respiro sulla pelle, caldo come il Sole di primavera. Strinse i denti, fece una smorfia, poi si butt• deciso su ci• che aveva da dire.--Mi piacerbbe parlare di nuovo con te stasera, Vail. PercepŤ il sorriso di lei, dietro le sue spalle.--Davvero?--mormor• pudicamente la ragazza. --SŤ, se Enoch Ormiston non ti ha gi… chiesto un appuntamento. --Me l'ha chiesto Hull. Il giovane sapeva che lo punzecchiava di proposito.--Mi dispiace, disse, laconico. --Ma... gli ho detto che aveva da fare--concluse Vail. --Hai da fare davvero? La voce risuon• come un bisbiglio.--No, a meno che non me lo dica tu. Hull proruppe in una grande risata.--E allora te lo dico, Vail. La sentŤ tirare la cucitura, poi chinarglisi sul collo, ma soltanto per tranciare i fili con i denti candidi.--Ecco fatto!--esclam• gaiamente la ragazza.--La camicia Š rimessa a nuovo. ~; Prima che Hull potesse rispondere, si udŤ il clangore del maglio di Fi- le Ormson, e il tuono misurato del suo Canto della Forgia. Ascoltarono, mentre i colpi risonanti battevano il tempo. Oh-oh... oh-oh... oh! Io canto al risuonare d'ogni colpo... colpo... colpo! E il metallo gi… diventa tenero, mentre sonoramente soffia il mantice come l'orgia dei diavoli laggi—... gi— gi—! Come l'orgia dei diavoli laggi—! --Devo andare--disse Hull, sorridendo riluttante.--Ho del lavoro da fare. --Cosa sta fabbricando File?--chiese Vail. Subito il sorriso di Hull svanŤ.--Sta forgiando... una spada! Anche Vail non era gaia come un momento prima. Su entrambi era ~, calata un'ombra, I'ombra dell'Impero. L… fuori, tra le colline azzurre dell'Ozarky, stava marciando Joaquin Smith. Era sera. Hull contemplava il riflesso d'una Luna color rame nei ca- pelli cuprei di Vail, appoggiandosi alla spalliera della panchina. Non era quella vicina alla pompa del pozzo: era gi… occupata da due coppie ridenti, e sebbene loro fossero stati accolti di buon garbo, Hull aveva preferito la solitudine. Non era pi— timidezza di montanaro, la sua, perch‚ il suo carattere bonario gli aveva procurato molti amici nel vil- laggio di Ormiston: era la proiezione del malumore che aveva preso en- trambi al momento del commiato, e perci• adesso sedevano sulla pan- china accanto al cancello di Vail, alla periferia del villaggio. Dietro di loro grandeggiava buia la casa di pietra: il padre di lei era in giro per la ,~ Citt…, a occuparsi degli affari della Confederazione, e i servitori aveva- no approfittato della serata libera per raggiungere la gente radunata sulla piazza del villaggio. Ma dall'altra parte della strada brillava la luce gialla della lampada a olio, in casa di Hue Helm, il contadino che aveva portato Hull da Norse a Ormiston. Hull fissava pensoso quella luce~ Mi piaCe combattere--ripet‚.--Ma non so perch‚, non Š pi— ~-~ entusiasmante~ E come attendere l'avvicinarsi di un temporale. --E come si pu• combattere la magia?--chiese Vail, timidamente, con un fil di voce. --La magia non esiste--disse il giovane, ripetendo le parole del , Vecchio Einar.--Non esiste. i --Hull! Ma come puoi dire una simile stupidaggine? --Dico ci• che mi ha detto uno che sa. --Non esiste la magia!--esclam• Vail.--E allora dimmi che cosa d… il potere agli stregoni del Sud. Perch‚ Joaquin Smith non ha mai perduto una battaglia? Che cosa ha sottratto il coraggio agli uomini della Lega di Memphis, che sono buoni combattenti? E cosa... perch‚ l'ho visto con i miei occhi... che cosa spinge per le strade i carri senza cavalli di N'Orleans, e cosa illumina quella citt…, la notte? Se non Š ma- gia, che cos'Š? --La sapienza--disse Hull.--La sapienza degli Antichi. --La sapienza degli Antichi era magia--fece la ragazza.--Tutti sanno che erano maghi, stregoni e incantatori. Se Holland, Olin e Mar- tin Sair non sono stregoni, allora cosa sono? Se Margot la Nera non Š una strega, allora i miei occhi non ne hanno mai vista una. --Tu li hai visti?--chiese Hull. --Certo. Tutti, tranne Holland, che Š morto. Tre anni fa, durante la Pace di Memphis, mio padre mi port• con s‚ in viaggio per l'Impero. Li ho visti tutti, a N'Orleans. --E lei... cosa dicono di lei? --La Principessa?--Vail abbass• gli occhi.--Gli uomini dicono che Š bella. --Ma tu non la pensi cosŤ? --E anche se lo Š ?--scatt• la ragazza, in tono di sfida.--La sua bel- lezza Š come la sua giovent—, come la sua vita... artificiale, conservata oltre il suo limite normale, congelata. Ecco... congelata per sortilegio. E in quanto al resto...--Vail abbass• la voce, esitante, perch‚ neppure le franche ragazze della valle parlavano di certe cose con gli uomini. --Dicono che abbia consumato una dozzina di amanti--disse piano. Hull rimase sbalordito, scandalizzato.--Vail!--mormor•. Lei torn• su un argomento meno pericoloso, ma il giovane la vide av- vampare.--Non dire proprio a me che la magia non esiste!--dichiar• brusca. --Almeno--ribatt‚ Hull--non esiste una magia capace di arresta- re un proiettile. SŤ, e lo stregone che ne arresta uno con il cranio muore esattamente come un uomo onesto. --Spero che tu abbia ragione-- mormor• timidamente Vail. --Hull, bisogna fermarlo! Bisogna! --Ma perch‚ ti scaldi tanto, Vail? Mi piace combattere... ma molti dicono che la vita nell'lmpero Š molto simile a quella che si vive altro- ve, e che poco importa a chi si pagano le tasse se...--All'improvviso s'interruppe, ricordando.--Tuo padre!--esclam•.--L'Anziano! --SŤ, mio padre, Hull. Se Joaquin Smith prender… Ormiston, miO padre ne soffrir… pi— di tutti. Non incasser… pi— le tasse, le sue terre ver- ranno divise, e lui Š vecchio, Hull... vecchio. Che ne sar… di lui, allora- ?So che molti la pensano come te... come hai detto tu, voglio dire, e sř che si battono senza troppo impegno, e che il Maestro s~impadronisce di una citt… dopo l'altra senza colpo ferire. E poi pensano che vi sia una magia nel nome stesso di Joacquin Smith, e lui passa attraverso eserci- ti dieci volte superiori al suo.--Vail s'interruppe.--Ma non Ormi- ston!--esclam•, decisa.--No, a costo che siano le donne a impugnare le armi! _ Non Ormiston--ammise Hull, gentilmente. Tu combatterai, Hull, vero? Anche se non sei nato qui? _ Certo. Ho arco e spada, e una buona pistola. Combatter•. Ma non hai fucile? Aspetta, Hull.--Vail si alz• e sgattaiol• via. 3 nell'oscurit…. Dopo un momento ritorn•.--Ecco. Ecco il fucile, e il como della pol- vere, e i proiettili. Sai come si usa? Hull sorrise fieramente.--So colpire tutto quello che vedo,--disse. _ Come tutti i montanari. _ Allora--mormor• Vail, con il fuoco nella voce--pianta un proiettile nel cranio del Maestro. E anche uno tra gli occhi di Margot la Nera... per me! L --Io non combatto le donne--rispose lui. E --Non Š una donna: Š una strega! --Comunque, Vail, dovranno esserci due pallottole per il Maestro, e soltanto le catene della prigionia per la Principessa Margaret, almeno per quanto riguarda Hull Tarvish. Ma non ti basterebbe vederla attin- gere acqua alla tua pompa, o lucidare le pentole della tua cucina?-- Cercava di assecondarla, di prospettarle immagini fantastiche per ri- sollevarle il morale. F Ma lei l'interpret• diversamente.--SŤ--esclam•.--Oh, sŤ, Hull, Š meglio cosŤ. Se potessi sperare di vedere una cosa simile...--Si alz• al- I'improvviso, e lui la seguŤ fino al cancello.--Devi andare--mormo- r•.--Ma prima, se vuoi, Hull... prima, puoi baciarmi. Di colpo, Hull torn• ad essere un montanaro timido. Appoggi• il fuci- f le alla staccionata con il corno appeso alla guardia del grilletto. Si gir• ,I verSo Vail, arrossendo con violenza, ma solo in parte d'imbarazzo: il re- Sto era felicit…. La cinse con le braccia robuste e, frettolosamente, le sfior• le labbra tenere. ~- --Adesso--disse, esultante--adesso combatter•, a costo di dover `~ caricare da solo l'esercito dell'Impero. La battaglia di Eaglefoot Flow Gli uomjnj della Confederazione continuarono a riversarsi a Ormiston er tutta la notte. ~li ometti bruni di Ch'cago e Selui, quelli alti e bion- di delle regioni dello Iowa, dove sopravviveva ancora il sangue olande_ se, mescolato all'immissione scandinava delle alte valli dei fiumi. Per tutta la notte vi fu lo sferragliare dei carri che portavano polvere da sparo e proiettili da Selui, e viveri, perch‚ Ormiston non era in grado di sfamare tante bocche. Era un magnifico esercito, forte di diecimila uo- mini, tutti combattenti esperti, addestrati in una dozzina di piccoli conflitti e nella sanguinosa Guerra dei Laghi e dei Fiumi, quando Ch'cago s'era portata via una grossa fetta dei territori di Selui. La resistenza doveva essere organizzata a Ormiston, e Norse, I unico abitato che si trovava ormai tra Joaquin Smith e la Confederazione venne abbandonata al suo destino. I comandanti avevano esaminato iˇ territorio, e avevano concordato un piano. Cinque chilometri pi— a sud del villaggio, la strada costeggiava un antico tratto della ferrovia, in- cassato nel terreno, fiancheggiato da banchine alte quindici metri, e coperto da fitti boschi per un chilometro a nord e a sud del ponte su Ea- glefoot Flow. LŤ i comandanti avrebbero distribuito i loro uomini in fila per uno dove le alture erano scoscese ed elevate, ammassati in forza dove lo permetteva il terreno. Joaquin Smith doveva percorrere la strada: non ce n'erano altre. Era una posizione ideale per un'imboscata, e il piano era d'una semplicit… magnifica. Tanta semplicit… e tanta magnificenza non potevano fallire, dicevano, dimenticando di avere a che fare con il massimo genio militare di tutta l'Et… dell'Illuminismo. Era met… mattina quando gli esploratori inviati nell'Ozarky tornaro- no con notizie da togliere il fiato. Joaquin Smith aveva ricevuto la sfida lanciata da Selui ai suoi ambasciatori, ed era in marcia. Il Maestro era in marcia, e sebbene gli esploratori avessero viaggiato in fretta, a ca- vallo, da Norse, non poteva essere ormai molto lontano. Le sue forze? Gli esploratori calcolavano che fossero quattromila uomini, tutti a ca- vallo, con gli altri mille ausiliari. Erano in condizioni d'inferiorit… nu- merica uno contro due! Ma Hull Tarvish ricordava di aver sentito par- Iare di altri scontri in cui Joaquin Smith aveva sopraffatto avversari anche pi— forti. rl momento era vicino. Nella stanzetta accanto all'officina di File Ormson, Hull stava esaminando le sue armi, mentre Vail Ormiston, pallida, nervosa e adorabile, I'osservava attenta. Hull pass• uno strac- cio oliato attraverso la canna del fucile che lei gli aveva consegnato, eli- min• una chiazza di ruggine dal cane, soffi• via un granello di polvere- Accanto a lui, sul tavolo, c'erano il corno della polvere da sparo e le pal- lottole, e contro la sedia stava appoggiato l'arco d'acciaio. --Un'arma magnifica!--esclam• in tono d'ammirazione, prenden- do la mira lungo la canna. --Spero... spero che ti sia utile,--mormor• Vail con voce tremula --Hull, bisogna fermarlo. Bisogna! Tenteremo, Vail.--Hull si alz•.--E ora che vada. Lei gli si mise davanti.--Allora, prima di andare, vuoi... baciarmi, Il giovane le si avvicin•, poi arretr•, allarmato, perch‚ in quell'istan- te, accadde. Vi fu una serie di schiocchi debolissimi, e Hull ebbe per un istante la sensazione di scorgere un brillŤo di scintille azzurre sui can- delieri e sugli oggetti metallici nella stanza, e di avvertire un bizzarro formicolio. Poi dimentic• tutte quelle cose strane e banali, quando il corno della polvere da sparo posato sul tavolo s'incendi• ruggendo, e schizzi fiammeggianti esplosero intorno a lui come meteore. Per un istante rest• immobile, impietrito. Vail urlava: il suo abito stava bruciando. Hull si mosse di scatto, sollevandola, gettandola di traverso sul pavimento, e cominci• a spegnere le fiamme emanate. Poi L fece altrettanto con il fuoco che si era appiccicato al tavolo e al pavi- mento; pest• con i piedi le fiamme, e finalmente le spense. si gir•, tossendo, semisoffocato dal fumo nero, e si pieg• su Vail, che ansimava, quasi svenuta. La gonna s'era bruciata quasi del tutto e per il momento era troppo sconvolta per nascondersi le lunghe gambe, seb- ~ bene a quei tempi non vi fossero al mondo donne pi— pudiche di quelle t delle medie regioni del fiume. Ma quando Hull si chin• verso di lei, si raggomitol•. --Come stai?--grid• lui.--Vail, ti sei bruciata? --No... no!--ansim• la ragazza. ~' --E allora, fuori!--scatt• Hull, tendendo le braccia per sollevarla. --No... non cosŤ! Hull comprese. Stacc• dal muro il grembiule di cuoio da fabbro, glie- lo drappeggi• addosso, e la port• fuori, nell'aria pi— pura della strada. Fuori c'era il caos. Hull depose delicatamente Vail sui gradini e guar- d• quella scena tumultuosa. Gli uomini correvano gridando, e dalle fi- nestre lungo la strada usciva fumo nero. A una dozzina di metri di di- ,~ Stanza, un carro zeppo di polvere era esploso in un enorme fungo di fu- mo incenerendo cavalli e guidatore. Sulla veranda, dall'altra parte r delia strada, un uomo si contorceva, straziato dallo scoppio del fucile che aveva tenuto fra le mani. Hull comprese di colpo.--Gli scintillatori ! '--ruggŤ .--Gli scintilla- Eˇ tori di Joaquin Smith! Il Vecchio Einar me ne aveva parlato.--Si la- SCi• sfuggire un gemito.--Le nostre munizioni non esistono pi—. La ragazza si controll• con grande fatica.--La stregoneria di Joa- | quin Smith--disse con voce spenta.--E cosŤ finiscono anche le nostre " Speranze. risonatOri Erden". Congegno, ora antiquato, che proiettava un campo d'in- uzione~ sufficiente a produrre minuscole scariche elettriche negli oggetti me- tallici~ entro um raggio di molti chilometri. In questo modo accendeva le sostan- ze infiammabili~ come la polvere da sparo (N.d.A.). Hull trasalŤ.--Le nostre speranze? No! Aspetta, Vail. Si preclpit• verso il gruppo che circondava il vecchio Marcus Ormi- ston e i comandanti della Confederazione. Si fece largo energiCamente e afferr• il vegliardo atterrito.--E adesso?--ruggŤ.--Cos'ha inten- zione di fare? --Fare? Fare?--Il vecchio non capiva. --SŤ, fare! Glielo dir• io.--Guard• rabbiosamente i cinque. Andre_ mo fino in fondo. Capisce? Anzich‚ polvere da sparo e fucili, useremo archi e spade; andranno benissimo, per la portata che ci serve. Raduni i suoi uomini! Raduni i suoi uomini e mettiamoci in marcia! E cosŤ fu. Hull marci• alla testa degli uomini di Ormiston, portando con s‚ il ricordo del commiato di Vail. Lo imbarazzava venire baciato cosŤ, in pubblico, ma gli aveva dato una grossa soddisfazione veder l'espressione acida di Enoch Ormiston. Gli uomini di Ormiston erano i primi, sulla linea di marcia del Mae- stro, e s'infiltrarono nelle postazioni nascoste dalla foresta, silenziosi come volpi. Hull si volt• a osservare lo stretto passaggio, e si sentŤ com- piaciuto, perch‚ nessuno avrebbe potuto accorgersi che lungo la strada deserta erano disposti diecimila combattenti. E per giunta conosceva- no bene i boschi e sapevano come muoversi, venuti com'erano dalle al- te valli dei fiumi e dai mari d'acqua dolce. Dalla via di Norse arriv• al galoppo un cavaliere. Il vecchio Marcus Ormiston lo riconobbe, si alz• e lo chiam•. I due conferirono: Hull pot‚ udire le parole. Il Maestro aveva attraversato Norse fermandosi solo il tempo sufficiente per far sapere all'Anziano che d'˘ra innanzi le tasse dovevano venire inoltrate a N'Orleans; poi aveva proseguito, senza fretta. No, non s'erano viste stregonerie, e il messaggero non aveva ve- ~1 duto neppure la strega Margot la Nera: ma del resto si era allontanato prima che il Maestro arrivasse. L'informatore proseguŤ verso Ormiston, e gli uomini ripresero ad at- tendere in silenzio. Pass• mezz'ora e poi, lieve e fioca nell'aria silenzio- sa, giunse una musica. Era un canto di voci maschili. Hull ascolt• at- tento, e si sentŤ accapponare la pelle e rizzare i capelli, quando distinse le parole dell'Inno di Battaglia di N'Orleans: Regina delle citt…, splendida imperatrice dalle vesti di stelle imperlate guarda le nostre braccia che sorreggono le bandiere di guerra spiegate! Ascolta il nostro canto farsi forte, ardente come il fuoco della lotta: il nostro solo desiderio Š morte, oppure llmpero del Mondo! Hull impugn• saldamente l'arco e incocc• la freccia. Sapeva che il loro piano era di lasciar passare indisturbato il nemico, fino a che l'in- tera colonna forse all'interno del tratto lungo il quale era spiegata l'im- boscata~ ma il rombo di quel canto lontano l'infiamm•, come una scin- tilla accende la polvere. E lontano, lontano, oltre il varco tra le due sCarpate, vide sollevarsi un polverone. Joaquin Smith si stava avvici- nando. Poi... I'inaspettato. In seguito, Hull si disse che avrebbe dovuto essere prevedibile, che la reputazione del Maestro avrebbe dovuto far loro comprendere che un piano tanto semplice era destinato al fallimento. Ma in quell'attimo non vi fu tempo per pensieri tanto vani, perch‚ al- I'improvviso, attraverso gli alberi alla sua destra, uomini agili, piccoli, vestiti di marrone, guizzarono come ombre lanciate alla carica, mentre i comi squillavano, i fischietti sibilavano. Gli esploratori del Maestro! Joaquin Smith aveva esattamente previ- sto l'imboscata. Immediatamente, Hull si accorse della debolezza della Lega. Erano diecimila, certamente, ma erano sparsi su un tratto di oltre tre chilo- metri, e gli esploratori di Joaquin Smith avevano un vantaggio nume- rico enorme, mentre il grosso dell'esercito si andava avvicinando. C'e- ra un'unica possibilit…: combattere, respingere gli esploratori, e riti- rarsi nei boschi. Finch‚ esisteva l'esercito, anche se Ormiston fosse caduta, la speranza non sarebbe morta. Lanci• un grido, scagli• la freccia, mandandola balenante tra le fron- de. Non era il posto pi— adatto per combattere con le frecce: il loro volo arcuato veniva sempre deviato dal groviglio dei rami. Hull s'infil• l'ar- i. co sulle spalle e impugn• la spada: bisognava combattere corpo a cor- po il tipo di combattimento che faceva formicolare il sangue e faceva apparire gioiosa la vita. Poi la seconda sorpresa. Gli esploratori avevano estratto le armi, piCCoˇe pistole tozzel . Ma non sparavano proiettili: raggi pallidi saetta- I vano tra foglie e rami, come lampi di fioca luce azzurra. Stregoneria? E ;- a che scopo? Hull lo scoprŤ subito. La spada divenne improvvisamente rovente, e dopo un istante la sofferenza pi— strana che avesse mai conosciuta stra- ~ Zi• il suo corpo. Un formicolio interno, violento e pungente, che gli tor- L Ceva i muscoli e gli paralizzava i movimenti. Un secondo, e il trauma ess• ma la sua spada giaceva fumigante tra le foglie, e l'arco dfacciaio gli avev,a ustionato la spalla. Intorno a lui gli uomini urlavano di dolo- re, contorcendosi al suolo, o correvano a ritugiarsi nel profondo della foresta. Hull maledisse quei raggi: guizzavano come la luce del Sole nel |~ grovigliO di fronde e di rami, dove non riuscivano a passare le frecce. t I raggi ionici di Kohlmar" . Due raggi paralleli di luce fortemente attinica io- iZzano un tratto d'aria, e lungo questi percorsi di gas conduttore pu• passare ~ Una corrente elettrica, abbastanza potente da uccidere, o solo abbastanza inten- ; sa da infliggere so~ferenza (N d.A.). Eppure, a quanto pareva, nessuno degli uomini era rimasto ucciso Le mani erano ustionate dalle armi divenute roventi sotto i raggi az- zurri, i corpi erano straziati dalla tortura che, Hull non poteva saperlo altro non era che una scossa elettrica: ma nessuno era morto. La spe- ranza si riaccese, e il giovane si precipit• a trattenere un gruppo che fugglva. --Alla strada!--ruggŤ.--Allo scoperto, dove le nostre frecce pos- sono volare libere! Carichiamo la colonna! Per un momento, il gruppo si ferm•. Hull strapp• dalle mani di un uomo una spada che non si era ancora surricaldata, e si volt•.--Segui- temi!--url•.--Andiamo! Possiamo combattere! UdŤ, alle sue spalle, uno scalpiccio. I raggi saettarono di nuovo: ma Hull tenne la spada all'ombra del proprio corpo, strinse i denti, e sop- port• la sofferenza che lo torceva. Si avvent•: udŤ il suo nome gridato dalla voce tonante di File Ormson, ma egli rispose solo con un urlo d'in- coraggiamento e si lanci• sulla strada, in pieno sole. La testa della colonna era giunta nella gola, e avanzava tranquilla- mente. Scorse un uomo dai capelli neri e dall'elmo d'argento su di una grande cavalla bianca, alla testa delle truppe, e accanto a lui una figura pi— snella, su uno stallone nero. Joaquin Smith! Ruggendo, Hull si lan- ci• gi— per la scarpata. Quattro uomini spronarono immediatamente i cavalli, mettendosi tra lui e l'uomo dall'elmo d'argento. Saett• un raggio: la spada gli scot- t• la pelle, ed egli la scagli• via.--Fatevi sotto!--grid•.--Battetevi ! Stranamente, con una chiarezza bizzarra, vide gli occhi degli uomini dell'lmpero: erano sorridenti, misteriosamente divertiti. Non c'era col- lera, n‚ paura... solo divertimento. Hull prov• un'improvvisa trepida- zione, si volt• indietro, fulmineo, e comprese la causa di quel diverti- mento. Nessuno l'aveva seguito: aveva caricato da solo l'esercito del Maestro! Hull fu preso dalla collera pi— ardente che mai l'avesse invaso. Ab- bandonato! Abbandonato da coloro per cui combatteva. Url• la sua rabbia alle alture echeggianti, e si avvent• sul cavaliere pi— vicino. Il cavallo s'impenn•, raspando l'aria con le zampe. Hull tese le brac- cia poderose sotto il ventre dell'animale e spinse, con una convulsione dei grandi muscoli. Cavallo e cavaliere si rovesciarono all'indietro, e intorno al Maestro vi fu un turbinio confuso, mentre un uomo Correva disperatamente, per sottrarsi agli zoccoli scalpitanti. Ma Hull intravi- de Joaquin Smith, immobile e sorridente in sella alla grande giUmenta bianca. Strapp• dalla sella un altro cavaliere, e poi, con la coda dell'occhio, vide il giovane snello a fianco del Maestro alzare un'arma freddamen- te, metodicamente. Per un istante. Hull guard• nei gelid; occhi verdi, carichi di una spassionata minaccia di morte. Si gett• a lato, mentre un raggio sibilava fumando sulla polvere della strada. --No!--scatt• Joaquin Smith, con una voce bassa che tuttavia ri- suon• chiara nella confusione.--Quel giovane Š splendido!-- Ma Hull non aveva intenzione di morire invano. Si chin•, con un uni- co balzo poderoso si avvent• su, a met… della scarpata, si afferr• a un ramo basso e si lanci• nella foresta. Si trov• di fronte un esploratore sbalordito: lo scagli• dietro di s‚, gi— per il pendio, e s'insinu• al riparo delle fronde.--Un guerriero saggio sa combattere l'orgoglio--bor- bott• tra s‚.--Non Š un disonore, per un uomo solo, fuggire davanti a un esercito. Hull era un montanaro. Fece silenziosamente il giro della foresta, evitando gli esploratori che spingevano l'esercito della Confederazione verso Ormiston. Sorrise cupamente, ricordando le parole che aveva detto a Vail. Le aveva tradotte in realt…; aveva veramente caricato da solo l'esercito del Maestro. Margot la nera Hull fece un ampio giro nella foresta, e dovette ricorrere a tutte le sue astuzie di montanaro per passare tra le file degli esploratori. Finalmen- te arriv• nei campi a oriente di Ormiston, e raggiunse la strada, entran- do dalla direzione di Selui. Dovunque c'erano i segni della rotta. C'erano carri rovesciati: senza dubbio i conducenti avevano staccato i cavalli per fuggire. Pistole e fu- cili, quasi tutti scoppiati, erano sparsi lungo la via, e di tanto in tanto Hull superava neri mucchi fumanti e carbonizzati che erano stati carri di munizioni. Ormiston, comunque, aveva subito pochi danni. Vide i resti di un paio di baracche sventrate che erano servite come magazzini per la polvere da sparo, e in fondo alla strada il tetto di una casa fumava an- cora. Ma non c'era segno di carneficina, soltanto la strada affollata in- dicava qualcosa d'insolito. Trov• File Ormson nel gruppo che stava guardando verso l'altra par- te del villaggio, dove la strada di Norse svoltava verso est. Hull aveva battuto in velocit… la tranquilla marcia del Maestro, perch‚ proprio al- la curva c'era l'esercito risplendente: adesso si era fermato. Neppure gli esploratori erano entrati a Ormiston, perch‚ anch'essi erano lŤ, al- lineati in una schiera brunovestita, al limitare dei boschi, oltre i campi pi— vicini. A quanto pareva, non si erano preoccupati di fare prigionie- ri limitandosi a sospingere nel villaggio i difensori atterriti. Joaquin Sˇnith l'aveva avuta vinta una volta di pi—; aveva preso un centro abi- tato senza causare morti, o almeno con le sole perdite causate dall'e- splosione dei fucili e della polvere da sparo. All'improvviso, Hull not• qualcosa.--Dove sono gli uomini della Confederazione?--chiese bruscamente. File Ormson volse su di lui un paio d'occhi cupi.--Andati. Sono fug- giti a Selui, come topi spaventati nelle loro tane.--Fece una smorfia poi sorrise.--E stato un gesto sciocco il tuo a Eaglefoot Flow, Hull. Ur; gesto sciocco, ma coraggioso. Il giovane fece una smorfia sarcastica.--Credevo che gli altri mi se- guissero. --Sarebbe stato giusto, ma quei raggi infernali ci hanno tolto il co- raggio. E possono uccidere, non solo fare il solletico: quando Š stato ne- cessario, davanti a Memphis, hanno ucciso. Hull pens• al giovane dagli occhi verdi.--Questo credo di averlo quasi imparato a mie spese--rispose sorridendo. In fondo alla strada vi fu un movimento. Hull socchiuse gli occhi per vedere meglio, e scorse l'elmo argenteo del Maestro. Era smontato, e si rivolgeva a qualcuno: era... sŤ, il vecchio Marcus Ormiston. Hull lasci• File Ormson, e si fece largo sino al limitare della folla che circondava i due uomini. Stava parlando Joaquin Smith.--E tutte le tasse verranno inviate a N'Orleans, incluse quelle sulle tue terre. Ne user• met… per mantenere il mio governo, ma l'altra met… ritorner… al tuo distretto, affidato a un governatore che io nominer• a Selui, quando avr• preso anche quella citt…. Non sei pi— l'Anziano, ma per il momento potrai raccogliere le tasse, nella misura che io prescriver•. Il vecchio Marcus era terrorizzato; Hull vedeva la sua barba oscillare come un nido di pendolino nella brezza. Eppure il vecchio cerc• astuta- mente di contattare.--Sei molto duro--gemette.--Hai lasciato Pace Helm come Anziano a Norse. Perch‚ mi punisci? Perch‚ ho combattuto per conservare ci• che era mio? Perch‚ questo t'incollerisce tanto? --No sono in collera--disse passivamente il maestro.--Non biasi- mo mai chi combatte contro di me; ma Š mia abitudine favorire gli An- ziani che cedono pacificamente.--Tacque un istante.--Queste sono le mie condizioni, e sono abbastanza generose. Erano generose davvero, pens• Hull, soprattutto per la popolazione di Ormiston, che riceveva dall'Anziano meno della met… del valore del- le tasse sotto forma di strade, ponti o pozzi. --Le mie... Ie mie terre?--balbett• il vecchio. --Conserva quelle che puoi coltivare--rispose Joaquin Smith in to- no indifferente.--Le altre andranno ai fittavoli.--Gir• le spalle al vecchio, mise il piede sulla staffa, e balz• in sella alla grande cavalla bianca. Hull pot‚ vedere bene il conquistatore, per la prima volta. Capelli ne- ri tagliati sotto le orecchie, freddi occhi grigio verdastri; e la bocca ave- va una vaga espressione ilare. Era alto quanto Hull, pi— snello, ma ave- va spalle possenti, e non dimostrava pi— di trent'anni, anche se questo era merito della magia di Martin Sair, poich‚ erano trascorsi pi— di ot- tant'anni da quando era nato fra i monti del Messico. Era vestito come ~m guerriero delle terre meridionali: un usbergo di argentee scaglie metalliche, corti calzoni di stoffa serica e lucida e coturni. 11 corpo bronzeo era simile a quello delle antiche statue che Hull aveva visto a Selui- non sembrava il demonio che molta gente diceva. Era un uomo dall'aspetto simpatico, a parte un'espressione vagamente arrogante... no, non esattamente arrogante, ma fiera e sicura, come se fosse convin- to di essere guidato dal fato; e forse era davvero cosŤ. Joaquin Smith riprese a parlare, rivolgendosi questa volta ai suoi uo- mini.--Accampatevi qui--ordin•, indicando la piazza di Ormiston. --E l…--indicando un campo lasciato a riposo.--Non danneggiate le colture.--Spinse avanti il cavallo, seguito da una dozzina di ufficiali. --La chiesa--disse. Una voce tesa e stridula risuon• alle spalle di Hull.--Tu! Sei tu, Hull! Sei tu!--Era Vail, pallida, con gli occhi pieni di lacrime.--Dice- vano che eri...--Scoppi• in singhiozzi, aggrappandosi a lui, mentre Enoch Ormiston li guardava torvo. Hull l'abbracci•.--A quanto pare ti ho delusa--disse, tristemente. --Ma ho fatto del mio meglio, Vail. --Delusa? Non m'importa.--La ragazza si calm•.--Non m'im- porta, Hull, perch‚ adesso sei qui. --E non Š poi terribile come credevamo--la consol• lui.--Non Š stato feroce come temevo. --Feroce!--gli fece eco Vail.--Tu credi alle sue parole melliflue, Hull? Prima le nostre tasse, poi le nostre terre, e infine saranno le no- stre vite... o almeno la vita di mio padre. Non capisci? Non Š l'Anziano di un villaggio nemico, Hull... quello Š Joaquin Smith. ~oaquin Smith! Ti fidi di lui? --Vail, lo credi davvero? --Certo che lo credo!--La ragazza riprese a singhiozzare.--Hai vi- Sto come ha gi… conquistato met… della cittadinanza con... la storia del- L le tasse. Tu non ti lascerai conquistare, vero, Hull? Io... non lo sopporte- ~- --Non mi lascer• conquistare--promise Hull. --Lui e Margot la Nera e la loro astuzia! Li odio, Hull. Io... guarda! ; Guarda! Il giovane si gir• di scatto. Per un momento vide soltanto il giovane che aveva rivolto verso di lui gli occhi carichi d'una minaccia di morte a Eaglefoot Flow, in sella al poderoso stallone nero. Non era un giova- ne! All'improvviso vide che era una donna... o meglio una ragazza. Di- ciotto anni... venticinque? Non sapeva. Teneva il volto girato dall altra parte, per scrutare la folla allineata sul lato opposto della strada, ma la luce del tramonto cadeva sulla fiammeggiante chioma nera, cosŤ nera che aveva riflessi azzurri... un nero intenso, incredibile. Indossava solo una corta giacca di pelle aperta sul davanti, e cortissimi calzoncini, ma una gualdrappa proteggeva la snella eleganza delle gambe dal contatto con le costole della cavalcatura. C'era una strana grazia nel mondo in cui stava in sella, con una mano sul fianco, lasciando pendere le briglie. Il sangue della madre spagnola appariva soltanto nella carnagione lie- vemente olivastra, trasparente, e nello stupefacente color ebano dei ca- pelli. --Margot la Nera!--bisbigli• Hull.--Spudorata! Mezzo nuda! Che cos'ha di tanto bello, quella? Come se avesse udito il suo bisbiglio, lei si volt• improvvisamente passando gli occhi di smeraldo sulla folla intorno a lui e Hull trov• la risposta alla sua domanda. La bellezza di Margot era incredibile... au- dace, scandalosa. Non era solamente l'assenza di difetti: era una bel- lezza ardente, fiammeggiante, positiva, con una sfumatura imbroncia- ta. L'ilarit… della bocca del Maestro in lei era beffa; le labbra perfette sembravano sempre sul punto di sorridere, ma d'un sorriso crudele e sardonico. La sua perfezione era spietata, ma era perfezione, persino nell'aria vagamente orientale conferitale dai capelli neri e dagli occhi verde- mare. E gli occhi incontrarono quelli di Hull; per lui, fu come se avesse udi- to uno scatto. CapŤ che l'aveva riconosciuto, mentre passava distratta- mente lo sguardo sulla sua figura poderosa. Hull s'irrigidŤ, ricambi• lo sguardo con aria di sfida, scrutando con insolenza il corpo di lei, dalla chioma notturna ai piedini chiusi nei coturni. Lei, se pure fece caso a quell'occhiata, ne diede segno soltanto con il lieve sorriso ironico, men- tre avviava il cavallo verso Joaquin Smith. Vail, stretta a Hull, stava tremando e fu un sollievo guardare i suoi occhi azzurri, profondi ma non misteriosi, la comprensibile bellezza del visetto pallido. Che importava, se non aveva lo splendore insolente della mncipessa, pens• Hull. Era dolce e sincera e leale, e lui l'amava. Eppure non pot‚ evitare che il suo sguardo seguisse ancora una volta la figura sullo stallone nero. --Ti... ti ha sorriso, Hull!--ansim• Vail.--Ho paura. Ho terribil- mente paura. Nella mente di Hull, I'incanto stava lasciando posto a un'ondata d'o- dio per Joaquin Smith, per la Principessa, per tutto l'Impero. Un'idea prese forma, lentamente, mentre guardava in fondo alla strada, dove il Maestro era sceso di sella e stava entrando nella chiesetta. UdŤ un mor- morio d'approvazione diffondersi tra la folla, gi… parzialmente conqui- Stata dalla promessa di distribuire le terre. Era solo politica, il fatto cbe il Maestro entrasse nella Chiesa di Ormiston: un gesto compiuto per la folla. Hull si tolse dalle spalle l'arco d'acciaio e lo pieg•. Era ancora elasti- co si era scaldato abbastanza per scottargli la pelle, non tanto da per- dere la tempra. ®Aspetta qui ! ® fece a Vail, e si avvi• a grandi passi lun- go la strada, in direzione della chiesa. Davanti all'edificio c'era una dozzina di uomini dell'Impero, e la Principessa attendeva, in ozio, sul grande cavallo nero. Hull attraver- s• furtivamente il camposanto, gir• intomo, raggiunse il punto dove un groviglio di rampicanti saliva verso il tetto. Avrebbe retto il suo pe- Lo resse, e Hull si arrampic• fino alle gronde, poi sul colmo del tetto. Il campanile lo nascondeva alla vista degli uomini del Maestro, e nes- suno degli abitanti di Ormiston guardava da quella parte. Strisci• verso la base del campanile. Dovette lasciare il colmo e tra- scinarsi precariamente sulla ripida pendenza. Quando fu sul bordo, ~erso la strada, si sporse a guardare, cauto. Strisci• verso la base del campanile. Dovette lasciare il colmo e tra- scinare precariamente sulla ripida pendenza. Quando fu sul bordo, verso la strada, si sporse a guardare, cauto. Il Maestro era ancora dentro. Involontariamente, Hull lancio un oc- chiata a Margot la Nera, incocc• la freccia e mir• alla sua gola eburnea. Ma non ne fu capace. Non se la sentŤ di scagliare quel dardo. Sotto di lui ci fu un movimento. Joaquin uscŤ e balz• sulla cavalla bianca. Era il momento. Hull si sollev• sulle ginocchia, sperando di restare in equilibrio, no- nostante la forte I?endenza del tetto. Meticolosamente, tir• indietro la freccia d'acciaio. Vi fu un grido. L'avevano visto. Un raggio azzurro gli strazi• il corpo. Per un istante sopport• il dolore, poi lasci• andare la freccia, sdruccio- l• verso l'orlo del tetto e cadde. Cadde sul terriccio molle, una dozzina di mani l'afferrarono, lo ri- rnisero in piedi, lo spinsero fuori, sulla strada. Vide Joaquin Smith ancora in sella: la freccia scintillante era piantata ritta come una piuma sull'elmo argenteo, e sulla guancia scorreva un sottile filo di Ma non era morto, Joaquin Smith si tolse l'elmo, accenn• agli uffi- ciali di scostarsi, e con le proprie mani si leg• una striscia di stoffa bianca intorno alla fronte. Poi volse su Hull i freddi occhi grigi. --Sai tirare con forza--disse. Poi un lampo gli pass• negli occhi. --Qualche ora fa ti ho risparmiato la vita, no? Hull non disse nulla. --Perch‚--riprese il Maestro--cerchi di uccidermi dopo che il tuo Anziano ha fatto pace con me? Adesso fai parte dell'Impero, e questo Š tradimento. --~o non ho fatto pace~--ringhi• Hull. --Ma l'ha fatta il tuo capo, vincolando anche te. Hull non riuscŤ a distogliere lo sguardo dagli occhi smeraldini della Principessa, che l'osservava con una vaga espressione d'ironia. --Non hai nulla da dire?--chiese Joaquin Smith --Nulla. Il Maestro lo scrut•.--Sei nato a Ormiston?--chiese.--Come ti chiami ? Era inutile causare guai ai suoi amici--No--rispose Hull.--Mi chiamo Hull Tarvish. Il conquistatore volse la testa dall'altra parte.--Rinchiudetelo-- ordin• freddamente.--Lasciate che si prepari come richiede la sua re- ligione e poi... giustiziatelo. Pi— forte del mormorio della folla, Hull udŤ il grido d'angoscia di Vail Ormiston. Si volt• per soddiderle, vide che era trattenuta da due uomi- ni dell'Impero e si dibatteva per raggiungerlo.--Mi dispiace,--le gri- d•, gentilmente.--Ti amo, Vail.--Poi lo trascinarono via, lungo la strada. Lo spinsero nel capanno degli attrezzi di Hue Helm, che aveva le mu- ra di pietra. Era stato svuotato, probabilmente per servire d'alloggio a qualche ufficiale. Hull si rialz• e rest• ritto, passivamente, nell'adden- sarsi dell'oscurit…, dove un unico raggio di Sole rosseggiante s'insinua- va attraverso la porta vigilata da due soldati dell'Impero. Uno dei due parl•.--Stattene buono, Erbaccial--disse con l'accen- to strascicato di N'Orleans.--Prega, o fai quello che devi fare. --lo non faccio niente--rispose Hull.--I montanari credono che una vita da giusto sia meglio di una fine da giusto, e comunque, uno spettro Š sempre uno spettro. La sentinella rise.--E tu diventerai uno spettro. --Se lo diventer•--ribatt‚ Hull, volgendosi lentamente verso l'uo- mo--preferisco diventarlo... combattendol Balz•, all'improwiso, spar• un pugno poderoso contro il braccio che reggeva l'arma, spinse uno degli uomini addosso all'altro, li scavalc• con un salto, e si lanci• ~iori, nel crepuscolo. Mentre si voltava per gira- re intorno alla baracca, qualcosa di duro lo colpŤ violentemente alla nuca, mandandolo a sbattere semistordito contro il muro. ' Erbaccia: termine con cui i Doministi (partigiani del Maestro) indicavano i Ťoro oppositori. Aveva avuto origine da un commento di Joaquin Smith prlma della Battaglia di Memphis: ®Anche le erbacce dei campi hanno preso le armi contro di me®. (N.dA.). Gli irriducibili Per un breve istante, Hull rest• cosŤ, intontito, poi i muscoli si ripresero dalla paralisi: si alz• in piedi, voltandosi di scatto per affrontare l'av- versario. Sulla soglia le due guardie si dibattevano ancora, ma proprio davanti a lui torreggiava un cavaliere in sella a uno stallone nero, fian- cheggiato da due fanti. Era la Principessa: gli splendidi occhi verdi era- no luminosi come quelli di un gatto, nel crepuscolo, mentre lei ripone- va nel fodero una corta spada. Hull era stato abbattuto da una piatto- nata di quella lama. Adesso, lei impugnava la tozza pistola lanciaraggi. Hull ricord• che non l'aveva mai sentita parlare, prima; ora la sentŤ, una voce bassa e li- quida, eppure fredda, fredda come le acque di un torrente invernale in- t crostato di ghiaccio.--Stai fermo, Hull Tarvish--disse.--Bastereb- be un lampo di questa per tormentarti il cuore. Hull rimase zitto e immobile, con la schiena appoggiata al muro del- la baracca. Era certo che la Principessa l'avrebbe ucciso, se si fosse mosso: non poteva dubitarne, con quei gelidi occhi fissi su di lui. Ri- cambi• cupamente l'occhiata, e gli ritorn• stranamente alla memoria una frase del Vecchio Einar.--Satanicamente bella--I'aveva chia- l~ mata, e lo era davvero. L'inferno, o I'arte di Martin Sair, I'aveva pla- L smata in modo tale che nessun uomo poteva guardarla senza sentirsi scosso dalla falsa purezza dei suoi lineamenti... nessun uomo nelle cui vene scorresse il sangue. Margot riprese a parlare, gettando uno sguardo sprezzante sulle due guardie impaurite.--11 Maestro sar… soddisfatto--fece sdegnata-- di apprendere che un'Erbaccia disarmata Š in grado di battere due dei suoi uomini. Una delle guardie balbett•:--Ma, Altezza, ci ha aggrediti inaspetta- tamente... --~on importa--I'interruppe lei, e si rivolse di nuovo a Hull. Per la prima volta, il giovane si sentŤ veramente alla presenza della morte, L quando lei disse freddamente:--Ho intenzione di ucciderti. --E allora uccidimi!--ribatt‚ lui. --Ero venuta qui per osservarti morire--osserv• con calma la Prin- Cipessa--M'interessa vedere gli uomini morire da coraggiosi o da vi- ~1 gliacchi o da rassegnati. Credo che tu morirai coraggiosamente. Hull pens• che lo stava torturando di proposito.--Mettimi alla pro- va--ringhi•. --Ma credo anche--proseguŤ lei--che vivendo potresti divertirmi pi— che morendo e...--Per la prima volta c'era un sentore di sentimen- to nella voce.--Dio sa se ho bisogno di divertirmi !--Poi il tono ridi- venne gelido.--Ti dono la vita. --Altezza--mormor• la guardia, timorosamente.--Il Maestro ha ordinato... --Annullo l'ordine--disse brusca la Principessa. Poi si rivolse a Hull.--Sei un combattente. Sei anche un uomo d'onore? --Se non lo sono--ribatt‚ lui--e se mento affermando di esserlo, la menzogna non avrebbe molta importanza per me. Lei sorrise freddamente.--Bene, io cred˘ che tu lo sia, Hull Tarvish Vai libero, sulla parola di non portare armi e sulla promessa di venire a farmi visita questa sera, nel mio alloggio in casa dell'Anziano.--Fe- ce una pausa.--Ebbene? --Ti do la mia parola. --E io l'accetto.--Margot colpŤ con i talloni le costole del grande stallone che s'impegn• e ruot• su se stesso.--Via, tutti!--ordin• --Voi due portate la tinozza e l'acqua per il mio bagno.--E si lanci• verso la strada. Hull si rilass• contro il muro, con un sospiro di sollievo. Il sudore co- minci• a imperlargli la fronte gelata: i muscoli poderosi sembravano quasi indeboliti. Non temeva la morte, si disse, ma la tensione di af- frontare quegli splendidi diabolici occhi di smeraldo e il freddo tor- mento della voce di Margot la Nera, e la certezza ch‚ lei lo irrideva persino quell'ultimo gesto noncurante con cui l'aveva liberato... Si rad- drizz•. Dopo tutto, paura della morte o no, amava la vita, e questo ba- stava. S'incammin• a passo lento verso la strada. Dall'altra parte, le luci brillavano nella casa di Marcus Ormiston: si chiese se c'era anche Vail forse per servire la Principessa Margaret, proprio al contrario di quan- to aveva detto lui cosŤ poco tempo prima. Voleva cercare Vail: voleva usare come antidoto la sua fresca grazia contro il veleno tenebroso del- la bellezza che aveva fronteggiato. Poi,  l cancello, indietreggi• all'im- provviso. Un gruppo d'uomini che portavano le uniformi dell'Impero veniva avanti; e tra essi, senza l'elmo e con la fronte fasciata, c'era il Maestro. I suoi occhi si posarono su Hull. Si ferm• di colpo e aggrott• le so- pracciglia.--Ancora tu!--esclam•.--Come mai sei ancora vivo Hull Tarvish? --L'ha ordinato la Principessa. Il cipiglio svanŤ. --E cosŤ-- disse lentamente Joaquin Smith --Margaret comincia a intromettersi un po' troppo spesso. Immagino che ti abbia anche liberato. --SŤ, in cambio della mia promessa di non portare armi Sul volto del conquistatore apparve una strana espressione.--Be- ne--fece, quasi gentilmente--non avevo intenzione di torturarti, ma solO di ucciderti per il tuo tradimento. Forse ti augurerai che i miei or- dini non fossero stati annullati.--Poi entr• nel cortile della casa del- I~Anziano~ seguito dai suoi uomini silenziosi. Hull si avvi• verso il centro del villaggio. Dappertutto incontr• uo- mini dell'Impero, impegnati ad accamparsi; per le strade passavano sferragliando i carri dei rifornimenti. Vide le file dei soldati che passa- vano lentamente davanti ai carri-cucina, e l'odore del cibo che aleggia- ~ra nell'aria gli ricord• che aveva una fame tremenda. Si affrett• a rag- giungere la sua stanza, accanto all officina di File Ormson; e l… trov• Vail Ormiston, pallida come la nebbia e con un'espressione tragica ne- gli occhi. Era raggomitolata sul gradino, ed Enoch la teneva stretta a s‚. Enoch fu il primo a vedere Hull; spalanc• la bocca e sbarr• gli occhi. Un grido strozzato gli uscŤ dalla gola. Vail alz• gli occhi, senza capire, lo fiss• per un istante, senza espressione e poi, con un gemito soffocato, svenne. Rimase priva di sensi solo per pochi istanti, quanti ne bastarono a Hull per portarla nella sua stanza. Adagiata sul letto, lei gli teneva stretta la mano, finalmente convinta che era vivo. --Credo--mormor•--che tu sia immortale come Joaquin Smith, Hull. Non creder• mai pi— che tu sia morto. Dimmi, dimmi com'Š acca- duto. Hull glielo riferŤ.--Grazie a Margot la Nera--concluse. Ma quel nome bast• a spaventa}e Vail.--Quella donna Š il male, Hull. Mi terrorizza, con quegli occhi da strega e quei capelli infernali. Non oso neppure andare a casa, per paura di lei. Il giovane rise.--Non preoccuparti per me, Vail. Sono sano e salvo. Enoch intervenne.--Eccone uno per gli Irriducibili, allora--disse, in tono acido.--Avranno bisogno di lui. --Gli Irriducibili?--Hull alz• gli occhi, perplesso. --Oh Hull, sŤ!--esclam• Vail.--File Ormson si Š dato da fare. Gli Irriducibili sono ci• che resta dell'esercito... i cittadini migliori di Or- miston. La magia del Maestro non si spinge oltre il dorsale delle colli- ne, e oltre quelle ci sono ancora fucili e polvere da sparo. E l'incantesi- mo non regna pi— sulla valle. Uno degli uomini ha portato una tazza di polvere oltre il dorsale, e non si Š incendiata. I cittadini migliori, pens• Hull, sorridendo. Vail intendeva, natural- mente, coloro che possedevano terreni e temevano di venirne privati, Come Marcus Ormiston. Ma a voce alta disse soltanto:--Quanti uomi- ni avete? --Oh, ce ne saranno centinaia, con i contadini, al di l… delle colli- ne.--Vail lo guardb negli occhi.--So che c'Š poca speranza, Hull... ma dobbiamo tentare. Tu ci aiuterai, vero? --Certo. Ma i vostri Irriducibili possono solo cercare di compiere nrr~ri~ Nnn nnc~;ono combattere contro l'esercito del Maestro. --Lo so,lo so. Hull. E una speranza disperata. --Disperata?--fece all'improvviso Enoch.--Hull, non hai detto che questa notte Margot la Nera ti ha ordinato di presentarti nel suo al- loggio? --SŤ --Allora... ascolta! Porterai un coltello nascosto sotto I ascella. Pri- ma o poi, vorr… che tu rimanga solo con lei, e quando questo awerr…, le pianterai il coltello in quel cuore senza piet…! C'Š una speranza per te se ne hai il coraggio! --Il coraggio!--ringhi• Hull.--Assassinare una donna! --Margot la Nera Š un diavolo! --Diavolo o no, a che serve? E Joaquin Smith che costruisce l'Impe- ro, non la Principessa. --SŤ--disse Enoch.--Ma met… del suo potere sta nell'arte della strega Quando lei non ci sar… pi—, la Confederazione potr… sterminare I eserclto, come un branco di anitre allo stagno! --E vero!--esclam• Vail.--Ci• che dice Enoch Š vero! Hull fece una smorfia.--Ho giurato di non portare armi. I --L'hai giurato a lei!--ribatt‚ Enoch.--Questo non deve vincolar- --Ho dato la mia parola--disse Hull, con fermezza.--Non ho l'abi- tudine di mentire. Vail sorrise.--Hai ragione--mormor•, e aggiunse, mentre il volto di Enoch si oscurava:--E per questo che ti amo Hull. --Allora--grugnŤ Enoch--se non Š il coraggi˘ che ti manca, fai co- sŤ. Attirala alle finestre a ovest. Noi possiamo fare appostare due o tre Irriducibili al limitare del bosco, e se lei passa davanti a una finestra con la luce alle spalle... bene, non potranno mancarla --No--disse Hull, stancamente.--Non combatto contro le donne, e non sono disposto a causare a tradimento la morte di nessuno, neppu- re di Margot la Nera. Ma gli occhi azzurri di Vail erano supplichevoli.--CosŤ non verrai meno alla parola, Hull. Ti prego. Questo non Š tradire una donna. Lei Š una strega. E malvagia. Ti prego, Hull. Il giovane cedette, amaramente.--Prover•.--Aggrott• la fronte .-- Mi ha salvato la vita e... Bene, qual Š la sua stanza? --Quella di mio padre. La mia Š a ovest, e lei l'ha presa per la sua... Ia sua ancella.--Gli occhi di Vail sia annebbiarono per l'indignazione. --Noi--aggiunse--siamo ridotti a dormire in cucina. Un'ora dopo, quando ebbe terminato di mangiare, Hull accompagn• Vail a casa, mentre Enoch sgattaiolava furtivamente verso le colline. Nel cortile erano state rizzate diverse tende, e tutte le finestre erano il- luminate. Davanti alla porta stavano di guardia due uomini dell'Impe- ro; lasciarono passare subito la ragazza, ma fermarono Hull senza ceri- monie. Vail si volse a lanciargli un'occhiata mesta, mentre si allonta- nava~ e lui affront• cupamente le domande delle guardie. - --Cosa vuoi? Vedere la Principessa Margaret. Sei Hull Tarvish? Uno degli uomini si accost• e gli pass• le mani addosso, per control- lare se era armato.--Ordini di Sua Altezza--spieg•, burbero. Hull sorrise. La Principessa non si era fidata troppo della sua pro- messa. Luomo finŤ di perquisirlo e spalanc• la porta. Hull entr•. Non aveva mai visto l'interno della casa, e per un mo- mento quello splendore l'abbagli•. Antichi mobili scolpiti, tappeti, pa- ralumi lavorati per le lampade a olio, e persino - per un istante non ca- pŤ che cosa fosse - un grande specchio di fabbricazione antica, dove lo fronteggiava la sua stessa immagine. Fino a quel momento aveva ViStO soltanto pezzi di specchi. Alla sua sinistra una guardia vigilava una porta aperta da cui usciva- no delle voci. La voce del vecchio Marcus Ormiston.--Ma paghero. La comprer• con tutto ci• che possiedo.--Il tono era lamentoso. --No.--Una fredda decisione nella voce di Joaquin Smith.--Mol- to tempo fa ho giurato a Martin Sair di non concedere mai l'immortali- t… a chi non se ne fosse dimostrato degno.--La voce si color• di sarca- smo.--Dimostra di meritarla, vecchio, nei pochi anni che ancora ti re- Hull arricci• sprezzante il naso. Gli sembrava che vi fosse qualcosa di degradante nel modo in cui il vecchio piagnucolava davanti al vinci- tore.--La Principessa Margaret?--chiese, e seguŤ il gesto indicativo della guardia. Al piano superiore c'era un corridoio fiocamente illuminato: anche lŤ si trovava un uomo di sentinella. Hull ripet‚ la domanda: ma a rispon- dergli fu la voce liquida di Margaret.--Lascialo entrare, Corlin. Un paravento oltre la porta, celava l'interno della stanza. Hull gli gi- ro intorno, cerc ndo di farsi forza contro il ricordo della sconvolgente bellezza che ricordava. Ma le sue difese andarono in pezzi, infrante dal trauma che l'attendeva. . Il paravento riparava la Principessa dallo sguardo della sentinella nel corridoio, non dagli occhi di Hull. Rest• sconcertato nel vederla nu- da, adagiata con assoluta indifferenza in una grande tinozza d'acqua, mentre una donna grassa la lavava meticolosamente. Non pot‚ evitare di far indugiare lo sguardo su quelle forme squisite, poi si volt• e guar- d• fuori dalle finestre a est, sapendo di essere arrossito violentemente fino alle spalle. --Oh, siediti--disse lei, sprezzante.--Avr• finito fra un momento. ~ ~ tenne vli occhi volti altrove mentre si sentiva lo sciacquio del- l'acqua e un asciugatoio frusciava bruscamente. Quando udŤ accanto a s‚ i passi della Principessa, alz• lo sguardo, incerto, ancora timoroso di ci• che avrebbe potuto vedere; ma adesso lei era coperta da una lunga vestaglia nera e oro che la faceva apparire pi— alta, pur nascondendola appena con la sua trasparente delicatezza. Al posto dei coturni calzava sandali dai tacchi alti, che gli ricordavano le calzature viste nelle anti- che iliustrazioni. La vestaglia nera e la casta, corta chioma d'ebano le davano un aspetto di purezza quasi monacale, ma negli occhi danzava- no i fuochi verdi dell'inferno. In fondo al cuore, Hull maledisse quella falsa aura d'innocenza, per- ch‚ si sentiva di nuovo affascinato, nonostante le sue migliori intenzio- --Dunque--fece lei.--Puoi tornare a sederti. Sul campo non esigo il rispetto dell'etichetta di corte.--Cli sedette di fronte prese una si- garetta nera, e l'accese alla fiamma della lampada pos ta sul tavolo. Hull spalanc• gli occhi: era abituato a veder fumare le donne, poich‚ ogni montanara aveva la sua pipa, e ogni casetta aveva il suo campicel- lo di tabacco: ma le sigarette erano una novit…, per lui. --Ora--continu• lei, con un lieve sorriso ironico--riferiscimi cosa dicono di me, qui. --Dicono che sei una strega. --E mi odiano? --Odiarti?--le fece eco Hull, pensieroso.--Come minimo, com- batteranno te e il Maestro fino all'ultima freccia. --Naturalmente. I giovani combatteranno... tranne quelli che Joa- quin ha comprato con le terre dell'Anziano. Sanno che, una volta incor- porati nell'Impero, non potranno pi— combattere. Niente pi— gioiose eccitanti guerricciole tra le citt…, niente pi— vanterie e parate davanti alle belle ragazze di provincia...--S'interruppe.--E tu, Hull Tar- vish... cosa pensi di me? --Io ti chiamo strega per altre ragioni. --Altre ragioni? --La magia non esiste--disse Hull, ripetendo le parole che gli aveva detto il Vecchio Einar a Selui.--C'Š soltanto la scienza. La Principessa lo scrut• attentamente.--Un pensiero saggio, per uno come te--mormor•, poi aggiunse:--Sei venuto disarmato. --Io mantengo la mia parola. --Me lo devi. Ti ho risparmiato la vita. --E~io--dichiar• Hull in tono di sfida--ho risparmiato la tua. Avrei potuto piantare una freccia nella tua candida gola, quand'ero sul tetto della chiesa. Avevo gi… preso la mira. Lei sorrise.--Che cosa ti ha trattenuto? --Non combatto le donne.--Hull rabbrividŤ al pensiero di ci• che doveva fare, perch‚ smentiva le sue parole. 3 ~ ~ Dimmi--continu• la Principessa--era la figlia dell'Anziano la bella ragazza che piangeva disperatamente per te, sulla piazza davanti alla chiesa? --SŤ. --E tu l'ami? _ SŤ.--Era l'occasione che aveva atteso, ma adesso gli era difficile IŤ davanti a lei.--Vorrei chiedere un favore. --Chiedilo. --Vorrei vedere--disse e questa non era una menzogna--la came- ra che avrebbe dovuto essere la nostra stanza nuziale. La camera a ovest.--Poteva essere... avrebbe dovuto essere la verit…. La Principessa rise sdegnosamente.--Vai a vederla, allora. Per un momento, Hull temette, o forse sper•, che lo lasciasse andar solo. Poi lei si alz• e lo seguŤ nel corridoio, verso la porta della camera a ovest. Tradimento Hull si sofferm• sulla porta della stanza per lasciar passare la princi- pessa. Per una frazione di secondo gli splendidi occhi verdi balenarono, scrutandolo con aria interrogativa; poi lei arretr•.--Prima tu, Erbac- cia--ordin•. Il giovane non esit•. Si volt• ed entr•, sperando che gli Irriducibili, se erano veramente in agguato al limitare del bosco, riconoscessero in tempo la sua figura poderosa e si trattenessero dallo sparare. I capelli gli si rizzavano sul capo, mentre avanzava a passo deciso verso la fine- stra ma non accadde nulla. Dietro di lui, la Principessa rise sommessamente.--Ho vissuto per troppo tempo fra gli intrighi di N'Orleans--disse.--Diffido di te sen- za motivo, povero, onesto Hull Tarvish. Quelle parole lo torturarono. Si volt•, e vide la vestaglia nera che le aderiva al corpo mentre si muoveva: e come avviene talvolta nei mo- menti di tensione, capt• un'immagine di lei, con i sensi cosŤ concitati da fargli sembrare che lei, lui stesso e il mondo fossero bloccati nell'im- mobilit…~ La ricord• per sempre com'era in quell'istante, nell'atto di muovere un passo, gli occhi verdi addolciti dalla luce della lampada, le labbra perfette atteggiate in un sorriso colorato di malinconia. Poteva essere una strega e un diavolo, ma sembrava un angelo dai capelli scu- ri: e in quell'istante il suo spirito si ribell•. --N ~ rid•. Ianci~n~nsi verso di lei, e colpendo le sDalle esili con entrambe le mani, in una spinta che la fece barcollare nel territorio, la fece cadere seduta sul pavimento, accanto alla sentinella sbalordita La Principessa balz• subito in piedi, e nel suo volto, adesso, non C'era plU nulla d'angelico.--Tu... mi hai fatto male!--sibil• --A mel Io ti ..--strapp• l'arma alla cintura della guardia la punt• contro il petto dl Hull, scagliandogli contro l'azzurro raggio ronzante. La sofferenza fu pi— atroce che a Eaglefoot Flow. La sopport• stolida_ mente, reprimendo il gemito che gli saliva alla gola; dopo un istante, la Principessa torn• a infilare l'arma, irosamente, nella fondina della sen- tinella.--Ancora un tradimento!--esclam•.--Non ti uccider• Hull Tarvish. Conosco un modo migliore.--Si gir• di scatto verso la tr˘mba delle scale.--Lebeau!--chiam•:--Lebeau! Ci sono...--Lanci• un'occhiata a Hull e continu•:--úIy a des tirat~leMrs d~ns le bois Je vais a ~es ttrer en avant!--Era il francese di N 'Orleans, incomprensibile per Hull quanto l'aramaico. La principessa torn• a voltarsi.--Sora!--chiam•, e quando la don- na apparve:--Lascia stare. Sei troppo pesante.--Poi si rivolse a Hull. --Ho intenzione--fece--di togliere gli abiti da Erbaccia alla figlia dell'Anziano e di mandare lei davanti alla finestra Hull era stravolto.--Lei... lei era al villaggio!--ansim•. Poi tacque nell udire un suono di passi al piano terreno. --Bene, non c'Š tempo--fece la Principessa.--Quindi se devo...-- Si avvi• a passo fermo verso la stanza a Ovest, si sofferm• un momento e poi si pose davanti alla finestra Hull era sbigottito. La guard• mettersi in modo che la luce della lam- pada profilasse sul vetro la figura perfetta, e poi balzare indietro con tale violenza che la vestaglia le turbin• intorno. Aveva calcolato il tempo alla perfezione. Risuonarono due spari quasi simultaneamente, e il vetro s'infranse. E poi, fuori nella notte ~i guizzarono a dozzine i raggi, ed esile e chiaro nel silenzio che seguŤ gli spari, salŤ un grido d'angoscia mortale, e poi un altro, e un altro ancora. La Principessa Margaret sorrise maliziosa, succhi• una goccia di sangue cremisi sgorgata da un dito ferito da una scheggia di vetro.--Il tuo tradimento ricade sui tuoi amici--disse in tono irridente.--Inve- ce di tradire me, hai tradito loro. --Non ho bisogno che tu mi accusi--rispose Hull, cupamente. --Sono io il mio accusatore e il mio giudice. SŤ, e anche il mio giusti- ziere Non voglio vivere da traditore. Margaret inarc• le sopracciglia delicate e trasse uno sbuffo di fumo grigio dalla sigaretta che teneva ancora in mano.--Hull Tarvish, cosŤ forte, morir… suicida--osserv•, con indifferenza.--Avevo intenzione di ucciderti. Debbo lasciare che tu sia vittima di te stesso? Hull scroll• le spalle.--Cosa m'importa? --Bene--fece lei, in tono pensieroso--sei pi— divertente di quanto 404 ~ : mi aspettassi. Sei forte, sei ostinato, e pericoloso. Ti do il diritto di fare ci• che Yuoi della tua vita, ma...--Gli occhi verdi guizzarono beffardi ~ Se io fossi Hull Tarvish, vivrei nella speranza di redimermi. Puol cancellare il disonore della tua debolezza con un atto di coraggio. Puoi vendere la vita per la tua causa e, chiss…, forse per quella di Joaquin... o per la mia! Il giovane preferŤ ignorare quel tono beffardo.--Forse--rispose cu- P E allora perch‚ hai avuto quel momentO di debolezza, Hull Tar vish~ Avresti potuto avere la mia vita. t _ Io non combatto le donne--disse lui, avvilito.--Ti ho guardata... e sono diventato debole.--Una domanda prese forma nella sua mente. --Ma perch‚ hai rischiato la vita davanti alla finestra? Avresti potu- to mandare cinquanta esploratori a battere il bosco. E stato un gesto coraggioso, ma inutile. Lei sorrise, ma i suoi occhi si socchiusero in un'espressione astuta --Perch‚ molti villaggi sono costruiti sopra le strade sotterranee degh Antichi... le metropolitane, le fogne. Come potevo sapere se i tuoi sicari non potevano infilarsi in una tana e scomparire? Era necessario co- stringerli a rivelarsi. Hull abbass• le palpebre per nascondere la scintilla che gli ardeva negli occhi. Ricord• all'improvviso l'antica fogna in cui si era smarrita Vail da bambina, e il cui ingresso era nascosto dai cespugli di ribes. Dunque gli uomini dell'Impero non la conoscevano! Immagin• gli Irri- ducibili che la percorrevano armati di spade e archi.. . sŤ e anche di fuci- L li ora che l'incantesimo non pesava pi— sulla valle. E all'improvviso balzavano al centro dell'accampamento, sorprendendo l'esercito del maestro nel sonno, alla sprovvista. Che piano per un attacco di sorpre- --Altezza--disse cupo--non penso pi— al suicidio, e a meno che tu mi uccida ora, sar• un nemico implacabile dell'esercito del tuo Impero. --Forse meno implacabile di quanto tu creda--rispose lei, sommes- samente.--Vedi, Hull, gli unici tre che hanno saputo della tua debo- lezza sono morti. Nessuno pu• accusarti d'essere un traditore o un de- bole. --Ma lo posso io--rispose Hull.--E anche tu. --Io no, Hull--mormor• la Principessa.--Non biasimo mai un uo- mo che diviene debole per causa mia... ve ne sono stati molti. Uomini forti come te, Hull: e alcuni di loro, il mondo li chiama ancora gran- j di.--Si gir• verso la sua camera.--Vieni--disse con voce diversa. Prender• un po' di vino. Sora!--Mentre la donna grassa si allonta- nava, prese un'altra sigaretta e l'accese alla lampada, storcendo con sdegno il naso elegante alla vista degli insetti notturni che le volavano intf~rnl~ --Che posto!--scatt• spazientita. --E la casa pi— bella che io abbia mai visto--disse Hull, stolida_ mente. La Principessa rise.--E un tugurio. Non vedo l'ora di ritornare a N'Orleans, dove le finestre sono schermate, c'Š acqua corrente a volon- t…, e le luci non sono gialle e vacillanti e non esalano un calore soffocan- te. Ti piacerebbe vedere la Grande Citt…, Hull? --Lo sai che mi piacerebbe. --E se ti dicessi che puoi vederla? --Chi potrebbe impedirmi di entrarvi, se andassi in pace? Lei scroll• le spalle.--Oh, puoi visitare N'Orleans, naturalmente. Ma immagina che io ti offra la possibilit… di andarvi come... ospite, di- ciamo, della Principessa Margaret. Cosa daresti, per questo privilegio? Perch‚ si faceva nuovamente beffe di lui?--Che cosa mi chiederesti in cambio?--replic• guardingo. --Oh, la tua devozione, forse. O forse il tradimento della tua piccola banda d'Irriducibili, che sar… una seccatura del diavolo togliere di mezzo qui tra queste colline. Hull alz• di scatto la testa, stupito che lei conoscesse il nome. Gli Irri- ducibili? Come... Margaret sorrise.--Abbiamo degli amici tra gli uomini di Ormi- ston Amici comprati con le terre--aggiunse sprezzante.--Ma che ne pensl della mia offerta, Hull? Il giovane fece una smorfia.--Tu dici come ospite. Come debbo in- tenderlo? Lei si appoggi• al tavolo, fissandolo con gli squisiti occhi verdi, i ca- pelli fiammeggianti, nerazzurri, le labbra perfette atteggiate a un lieve sorriso.--Come preferisci, Hull. Come preferisci tu. La collera stava crescendo in lui.--Vuoi dire--chiese con voce rau- ca--che lo faresti per una cosa da poco, la distruzione di una piccola banda nemica? Tu, con tutto l'Impero alle tue spalle? Margaret annuŤ.--Un disturbo risparmiato, no? --E l'onest…, la virt—, I'onore, per te contano cosŤ poco? E uno dei tuoi mezzi abituali di conquista? Vendi abitualmente i tuoi favori per...? --Non abitualmente--I'interruppe lei, con freddezza.--Prima, de- ve piacermi quello con cui concludo l'accordo. Tu, Hull... mi piacciono i tuoi muscoli potenti, e il tuo coraggio ostinato, e la tua mente, lenta e limpida. Non sei un grand'uomo, Hull, perch‚ la tua mente non ha il fuoco gelido del genio, ma sei forte, e mi piaci per questo. --Ti piaccio!--ruggŤ il giovane, alzandosi.--Eppure tu pensi che baratter• quel po' d'onore che mi resta, in cambio di... quello! Credi che tradir• la mia causa! Credi... Ebbene, ti sbagli, ecco tutto. Ti sbagli! Lei scosse il capo, sorridendo.--No, non mi sbagliavo, perch‚ pen- savo che non avresti accettato. Lr --Oh, lo pensavi!--ringhi• Hull.--E allora, se avessi accettato? Cosa avresti fatto? --Quello che ho promesso.--Margaret rise della sua espressione irata e incredula.--Non assumere quell aria cosŤ scandalizzata, Hull. Non sono la piccola Vail Ormiston. Sono la Principessa Margaret di N'Orleans, chiamata Margaret la Divina da quelli che mi amano, e da quelli che mi odiano chiamata... Bene tu devi sapere come mi chiama- no i miei nemici! --Lo so!--scatt• lui.--Margot la Nera, lo so! _ Margot la Nera--gli fece eco lei, sorridendo.--SŤ, chiamata cosŤ per via di un poeta che una volta mi divertiva, e perch‚ ci fu un tempo un antico, grandissimo poeta francese chiamato Francois Villon, il quale amava una prostituta chiamata Margot la Nera.--Sospir•. --Ma il mio poeta non era un Villon: le sue opere sono gi… quasi dimen- _ Un bel nome!--gracchi• Hull.--Un nome adatto a te. --Senza dubbio. Ma tu non capisci, Hull. Io sono un'Immortale. Ho tre volte pi— anni di te. Vorresti che seguissi i principi della mortale Vail Ormiston? --SŤ! Con che diritto ti ritieni superiore a ogni morale? Le labbra di Margaret smisero di sorridere, i profondi occhi verdi di- vennero malinconici.--Con il dirtto che mi d… l'impossibilit… di agire diversamente, Hull--disse sottovoce. Un fremito d'emozione color• la sua voce.--L'immortalit…!--mormor•.--Anni e anni e anni sempre eguali, a percorrere avanti e indietro il mondo per conquistarlo! Che m'importa della conquista? Io non ho il senso del destino come Joa- quin che vede davanti a s‚ l'Impero... I'Impero... I'Impero, sempre pi— vast˘, sempre pi— immenso. Cos'Š per me l'Impero? E anno dopo anno ~ mi annoio, e ormai il combattimento, le uccisioni, il pericolo e l'amore r sono le sole cose che mi aiutano a respirare! La collera di Hull era svanita. La fissava sgomento, sconvolto. --E poi anche queste cose mi deludono!--mormor• lei.--Quando le uccisioni annoiano e l'amore stanca, che cosa resta? Ho detto amore? Come pu• esservi amore, per me, quando so che,- se amo un uomo, do- vr• vederlo invecchiare, diventare grinzoso, debole, flaccido? E quan- do supplico Joaquin di concedergli l'immortalit…, lui mi ricorda osten- tatamente la sua promessa a Martin Sair: concederla solo a coloro che se ne sono gi… dimostrati degni. Quando un uomo ha dimostrato di es- serne degno, ormai Š vecchio.--E proseguŤ, con voce tesa:--Ti assicu- ro, Hull, sono cosŤ sola e senza amici che invidio voi mortali! SŤ, e uno di questi giorni mi unir• a voi! Hull deglutŤ.--Mio dio!--mormor•.--Sarebbe stato meglio per te restare fra le tue montagne con gli amici, un marito e i figli. --I fi ~ li fece eco la Principessa, mentre gli occhi le velavano di lacrime.--Gli Immortali non possono aver figli. Sono sterili. Non do- vrebbero essere altro che cervelli, come Joaquin e Martin Sair, non ess- seri dotati di sentimenti... come me. Qualche volta maledico Martin Sair e le sue radiazioni. Io non voglio l'immortalit…: voglio la vital Hull si trov• come preso in un turbine di pensieri. L'impossibile bel- lezza della giovane donna che gli stava davanti, gli occhi verdi, ora te- neri e umidi e tristi, le labbra tremanti, lo scintillio d'una lacrima sulla` guancia... tutto questo lo faceva soffrire, gli faceva dimenticare tutto --Dio!--mormor•.--Mi dispiace. --E tu, Hull... mi aiuterai... un po'? --Ma siamo nemici... nemici! --Non possiamo essere... qualcosa d'altro?--Un singhiozzo la scos- se. All'improvviso un movimento delle belle labbra attir• l'attenzione di Hull. Guard•, incredulo, nelle profondit… verdi di quegli occhi. Era vero. C'era l'ilarit…, l… dentro. La principessa si era fatta beffe di lui! E quando si accorse che aveva capito, rise sommessamente, con un riso che risuon• arpeggiando, come pioggia sull'acqua. --Tu .. . sei il diavolo!--esclam• Hull, soffocato.--Strega nera ! Vor- rei aver lasciato che ti uccidessero! --Oh, no--fece lei.--Guardami, Hull. Era un comando superfluo: non gli riusciva di distogliere lo sguardo affascinato da quel viso squisito. --Mi ami, Hull? --Io amo Vail Ormiston--gracchi• il giovane. --Ma ami me? --Ti odio! --E tuttavia mi ami? Hull gemette.--Non Š giusto--borbott•. Lei aveva compreso ci• che intendeva. Il giovane imprecava contro le circostanze che avevano portato la Principessa Margaret - la donna pi— brillante di quell'epoca splendida, una delle pi— brillanti di ogni tempo - a esercitare tutto il suo fascino su un semplice montanaro del- I'Ozarky. Non era giusto: il sorriso di lei l'ammetteva, ma era anche ca- rico di trionfo. --Posso andare?--le chiese, impassibile. Lei annuŤ.--Ma sarai un po' meno mio nemico, vero, Hull? Lui si alz•.--Far• alla tua causa tutto il male che potr•--disse. 3 --Non tradir• due volte. Ma gli parve che uno sconcertante guizzo di soddisfazione passasse negli occhi di lei alle sue parole. Tormento A mezzogiorno, Hull guardava la valle di Ormiston, dove stava mar- ciando Joaquin Smith. Al suo fianco, Vail s'era fermata: insieme scru- tavano in silenzio la strada di Selui, nereggiante di cavalieri e di carri, avviati ad attaccare la citt… e i resti dell'esercito della Confederazione. Ma Ormiston non era stata completamente abbandonata, perch‚ tre- cento fanti e duecento cavalieri erano rimasti per occuparsi degli Irri- ducibili, agli ordini di Margot la Nera. Il Maestro non poteva permette- re che una grossa banda ribelle si riunisse senza ostacoli nel territorio di conquista; nell'Impero, nonostante l'odio reciproco fra le citt… riva- li, esisteva una sorta di pace forzata. _ Il nostro momento verr… stanotte--disse sobriamente Hull. --Non avremo mai un'occasione migliore: siamo in numero quasi eguale a loro, e abbiamo la sorpresa dalla nostra parte. Vail annuŤ.--L'antica galleria Š stata un'idea ardita, Hull. Gli Irri- ducibili stanno puntellando i tratti che crollano. Mio padre Š con loro. --Non doveva. Sul campo non c'Š posto per i vecchi. --Ma Š la sua speranza, Hull. Non vive che per questo. --Non Š una grande speranza. Supponiamo che il colpo riesca, Vail. Che cosa significher…, se non il ritorno di Joaquin Smith e del suo eser- cito? Il buon senso mi dice che Š un'impresa folle, e se non fosse per te e per la possibilit… di combattere che finora non abbiamo avuto... bene, sarei tentato di riconoscere la vittoria del Maestro. --Oh, no!--esclam• Vail.--Se il nostro successo significa la fine di Margoot la Nera, non baster…? Inoltre, tu sai che i poteri del Maestro sono per met… opera della strega. Lo diceva Enoch... povero Enoch. Hull rabbrividŤ. Enoch era stato uno dei tre cecchini uccisi davanti alle finestre della casa, e le parole della ragazza gli ricordarono la parte che lui aveva avuto nell'episodio. Ma nel contempo, quelle paro- le bruciavano anche per un'altra ragione, perch‚ la visione della Prin- cipessa, che l'aveva assillato per tutta la notte, era ancora viva nella sua mente: e non poteva affrontare imperturbato il pensiero della sua morte. Ma Vail gli lesse in volto soltanto l'angoscia per la fine di Enoch. --Enoch--ripet‚, sottovoce.--Mi voleva bene, in quel suo modo aci- do, Hull; ma da quando ti ho conosciuto, non ho pi— pensato a lui. Hull la cinse con un braccio, maledicendosi perch‚ non riusciva a di- stogliere il pensiero da Margot la Nera, perch‚ amava Vail, ed era Vail che voleva amare. Qualunque fosse l'incantesimo che la Principessa aveva ~ettato su di lui, sapeva che era malvagia, spietata, disumana- mente fredda... una fattucchiera, un diavolo. Ma non riusciva a cancel- larsi dalla mente quella bellezza satanica. --Bene--sospir•.--Vada per stanotte, allora. Quattro ore dopo il tramonto? Bene. Gli uomini dell'Impero, a quell'ora, dovrebbero esse- re addormentati, o a giocare nella taverna di Tigh. Preghiamo per la nostra polvere da sparo. --La polvere da sparo? Oh, ma non hai sentito quello che ho detto a File Ormson e agli Irriducibili, tra le colline? Le cose che gettavano I incantesimo se ne sono andate: Joaquin Smith le ha portate a Selui. Ho spiato e ascoltato dalla porta della cucina, questa mattina. --Gli scintillatori? Non ci sono pi—? --SŤ. Ma li chiamavano rison... risatori... --Risonatori--fece Hull, ricordando le parole del Vecchio Einar --Qualcosa del genere. Erano due grossi barili di ferro, montati su basi snodate, tutti pieni di una magia che ronzava e ticchettava, e spaz- zavano la valle a nord e a sud, e a est e ovest, e verso Norse si sentivano gli scoppi e si vedeva il fumo di un edificio che bruciava. Li hanno cari- cati sui carri e li hanno portati via, a Selui. --Non hanno attraversato la cresta delle alture con il loro incantesi- mo--~ disse Hull.--Gli Irriducibili hanno ancora la polvere da sparo --SŤ--mormor• Vail, stringendosi a lui.--Dimmi--chiese all'im provviso.--Cosa voleva da te, questa notte? Hull fece una smorfia: aveva detto ben poco a Vail di quella sera diso- norante, e temeva le sue domande.--Il tradimento--rispose alla fine --Voleva che tradissi gli Irriducibili. --A te? Ti ha chiesto questo? --Credi che l'avrei fatto?--ribatt‚ Hull. --Lo so che non lo faresti mai. Ma cosa ti ha offerto, in cambio del tradimento? Hull esit• di nuovo.--Una grande ricompensa--rispose alla fine. --Sproporzionata al compito. --Dimmi, Hull, com'Š da vicino? --Un demonio. Non Š veramente umana. --Ma in che senso? Gli uomini parlano tanto della sua bellezza, del suo fascino mortale. Hull... tu l'hai sentito~ --Io amo te, Vail. Lei sospir•, e si fece ancora pi— vicina.--Credo che tu sia l'uomo pi— forte del mondo, Hull. Il pi— forte. --E necessario che lo sia--borbott• lui, scrutando cupo la valle. Poi sorrise, debolmente, quando vide alcuni uomini intenti ad arare, per- che la stagione era troppo avanzata per quell'attivit…. Il vecchio Mar- ~ Il campo del "risonatore Erden" penetra agevolmente strutblre e muri ma viene bloccato da ostacoli naturali di un certo rilievo, dalle colline e per m˘tivi sconosciuti anche da banchi di nebbia e da nuvole basse (N.d.A ). cus Ormiston non voleva correre rischi; ricordando le parole del Mae- stro, stava arando ogni ettaro su cui un cavallo poteva trainare un ara- Vail lo lasci• a Ormiston e si avvi• esitante verso casa. Hull lavor• un ~3 po' nell'officina, e quando il Sole cominci• a calare, compr• una grossa pagnotta scura, una fetta di formaggio e una bottiglia del vino chiaro della zona. Stava terminando il pasto in camera sua, quando fu richia- mato da qualcuno che bussava alla porta dell'officina. Era un uomo dell'lrnpero.--Hull Tarvish?--chiese bruscamente. Al cenno del giovane, continu•:--Da parte di Sua Altezza--e gli con- segn• un foglio di carta nera, piegato con cura. Il montanaro lo guard•. Da un lato, a rilievo e in oro, c'era la forma d'un serpe che cingeva il mondo, mordendosi la coda... il Serpente di Midgard. Infil• un dito nella piega, aprŤ il messaggio, e socchiuse le palpebre, guardando i caratteri tracciati in oro sul foglio nero. --Questi scarabocchi non significano niente, per me--disse. L'uomo dell'Impero arricci• sprezzante il naso.--Lo legger• io--fe- ce prendendo la missiva.--Dice: 'Segui il messaggero al nostro al- loggio', ed Š firmato Margarita Imperii Regina, che vuol dire Margaret, Principessa dell'lmpero. E chiaro?--RestituŤ il foglio.--E da un'ora che ti sto cercando. _ E se non ci venissi?--ringhi• Hull. --Non Š un invito Erbaccia. E un ordine. E Hull scroll• le spalie. Non se la sentiva di affrontare di nuovo Margot la Nera, soprattutto perch‚ era a conoscenza del piano degli Irriducibi- li. La personalit… complessa di quella donna lo sconcertava e l'affasci- nava; e temeva che in qualche modo, con qualche arte sottile, lei riu- . scisse a strappargli il segreto. La tortura non l'avrebbe costretto a par- lare, ma quegli occhi verdi potevano leggere la verit…. Eppure... era F meglio andare senza far storie, anzich‚ farsi trascinare con la forza; con un grugnito di assenso seguŤ il messaggero. La casa era silenziosa. La stanza al pianterreno dove aveva riposato Joaquin Smith era adesso deserta; salŤ le scale, preparandosi di nuovo al trauma della presenza di Margot la Nera. Questa volta, per•, la trov• ~- vestita o semivestita secondo i criteri di Ormiston, poich‚ indossava t soltant˘ i calzoncini corti e il giaco che portava per cavalcare, ed era scalza Sedeva su una poltrona accanto alla tavola, con una fiasca di vi- no accanto e una sigaretta nera tra le dita. I capelli erano come un ca- sco d'ebano, accanto all'a~lorio della fronte e della gola, e gli occhi ver- di sembravano due smeraldi gemelli. --Siediti--gli disse, quando le fu davanti.--Ci hai perso tu, a tar- dare, Hull. Avrei cenato con te. --Per ritemprarmi le forze, mi bastano pane e formaggio--bor- bott• lui. --Sembra di sŤ.--Un fuoco le danzava negli occhi.--Hull, io sono forte come molti uomini, ma credo che quei tuoi muscoli possenti po- trebbero sopraffarmi come se fossi una timida ragazza di provincia. Eppure... --Eppure cosa? --Eppure tu somigli molto ad Eblis, il mio stallone nero. I suoi mu- scoli sono quasi altrettanto forti, ma come faccio con lui, posso pungo- larti, spingerti, frustarti, e lanciarti al galoppo nella direzione che pre- ferisco. --Davvero?--scatt• Hull.--Non provartici.--Ma era diffici] o ~f- frontare l'incantesimo di quella bellezza ultraterrena. --Invece credo che mi ci prover•--tub• gentilmente lei.--Hull, tu non menti mai? --No. --Allora dovrb farti mentire, Hull? Dovr• farti giurare falsit… tali che in futuro arrossirai sempre al solo ricordo? Dovr• farlo? --Non puoi ! Margaret sorrise e poi, cambiando tono, chiese:--Mi ami, Hull? --Amarti? Ti odio...--S'interruppe di colpo --Mi odii, Hull?--chiese lei, con gentilezza --No--gemette finalmente il giovane.--No, non ti odio --Mi ami allora.--Il viso era angelico, serio, puro, e persino gli oc- chl verdi erano dolci come il verde della primavera.--Dimmi, mi --No!--Lo sibil• rabbioso, poi arrossŤ al sorriso di lei.--Non Š una menzogna!--scatt•.--La tua stregoneria non Š amore lo non amo la tua bellezza. E innaturale, infernale; Š il dono di Martin Sair. E una bellezza falsa, come tutta la tua vita! --Martin Sair c'entra ben poco con il mio aspetto--rispose lei, dol- cemente.--Cosa provi per me, Hull, se non Š amore? --Io... non lo so. Non voglio pensarci!--Strinse la mano a pugno. --Amore? Chiamalo amore, se vuoi, ma Š un amore diabolico che tro- verebbe soddisfazione nell'ucciderti!--Ma a questo punto il sŁo cuore si ribell• di nuovo.--Non Š vero--concluse, avvilito.--Non potrei ucclderti. --Supponiamo--proseguŤ la Principessa--che io prometta di ab- bandonare Joaquin, di non esser pi— Margot la Nera, la Principessa del- I'Impero, di essere soltanto... la moglie di Hull Tarvish. Tra Vail e me quale sceglieresti? Hull non rispose nulla per il momento.--Sei ingiusta--disse poi amaramente.--Ti sembra giusto paragonarti a Vail? Lei Š dolce e de- vota e innocente, ma tu... tu sei Margot la Nera! --Comunque--continu• lei, calma--credo che far• il confronto Sora!--La donna grassa comparve sulla soglia.--Sora, non c'Š pi— vi- 412 no- ~landa qui la 6glia dell'Anziano con un'altra bottiglia e un secondo ~- bicchiere. --Hull la fiss• sgomento.--Cos'hai intenzione di fare? ~- --Nulla di male alla tua piccola Erbaccia. Te lo prometto. _ Ma...--Il giovane tacque. I passi di Vail risuonarono sulle scale: poi lei entr• timidamente, portando un vassoio con una bottiglia e un calice di metallo- Hull la vide trasalire, quando lo scorse: ma poi si av- vicin• in silenzio, pos• il vassoio sul tavolo e arretr• verso la porta. . --Aspetta un momento--fece la Principessa. Si alz•, si port• a flan- co di Vail, come per imporre a Hull di fare un confronto. Lui non pot‚ L evitarlo: si detest• per quel pensiero, ma non seppe scacciarlo. Scalza, la Principessa Margaret era alta esattamente quanto Vail con i suoi sandali a tacchi bassi, ed era lievemente pi— snella. Ma i sorprendenti capelli neri e gli splendidi occhi verdi facevano quasi sbiadire la ragaz- ~ za di Ormiston, e i capelli di rame e gli occhi azzurri parevano scialbi, L scoloriti. Non Š giusto: Hull capiva che era come paragonare la luce di una candela a un raggio di sole, e si disprezzava perch‚ restava a guar- E dare. --Hull--chiese la Principessa--chi di noi Š la pi— bella? Il giovane vide le labbra di Vail fremere per la paura, e rest• chiuso in un ostinato silenzio. --Hull--insistette la principessa--chi ami, di noi due? --lo amo Vail!--mormor• lui. --Ma l'ami pi— di quanto ami me? Ancora una volta, egli dovette ricorrere al silenzio. --Deduco--continu• sorridendo la Principessa--che il tuo silen- zio signiLichi che ami di pi— me. Ho ragione? Hull non disse ulla. --Oppure mi sbaglio, Hull? Puoi dare alla piccola Vail la soddisfa- zione di rispondere a questa domanda. Perch‚, se non risponderai, mi prender• la libert… di credere che ami di pi— me. E vero? Per Hull, era un torrnento atroce. Le labbra sbiancate si torsero per I'angoscia. e alla fine proruppe:--Oh Dio! E allora, sŤ! ~1~ La Principessa sorrise dolcemente.--Puoi andare--disse a Vail, ~, che attendeva pallida e spaventata. Ma la ragazza esit• per un momento.--Hull--bisbigli•.--Hull, so L che l'hai detto per salvarmi. Non lo credo, Hull, e ti amo. La colpaŠ sua! --Taci!--gemette lui.--non insultarla. La Principessa rise.--Insultare me? Credi che potrei sentirmi insul L tata da un po' di polvere che si trascina dalla culla alla tomba?--Gir• ,~ sprezzante gli occhi verdi su Vail che, atterrita, usciva a ritroso dalla porta. --Perch‚ ti diverti a torturare?--grid• Hull.--Sei crudele come J una gatta. Sei un demonio- 413 --Non Š stata una crudelt…--disse dolcemente la Principessa --Era solo un modo per provare ci• che ho detto: che i tuoi muscoli po tenti sl sono abituati alla mia sella. --Se c'era bisogno di provarlo--borbott• lui. --Non ce n'era bisogno. Le prove bastano, anche in ci• che sta acca- dendo in questo momento, se ho calcolato esattamente il tempo. Mi ri- ferisco ai tuoi Imducibili che stanno passando attraverso l'antica fo- gna, per finire nella mia trappola, dietro la stalla. Hull rest• allibito.--Tu... tu sei... tu del~i essere una strega!--escla- --Forse. Ma non Š stata la stregoneria che mi ha indotta a farti bale- nare il pensiero di quella fogna, Hull. Adesso ricordi che Š stato un mio suggerimento, pronunciato ieri sera nel corridoio? Sapevo benissimo che avresti messo l'esca sotto il naso degli Irriducibili. Il giovane era stordito.--Ma perch‚... perch‚...? --Oh--rispose lei, indifferente--mi diverte vederti recitare due volte la parte del traditore, Hull Tarvish. La trappola La Principessa gli si avvicin•, con magnifici occhi dolci come quelli di un angelo, la curva delicata delle labbra atteggiate a un lievissimo somso imbronciato.--Povero, forte, debole Hull Tarvish!--mormo- r•.--Adesso capirai il costo della debolezza. Io non sono Joaquin, che combatte benignamente, con le armi dei suoi uomini regolate al mini- mo. Quando io vado in battaglia, i miei raggi sono al massimo, e la carne brucia, i cuori cedono. La morte cavalca al mio fianco. Hull l'udiva appena. La sua mente sconvolta lottava con un'idea. Gli Irriducibili stavano strisciando a uno a uno nella trappola ma non po- tevano essere tutti nella galleria. Se avesse saputo awertirˇi I suoi oc- chi si posarono sulla maniglia della campana, nel corridoio, accanto al- la guardia, la fune faceva squillare la campana di bronzo della torre per convocare le pubbliche assemblee, o per annunciare gli incendi Sarebbe stata la morte se l'avesse suonata, senza dubbio: ma era un prezzo equo da pagare per l'espiazione. Il braccio robusto scatt• all'improvviso, urtando la Principessa e mandandola a sbattere violentemente contro il muro. UdŤ il suo fioco --O-o-oh--di dolore, quando cadde pian piano in ginocchio: ma or- mai Si era avventato sulla guardia sbalordita, l'aveva spinta oltre la ba- laustra del ballatoio, gi— nella tromba delle scale. Poi tir• la fune, con tutto il suo peso, e la grande voce di bronzo tuon•, ripetutamente. Margot la Nera era gi… in piedi, e le scintille d'inferno le brillavano ~ negli occhi: il suo viso era una bellissima maschera di furore. Molti uo- mini salirono correndo le scale con le armi in pugno, e Hull tir• un'ulti- ma volta la fune e si gir• per amrontare la morte. Mezza dozzina d'armi era puntata su di lui. --No... no!--ansim• la Principessa sforzandosi di riprendere fiato. _ Prendetelo! Portatelo... nella stalla! ~- Si lancib correndo per le scale, muovendo svelte le incantevoli gam- be nude, con tonfi lievi dei piedi scalzi. I sei soldati del'Impero, torvi in volto, spinsero Hull davanti alla guardia che, stordita, si era messa a ~` sedere sugli ultimi gradini, e poi fuori, nella notte, dove balenavano lampi azzurri e risuonavano grida e spari. Dietro la stalla c era un relativo silenzio, comunque, quando i cattu- L ratori di Hull l'ebbero trascinato fin l…. Una fitta massa di figure scure era raccolta accanto all'imboccatura dell'antica galleria, dove gli ar- busti erano stati strappati e calpestati: erano circondate da una fila de- gli esploratori brunovestiti. Diversi uomini giacevano al suolo, e Hull sorrise lievemente, quando vide che alcuni erano uomini dell'Impero. Poi il suo sguardo si pos• sulla Principessa, che si era fermata davanti a un ufficiale dai capelli bruni. --Quanti, Lebeau? --Centoquaranta o centocinquanta, Altezza. --Non sono neppure la met…! Perch‚ non inseguite gli altri nella gal- leria? --Perch‚, Altezza, uno di loro si Š fatto crollare addosso i puntelli e il tetto, e ci ha bloccati. Adesso lo stiamo disseppellendo. --E nel frattempo gli altri avranno lasciato la tana.--Dove finisce la galleria?--La Principessa si avvicin• a Hull.--Hull, dove fini- sce?--Poich‚ egli tacque, aggiunse:--Non importa. Ne uscirebbero comunque, prima che arrivassimo noi.--Poi si volt• di scatto.--Le- beau! Brucia quelli che abbiamo presi, e gli altri li liquideremo appena potremo.--Un mormorio corse tra la folla degli abitanti del villaggio t~ che si andava raccogliendo: gli occhi di lei, verdargentei nel chiaro di ~- Luna, si volsero in quella direzione.--E tutti i simpatizzanti--ag- giunse freddamente la Principessa.--Tranne quest'uomo, Hull Tar- La gran voce di File Ormson si lev• rombando dalla massa dei prigio- nieri.--Hull! Hull! Questa trappola Š stata un'idea tua? ` Hull non rispose: fu Margot la Nera a farlo per lui.--No--scatt•.-- Ma Š stato lui a suonare la campana. --Allora perch‚ lo risparmi? Gli occhi verdi brillarono gelidi.--Per ucciderlo a modo mio, Er- baccia--disse in tono freddo, e fu come se un vento invernale avesse t ~lit~tn ir~ n ~ nl~tt~ rlrimaverile.--Ho un conto da regolare con lui. Gli occhi brillarono come smeraldi, fissandosi in quelli di Hull Il giovane sostenne lo sguardo con fermezza e disse, a voce bassa:--Sei disposta ad accordare una grazia a un uomo che sta per morire? --Non Š nostra usanza--rispose lei, indifferente.--E la salvezza della figlia dell'Anziano? Non intendo farle alcun male --Non si tratta di questo. --E allora chiedi... sebbene io non sia propensa a concederti favori Hull Tarvish, che per due volte mi hai messo le mani addosso con la vio- lenza. La voce del giovane si abbass• in un sussurro.--Ti chiedo la vita dei miel compagni. La Principessa inarc• le sopracciglia, stupita, poi scosse la fiamma tenebrosa della chioma.--E come posso? Sono rimasta qui apposta per spazzarli via. Debbo liberare la met… che ho catturato, soltanto per distruggerla insieme al resto? --Ti chiedo le loro vite--ripet‚ Hull. Un bizzarro fuoco capriccioso danz• negli occhi verdi.--Prover•-- promise, e si rivolse all'ufficiale, che stava schierando i suoi uomini in modo che il fuoco incrociato delle pistole non falciasse le sue stesse file --Lebeau!--ordin•.--Aspetta un momento. Si diresse nel varco tra i prigionieri e i suoi uomini. Con le mani sui fianchi scrut• gli kriducibili, mentre il chiarore lunare conferiva alla sua bellezza un'aura incredibile, ultraterrena. Nella semioscurit… not- turna non sembrava un demonio, ma una fanciulla, quasi una bambi- na: e persino Hull, che aveva imparato a conoscerla bene, non riusciva a distogliere lo sguardo affascinato dalla sua persona. --Ora--disse lei, volgendo gli occhi sul gruppo--in cambio della mia promessa d'amnistia, quanti di voi passerebbero dalla mia parte? Un fremito percorse la massa. Per un momento vi fu un'immobilit… assoluta; poi, molto lentamente, due figure si fecero avanti, e il fremito divenne un mormorio rabbioso. Hull riconobbe i due uomini: avevano fatto parte dell'esercito della Confederazione: uomini di Ch'cago, buo- ni combattenti ma semplici mercenari, pronti a cambiare bandiera co- me li spingeva l'umore o I'interesse. Il brusio degli Irriducibili divenne un nnghio furioso. --Voi due--chiese la Principessa--siete uomini di Ormiston? --No--disse uno.--Veniamo entrambi dalle rive del Mitchin. --Benissimo--proseguŤ lei, con calma. Con un movimento rapido quanto il volo d'una freccia, si sfil• l'arma dalla cintura: il raggio az- zurro sibil• due volte, e gli uomini caddero con la faccia carbonizzata Dai corpi esalavano nere spire di fumo fetido. La Principessa si volse verso il gruppo sbigottito.--E ora --disse --chi Š il vostro capo? File Ormson si fece avanti, con una smorfia tetra.--Cosa vuoi da me? Tratterai con me? 1 tuoi uomini accetteranno i nostri accordi? , File annuŤ.--Hanno poca scelta. --Bene. Adesso che ho eliminato i traditori dalle vostre file, poich‚ io non tratto con i traditori, ti far• la mia offerta.--Sorrise al fabbro. --Credo di aver servito bene me stessa e voi facendo cosŤ--fece sotto- voce, e Hull ansim•, scorgendo la dolcezza dello sguardo che lanciava verso File.--Tu, con i tuoi muscoli forti e il tuo cuore di guerriero, se- guiresti una donna? La smorfia svanŤ nello stupore.--Seguire te? Te? --SŤ.--Hull osservava, affascinato, come lei usava la voce, gli oc- chi, la bellezza ultraterrena intensificata dal chiaro di luna, per incan- tare il grosso File Ormson, dietro cui gli Irriducibili prigionieri stavano tesi silenziosi.--SŤ, seguire me--ripet‚ sottovoce--Siete tutti valo- rosi, tutti, ora che ho eliminato i due vigliacchi.--Sorrise, malinconi- camente, quasi con tenerezza, alla tozza figura che le stava davanti. --E tu... tu sei un guerriero. --Ma...--File deglutŤ.--Gli altri... --Ti prometto che non dovrete combattere contro i vostri compagni. Lascer• liberi tutti coloro che non vorranno seguirmi. E le vostre terre, poich‚ Š per le vostre terre che combattete, no?, non le toccher•, tranne quelle dell'Anziano.--Fece una pausa.--Ebbene? All'improvviso, risuon• la risata di File.--Per Dio!--imprec•.--Se dici davvero, non c'Š motivo di combattere! Per quanto mi riguarda, sono con te!--Si rivolse ai suoi uomini.--Chi mi segue? 11 gruppo si agit•. Alcuni fecero un passo avanti, poi altri, e poi, con un grido, tutti quanti .--Bene!--ruggŤ File. Si port• sul cuore la gran- de mano dura, nel saluto dell'Impero.--A Margot... alla Principessa Margaret!--grid•.--A una guerriera! Lei sorrise e abbass• gli occhi, quasi pudicamente. Quando le escla- mazioni si furono spente, lei si rivolse di nuovo a File Ormson.--Invie- rai messaggeri agli altri uomini?--chiese.--Che vengano, alle stesse condizioni. --Verranno!--ruggŤ File. La Principessa annuŤ.--Lebeau--ordin•--richiama i tuoi uomini. Questi sono nostri alleati. Gli Irriducibili cominciarono a separarsi, disperdendosi tra la folla degli abitanti del villaggio. La Principessa si avvicin• a Hull, sorriden- do con malizia della sua perplessit…. Lui non sapeva se doveva sentirsi lieto o amareggiato. perch‚ sebbene avesse accolto la sua richiesta di risparmiargli i compagni, I'aveva fatto solo distruggendo la causa alla quale lui aveva sacrificato ogni cosa. Non c'erano pi— gli Irriducibili, ma lui avrebbe dovuto comunque morire per loro. --Morirai contento adesso?--chiese lei, dolcemente. --Nessuno muore contento--ringhi• Hull. --Ti ho accordato il favore che mi hai chiesto, Hull. --Se ci si pu• fidare delle tue promesse--ribatt‚ lui, con amarezza. --Hai mentito con freddezza agli uomini di Ch'cago, e ti sei assicurata che gli Irriducibili non li amassero, prima di ucciderli. La Principessa scroll• le spalle.--Io mento, inganno, imbroglio con ogni mezzo di cui dispongo--fece con indifferenza.--Ma non infrango la parola data. Gli Irriducibili sono salvi. Alle sue spalle, alcuni uomini uscirono dall'imboccatura della galle- ria, trascinando qualcosa di scuro. --L'Erbaccia che ha fatto crollare la volta, Altezza--disse Lebeau La Principessa si volt• indietro, e sporse le labbra delicate in una smorfia di sorpresa.--L'Anziano! Il vecchio rimbambito Š morto co- raggiosamente.--Poi scroll• le spalle.--Comunque, gli restavano so- lo pochi anni da vivere. Ma Vail si fece avanti, con un gemito sommesso d'angoscia, e Hull la vide inginocchiarsi desolata accanto al corpo del padre. Un fremito di piet… lo scosse, al pensiero che adesso era completamente sola. Enoch era morto nell'imboscata, la notte prima; il vecchio Marcus giaceva lŤ davanti a lei; e lui era condannato a morte. I tre che l'amavano e l'uo- mo che amava... tutti uccisi nel corso di due notti. Le rivolse un lento sorriso disperato di commiserazione, ma non c'era nulla che potesse di- re o fare. E Margot la Nera, dopo averle lanciato un'occhiata, si rivolse a Hull.--E ora--disse, con voce ridiventata di ghiaccio--far• i conti con te! Il giovane l'affront•, stordito.--Avrai la bont… di liquidarmi in fret- ta, allora?--mormor• alla fine. --Bont…? Per quanto ti riguarda, non conosco quella parola, Hull. Anzi, sono stata anche troppo buona. Ti ho risparmiato la vita tre vol- te... una sua richiesta di Joaquin a Eaglefoot Flow, una davanti alla ba- racca, e una volta lass—, nel corridoio.--Si fece pi— vicina.--Non sop- porto la violenza, Hull, e tu mi hai messo le mani addosso due volte. Due volte! --Una volta l'ho fatto per salvarti la vita--disse lui.--E l'altra per rimediare al mio involontario tradimento. E ti ho risparmiato tre volte la vita anch'io, Margot la Nera... Una volta quando ti ho preso di mira dal tetto della chiesa, una volta salvandoti dall'imboscata nella stanza a ovest, e una volta solo mezz'ora fa, perch‚ avrei potuto ucci- derti a pugni, se avessi voluto colpirti abbastanza forte. Io non ti devo nulla. Lei sorrise freddamente.--Ben detto, Hull; ma morirai lo stesso co- me vorr• io.--E gli volt• le spalle.--In casa!--ordin• e Hull s'in- cammin•, tra le sei guardie che lo fiancheggiavano ancor . La Principessa li Drecedette nella stanza al Dianterreno c:h~ ~r:l Ct~ta del Maestro. Sedette pigramente su un'antica poltrona, accese una si- garetta nera alla lampada, allung• le gambe snelle, fissando Hull. Ma il [ giovane, guardando oltre la finestra, poteva vedere la chiazza scura che era Vail Ormiston, inginocchiata e piangente accanto al corpo del pa- dre. --Ora--chiese la Principessa--come vorresti morire, Hull? --Di vecchiaia!--scatt• lui.--E se non me lo permetterai, allora il L pi— rapidamente possibile. --Potrei accogliere la tua seconda richiesta--osserv• lei.--Po- Ii pensiero di Vail lo tormentava ancora. Finalmente disse:--Altez- za, hai il coraggio di restare sola con me? Voglio chiederti qualcosa che non direi mai alla presenza di altri. La Principessa rise, sprezzante.--Uscite!--intim• alle guardie.-- Hull, credi che io abbia paura di te? Ripeto che i tuoi potenti muscoli e il tuo cuore ostinato sono come quelli di Eblis, lo stallone nero. Debbo dimostrartelo di nuovo? --No--mormor• il giovane.--Dio mi aiuti, ma so che Š vero. Non sono all'altezza di Margot la Nera. --Non lo Š nessun altro uomo--ribatt‚ lei. Poi, con voce pi— som- messa:--Ma se mai incontrer• l'uomo che potr… vincermi, ammesso che esista, avr… qualcosa di te, Hull. La tua forza grande e lenta, e la tua sincerit… ostinata, e il tuo coraggio, ti assicuro.--Fece una pausa, e il suo volto era puro come quello di una statua di marmo.--Perci•, di' '~ ci• che hai da dire. Che cosa vuoi chiedere? --La mia vita--rispose lui, bruscamente. Gli occhi verdi si splancarono per lo stupore.--Tu, Hull? Tu implori perch‚ ti risparmi la vita? Tu? --Non per me--mormor• Hull.--C'Š Vail Ormiston che piange sul cadavere di suo padre. Enoch, che l'avrebbe sposata e amata, Š morto nell'imboscata di ieri notte, e se muoio io rimarr… sola. Ti chiedo la mia ~- vita, per lei. F~ --I guai di quella ragazza non hanno importanza per me--disse freddamente Margaret di N'Orleans. --Morir…, se non avr… qualcuno... qualcuno che l'aiuti a sopravvive- re a questi giorni di tormento. --Che muoia, allora. Perch‚ voi mortali vi aggrappate cosŤ dispera- tamente alla vita, comunque? Talvolta io stessa accoglierei con sollie- vo la morte, e ho infiniti motivi di vivere pi— di voi. Che muoia, Hull, Come credo che morirai anche tu, fra pochi istanti! Pos• la mano sul calcio dell'arma che portava alla cintura.--Ac- colgo la tua seconda richiesta--disse freddamente.--La morte rapi- da. 10 Ancora il vecchio Einar Margot la Nera schiacci• con la mano sinistra la sigaretta sul legno lu- cido del tavolo, ma la destra rest• posata inesorabilmente sull'arma Hull sapeva che ormai stava per morire, e per un attimo pens• di mori re combattendo, di farsi uccidere dal raggio mentre si scagliava cotro di lei. Ma scosse il capo; gli ripugnava l'idea di tentare un nuovo atto di violenza contro quella figura squisita che, strega o demonio che fosse aveva la spassionata purezza e la bellezza di una divinit…. Era pi— faci- le morire passivamente, perdendo i propri pensieri nel fulgore di quel fascino ultraterreno. Lei parl•.--Muori, dunque, Hull Tarvish--fece dolcemente, e spia- n• l'arma. Una voce parl• alle spalle di Hull, una voce nota e gradita.--Distur- bo, Margaret? Il giovane si volt• di scatto. Era il Vecchio Einar, che sporgeva attra- verso la porta il viso rugoso e bonario. Rivolse un sorriso a Hull, spa- lancb la porta ed entr• nella stanza --Einar!--grid• la Principessa, balzando dalla poltrona--Einar Olin! Sei ancora al mondo~--La sua voce assunse di colpo un tono di profonda pieta.--Ma cosŤ vecchio... cosŤ vecchio! Einar le prese la mano libera...--Sono passati quarant'anni da quando ti ho visto per l'ultima volta, Margaret... e allora ne avevo cin- quanta. --Ma cosŤ vecchio!--ripet‚ lei.--Einar, io sono cambiata~ Einar la scrut•.--Fisicamente no, mia cara. Ma a giudicare dalle storie che si raccontano in tutto il continente, non sei pi— l'allegra paz- zerella che N'Orleans adorava come Principessa Peggy, e neppure la piccola, valorosa guerriera che chiamavano la Fanciulla d'Orleans Lei aveva dimenticato Hull, ma le guardie che si scorgevano oltre l'u- SCi0 semiaperto bloccavano ancora ogni via di scampo. Il giovane ascoltava affascinato: era come se vedesse una Margot la Nera comple- tamente nuova. --Sono stata dawero la Principessa Peggy?-- mormor• lei. --Lavevo dimenticato... Bene, Martin Sair pu• vincere la vecchiaia ma non pu• arrestare il corso del tempo. Ma Einar... Einar, tu hai sba- gliato a nfiutare la sua offerta! --Vedendo te, Margaret mi chiedo invece se la mia scelta non sia stata molto saggia. La giovinezza Š un'inquietudine troppo grande per sopportarla molto a lungo, e tu l'hai portata per poco meno di un seco- lo. Che sar… tra altri cinquant'anni? Tra altri cento, se l'arte di Martin Sair conserver… il suo potere? Che cosa diventerai? Lei scosse il capo; gli occhi verdi divennero profondi, dolorosi.--No F ~ _ Bene--fece quello placidamente.--Io sono vecchio, ma soddi- sfatto Mi chiedo se tu puoi dire altrettanto. _ Avrei potuto essere diversa, Einar, se tu ti fossi unito a noi. Avrei otuto amarti, Einar. _ SŤ _ ammise il vecchio, amaramente.--Era questo che temevo: e fu una delle ragioni del mio rifiuto. Vedi, io ti amavo davvero, Marga- ret: e preferii superare quel tormento, piuttosto che perpetuarlo. Era una malattia dolorosa, amarti, e ci aveva colpiti tutti, prima o poi. 'Col- piti dalla fiamma,' dicevamo.--Sorrise, pensoso.--E rimasto qual- cuno, oltre me, di coloro che ti amavano? --Soltanto Jorgesen--rispose lei, con tristezza.--CioŠ, se non si Š ancora ucciso nella sua ricerca del segreto delle ali degli Antichi. Ma prima o poi si uccider…. --Bene--disse Olin, in tono asciutto.--La mia vecchiaia pu• anco- ra farsi beffe della loro immortalit….--Poi punt• un dito nodoso verso Hull.--Che cosa vuoi da questo mio giovane amico? Gli occhi di smeraldo lampeggiarono, e la Principessa sottrasse la mano alla stretta del Vecchio Einar.--Ho intenzione di ucciderlo. --Davvero? E perch‚? _ Perch‚?--La voce divenne gelida.--Perch‚ mi ha percosso con quelle mani. Due volte. Il vecchio sorrise.--Non mi stupirei se ne avesse avuto ogni motivo, Margaret. La memoria mi dice che io stesso ho provato il medesimo _ Allora Š stato un bene che non vi abbia ceduto, Einar. Anche se tu '. eri tu. --Senza dubbio. Ma credo che ti chieder• di perdonare il giovane Hull Tarvish. --Conosci il suo nome? E veramente amico tuo? Il Vecchio Einar annuŤ.--Ti chiedo di perdonarlo. t --Perch‚ dovrei?--chiese la Principessa.--Perch‚ pensi che una tua parola possa salvarlo? 3 --Sono pur sempre Olin,--rispose il vecchio, sostenendo lo sguar- do degli occhi verdi con i suoi, azzurri e sbiaditi.--Porto ancora il Si- gillo di Joaquin. L _ Come se questo bastasse a fermare n2e!--Ma il fuoco gelido si spense lentamente nel suo sguardo, lasciando di nuovo il posto alla tri- Stezza--Ma tu sei ancora Olin, il Padre dell'Energia--mormor• la Principessa~ e con un gesto improvviso ripose l'arma alla cintura.--Lo risparmier• ancora una volta--fece; e poi, con voce stranamente opa- ca:--Immagino che non l'avrei ucciso comunque. E una mia debolez- za: non sono capace di uccidere chi mi ama in un certo modo... una de- ~i bolezza che un giorno o I'altro mi coster… cara. Olin aggricci• le labbra in quel suo sorriso da teschio, volgendosi al giovane che era rimasto in silenzio.--Hull--disse gentilmente--tu devi essere nato sotto una buona stella. Ma se hai intenzione di tentare ancora la tua sorte, ascolta il consiglio di questo vecchio.--Il sorriso divenne un ghigno.--Oltre le montagne occidentali vivono ancora cer- ti felini cacciatori, poderosi e molto rari, chiamati leoni che secondo Martin Sair non sono originari di questo continente, e fŁrono portati qui dagli Antichi; li tenevano in gabbia, li ammiravano e qualche volta Ii addestravano. Non so se questo sia vero, ma ti dico questo, Hull: vai a tirare la coda a un leone, piuttosto che sfidare di nuovo l'ira di Margot la Nera. E adesso, vattene. --Non ancora, Hull--scatt• la Principessa.--Ho un conto da rego- lare con te.--Poi si rivolse a Olin.--Dove hai intenzione di andare ora, Einar? --A N'Orleans. Ho qualcosa da riferire a Jorgensen, e inoltre ho no- stalgia della Grande Citt….--Fece una breve pausa.--Ho visto Joa- quin. Selui Š caduta. ' --Lo so. Questa notte parto per raggiungerlo. ~- --E ha mandato ambasciatori a Ch'cago --Bene!--esclam• lei.--Allora ci sar… da combattere.--I suoi oc- chi assunsero un'espressione sognante.--Non ho mai visto i mari d'ac- qua dolce--aggiunse, con aria malinconica.--Ma mi chiedo se posso- no essere belli quanto il Golfo Azzurro, oltre N'Orleans. Il vecchio Einar scosse la chioma canuta.--Come finir…, Margaret? --chiese gentilmente.--Dopo che Ch'cago sar… caduta poich‚ la pren- ~` derete... cosa accadr…? --Le terre oltre i mari d'acqua dolce, e quelle a est, N'York, e tutte le citt… sulle rive dell'oceano. --E poi? --E poi l'America del Sud, immagino. --E poi, Margaret? --Poi? C'Š ancora l'Europa, ammantata di mistero, e l'Asia, l'Afri- ca... tutte le terre note agli Antichi. --E dopo di esse? --Dopo--rispose lei, stancamente--potremo riposare. Il destino che incalza Joaquin non pu• sicuramente spingerlo oltre i confini del mondo. --E cosŤ--disse Olin--vi aprite la strada combattendo intorno al mondo per poter riposare alla fine del viaggio. E allora, perch‚ non ri- posare adesso, Margaret? Devi usare il pianeta come guanciale su cui posare il capo? Il furore divamp• negli occhi verdi di lei. Alz• la mano e colpŤ il vec- chio sulla bocca: ma leggermente, perch‚ lui continu• a sorridere --Sciocco!--esclam•.--Allora provveder• io perch‚ vi sia sempre guerra! Tra me e Joaquin, se sar… necessario... o tra me e chiunque... ` chi~nque~ purch‚ io possa combattere!-- Si arrest•, ansimando. F ` ~ Lasciami, Einar--fece con voce tesa.--Non mi piacciono le cose che tu mi ricordi. Il vecchio indietreggi•, sempre sorridendo. Si soffe}m• sulla soglia. Ti rivedr• prim  di morire, Margaret--promise, e se ne and•. La Principessa lo seguŤ alla porta.--Sora!--esclam•.--Sora! Io parto! Hull odŤ il passo pesante di Sora, che entr• portando un paio di mi- nuscoli coturni e un paio di lucenti guanti argentei, e subito se ne and•. Lentamente, quasi stancamente, la Principessa si volse verso Hull, che ancora non aveva permesso alla speranza di entrare nella sua ani- ma poich‚ aveva imparato a conoscere Margot troppo bene per fidarsi delˇa promessa strappata per lui dal Vecchio Einar. Sentiva solo il fa- scino che aveva sempre esercitato su di lui, l'incanto degli incredibili capelli neri e degli occhi verdemare, di quella bellezza ultraterrena. --Hull--chiese lei, gentilmente--che cosa pensi di me, ora? --Penso che tu sia una fiamma nera che divampa gelida nel mondo. Penso che tu sia spinta da un dŠmone. --E mi odii tanto? --A ogni istante prego di poterti odiare. --Allora guarda, Hull.--Con le sottili dita guantate gli prese le t grosse mani, se le pos• intorno alla curva perfetta della gola.--Ecco, ti do la mia vita. Basta che tu stringa con queste due mani poderose, e Margot la Nera sparir… per sempre dal mondo.--Tacque un istante. j --Debbo supplicarti? Hull ebbe l'impressione che un torrente di metallo fuso gli scorresse - nelle braccia, al contatto di quella pelle bianca. Le sue dita s'irrigidiro- no come barre metalliche, e nonostante la sua grande forza non riuscŤ a esercitare la minima pressione su quella gola morbida. E nelle profon- dit… delle fiamme smeraldine che ardevano negli occhi di lei vide anco- ra il balenŤo del sarcasmo. - --Non vuoi?--disse lei, scostandogli le mani, ma tenendole strette nelle sue.--Allora non mi odii? . --Sai che non ti odio--gemette Hull. --E mi ami? --Ti prego--mormor• lui.--E necessario torturarmi ancora? Non ho bisogno di altre prove del tuo potere. --Allora di' che mi ami. t --Il cielo mi perdoni--sussurr• Hull--ma ti amo! Margaret lasci• cadere le mani di lui e sorrise.--Allora ascoltami. Tu ami la piccola Vail di un amore pi— vero; e un mese dopo l'altro il ri- cordo sbiadisce davanti alla realt…. Dopo qualche tempo, in te non re- Ster… pi— nulla di Margot la Nera, ma ci sar… sempre Vail . Ora me ne va- do, e spero di non rivederti mai pi—, ma...--E i suoi occhi divennero d ghiaccio verde.--Prima di andarmene, regoler• il mio conto con te Alz• la mano guantata.--Questo per il tuo tradimento!--esclam•, e lo colpŤ selvaggiamente sulla guancia destra. Sgorg• il sangue: sareb_ bero rimaste le cicatrici, ma Hull rest• impassibile.--Questo per la - tua violenza!--esclam• lei, e il guanto d argento gli lacer• la guancia sinistra. Poi gli occhi verdi si addolcirono.--E questo--mormor• lei --per il tuo amore~ Le braccia di Margaret lo cinsero, il suo corpo era caldo contro quello di lui, le labbra squisite bruciarono sulle sue. Per un momento, Hull eb be la sensazione di aver abbracciato una fiamma: poi lei se ne and• portandosi via una parte della sua anima. Quando udŤ gli zoccoli dello stallone, Eblis, scalpitare oltre la finestra, Hull si volt• e uscŤ lenta mente dalla casa, raggiunse Vail, ancora accovacciata accanto al corpo di suo padre. La ragazza si aggrapp• a lui, gli terse il sangue dalle guance: e stranamente, non parl• di suo padre, n‚ del fatto che Hull era stato risparmiato, ma di Margot la Nera. --Sapevo che avevi mentito per salvarmi--mormor•.--Sapevo che non l'amavi. E Hull, che era incapace di mentire, la strinse a s‚, senza dir nulla. Margot la Nera cavalc• a settentrione verso Selui, nella notte. Nel cielo, davanti a lei, vi erano ombre evanescenti che guidavano eserciti di fantasmi. Alessandro il Grande, Attila, Gengis Khan, Tamerlano Napoleone, e pi— nitida di tutti, la regina guerriera, Semiramide. Tutti i possenti conquistatori del passato... e dov'erano dov'erano i loro im- peri, e dov'erano le loro ossa? Lontano, a Sud, c'‚rano le tombe degli uomini che l'avevano amata, tutti, eccetto il Vecchio Einar, che vagava come un fioco spettro grigio nel mondo, per trovare la sua tomba - Al suo fianco, Joaquin Smith si volse, come per parlarle, spalanco gli _~ occhi e tacque. Non era abituato a vedere le lacrime negli occhi e sulle guance di Margot la Nera.' J I Tutte le conversazioni attribuite in questa storia alla Principessa Margaret sono riprese testualmente da un volume anonimo pubblicato a Urbs nell'annř 186, e intitolato Gli amon della Fiamma Nera. E attribuito a Jacques LebeaU, comandante della guardia personale della Fiamma Nera (N.d.A.). Titolo originale: Daw~2 of Flame Traduzione di M. Gavioli, su licenza dl Fanucci Editore L Sprague de Camp DIVIDI E DOMINA L'ampio Hudson rifletteva il cielo azzurro primaverile ed era punteg- giato di vele. I frutteti della valle splendevano di fiori bianchi e violet- ti. Oltre il fiume incombeva Storm King, non proprio una montagna in confronto a quelle dell'ovest, ma pur sempre impressionante per un abitante dello stato di York. Il paesaggio scintillava del verde tenero delle foglie appena spuntate... e sir Howard Van Slyck, secondogenito del Duca di Poughkeepsie, sperava in grazia di Dio di eliminare il pru- rito che sentiva sotto la corazza, senza arrivare al punto di smontare met… dell'armatura e togliersela. Mentre l'imponente castrone nero arrancava sulla circonvallazione che da Albany Post Road aggirava Peekskill, il suo cavaliere pensava che partire da Ossining tutto bardato non era stata una cosa intelligen- te. Ma come poteva immaginare che improvvisamente avrebbe fatto cosŤ caldo? L'imbottitura di gommapiuma delle piastre rendeva l'ar- matura soffocante. Goccioline di sudore gli scorrevano sulla pelle; e poi, circa nei dintorni di Croton, era cominciato anche il prurito. Sem- bra~ra proprio sotto il marchio dei Van Slyck, che, inserito nel piastro- ne, era l'unico ornamento di un'armatura per il resto semplicissima. Il marchiO rappresentava una foglia d'acero rossa entro un cerchio bian- co, circondato dal motto dei Van Slyck, "Fagliela vedere". Due volte aveva cercato distrattamente di grattarsi, ed era stato ri- condotto alla realt… dallo stridere del metallo sul metallo. Forse una fumata lo avrebbe aiutato a non pensarci. AprŤ uno scomparto della sella, prese pipa, tabacco e accendino e li accese. In realt… preferiva le Sigarette, ma la cenere si infilava nell'elmo. La circonvallazione oltrepassava i binari della Centrale di New York ~;;ir ~_f~ward si fece da Parte per far passare un autobus a sei ca- ~a ~ 425 valli che sferragliava, poi fece awicinare il cavallo al parapetto e guar d• gi—. Sui binari attrassero la sua attenzione gli anelli lucidi di Ottone all'estremit… delle zanne di un elefante che stava trainando una serie di vagoni; la spedizione pomeridiana per New York, pens•. Riconobbe che era un elefante indiano perch‚ aveva le orecchie piccole. Evidente- mente la Centrale aveva scartato l'idea di utilizzare gli elefanti africa_ ni. La Pennsylvania li usava perch‚ erano pi— grandi e pi— veloci, per• erano anche meno docili. L'anno precedente la Centrale ne aveva pr~ vato uno a titolo sperimentale; glielo aveva detto il duca, che era un azionista importante della societ…. Durante il percorso di prova l'ad- detto ai freni non aveva fatto attenzione e aveva lasciato che il vagone di testa urtasse le zampe posteriori dell'animale, col risultato che l'ele- fante ne fece deragliare due e avrebbe ucciso il presidente della com- missione, se fosse riuscito a prenderlo. Sir Howard riprese il cammino e not• con sollievo che il prurito era cessato. All'incrocio della circonvallazione con la strada collegata a Bronx Parkway tir• di nuovo le redini. Qualcosa stava discendendo la strada a lunghi balzi parabolici. Sapeva che cosa significava. Bronto- lando infastidito smont• da cavallo. Mentre la cosa si avvicinava, si tolse la pipa di bocca e alz• il braccio destro per salutare. La cosa, che ricordava vagamente un canguro con un casco da foot- ball, li super•, apparentemente senza degnarli di uno sguardo. Sir Ho- ward aveva sentito parlare delle tristi vicende di quelli che avevano trascurato di salutare i saltatori, pensando di non essere visti. Non provava risentimento per l'obbligo di salutare la creatura. In fondo, I'aveva fatto per tutta la vita. L'irritazione che sentiva era dovuta solo al pensiero di dover issare di nuovo i suoi 95 chili di peso, pi— i 1~ del- I'armatura di acciaio al nickel-cromo, su un cavallo alto in una giorna- ta afosa. Per arrivare al castello di Peekskill bisognava risalire Post Road per una decina di chilometri, e Sir Howard aveva tutta l'intenzione di scroccare una cena e una stanza per la notte al suo vicino. A met… di un tornante sentŤ un clacson. Lasci• la strada asfaltata; dietro di lui arri- vava a tutta velocit… una lunga torpedo nera. Smont• la lancia di du- ralluminio dalla scarpa, e mentre l'auto sfrecciava via, l'insegna dei Van Slyck con la foglia d'acero sventol• e ricadde disegnando un arco. ~. RiuscŤ a intravedere gli occupanti; quattro saltatori che sotto gli inevi- tabili elmetti assomigliavano vagamente a dei ratti enormi. Per fortu na non bisognava smontare da cavallo davanti ai saltatori nei veicoli a motore, che passavano troppo veloci perch‚ una regola del genere fos- se praticabile. Sir Howard si chiese, come gi… tanti altri, come si viag- . giasse in un veicolo a motore. Certo, il modo per scoprirlo c'era: basta- va infrangere la legge. Purtroppo in quel modo il viaggio era di sola an- data. 'altronde non c'era dubbio che Dio sapesse il fatto suo quando sta- bilŤ che solo i saltatori potessero avere i veicoli a motore, gli esplosivi e tuttř il resto. Gli uomini erano stati cattivi, e Dio aveva mandato i sal- tatori a dominarli. Perlomeno, questo insegnavano a scuola. Suo fra- tello Frank aveva dei dubbi, e li aveva confidati in segreto a Sir Ho- ward. Frank aveva detto addirittura che una volta gli uomini avevano i veicoli a motore. Lui non sapeva; i saltatori sapevano un sacco di cose, e se fosse stato proprio cosŤ, lo avrebbero insegnato a scuola. Eppure, Frank era in gamba, e non c'era da ridere su quello che diceva. Frank era strano, e scartabellava in continuazione vecchie carte per scoprire cose di nessuna utilit…. Sir Howard si stupiva di andare d'accordo con quel suo fratello maggiore cosŤ mingherlino, con cui non aveva quasi niente in comune. Di sicuro si augurava che a Frank non succedesse niente prima che il vecchio raggiungesse i suoi avi. Sarebbe stato un bel fastidio ritrovarsi sul groppone l'amministrazione del ducato, al- meno per il momento. Si stava divertendo troppo. Lasci• la strada asfaltata quando il castello di Peekskill divenne ViSi- bile oltre le cime degli alberi, presso il vecchio villaggio di Garrison. Si ferm• davanti al portone e fischi•. Il custode sbuc• dalla torretta col solito ritornello:--Chi siete, e che cosa volete?--Poi disse:--Oh, sie- te voi, Sir Howard. Dir• a Lord Peekskill che siete qui.--Subito, il portone (una grande lastra di cemento armato con i cardini in fondo) si stacc• dal muro, abbassandosi. John Kearton, il barone di Peekskill, era in cortile e intanto gli zoc- coli del cavallo di Sir Howard facevano plop-plop sul cemento. Si ve- deva che era appena rientrato da una partita di caccia al fagiano, per- ch‚ portava una vecchia giacca di cuoio e degli stivali infangatissimi, e si appoggiava a una balestra leggera. --Howard, ragazzo mio!--esclam•. Era un uomo tarchiato, con barba e capelli rossicci.--Togliti quella ferraglia e mettiti in borghe- se. Su Lloyd, porta la borsa di Howard nella prima stanza degli ospiti. Ti fermi qui stanotte, vero? Ma come no! Voglio sapere qualcosa sulla guerra. La wAsc aveva un cronista alla battaglia di Mount Kisco, ma quando ha visto un paio di cavalli del Connecticut che venivano verso di lui, ha tagliato la corda. Dopo di che siamo riusciti solo a sentire il rumOre del suo cavallo che se la dava a gambe e tornava a Ossining. --Sarei contento di restare--rispose Sir Howard--se non ti di- sturbo... --No no, assolutamente. Vedo che hai sempre lo stesso cavallo. Io inVece c˘me cavallo da guerra preferisco lo stallone. --Saranno anche pi— vivaci--ammise il cavaliere--ma il buon veCchio fa quello che gli dico, che Š la cosa pi— importante. Tre anni fa Š stato terzo della sua categoria all'esibizione di White Plains. Prima che si facesse quelle cicatrici. Ma da' un'occhiata a questa sella: Š un modello nuovo, veramente speciale. Guarda: radio incorporata, scom parti portaoggetti nell'arcione, tutto. Mi hanno fatto anche lo sconto Sir Howard salŤ rumorosamente le scale dietro al suo ospite. La vi- siera di perspex trasparente della sua borgognotta era gi… sollevata slacci• anche la baviera e l'alz•, poi estrasse piano la testa dall'elmo Sul viso squadrato portava la barbetta e i baffi caratteristici della sua classe sociale. Il naso non aveva affatto l'aria di un naso, per effetto dell'incontro con l'estremit… di un falcetto. Ma lui si era rifiutato di farsi fare una plastica, sostenendo che nella vita gli sarebbe capitato ben di peggio, e quindi operarsi sarebbe stato uno spreco. I capelli cor- vini rivestivano un cervello molto sviluppato, alquanto arrugginito per il disuso. Quando si Š in grado di disarcionare chiunque in tutto il ducato, di farlo finire sotto il tavolo a forza di bere, e si Š in gamba con le ragazze, non si Š molto stimolati a fare riflessioni profonde. --E bella la tua armatura. Che cos'Š, una Packard?--osserv• Peeks- --Gi…--rispose Sir Howard, togliendosi un bracciale.--Ha qual- che anno. Penso che prima o poi dovr• cambiarla con un modello nuo- vo. Il problema Š che le armature nuove costano. Che ne pensi delle nuove Ford? --Mmm... Non so. Non so se mi piace quell'elmo tutto di perspex. E vero che ti offre una visione totale. Ma se Š abbastanza robusto da resi- stere a un'ascia da combattimento, ti render… anche pesantissimo, cre- do. E poi il perspex si graffia subito, specialmente in battaglia. --John, fa' vedere il tuo aggeggio--disse Sir Howard, indicando la balestra.--E una Marlin, vero? --No, una Winchester dell'anno scorso. Ho fatto togliere dal mio ar- maiolo quell'accidente di congegno per l'aggiustamento del tiro, che non ho neanche mai usato. Per questo ha un altro aspetto. Ma raccon- tami della guerra. I giornali riportano solo i fatti nudi e crudi. --Oh, non c'Š molto da dire--disse Sir Howard con finta indiffe- renza.--Ho ucciso un uomo. Strano: mi sono trovato in mezzo a sei battaglie, ma per la prima volta mi sono reso davvero conto di aver colpito un nemico. Quel bandito che abbiamo preso a Staatsburg non conta. Sai com'Š, in battaglia: tutti che cercano di colpirsi a vicenda, e non hai mai il tempo di vedere che danni hai fatto. NPer• non dovrei vantarmi tanto di questa uccisione. A Ossining ho firrnato perch‚ il capo della citt… era mio cugino e pagavano bene. Il capo aveva messo insieme un duecento elementi di cavalleria pesante di Winchester, e come fanteria aveva i borghesi di Ossining e di Tarry- town. Aveva sentito che Danbury stava per ricevere un contingente di cavalleria pesante da Torrington. CosŤ ci ha diviso in due ~rUDDi. con i ncieri nel primo soltanto. Io ero nel secondo, e cosŤ mi hanno fatto mettere da parte il mio stuzzicadenti. A proposito, Š um arnese simpati- co Š dell Hamilton Standard. E- 'Li abbiamo trovati proprio su un fianco di Mount Kisco. I nostri ri- Cognitori avevano scoperto un'imboscata, senza possibilit… d'errore; cavalli di frisia in fondo, cavalleria sui due lati, balestre dietro tutti i cespugli Il capo ci ha lanciato a sud, per distruggere uno dei loro corpi di cavalleria prima che l'altro potesse venire in aiuto. Sotto la nostra carica, la loro ala sinistra si Š dispersa ancora prima che arrivassimo, come se le stessero correndo dietro sei diavoli con le orecchie verdi. Io non riuscivo a vedere niente a causa delle lance davanti al mio gruppo. Ma il terreno Š abbastanza irregolare, sai, e non si riesce a rimanere or- dinati in riga. La prima cosa che ho sentito Š stato un colpo sull'elmo, e poi che degli individui in camicia rossa con gli elmi a punta e lo scudo mi circondavano e miravano alle giunture dell'armatura. Erano l'ala sinistra di Danbury. Non era riuscito a trovare la cavalleria pesante in Connecticut. Erano armati da granchio, e avevano i cosciali di maglia di ferro agganciati alla corazza. "Mi sono lanciato contro due di loro, ma tutte le volte che l'ascia ar- rivava erano fuori portata. A quel punto, Paul Jones ha quasi calpesta- to due camicie rosse. Ne ho colpito uno, ma aveva alzato lo scudo in tempo. Non mi ero ancora ripreso, che l'altro, che non aveva lo scudo, afferrava l'asta con tutte e due le mani e cercava di strapparmela. Ave- vo paura di lasciarla andare, temevo che mi uccidesse il cavallo prima che riuscissi a sguainare la spada. Mentre giocavamo a tira-e-molla, un granchio dall'altro lato, a sinistra, mi ha afferrato la caviglia e mi ha spinto gi—. Naturalmente sono caduto come un sacco di patate, pro- prio sopra al tipo che voleva la mia ascia. UPer un momento non ho visto niente, perch‚ sono caduto in un ce- spuglio. Quando mi sono tirato su non c'era pi— una camicia rossa in giro. Per loro eravamo degli ossi troppo duri, e se l'erano svignata ap- pena avevano visto le picche. Mi sono accorto di avere ancora l'ascia in mano. Il danburiano era sotto di me, e la punta in fondo al manico gli si era conficcata in testa, sotto il mento. Era pi— cadavere dei trattati dell'anno scorso. Loro hanno lasciato una dozzina di morti in quella boscaglia, noi abbiamo perso un uomo, colpito sotto l'ascella, e um paio di cavalli, uccisi dai dardi delle balestre. Abbiamo preso i loro ca- valli e alcune balestre. Sono rimontato in sella a Paul Jones e mi sono - Unito alla caccia. Naturalmente non siamo riusciti a prenderli Li ab- biamo inseguiti fino al castello di Danbury, ma quando ci siamo arri- vati loro erano gi… dentro a farci marameo e a tirare contro di noi con ~,- le baliste. " Siamo restati lŤ fuori per un paio di settimane, ma loro avevano ab- bastanza ~rovviste in scatola per resistere anni, e a minacciare un mu- ro di cemento alto venti metri non si ottiene granch‚. CosŤ, alla fine il capo e Danbury si sono accordati per far giudicare la loro contesa suj pedaggi da una corte di saltatori e noi siamo tornati a Ossining per la paga.J Mentre raccontava, Sir Howard si era tolto l'armatura e si era messO degli abiti normali. Era piacevole distendersi nella libert… del tweed e del lino, con un calice in mano a guardare il sole che calava dietro Storrn King.--Certo, sarebbe stata tutta un'altra cosa--e abbass• la voce--se avessimo avuto le arrni da fuoco. Peekskill trasalŤ.--Non dire queste cose, ragazzo mio. Non pensarle neanche. Se loro venissero a saperlo...--RabbrividŤ e inghiottŤ una bella sorsata di whisky e soda. Entr• un lacchŠ e annunci•:--Il signore di Matthews, con un mes- saggio di Sir Humphrey Goldberg. Peekskill ne fu contrariato.--Che significa? Non poteva scrivermi una lettera? Vieni, Howard, vediamo che cosa vuole. Trovarono il possidente nell'atrio, e aveva un'espressione di cortese ferme~za. Si inchin• goffamente, e disse con distinzione eccessiva: --Lord Peekskill, Sir Humphrey Goldberg vi manda i suoi ossequi e desidera sapere che cosa diavolo intendesse dire vostra signoria ieri se- ra chiamandolo babbuino doppiogiochista nella locanda dell'Orso Rosso! --Santo Cielo--sospir• il barone.--Dite a Sir Humphrey che, pri- mo, nego di aver detto queste cose; secondo, che, se l'ho fatto, ero ubriaco; e, terzo, che anche se non ero ubriaco ora mi dispiace e lo invi- to a cena qui stasera. Il possidente si inchin• di nuovo e se ne and•, facendo risuonare sul pavimento gli stivali da equitazione.--Hump Š mio amico--disse Peekskill--solo che abbiamo avuto una piccola discussione sul mio impianto elettrico. Dice che disturba la sua radio. Ma penso che potre- mo sistemare la cosa. E poi, lui Š migliore di me come spadaccino. An- diamo a finire il whisky in biblioteca. Si erano appena seduti quando fu fatto entrare un ragazzo con l'uni- forme della Western Union. Guard• alternativamente l'uno e l'altro; poi si avvicin• a Sir Howard.--Van Slyck?--chiese, spostando la gomma da masticare nella guancia.--O.K. E da un po' che vi CercO Firmare qui, grazie. --L'educazione!--ruggŤ il barone. Il ragazzo ebbe un moto di stu- pore, e poi di irritazione. Si inchin• profondamente, dicendo --sir Howard Van Slyck, la vostra magnifica eccellenza pu• degnarsi di fir- mare questo... questo umile documento? Ormai erano entrambi irritati, ma Sir Howard firm• senza dire al- tro. Quando il ragazzo se ne fu andato, disse:--Certi borghesi orma sono diventati troppo spavaldi. ~ Gi…--replic• il suo ospite.--Avrebbero bisogno di una bella le- zione ogni tanto, per ricordarsi di stare al loro posto. Ma... che c'Š, Ho- ~F ~Nard? E successo qualcosa? Tuo padre? ~ No mio fratello Frank. I saltatori ieri sera lo hanno arrestato. E | Stato pr˘cessato stamattina, condannato, e mandato al rogo oggi po- "L'hanno accusato di aver compiuto ricerche scientifiche." --Cerca di fartene una ragione, Howard. --Sto bene, John. --Per• faresti meglio a smettere di bere quella roba. --Va tutto bene, ti dico. Non sono sbronzo. Non mi posso sbronzare, ci ho gi… provato. Non mi gira neanche la testa. --Ascolta, Howard, rifletti. Dio sa che sarei felicissimo di averti qui finch‚ ti va di restare, ma non ti sembra che dovresti andare a trovare tuo padre? --Mio padre? Buon Dio, mi ero dimenticato di lui! Sono dawero un verme, John. Un verme schifoso. Il verme pi— schifoso che... --Su, non Š vero, ragazzo mio. Adesso bevi questo; ti schiarir… le J idee E rimettiti l'arrnatura. Lloyd! Ehi, Lloyd! Porta qui l'armatura di Sir Howard. No, idiota, non importa se non hai ancora finito di luci- darla! Portala qui! Sir Howard parlava con una certa esitazione; non sapeva come suo pa- dre avrebbe accolto la sua proposta. Non sapeva neppure se fosse la co- sa giusta da fare. Ma la reazione del vecchio lo stupŤ.--SŤ--disse stanCamente--Mi sembra una buona idea. Vai pure via per qualche mese. Quando non ci sar• pi— sarai duca, e non avrai molte possibilit… di fare il galante, quindi dovresti sfruttare al meglio quello che hai. E poi non hai mai visitato il paese, tranne da qui a New York. Viaggiare allarga gli orizzonti, dicono. Non preoccuparti per me; ho da fare per due. "Ti chiedo una cosa sola, e cioŠ di non farti pi— coinvolgere in queste F guerre locali. E di te che mi sono sempre preoccupato, non di Frank, e non ne ho pi— voglia. Non mi interessa se la paga Š buona. So che sei un briccone e un mercenario, e non mi dispiace; almeno non mi devo preoccupare che tu mandi in rovina il ducato. Ma se vuoi davvero gua- gnare dei soldi, potrai provare a dirigere la societ… Scarpe Pough- keepsie, quando tornerai. Fu cosŤ che Sir Howard si ritrov• ad andare verso il nord, un po~stupito di pensare a cose gravi. Per fortuna i saltatori non avevano fatto troppe domande sul permesso di viaggio. Ma sapeva che lo avrebbero tenuto d'occhio. Anche se non aveva fatto niente, era nell'elenco dei sospetti a causa di suo fratello. Avrebbe dovuto stare attento. Viaggiare a cavallo lascia molto tempo per pensare. Sapeva di essere considerato solo un giovanotto prestante, energico e con la testa piut- tosto vuota, amante dell'azione. Era ora di metterci qualcosa, dentro quella testa, se non altro nella prospettiva di ereditare il ducato. Sentiva che nella sua visione del mondo qualcosa non andava. Il ro- go era la pena giusta per i colpevoli di ricerche scientifiche. Ma sentiva che la morte di Frank non era giusta. Tutto quello che i saltatori dice- vano era giusto, perch‚ Dio li aveva messi al di sopra dell'uomo. Era giusto che lui, Howard Van Slyck, avesse l'obbligo di salutare i saltato- ri. Forse che i borghesi non dovevano salutarlo a loro volta? CosŤ si manteneva l'equit…. Lui aveva il dovere di obbedire ai saltatori i bor- ghesi avevano il dovere di obbedire a lui. A scuola ti spiegavan˘ tutto. Analogamente, i saltatori erano obbligati da Dio a comandare su di lui e lui sui borghesi. Di nuovo, perfettamente equo. Solo che qualcosa non andava. Non riusciva a trovare un difetto nel ragionamento che gli era stato insegnato; combaciava tutto perfetta- mente come una lastra di acciaio Chrysler super-pesante al silicio- manganese. Ma un difetto doveva pur esserci. Se avesse viaggiato, te- nendo gli occhi bene aperti e facendo domande, forse lo avrebbe trova- to_ Forse qualcuno aveva un libro che avrebbe fatto luce sul problema. I soli libri che gli erano capitati in mano erano di favole che parlavano delle gesta eroiche dei cavalieri senza paura, oppure testi semplici che spiegavano come gestire una cassa di risparmio o come montare una scrematrice. Avrebbe addirittura potuto unirsi ai borghesi e scoprire il loro punto di vista sul mondo. Considerando il suo retroterra, Sir Howard non era particolarmente classista; niente da dire sui borghesi, certi erano ad- dirittura simpatici, purch‚ non si prendessero troppe confidenze e non pensassero di essere al tuo stesso livello. Per uno della sua classe socia- le, queste considerazioni erano decisamente fuori dalla norma. Si contorse dentro il carapace da aragosta, desiderando di potersi grattare attraverso il metallo. Maledizione, doveva aver preso qualche insetto al castello di Poughkeepsie, dove non c'erano parassiti, anche se vi erano allevati normalmente. Colpa dei saltatori. Cominci• a piovere, una pioggia scrosciante di primavera Caratteri- stica dello stato di York, che poteva durare un'ora come una settima- na. Sir Howard tir• fuori il poncho e infil• la testa nell'apertura. Non si preoccupava per l'armatura, che era stata ripassata per bene con la vaselina. Ma la pioggia, che cadeva proprio fitta, era una seccatura. Se alzava la visiera gli sferzava il viso, se l'abbassava doveva tergere in Continuazione il perspex per vedere la strada. Sotto il poncho, l'acqua filtrava nelle giunture e rendeva le gambe tutte fredde e appiccicatic ce. Non piaceva neanche a Paul Jones, che arrancava ciondolando la testa, e ogni tanto trottava riluttante. L'umore di Sir Howard non era dei migliori, quando, dopo un'ora, la pioggia cedette il posto a una pioggerella brumosa attraverso cui la ri- va dell'Hudson si distingueva a fatica. Stava avvicinandosi al ponte Rip van Winkle, quando un uomo a cavallo di fronte a lui grid•: Ehi ! Sir Howard pens• che volesse passare. Ma lo strano cavaliere restc fermo, urlando:--Credevi che tagliavo la corda, eh? E invece sono sta- to ad aspettarti, e adesso me la paghi! Si capiva dall'abbigliamento che era straniero. Aveva le gambe av- volte in una specie di pantaloni di cuoio, con larghe falde ai lati.--Co- sa diavolo volete dire?--replic• il cavaliere. --Lo sai benissimo, vigliacco figlio di un cane. Combatti da uomo, c devo tirarti gi— le braghette e sculacciarti? Sir Howard aveva troppo freddo, era troppo fradicio e tormentatc dagli insetti per continuare quella discussione assurda, soprattuttc perch‚ scorgeva oltre il fiume la citt… di Catskill, dove avrebbe trovato whisky e fuochi accesi.--Bene, straniero, te la sei voluta. In guardia, plebeo!--Dalla scarpa estrasse la lancia e la mise in posizione oriz- zontale. Gli zoccoli del castrone rimbombarono sull'asfalto. Lo straniero aveva buttato in una pozzanghera la giacca di pelle di pecora, scoprendo una camicia di maglia; vi aveva buttato sopra il cappello a larghe tese, rivelando una calotta d'acciaio. Sir Howard ab- bass• la visiera, chiedendosi che tipo di attacco avrebbe usato; nor aveva sguainato la sciabola che pendeva dalla sella. Con quel cavallo leggero avrebbe cercato probabilmente di schivare all'ultimo momen- to la punta della lancia... Il cavallo lo schiv• agilmente; il cavaliere tir• la lancia; la mossa er: stata una finta, e lo straniero si era messo al sicuro alla sinistra di Sir Howard Il cavaliere vide di sfuggita una corda che roteava sulla testa di quell'uomo poi qualcosa gli strinse il collo. Il mondo cominci• a turbinare, e l' sfalto si sollev•, colpendolo con un fragore terrificante. Per alzarsi in piedi dentro un'armatura bisogna essere a pancia in gi— e far leva sulle ginocchia. Rotol• su se stesso e cerc• di sollevarsi... ma fu tirato gi— con uno strattone. Lo straniero aveva legato la cordc intomO a una sporgenza della sella. Il cavallo la teneva tesa; ogni volta che il cavaliere si metteva in ginocchio faceva uno o due passi e lo ri buttava per terra. Quando era a terra non vedeva che cosa stava succe- dendo. Qualcosa gli immobilizz• il braccio destro prima che riuscisse a ~f~u~erare l'arma. Rott~lando vide che lo straniero aveva oettato un al- tro cappio intomo al suo braccio. E con quest'altra corda arriVar dei nodi serpeggianti che gli legarono l'altro braccio, le gambe, il collo finch‚ non fu imbrigliato come un cerbiatto. --Adesso--disse lo straniero, awicinandosi con un coltello da cac. cia in mano--vediamo come si sta dentro 'sti tubi di stufa.----Alz• la visiera e rest• senza fiato.--Come! Tu non sei lui! --Lui chi?--sibil• Sir Howard. --Quello che mi ha infilato nella mangiatoia dei cavalli. Uno gros- so, Baker, si chiama, a Catskill. Avete la stessa armatura, e anche la stessa bestia. Pensavo proprio che eri lui; con questa luce e l'elmo non ti ho mica visto bene in faccia. E stato tutto uno sbaglio. Diavolo, rni dispiace davvero, mister. Non ti arrabbi se ti tiro su, eh? Sir Howard gli concesse di non arrabbiarsi . Il fatto era che alla colle- ra per la caduta ignominiosa provocata dai modi sleali di quello stra- niero bizzarro si mescolava un'ammirazione riluttante per la sua abi- lit…, e una grande curiosit… per i metodi che aveva usato. Lo straniero era alto e magro, con i capelli color paglia e aveva qual- che anno pi— di Sir Howard. Slegando le corde spiegava:--Mi chiamo Haas, Lyman Haas. Vengo dal Wyoming, sai, dal Far West. Qui c'Š un sacco di gente che non sa cos'Š il Wyoming. Ieri sera a Catskill mi stavo facendo un bicchiere al Bar Grill di Luka, bello tranquillo, quando sal- ta su 'sto Baker e comincia a litigare. Io sono un uomo pacifico, ma a me certe cose non mi piacciono. Insomma, si viene alle mani e questo Baker e due suoi amici mi prendono e mi infilano nella mangiatoia dei cavalli, come ti dicevo. Ah, ecco perch‚ ti ho scambiato per lui: il tuo ma}chio era nascosto sotto il poncho. Il suo Š una testa di volpe. CosŤ I imparo a non uccidere pi— nessuno prima di sapere chi Š. Spero di non ' aver ammaccato la tua bella armatura sul selciato. --Fa lo stesso. Un'ammaccatura in pi— o in meno non cambia gran- ch‚ per questa vecchia armatura. In parte Š anche colpa mia. Avrei d~ vuto pensarci, al poncho. Haas fissava il marchio dei Van Slyck muovendo le labbra.--Fa... glie...la... vedere--sillab•.--Cosa vuol dire? --E un'espressione che si usava tanto tempo fa, e significa '~dagliele pi— che puoin, o qualcosa del genere. Sentite, Haas, vorrei andare da qualche parte ad asciugarmi. Non mi dispiacerebbe bere qualcosa. Co- noscete qualche buon locale a Catskill? --Come no, conosco un bel posto. E un bicchiere non ci far… male- --Bene, devo comprare anche un antiparassitario. E poi, quandř avremo fatto tutto, forse potremo risolvere il vostro problema con il si- gnor Baker. Il mattino seguente gli onesti abitanti di Catskill videro con stupore il signor Baker in persona, nudo e dipinto in modo osceno, appeso ma- ni e piedi a un lampione dell'incrocio principale. Essendo stato aPPeSO piuttosto in alto e imbavagliato efficacemente, non se ne accorsero fin- ch‚ non fu giorno. Baker non super• mai quell'evento spiacevole; dopo qualche mese lasci• Catskill e si imbarc• per l'America Centrale su una goletta di commercianti di banane e lattice. _ Di' un po', How, vorrei sentire un po' di musica. Sir Howard non si era ancora abituato al fatto che Haas lo chiamas- se "How". Gli era simpatico, ma non riusciva a inquadrarlo. Per certi versi si comportava da borghese. Se lo era, il cavaliere pens• che la sua ~amiliarit… avrebbe dovuto infastidirlo. Ma sotto altri aspetti... per esempio il suo autocontrollo. Oh, be', senz'altro lo schema delle classi sociali nel West era diverso. Accese la radio. --E un aggeggio simpatico, quello--continu• Haas. --Gi…. E carino quando si fa un viaggio lungo. Nello stivale della lancia c'Š il contatto per l'antenna, cosŤ lo stuzzicadenti fa da antenna. Invece, quando non ho la lancia, posso fissare il contatto all'armatura, che funziona quasi altrettanto bene. --C'hai una batteria nella sella? --SŤ, una batteria piccola. Loro hanno una batteria vera, a carbu- rante, ma non ce la lasciano usare. Arrivarono in cima a un'altura; apparve il grattacielo dell'Ufficio di stato di Albany. Era di gran lunga l'edificio pi— alto della citt…, che an- cora non si vedeva. Si diceva che fosse stato costruito molto tempo pri- ma, quando lo stato di York era un'unica entit… politica, e non solo una vaga espressione geografica. Ora, naturalmente, era il quartier genera- le dei saltatori per tutto il nord della regione. Sir Howard pens• che quella torre scura e quadrata avesse un che di sinistro. Ma non era di- ventato cavaliere per dar voce a quelle caute stravaganze. Chiese ad Haas:--Come mai sei venuto fin qui? --Oh, volevo vedere New York. Tu ci sei stato a New York, no? --SŤ, spesso. Per• non sono mai andato molto a nord dello stato. --Quella era la cosa principale. Certo, c'era quel tipo... --SŤ? Continua; di me puoi fidarti. --Be'... Non penso di avere problemi, visto che siamo un bel po' lon- tani dal Wyoming. Lui e io stavamo a discutere in un bar. Ora, io sono un uomO pacifico, ma a me certi discorsi non mi piacciono, e quel tipo non li Stava mica facendo col sorriso sulle labbra. CosŤ siamo andati jfiuori a finire la discussione con le sciabole. Solo che lui aveva degli iCi. CosŤ imparo: prima di battermi con uno devo essere sicuro che non abbia degli amici. Comunque, volevo vedere New York, e cosŤ ec- comi qui. Quando resto senza soldi, ne metto insieme un po facendo giochetti con le corde nei locali. La settimana scorsa a New York ho messo insieme seicento sacchi. Adesso li ho proprio finiti, ma ne faccio ancora. Da queste parti non ci sta nessuno che sa usare una corda. --Perch‚?--chiese Sir Howard.--Che cosa Š successo? Sei stato derubato? --Naa. Li ho spesi.--Lo disse con una tale noncuranza da far rab- brividire Sir Howard L'uomo del West lo guard• socchiudendo gli oc- chi, con un abbozzo di sorriso.--Sai--continu•--io mi credevo che i signori e i cavalieri non ci badavano proprio ai soldi, che li buttavano come niente. E invece sei il tipo pi— attento ai soldi che ho mai visto. Mi sta proprio bene. --Ti Š piaciuta New York?--chiese il cavaliere. --SŤ, proprio. C'Š tante cose da vedere. Sono diventato amico di un tizio che lavorava in una fabbrica di mobili e mi ha portato in giro. Mi piaceva stare a vedere le sedie e tutto il resto che venivano fuori dalla catena di montaggio; fanno zzz... Per• il mio amico non ha potuto far- mi entrare nell'impianto elettrico. C'era un saltatore di guardia Non fanno entrare nessuno, solo qualche vecchio dipendente, e ho sentito che li esaminano con la loro droga tutte le settimane per essere sicuri che non dicono a nessuno come funziona il macchinario elettrico. "Ma dopo qualche settimana mi sono stancato. Troppi saltatori. Mi danno sui nervi, sempre a guardarti con quegli occhietti neri come se ti leggessero nel pensiero. Certi dicono anche che lo fanno. Credo che do- po quello che mi hai detto di tuo fratello posso dirti cosa ne penso. Non mi piacciono." --Non ci sono i saltatori anche nel West? --Come no, ce n'Š qualcuno, ma non ci danno mica fastidio. Certo, bisogna obbedirgli, ma finch‚ ci facciamo i fatti nostri e paghiamo il tributo ci lasciano in pace. A loro non gli piace il clima. E troppo secco. --Neppure da noi interferiscono molto nelle faccende locali--disse il cavaliere--solo che le grandi citt… come New York sono sotto la loro diretta amministrazione. Ecco perch‚ laggi— ce n'Š tanti. Certo, se... Ma te ne ho gi… parlato. --Gi…. E poi i prezzi delle bistecche da queste parti sono un furto. Nel Wyoming, dove tiriamo su le bestie, mangiamo solo quelle. E il tri- buto che incide, e costano tanto per le tariffe e il pedaggi doganali. --Anche da voi ci sono le guerre? --Come no, ogni tanto noi e i Navvos ce le diamo. --I Navvos? --E gente che vive pi— a sud. Quasi tutti allevatori. Non sono Come noi. C'hanno la pelle scura, rossiccia, come Queenie, e la faccia schiac- ciata. C'hanno anche i capelli neri come i tuoi. ~ Mi sembra di aver gi… sentito parlare di loro--disse il cavaliere. [~ ~ L'anno scorso al castello Š venuto un uomo che era stato all'Ovest. ~a queStO popolo con la pelle rossa li chiamava Nziani. --Davvero? Io credevo che la nzina era quella cosa che fa andare le macchine dei saltatori. Mi sta bene. Comunque, ogni tanto ci battiamo con i Navvos per questioni di pascolo e roba del genere. Pi— che altro tra arcieri a cavallo. Anch'io me la cavo mica male. Guarda.--Slaccib il lembo di una custodia di forma allungata appesa alla sella, che si ri- velb essere una faretra. Tirb fuori le due parti di un arco di acciaio. _ Piacerebbe anche a me di averci una sella con gli aggeggi come la tua per ficcarci la roba, invece di appendere tutto addosso a me e al ca- vallo come un albero di Natale. ~a per quello viaggio proprio leggero. Bisogna, se si ha solo un cavallino come Queenie. L'arcione cosŤ alto ti serve soprattutto a non essere buttato gi— da qualche stuzzicadenti, vero?--Haas aveva unito le due parti dell'arco, che aveva un conge- gno per la mira proprio sopra l'impugnatura. --Vedi quel nodo in quel pino? Adesso sta' attento, yahuu!--La ca- valla balzb in avanti. Haas estrasse una freccia dalla faretra; I'arco vi- L br•. L'uomo fece tornare indietro la cavalla, la fece andare verso l'albe- ` ro e strappb la freccia dal nodo.--Forse non dovevo farlo--disse. --Ormai siamo propFio vicini ad Albany e forse c'Š un regolamento per il tiro con l'arco in citt…. Che c'Š da vedere ad Albany?--Tra le vec- chie case di legno a due piani era apparsa una delle abitazioni esago- nali di vetro dei saltatori. --Non molto--rispose il cavaliere.--Per prima cosa devo andare all'Ufficio di Stato a far timbrare il permesso di viaggio. E tu? --Oh, io no. L'ho fatto timbrare a New York e adesso non devo pi— far rapporto finch‚ non arrivo a Chicago. Perb ti accompagno. Finora mi sembra che nessuno dei due deve andare da qualche parte. Prima di poter entrare aspettarono per un quarto d'ora sul marcia- piede di fronte al grattacielo, perch‚, naturalmente, non potevano pre- cedere qualche saltatore nell'ingresso. A Sir Howard ormai il braccio rivestito di metallo faceva male a forza di salutare. Gli passarono da- vanti due di quegli esseri, chiacchierando nella loro lingua incompren- sibile che sembrava un cinguettio. Avevano lo stesso odore del formag- S, gio molto maturo. TrasalŤ nel sentire uno dei due parlare improvvisa- ~ - mente inglese.--Uomo!--squittŤ.--Perch‚ non hai salutato? I - Sir Howard si guardb intorno, e vide che si era rivolto ad Haas, ri- masto inebetito con la sigaretta in bocca e l'accendino in mano. Si ri- CompOSe, mise via sigaretta e accendino e si tolse il cappello.--Mi di- SpiaCe un sacco, vostra eccellenza, ma ho paura di non avervi mica vi- i sto. --Bada a come parli, Uomo--cinguettb il saltatore.--Dispiacersi I non Š una giustificazione. Sai che c'Š una multa di cinque dollari per ú~ chi n~n C~l~lt~ I --SŤ, vostra eccellenza. Grazie, vostra eccellenza, di avermelo riCor dato. --Comunque, dentro Š vietato fumare--pigol• la creatura .--Per• siccome hai assunto un atteggiamento pi— rispettoso non dar• seguitO alla cosa. E tutto, Uomo. --Grazie, vostra eccellenza.--Haas si rimise il cappello e seguŤ Sir Howard dentro l'edificio. Il cavaliere lo udŤ borbottare:--Io sono un uomo pacifico, ma... Sir Howard trov• allo sportello dei permessi di viaggio un uomo con i baffi bianchi spioventi, che timbr• il suo documento e accolse la visi- ta senza commenti. L'uomo aveva la solita aria nervosa e avvilita di tutti quelli che lavoravano in mezzo ai saltatori Mentre tornavano dove avevano legato i cavalli, Haas disse sottovo- ce:--Di' un po', How, secondo te il saltatore che mi ha fatto quella parte voleva farsi bello con la sua ragazza? --Non hanno la ragazza, Lyman. Non hanno sesso. Meglio, sono maschio e femmina contemporaneamente. Per fecondare le uova devo- no essere in due, ma le depongono entrambi. Sono detti ermafroditi Haas lo fiss• sbalordito.--Vuoi dire che...--Fece dietro-front scoppiando a ridere sgangheratamente e dandosi delle pacche sui pan- taloni di pelle.--Ragazzi, certo che mi piacerebbe averne un paio in gabbia! --How, mangiamo qui. Dalla finestra si vede la ferrovia. Mi piace ve- q_ dere passare gli elefanti. --Va bene, Lyman. Tanto, non Š peggio di un posto qualunque di Amsterdam. Al banco, gli avventori si fecero rispettosamente da parte vedendo I'armatura.--Due Manhattan--chiese Sir Howard. --Cannucce, signore?--chiese il barista. 3 --No--brontol• il cavaliere, litigando con l'elmo.--Sempre che riesca a togliere di mezzo questo affare. Ah!--Finalmente la baviera si aprŤ.--Prima o poi dovr• prendere questo maledetto cappello e pulir- lo per bene. La cerniera Š pi— sporca di un trogolo di seconda mano. --Sai, How--disse Haas.--E uno dei motivi per cui non mi sono mai piaciuti molto quei cappelli di ferro. CioŠ, da mettere in testa... co- me vasi da fiori non ho niente in contrario. Ho sempre pensato, metti per esempio che uno mi voglia offrire da bere, cosŤ, e io che devo tirare via visiere, sportelli, eccetera. Ora che sono pronto, quello pu• aver mbiato idea.--Bevve un sorso e fece un sospiro di contentezza. Voi yankee li sapete fare, i cocktails. Da noi i cocktails fanno cosŤ schifo che il veleno ce lo beviamo puro. ~ E un gran bel fiume, questo Mohawk--continu•.--Vorrei poter dire lo stesso di certe citt…. Vengo da New York e ho attraversato il 1~ Connecticut; Ci sono delle citt… mica male in Connecticut. Ma il fiume Š bello. Mi piace guardare le chiatte. Quelli che le fanno andare li san- no guidare i cava ~ Qualcun˘ in fondo al banco esclam•:--E io protesto che Š un'inde- i~ cenza!--Parecchi si voltarono verso di lui. Qualcuno cerc• di zittirlo, ma lui continu•:--Sappiamo tutti che lo fa da anni, ma non ce lo deve sbattere in faccia in quel modo. Poteva almeno farla passare da una strada secondaria, invece di trascinarla proprio per la via principale. --Chi l'ha trascinata in che via?--chiese Sir Howard a uno accanto a lui. --Kelly Š andato di nuovo a ragazze--rispose l'uomo.--Solo che questa volta la sua banda ne ha rapita una proprio qui in citt…. Poi I'hanno legata su un cavallo e Kelly ha guidato la processione fino in ~_ centro. Io ho visto tutto; lei si teneva diritta a cavallo come un soldato. Naturalmente non poteva parlare perch‚ era imbavagliata. Tutti era- no tristi. Penso che se qualcuno avesse avuto un apriscatole sarebbe saltato addosso a Kelly, anche se lui aveva le sue aragoste. Io lo avrei fatto. --Eh?--fece Haas, inespressivo. --Vuol dire--spieg• il cavaliere--che se avesse avuto un'alabarda L o un'ascia da combattimento avrebbe affrontato Kelly, nonostante lui ~osse protetto da una banda di uomini completamente armati. Un uo- mo armato a met… si chiama granchio. --Voi dell'Est parlate proprio strano--disse Haas.--Chi Š 'sto Kelly~ Sembra un duro. L'informatore osserv• l'abbigliamento di Haas e il marchio di Sir Howard.--Siete stranieri, vero? Certo, Warren Kelly Š un duro. For- nisce "protezione" ai cittadini. Sapete, o paghi, o... Noi dovremmo far parte del feudo del barone Schenectady, ma lui sta sempre a New York e nessuno fa niente. Kelly ha un grande castello vicino a Broadalbin, dove porteranno quella povera ragazza. Non ha titoli nobiliari, per | ~ quantO, di questo passo, non ci vorr… molto... Senza offesa per la nobil- ~_ t…--si affrett• ad aggiungere.--Signori, avete mai pensato all'im- portanza di essere assicurati? Il mio biglietto da visita, se permettete. La mia societ… fa delle condizioni particolari per gli uomini d'arme... Sir Howard e Haas si guardarono, abbozzando lentamente un sorri- so.--Proprio come nei libri--disse il cavaliere.--Lyman, secondo me dovremmo cercare informazioni su questo castello e il suo proprie- tario superduro. Sei con me? 4~ J 439 --Come no, anzi, ti precedo. Ci sar… una ferramenta aperta dopo ce. na, vero? Voglio comprare della vernice. Ho un'idea. --Ci serviranno un sacco di idee, amico. Un castello non si distrugge in un sofflo, sai. Ci vuole una strategia. Il rumore degli zoccoli del cavallo cess• sull'orlo del fossato, il cavalie_ re fischi•. Lo trafisse un raggio di luce proveniente dalle mura, accom- pagnato da un "altol…". La luce investŤ Sir Howard Van Slyck e la sua cavalcatura, ma c'era una differenza. I piedi di Paul Jones erano diven- tati bianchi, e sulla sua fronte nera era comparsa una gran stella bian- ca. Sul piastrone del cavaliere la foglia d'acero dei Van Slyck era na- scosta da un cerchio verde con un triangolo nero al centro. Dalla lancia era sparito lo stendardo biancorosso. --Sono Sir William Scranton di Wilkes-Barre!--grid• il cavaliere. (Sapeva che la Pennsylvania nordorientale era piena di Scranton, e tra loro doveva esserci pure qualche William.)--Passavo da queste parti ho senhto parlare di Warren Kelly e gradirei fare la sua conoscenza! --Aspettate qui--disse la sentinella. Sir Howard rest• ad aspetta- re, ascoltando il gracidare delle rane nel fossato e sperando che il suo falso nome reggesse all'ispezione. Era eccitato. Si era fatto qualche scrupolo di violare la promessa fatta a suo padre, ma aveva deciso che dopotutto, salvare una fanciulla in pericolo non si poteva obiettiva- mente definire "farsi coinvolgere in una guerra locale". I cardini del ponte levatoio cigolarono mentre si srotolavano i cavi che lo reggevano. Il cavallo trotterell• nel cortile. Un uomo dai linea- menti insignificanti disse:--Sono Warren Kelly. Piacere.--L'uomo non era molto alto, ma era veloce nei movimenti. Aveva il naso lungo e occhi sporgenti, leggermente iniettati di sangue. Avrebbe avuto biso- gno di tagharsi i capelli. Sir Howard lo vide ammiccare impercettibil- mente mentre gli stringeva la mano. Pens•: UMa come potrei schiac- ciare questo... Aspetta; se lo temono, dev'esserci un motivo. E assoluta- mente un farabutto, ma Š furbo". Erano nel salone; Sir Howard aveva accettato di bere qualcosa. --Come vanno le cose dalle vostre parti?--domand• Kelly in tono in- differente. L'espressione non era n‚ amichevole, n‚ altro. Sir Howard apri al massimo la valvola del suo fascino ben noto, una dote non indif- ferente. Non voleva una pallottola tra le scapole prima ancora di co- minciare. RiferŤ frammenti di pettegolezzi sentiti in giro per la Penn- sylvania, lod• il brandy del suo ospite, raccont• storie incredibili delle vicende in cui dicevano fosse stato coinvolto Kelly. A poco a poco I'uo- mo si lasci• andare, e cominciarono a scambiarsi racconti. Sir Howard np,esc• nella memoria i pi— sporchi, ma Kelly ogni volta ne aveva uno migliore. Qualcuno era un po' forte per il gusto cattolico del cavaliere~ i~ ma lui muggiva lo stesso in segno di apprezzamento.--Adesso--dis- se Kelly con un sorrisetto gelido--voglio raccontarti quello che ab- I! biamř fatto al tipo del banco dei pegni; Š la storia pi— divertente che tu abbia mai sentito. Sai l'acido nitrico? Be', abbiamo preso un tubo di VetrO, con dentro un po' di lana di vetro come stoppino... Qualcuno degli uomini di Kelly ammazzava il tempo ascoltando la radio e giocando a dadi- In un angolo stavano giocando a bridge. Or- mai dovremmo esserci, pens• Sir Howard. Non devo guardare in alto come se stessi aspettando qualcosa. Se questo non funziona... Non si faceva illusioni sulla possibilit… di prendere la ragazza e farsi largo tra un mucchio di guerrieri esperti. Si sentŤ in alto un debole tintinnio di vetri. Kelly alz• lo sguardo, ag- grott• la fronte e continu• il suo racconto. Poi si udŤ di nuovo tintinna- re. Qualcosa precipit•, atterrando sul tappeto. C'era una freccia in ac- , ciaio con le penne di duralluminio. La punta era conficcata in un sac- chetto contenente una sostanza che bruciava con una fiamma azzurra, emanando una puzza incredibile, soffocante. --Che diavolo!...--esclam• Kelly, scattando in piedi.--Chi Š lo spiritoso?--Prese in mano la freccia, storcendo il naso e tossendo. Si avvicin• al muro e sbrait• in un tubo di comunicazione:--Ehi, voi, lass—! Qualcuno sta tirando qui dentro delle bombe allo zolfo. Prende- telo, imbecilli!--Una voce sorda disse qualcosa come un:--Non si riesce a vederlo!--Un uomo scendeva di corsa le scale con un'altra freccia in mano.--Senti, capo, un bastardo l'ha tirata nella mia stan- za, attaccata a un sacchetto di zolfo... Ora erano tutti in piedi e bestemmiavano sfregandosi gli occhi. --Maledetti imbecilli...--Per• servir… a disinfestare. Gli scarafaggi stanno diventando...--Sta' zitto, scemo, lo zolfo non puzza mica pi— di te!--Sir Howard, tossendo, si premette il fazzoletto sugli occhi che lacrimavano. Kelly soffi• tre volte nel fischietto pi— acuto che si fosse 3 mai sentito. Gli uomini entrarono in azione come una squadra di vigili del fuoco ben addestrati. Spalancarono delle porte nel muro; dietro a ognuna c'era un'armatura. Gli uomini le indossarono con una rapidit… che a Sir Howard parve incredibile.--Vieni anche tu, Wilkes-Barre?--dis- se Kelly.--Se lo becchiamo, ti faccio divertire. Voglio provare un'idea che mi Š venuta, scaglie di pigna roventi. Ehi, ragazzi! Venga con me solo il primo squadrone, gli altri restino qui. State attenti: potrebbe es- sere un trucco.--A quel punto andarono nel cortile, met… di corsa, L met… a passo normale, dove i cavalli li stavano gi… aspettando. Monta- ronO in sella con un gran fragore metallico e rimbombarono attraver- ~_ sando il ponte levatoio. --Disperdetevi--ordin• Kelly.--Butler, tu prendi il... --Yahuu!--si sentŤ gridare nel buio.--Farabutti nordisti! Ehi, Kelly, come si chiama tuo padre? Scommetto che non lo sai neanche tu!--Allora tutti si allontanarono sulla strada di Broadalbin, inse guendo un'ombra minuscola che sembrava galleggiare invece che ga loppare davanti a loro. Sir Howard trattenne leggermente Paul Jones, facendosi sorpassare dagli altri, imprecando nel frattempo ad alta voce per la lentezza del suo cavallo, e confondendolo. Quando gli altri arrivarono alla curva era ormai in coda. Tir• con forza le redini e fece girare il cavallo sulle zampe posteriori... In tre minuti fu di nuovo al castello, imitando alla perfezione un uo mo barcollante sulla sella. L'armatura e Paul Jones erano spruzzati di rosso, che gocciolava a terra dalla sua scarpa sinistra.--Un'imbosca ta!--grid•.--Kelly Š circondato da questo lato di Broadalbin! Ero ul timo e sono riuscito a fuggire!--Ansimava in modo convincente. --Fuori tutti, presto!--ln un attimo il castello vomit• una massa di banditi. Di nuovo il castrone nero sembrava incapace di restare al pas so con gli altri... Questa volta, appena raggiunto il castello, Sir Howard leg• il caval- lo a un albero al di l… del fossato. Dentro il castello dovevano essere ri- :~ masti alcuni servi, che sarebbero accorsi a prendere il cavallo e a fare domande se lo avesse portato all'interno. Anche le sentinelle dovevano essere di guardia. Cercando di vedere nel buio, sulle merlature non riu- scŤ a distinguerne neppure una. Ora o mai pi—. Grazie a Dio avevano lasciato il ponte levatoio abbassato ~1 cortile era deserto. Anche l'atrio. Anche la sala da pranzo. I~iami- ne, pens•, non c'Š nessuno? Devo trovame almeno uno! Si diresse verso la cucina in punta di piedi, precauzione alquanto inutile, poich‚ l'ar- matura scricchiolava e strideva al minimo movimento. Dietro la porta un uomo grasso e sudaticcio con un gran cappello - bianco stava asciugando un bicchiere. Vedendo la spada rest• a bocca aperta e fece per scappare, mentre il bicchiere andava in mille pezzi. `~ --Non lo farai--ruggŤ il cavaliere, e in quattro falcate raggiunse il cuoco e lo prese per la collottola, puntandogli la spada sopra il rene de- stro.--Prova a squittire e sei morto. Dove sono tutti? --S-sissignore, lo chef Š a letto con il raffreddore e gli altri sono an- - dati al cinema. --Lei dov'Š? --Lei? Non so di chi... iik--La punta era penetrata per tre millime- ;~ tri.--E nella stanza degli ospiti al secondo piano... --Bene, fammi strada. Marsh! La stanza degli ospiti aveva una porta di quercia massiccia, chiusa da una robusta serratura Yale. La serratura aveva un supporto di bron- zo, ed era evidente che aveva soprattutto lo scopo di tenere qualcunř all'interno della stanza, piuttosto che all'esterno. Dov'Š la chiave? Non lo so, signore... cioŠ, la tiene il signor Kelly... Sir Howard riflett‚. Si era congratulato con se stesso per aver pensa- to a tutto .. e adesso questo! Pens• che se avesse cercato di sfondare la porta ne avrebbe ricavato solo dei lividi, e non sbagliava. Non era ca- e di scassinare una serratura, ammesso che una serratura a cilin- dro si potesse scassinare. Doveva fare in fretta. . in fretta... Erano gli zOCcoli dei loro cavalli? No, ma avrebbero potuto tornare in ogni mo- mento. Se fosse successo qualcosa ad Haas, o se il secondo squadrone avesse raggiunto il primo... - Sdr…iati a pancia in gi— accanto alla porta--ordino. - Sissignore... Non mi ucciderete, signore? Non ho fatto mica nien- --Per ora no.--Pos• la punta della spada sulla schiena dell'uomo. _ Una mossa, e mi ci appoggio.--Con la mano libera sfoder• il pu- gnale e cominci• a svitare le quattro viti che flssavano la serratura. Sperando che la lama cosŤ sottile resistesse... Ci volle un tempo interminabile. Appena l'ultima vite uscŤ, la serra- tura cadde sopra il cuoco con un tonfo sordo. Sir Howard aprŤ la porta. --Chi siete?--chiese la ragazza, in piedi dietro una sedia. Piuttosto alta, pens•. Era una cosa che gli piaceva. Indossava il solito vestito fat- to a pigiama, e sembrava pi— sprezzante che spaurita. I capelli chiari erano piuttosto corti, ed era pi— abbronzata di quanto non fosse di mo- da. --Non ha importanza. Sono venuto a liberarvi. Su, presto! --Ma chi siete? Non mi fido... --Volete uscire o no? --Aliora, basta ciance e venite con me. Kelly pu• tornare da un mo- mento all'altro. Non vi mangio mica. Oop, maledizione, ci Š riusci- tol--Il cuoco si era rimesso in piedi all'improvviso, e le sue gr~da d'aiuto svanivano in fondo al corridoio.--Insomma, venite, perdiana! Quando furono nel salone, un uomo con mezza armatura stava scen- dendo dall'altra scala, quella che portava al camminamento delle sen- tinelle. Scendeva due gradini alla volta, tenendo un'ascia da combatti- mento a pettarm. --State da parte!--Sir Howard diede una spinta alla ragazza, sbattendo gi— la visiera. In cima alle scale apparve un altro uomo; il primO aveva gi… attraversato met… della sala. Il primo fece un allungo con il suo apriscatole. Sir Howard spost• il peso del corpo in modo da schivare la punta con la spalla; poi i loro corpi si urtarono rumorosa- mente. Il cavaliere colpŤ col pugno destro la mascella dell'uomo, usan- do il guanto massiccio come tirapugni. L'uomo si accasci•, e l'altro gli fu Sopra. Era ancora pi— robusto di Sir Howard, e brandiva la scure co- me una sferza. La lama alla sua estremit… sembrava quella di una mannaia; dietro la lama sporgeva un gancio, per disarcionare i ca~/a lieri, e in cima c'era una punta lunga trenta centimetri. Sir Howard, schivando un colpo sul piede, pens•: "Se nel castello C'Š qualcun altro, questa cagnara lo attirer… presto . La lama colpŤ il suo elmo in modo particolarmente sonoro; vide le stelle e si chiese se gli avessero rotto il collo. Poi il manico cominci• a roteare per farlo in- ciampare. Barcoll• e cadde su un ginocchio; stava appena riprenden_ dosi, quando vide che la punta era diretta verso la sua visiera. Si chin• e colpŤ. Non poteva sperare di trapassare la corazza di duralluminio ma la lama affond• nei tendini della sinistra nuda dell'uomo. Ecco! Ma l'uomo lasciava cadere la scure e indietreggiava fuori dalla sua portata, schizzando sangue dalla mano ferita. La sua spada apparve con un wh~ip prima ancora che il cavaliere fosse riuscito ad alzarsi in piedi. Allora ricominciarono. Finta-affondo-parata-risposta-inguar- dia-colpo di taglio-parata-colpo di punta-doppio-affondo. Ting-clang- swish-bong-zing. Sir Howard, sudando, si rese conto di stare indietreg- giando. Un altro passo indietro, un altro... quell'uomo lo stava chiu- dendo in un angolo. Quell'uomo era uno spadaccino migliore di lui Maledizione! La punta della sentinella era quasi riuscita a infilarsi tra la baviera e il piastrone e a raggiungere la gola. Quell'uomo era spa- ventosamente bravo. Non si riusciva a colpirlo. Un altro passo indie- tro... non poteva farne altri, o si sarebbe ritrovato contro il muro. La ragazza aveva preso una seggiola vicino al tavolino da gioco. In punta di piedi and• a sbatterla dietro le gambe della sentinella, che strill•, alz• le braccia e cadde in modo ridicolo, con le mani dietro di s‚ sul pavimento. Sir Howard mir• al viso e premette con tutto il peso del corpo; sentŤ la punta della spada che faceva scricchiolare le ossa del cranio. --L'altro!--grid• la ragazza. L'altra sentinella era carponi sul pa- vimento e cercava a tentoni la sua arma.--Non sarebbe stato meglio ucciderlo? --Non c'Š tempo. Correte!--Uscirono, clank, clank, clanlc, nel buio --Non... preoccupatevi... di lui--ansimava il cavaliere--Quanto... ammiro... Ia... vostra... prontezza.--Maledizione! Stava quasi per ca- dere dal ponte levatoio.--Che... furbo... se... adesso... annego... nel... f o s s a t o . --Santo cielo, devo aver dormito tutta la mattina! Per favore, che ore sono, signor cav~li.qr~ i' Sir Howard si guard• il polso, e gli venne in mente che l'orologio era SottO la manopola e il bracciale. Era un bell'orologio, e il cavaliere, con il suo senso del risparmio, sarebbe inorridito all'idea di tenerlo scoper- to quando si prospettava un combattimento. And• a vedere l'orologio incorporato nel pomo della sella.--Le undici e mezzo-- disse. Dormito bene? ~ Come un sasso. Ho l'impressione che il vostro amico ancora non si sia fatto vivo, no? Sir Howard guard• tra i pini il paesaggio ondulato, sabbioso. Tutto era immobile, tranne qualche uccello ogni tanto.--No--rispose ma non vuol dire. Dobbiamo aspettare fino al calare del buio. Se per allora non si far… vivo, allora andremo a... andremo da qualche parte. Anche la ragazza si mise a guardare.--Vedo che per il vostro appun- tamento avete scelto una zona senza neppure una casa in vista. Non... ehm... ho l'impressione che non ci sia niente da mangiare, vero? --No. Ho una fame che potrei mangiare un cavallo, e correre dietro al cavaliere. Possiamo soltanto aspettare. La ragazza guard• per terra.--Non Š per guardare in bocca al sal- vator donato, se mi capite... ma... ho come l'impressione che non vo- gliate dirmi il vostro vero nome. Sir Howard torn• in s‚, sbuffando.--Il mio vero... come diavolo a~ete fatto a saperlo? --Non offendetevi, ma col sole si vede che quel marchio Š stato ridi- pinto. Anche se l'armatura Š tutta sporca di sangue. Sir Howard fece un gran sorriso:--Il sangue dei miscredenti Š pi— bello di un tramonto, come dice un libro. Vi faccio una proposta: vi di- co il mio vero nome, se mi dite il vostro! 3 Ora toccava alla ragazza stupirsi, negare e interrogarlo.--Sempli- ce, mia cara signorina. Dite di chiamarvi Mary Clark, ma sulla cami- cetta sono ricamate le iniziali SM, e c'Š una S sul fazzoletto. Giusto? --Oh, va bene, mi chiamo Sara Waite Mitten. E voi, furbacchione? --Avete mai sentito parlare dei Poughkeepsie Van Slyck?--Sir Ho- ward le fece un resoconto della sua posizione in tale nobile famiglia. Nel frattempo, Paul Jones si avvicin• e diede un colpetto col naso alla ragazza~ che fece per grattarsi la fronte, ma allontan• la mano.--E tui Come si chiama?--Il cavaliere glielo disse. --Da dove l'avete preso? --Oh, non lo so; Š il nome dei cavalli di famiglia da molto tempo. Penso che una volta sia esistito un uomo che si chiamava cosŤ. Un uo- mo importante, voglio dire. --SŤ--disse la ragazza.--Infatti. Era un personaggio romantico, proprio uno di quelli che sarebbero andati in giro a liberare le fanciul- le prigioniere, ammesso che ce ne fosse qualcuna. Aveva anche un cer- ~ to Senso dell'umorismo. Una volta, la nave di cui era il comandante era 444 ~ 44.5 L. inseguita dai nemici; la tenne fuori portata, sicch‚ i colpi di cann della nave nemica non riuscivano a raggiungerla. Jones mise un uon~ a poppa ordinandogli di rispondere a ogni colpo di cannone con uno di moschetto. Il moschetto era un tipo di fucile leggero che si usava al. Iora. --Sembrerebbe un tipo in gamba. Era anche bello? --Be'--la ragazza inclin• la testa da una parte--dipende dai p ti di vista. Se si considera bella una scimmia, allora Paul Jones era in- dubbiamente un bell'uomo. A proposito, ho notato che il colore del v~ stro Paul Jones sfregandolo viene via.--Mostr• una mano Sporca di i vernice. Al castrone non interessava essere n‚ grattato n‚ aCCarezzatO- sperava solo che gli dessero qualche zuccherino Siccome non ne vede-~ va, si allontan•. Sally Mitten continu•:--La prima volta che vi ho vi- sto, ho pensato che foste soltanto un giovanotto grande, grosso e intra-~ prendente, senza particolari doti, tranne quella di tagliare a pezzi la gente che non vi va a genio. Ma il modo in cui Š stato concepito il pianoi e il fatto che abbiate notato le iniziali sui miei abiti sembrano dim~r strare una vera intelligenza. --Grazie. La mia famiglia non ha mai fatto molto affidamento sUI mio cervello, ma forse li deluder•. Mi sono appena reso conto che no._ ci sarebbe stato bisogno di dirvi chi ero; avrei potuto spiegare il mar- chio dicendo che l'armatura era di seconda mano. i. --Ma difficilmente avreste ridipinto il cavallo, anche se fosse stato~ pure lui di seconda mano, vero? --Dico, siete diabolica. Qualunque cosa io dica, ne avete sempr una migliore.--Riflett‚ un momento e chiese:--Per quanto temp~ siete rimasta nel castello di Kelly? --Tre giorni. Tre giorni, eh? Potevano essere accadute molte cose in tre giorni. Ma se lei non gliene avesse parlato spontaneamente, certo non sarebb stato lui a chiederglielo. In effetti, nessuno dei due torn• pi— sull'arg~ mento. --E dove--continu• Sir Howard--avete trovato tutte le notizie s~ Paul Jones, sull'epoca in cui gli uomini avevano il fucile, e cosŤ via? --Soprattutto nei libri. --Libri, eh? Non sapevo che esistessero dei libri su queste cose, i meno che i saltatori non li abbiano. Si parla del diavolo... Pieg• indietro la testa per guardare una macchina volante che sbul fava sopra di loro, oscillando fino a diventare un punto nel cielo terSa Accanto a lui si sentiva un respirare affannoso. Si volt• verso la ragaZ za. Parlava piano e molto seriamente.--Sir Howard, mi avete fatto ID grande favore, e mi volete aiutare, vero? Ecco, qualunque cosa succed non voglio cadere nelle toro mani. Piuttosto preferisco tornare nel Ca stello di Kelly. ~ Ma che cosa...--si interruppe. Sembrava davvero spaventata. Non aveva avuto affatto paura di Kelly; era solo rabbiosa, sprezzante, --Non dovete preoccuparvi--la rassicur•.--Loro non piacciono nche a me.--Le raccont• di suo fratello.--E ora--disse--mi prendo un paio d'ore di sonno. Svegliatemi se si vede qualcuno. Gli sembrava di avere appena trovato una posizione comoda, quan- do si sentŤ scuotere la spalla.--Sveglia!--diceva lei--Sveglia... oh, . diamine... sveglia! --Haas?--borbott•, sbattendo le palpebre. --~Io, uno di loro. Ho continuato a scuotervi... Balz• in piedi cosŤ velocemente che quasi la fece cadere. La sonno- ~- lenza scomparve di colpo. i Il sole era basso all'orizzonte. Un veicolo a due ruote si stava av- vicinando al gruppo di pini attraverso la sabbia e l'erba. Sir Howard diede un'occhiata a Paul Jones, che brucava soddisfatto l'erba.--Inu- tile cercare di scappare--disse.--Ci vedrebbe, e quelle moto sono pi— veloci di un fulmine in ritardo a un appuntamento. Tre o quattro volte pi— veloci di un cavallo, comunque. Dovremo bluffare. Forse non sta cercando noi. Il veicolo si diresse proprio verso i pini, e rallent•, fermandosi, re- stando diritto sulle due ruote. Il tettuccio arrotondato di perspex si aprŤ, e un saltatore uscŤ fuori senza fretta. I due esseri umani salutaro- no. Cominciarono a sentire il vago odore di formaggio della cosa. --Tu sei Sir William Scranton--cinguett•. Sir Howard non vide il motivo di negare un'affermazione tanto ov- via.--SŤ, vostra eccellenza. --leri sera hai ucciso Warren Kelly. I --No, vostra eccellenza.--Gli occhietti neri e lucidi sotto l'elmetto |- di cuoio sembravano perforarlo. Il muso appuntito non tradiva nessu- na emozione. Le vibrisse da ratto tremolavano come al solito. --Non contraddire, Uomo. Sappiamo che sei stato tu. | Sir Howard aveva la bocca secca, e si sentiva le ossa di gelatina. |. Lui, che aveva combattuto in sei corpo-a-corpo senza torcersi un ca- . pello, che aveva strappato un prigioniero di sotto il naso a un bandito, era terroriZzato. Le grinfie del saltatore erano appoggiate al calcio del- ~la pistola nella fondina. Sir Howard, come la maggior parte degli esse- _ ~i umani di allora, aveva il terrore delle armi da fuoco. Non aveva idea ~i Come funzionassero. Un saltatore ti puntava addosso un aggeggio ~pparentemente innocuo, poi un lampo e uno scoppio, ed eri morto, ~n un foro netto nella corazza largo un dito. Tutto qui. Nessuna spe- ~anZa di resistere a delle creature che disponevano di un tale potere. E andO non c'Š speranza di resistere, il coraggio Š tanto raro che chi lo ~;siede pu• essere accusato di mancare di una rotella. Prov• a cambiare tattica.--Avrei dovuto dire, vostra eccellenza~ ' che non ricordo di aver ucciso Kelly. Inoltre, I'uccisione di un uornO : non Š contro le leggi supreme.--(Si riferiva alle leggi dei saltatori.) Il discorso sembr• fermare il saltatore.--No--squittŤ.--Ma Š ` inopportuno che tu abbia ucciso Kelly.--Si interruppe, come per escogitare un pretesto per arrestarlo.--Hai mentito, dicendo di non aver ucciso Kelly. E le leggi supreme sono quello che diciamo noi. _ ~ Una brezza leggera fece mormorare i pini. Sir Howard, gelando, sentŤ ~| che tra loro stava passando la morte, e sogghignava. ~ ` Il saltatore continu•:--Qui c'Š qualcosa che non va. Dobbiamo in . dagare su di te e sulla tua complice.--Sir Howard vide con la coda dell'occhio che Sally Mitten aveva serrato forte le labbra. --Mostrami il tuo permesso di viaggio, Uomo. ~, A Sir Howard sembrava che a ogni battito del cuore dovesse spezzar- - glisi una costola. Si avvicin• a Paul Jones e aprŤ una tasca della sella ~ piena di carte. Frugando, scelse la circolare di un'agenzia turistica che reclamizzava le attrattive delle Mille Isole. La porse al saltatore. La creatura si chin• sul foglio. La spada del cavaliere rote• in un lampo, fendendo l'aria. Ci fu un rumore carnoso. Sir Howard si appoggi• sulla spada, aspettando che le orecchie ~`3 smettessero di rombare. Sapeva di non essere mai stato cosŤ vicino a - . svenire. La testa del saltatore era poco pi— in l…, con gli occhi tondi fissi I ` nel vuoto. Il resto della creatura giaceva ai suoi piedi, con le membra che si contraevano impercettibilmente, ammucchiando la sabbia con le mani e i piedi. Per terra si allargava una pozza di sangue verdeaz- i zurro. Sulla sua superficie roteavano lentamente gli aghi di pino. _~ La ragazza stava a guardare inebetita.--Cosa... Cosa facciamo -~ adesso?--chiese. Era poco pi— di un sussurro. - --Non lo so. Non lo so. Non ho mai sentito di un saltatore ucciso. 3 --Distolse lo sguardo affascinato dal cadavere, per guardare oltre le ~ dune.--Guardate, ecco Haas!--Il sangue ricominci• a scorrergli nel- b le vene con pi— calore. Lo straniero forse non sarebbe stato di grande aiuto, ma gli avrebbe fatto compagnia. L'uomo del West cavalcava spavaldo, sbattendo i calzoni di cuoio contro i fianchi di Queenie. Grid•:--Ehil…, gente! Ci Š voluto un sacCO |~ di tempo per togliere di mezzo quelle aragoste, come si chiamano. Ho dovuto annegare...--Si ferm• vedendo il saltatore, e fece un fischi prolungato.--Ma... che... mi... venga. Di', ragazzo, lo pensavo che ave- vi fegato, ma non ho mai sentito che qualcuno abbia fatto questo. Non ti piacerebbe provare qualcosa di pi— tranquillo, che so, fare a botte ~ con un orso o fare un nodo a un fulmine?--disse con un sorriso forza--- to. --Sono stato costretto--disse Sir Howard. Lo sbigottimento dellř-- straniero gli fece riacquistare la calma. Era montato in groppa allř ~ i`` stallone selvaggio della ribellione, e non poteva fare altro che caval- ~rlo con la massima disinvoltura possibile.--Mi aveva chiesto il per- mesSř di viaggio, e sarei stato arrestato per infrazioni al marchio o Chiss… che.--Present• Sally Mitten, e fece un resoconto degli avveni- I menti. --Dobbiamo sbarazzarcene al pi— presto--intervenne la ragazza. Quando sono di pattuglia, contattano via radio il comando ogni ora circa- Quando questo non si far… sentire, gli altri cominceranno a cer~ carlo. --E come fanno, signorina?--chiese Haas. --Formano un cerchio intorno alla zona da cui hanno avuto l'ulti- ma comunicazione. e lo stringono sempre pi—, tenendo sotto osserva- zione l'area dall'alto. --Sembra ragionevole. Da quello che mi avete detto, questo era in missione ufficiale o che, quindi, i suoi compari avranno un'idea di do- v'era quando Š stato infilzato. Quindi noi siamo dentro al cerchio. Co- me facciamo a sbarazzarcene? Se lo sotterrassimo... --Potrebbero usare i cani per localizzarlo--disse la ragazza. --Be', allora, se solo potessimo buttarlo nel fiume o che. L'Hans Creek laggi— non Š abbastanza profondo. Sir Howard osservava aggrottando la fronte una mappa a grande scala che aveva comprato ad Amsterdam la sera prima.--Oltre quelle colline c'Š il bacino di Sacandaga--disse, indicando il nord. --No--disse Sally Mitten.--Dobbiamo eliminare anche il suo vei- colo. Non possiamo portarlo oltre la catena del Maxon. Lo so io: but- tiamolo nel Round Lake. E a est di qui, non lo si vede. --Dico, signorina, avete in testa la cartina di tutto il paese?--chie- se beffardo Haas. !~ --Ho vissuto qui vicino per quasi tutta la vita. Copriremo le mac- chie di sangue con della sabbia pulita e degli aghi di pino. E, Sir Ho- ward, farete il favore di ripulire la vostra spada alla prima occasione. --La piccola Š in gamba, How--osserv• Haas, smontando di sella. --Solo che non Š poi tanto piccola. Bisogna, gente. Voi prendetelo per la testa... cioŠ per le braccia; la testa Š a parte. Non sporcatevi con quella roba blu. Forza! Che bello, questi aggeggi restano dritti sulle ruote anche da fermi; cosŤ Š pi— facile spingerli. L --Fate un po' di buchi nel perspex--disse Sally Mitten.--CosŤ af- fonder… pi— velocemente. --Che mi venga un colpo se questa non pensa a tutto--disse Haas, j CominciandO a dar di coltello nella carrozzeria. Sogghignava.--How, ! Se gli altri saltatori riescono a trovarlo, mi piacerebbe sentire cosa di- no, cercando di capire cosa gli Š successo. Se capissi la loro lingua I da canarini~ certo. Dite un po', signorina, avete pensato a come uscia- |~o da questo cerchio se cominciano a cercare prima che riusciamo a cappare? E da che parte si va? L ~ t ~ --Vi guider• io, Haas. Penso di sapere come fare. E se voi due disp rati volete nascondervi, venite con me. Conosco il posto giusto. Dovre mo fare presto. Oh, non avete portato qualcosa da mangiare, vero? I.~n momento fa non avrei potuto mandare gi— niente, ma adesso che quellO non c'Š pi— ho di nuovo fame. E anche Sir Howard, credo. --Non mi sono mica dimenticato, che mi venga un colpo. Per strada mi sono fermato a prendere qualche panino. Pensavo che ormai dove. vate averci i crampi allo stomaco.--Tir• fuori un paio di panini av. volti nel cellofan.--Saranno un po' asciutti. Per migliorare il sapore potete metterci un po' del sangue che c'Š sulla corazza di How. La ragazza guard• le chiazze sull'armatura. Sogghignando, Sir H~ ward tir• via un po' di quella sostanza rossa e appiccicosa, mezzo sec- ca, e si mise il dito in bocca. Sally Mitten deglutŤ, sembrava sul punto di vomitare. Ma lo imit•.--Vi faccio vedere io, spiritosi!--Cambi• espressione.--Marmellata di fragole!--Haas schiv•, ridacchiando, il pugno di lei che pass• a un palmo dal suo naso. --C'Š un altro aereo. Certo stanno facendo un lavoro accurato. Qual- cuno riesce a vedere se sono gi… arrivati all'acqua?--Era Sally Mitten I. ` che parlava. Erano in un boschetto di pini e guardavano il bacino di Sacandaga disteso placidamente davanti a loro, a perdita d'occhio a destra e a sinistra. Un pipistrello disegnava precocemente neri zig-zag nel crepuscolo. Sulla sponda pi— lontana c'era un viavai come di for- miche; erano i veicoli dei saltatori. I fari si accesero a uno a uno. --Se solo venisse buio pi— presto--continu• la ragazza.--Questa bravata dipende dal nostro tempismo. Sono quasi all'acqua ormai. --Peccato che non ci siamo allontanati di pi— prima che CominciaS- . sero a cercare--osserv• Haas.--Potevamo essere gi… fuori dal cer- chio. Di', How, pensa se ci incontriamo. Chi diciamo di essere? Sir Howard riflett‚.--L'ultima volta mi hanno registrato ad Alba- ny. Come destinazione ho dato Watertown e le Mille Isole. Ho detto che andavo l… a pescare, e pensavo anche di farlo. E poi, i saltatori staran no cercando un certo William Scranton. Quindi, forse farei meglio a es- sere me stesso. --Forse--disse Haas.--E poi, forse faresti meglio a toglierti quel-- marchio finto. O va via con l'acqua? --No, Š uno smalto impermeabile. Per toglierlo ci vuole l'alcol- --Allora, perch‚ non usi quella bottiglia di antidoto che hai nel sella? r Cosa? Ma quello Š un whisky di marca! Oh, be', mi sa che questo Š mportante--Sir Howard tir• fuori la bottiglia a malincuore. as nella bisaccia trov• una calza che era tutta un buco, decise che tanto era giusto da buttare via, e si mise al lavoro sul piastrone del ca- valiere.--Di' un po'--chiese--come pensi di riuscire a nuotare per mezzo miglio dentro a quel coso? _ Infatti--rispose Sally Mitten--Ci spogliamo. _ Cosa?-- Il tono dello straniero, scandalizzato, era stridulo. _ Volete dire che facciamo il bagno nudi... tutti e tre? _ Ma certo. Non penserete di andare in giro con i vestiti bagnati con questo freddo, vero? O di incontrare un saltato}e e di dovergli spiegare come mai siamo tutti fradici? Haas riprese il suo lavoro, ridacchiando.--Be', che mi venga... Sa- pevo che gli yankee erano picchiati, ma... Ti sta bene. Dite un po', si- gnorina, sicura che non possiamo scappare girando intorno al lago? _ Santo cielo, no. Laggi— saranno ancora pi— numerosi. Partiamo dal principio che l'unico varco nel cerchio sar… quando raggiungeran- no la riva dall'altra parte, e si separeranno; met… di loro aggirer… le due estremit… del bacino, per ricomporre il cerchio da questa parte. Se nel frattempo noi saremo in acqua, e sar… abbastanza buio da non esse- re visti, ci troveremo automaticamente fuori dal cerchio. _ Com'Š che portiamo di l… l'armatura di How? Il mio cavallo Š gi… abbastanza carico. --Faremo una zattera. Potete tagliare qualche pino giovane e legare i tronchi con le corde che avete. --Direi che si potrebbe. Ecco, How, la tua corazza Š a posto. Mi sa che Š troppo buio perch‚ ci vedano, eh?--Si alz• in piedi, tir• fuori la sciabola e cominci• a sfrondare un arboscello. Il cavaliere fece lo stesso.--Vorrei avere qui un'ascia--disse. --Non volevo caricare Paul Jones con troppe cianfrusaglie. Quanto dev'essere grande la zattera? --Quanto pesa l'armatura? --Venti chili. Poi c'Š la lancia: non la faremo certo sporgere come un ,~ albero maestro, e la spada, e i nostri vestiti. --Meglio &rla di quattro per quattro, con due traverse. --Sbrigatevi--disse Sally Mitten.--Adesso sono sulla riva; vedo il riflessO delle luci sull'acqua. --Chi hai annegato, Lyman?--chiese Sir Howard. --Oh, quello... Mi hanno fatto passare un brutto quarto d'ora. Era- ~no veloci, nonostante la ferramenta che c'avevano. E il piccoletto da- anti che dava ordini a tutti montava a cavallo come un diavolo. Aveva una torcia e me la teneva puntata addosso. Ho continuato ad andare anti finch‚ Queenie non aveva pi— fiato, e vedevo che quelli arriva- no. Allora... come si chiama quel fiumiciattolo che attraversa Broa- ~dalbin? . _ . 4 ~ 4~ 1 1 --Kenneatto Creek--rispose Sally Mitten. --Insomma, sono arrivato a un ponte sopra questo Kenny... Kt~n neatto Creek... qui, How, tira forte questa corda... e sono entrato in a,~ qua. Ho trovato un posto tra gli alberi bello buio, con l'acqua che arr; vava alla pancia di Queenie. Allora, quando quelle aragoste sono an~' vate sul ponte, ho beccato con la corda il piccoletto davanti. E finito gi— nel fiume che era una meraviglia. In tre metri d'acqua con l~arrn tura addosso. Peccato che ho dovuto tagliare quella bella corda e la. sciarla quasi tutta nel fiume, perch‚ se la tenevo stretta quello poteva tirarsi fuori, e i suoi soci stavano gi… cercando di capire come aveva fatto il capo a finire gi—. Ho comprato dell'altra corda in un negozi~ tornando a Round Lake. Ma non mi piace. Non funziona affatto come~ una delle nostre. Devo fare pratica. E tenere insieme la zattera non le far… mica bene. --Capisco--disse Sir Howard.--Ecco perch‚ i saltatori credono che io abbia ucciso Warren Kelly. Non sanno di te, ma sanno che io s~ no stato al castello, o perlomeno, che vi Š stato un certo William Scran- ton. --Vuoi dire che ho annegato il capo in persona? Non dirmelo! Penso ~ che adesso la zattera sia a posto. Sentite, signorina, la mettiamo sulla lii sella di How e voi la tenete ferma mentre noi guidiamo le bestie. Dieci minuti dopo sentirono un rumore metallico davanti a loro Sir Howard disse sottovoce:--E una recinzione di filo di ferro- sembra al- - ta circa tre metri. Credo che dall'alto non si veda --Che bello--disse Haas.--Dovevamo ricordarci che ci sono le re- cinzioni intorno ai bacini, se no le bestie ci finiscono dentro e muoiono. 5 Non Š che qualcuno c'ha una tenaglia? --No--sibil• il cavaliere.--Dovremo usare il tuo coltello da cac- cia. --Cosa? Ehi, non si pu•! Si rovina la lama! --Non si pu• fare altro. Ho rovinato la punta del pugnale per aprire la porta della stanza della signorina Mitten, quindi non fare storie. Fu passato il coltello, e nel buio si sentirono i brontolii soffocati del cavaliere che ansimava, e il rumore metallico dei fili di ferro che si staccavano. --Bene--sussurr•.--I cavalli ci passano, se gli facciamo abbassa re la testa. Per favore, mi puoi togliere lo stuzzicadenti dallo stivale? Erano passati dall'altra parte. Sir Howard disse:--Lyman, vieni ~. qui e tieni questi fili mentre riannodo le estremit…. Inutile far sapere a loro da che parte siamo andati. --Piano--fece Sally Mitten.--L'acqua trasporta i suoni, sapete- Presto, i saltatori stanno andando verso le estremit… del bacino. Lo ca- pisco dalle luci.--In effetti, sulla sponda pi— lontana i puntini di luce si spostavano a destra e a sinistra. - Dico, signorina--piagnucolava Haas--non potrei tenermi le tande~ Sono un uomo costumato, io. O, affatto--rispose bruscamente la ragazza.--Se lo fate, vi I prendete una polmonite, e dovremo curarvi. E pOi c'Š solo la luce delle 'I ~ Ho f-freddo--continu• l'uomo del West.--How ci metter… tutta l notte a tirarsi via quella roba i id due for me spettrali in piedi sopra di lui che si stringevano le braccia intorno a1 petto e saltellavano per scaldarsi.--Andate avanti e fissate le cor- ~ de disse.--Fra un momento ho finito. Devo stare attento a come 5 metto i pezzi, altrimenti qualcuno va perso. Finalmente completarono i preparativi. La zattera, coperta di ac- ~ ciaio e di abiti, era ferma sulla sabbia, legata alla sella di Queenie con t_ una lunga corda. Un altra corda era legata a Paul Jones. --Bene, vai!--Sir Howard batt‚ il castrone sulla groppa ed entr• 1 in acqua. Lui e Sally Mitten tenevano una corda ciascuno. Haas faceva lo stesso con la sua. I cavalli non volevano nuotare, e bisogn• spingerli e tirarli. Ma alla fine arrivarono dove l'acqua era pi— profonda, tirando le corde con i loro carichi. Sir Howard stava pensando a com'era tiepida l'acqua che gli gorgo- gliava nell'orecchio, quando fu colpito da qualcosa all'occhio sinistro. --Maledizione--sussurr•.--Volete cavarmi un occhio? --Che cosa ho fatto?--gli rispose una voce davanti a s‚. --Mi avete messo l'alluce nell'occhio. Perch‚ non restate dalla vo- _ Io sono dalla mia parte. Perch‚ non tenete lontana la faccia dal mio piede? --Dunque Š cosŤ, eh? Adesso vi sistemo, signorina! Non soffrlte ll solletico~ no?--Si avvicin• in due bracciate. Ma la ragazza s'immerse Sott'acqua come una lontra. Tenendo la corda, il cavaliere alz• la ma- no per vedere meglio sull'acqua illuminata dalla luce delle stelle. Al- lora, due mani sottili ma incredibilmente forti lo presero per le cavi- glie e lo tirarono sotto. Quando riemerse, scuotendo fuori l'acqua dalla testa, udŤ Haas che 3 sibilava isterico:--Perdiana, smettetela di giocare a pallanuoto! Fate pi— rumore di due balene sbronze! Tacquero A parte i rumori leggeri degli insetti e delle rane, si udiva- no solo il respiro affannoso dei cavalli e lo sciabordio dell'acqua. 3 Il tempo passava lentamente. La riva sembrava non avvicinarsi mai. E Poi apparve all'improvviso, e cominciarono a toccare. Dopo la quiete, i L C avalli che sguazzavano nell'acqua bassa sembravano le cascate del Erano sdraiati sulla sabbia. Sally Mitten disse:--Vedete?--Fece dei segni sulla sabbia.--Qui c'Š il bacino. Noi siamo qui. Io e la gente viviamo sugli Adirondacks. Adesso possiamo salire da que parte, vicino ai laghi di Sacandaga. C'Š una bella strada che arriva Speculator e a Piseco. Ma proprio per questo c Š molto traffico. La ge te va a pescare sui laghi di Sacandaga. Mentre noi vogliamo essere ~ sti il meno possibile. Sarebbe meglio restare da questa parte del fium; Sacandaga, e seguire il ramo ovest fino al lago di Piseco. A quel pun conosco una pista che porta da noi passando per i laghi dei Cedri. E u percorso difficile, ma cosŤ saremo quasi sicuri di non incontrare nessu no. Di solito scendo ad Amsterdam facendo la strada di Camp Perkins di Speculator; c'Š una vecchia strada che scende dal Jessup, in buon~ condizioni. Compriamo quasi tutto a Speculator- vado ad Amsterdam solo una volta al mese, pi— o meno. Sarebbe veramente un colpo di for tuna se fossi l… quando...--Si interruppe --Come ci arrivate, ad Amsterdam?--chiese Sir Howard.--Sem- bra un bel viaggetto. --Infatti. Ho una bici. CioŠ, avevo una bici. L'ultima volta che l'ho vista era ferma su un marciapiede di Amsterdam. Ormai sar… sparita. E ho lasciato l'unico cappello decente nel castello di Kelly E un viag- giO di due giorni buoni. Noi ci metteremo molto di pi—, dato che non seguiamo le strade.--Cancell• accuratamente la cartina.--Sar… me- glio cancellare le nostre tracce sulla spiaggia, e anche quelle dei caval- --Secondo voi, perch‚ i saltatori si preoccupano tanto per Kelly~-- chiese Sir Howard.--Di solito, non interferiscono nelle beghe tra --Non lo sapete? Lo sostenevano. Non apertamente; non Š cosŤ che _ fanno. La baronia di Schenectady si stava ingrandendo troppo, cosŤ= misero in azione Kelly per smembrarla. Divide et impera. --Come? --Dividi e domina. E il loro sistema: mantenere divisi gli uomini in . staterelli grandi come un francobollo sempre in lotta fra loro, . --Mmm. Mi sembra che sappiate un sacco di cose su di loro. --Li ho studiati per tanto tempo. --Ci credo. Ouello che dite mi d… molto da pensare. Dite, pensate ~ c e la vostra... ehm... gente accoglier… due stranieri con dei precedent terribili come i nostri? --Al contrario, Sir Howard... --Preferirei che lasciaste perdere il ''sirn. --SŤ? C'Š qualche motivo particolare~ --Be'. . non so come dirlo, ma... ehm .. mi sembra un po' stupidř- Voglio dlre, siamo tutti camerati. Ehm... tu e Haas siete in gamba , quanto me, per quel poco che ho potuto conoscervi. --Credo di capire.--Sorrideva calma nel buio.--Stavo dicendř 454 e tu e lui siete proprio le persone che cerchiamo; uomini che hanno ~satř levare le mani contro di loro. Non ce ne sono moltn E una cosa che divide dagli altri, sai. Ti impedisce per sempre di tornare come pri- ~entre parlavano, le stelle erano diventate pi— fioche. Ora un disco '~ giallo coperto di macchie sorgeva dietro l'oscurit… dell'orizzonte, sfio- rando loro la pelle con un sofflo di oro pallido. 3 --Santo cielo!--esclam• Sally Mitten.--Mi ero dimenticata della IunaI Bisogna che ci vestiamo e ce ne andiamo subito. Grazie al cielo asciutta Lyman... Come, si Š addormentato!--L'uomo era diste- so, con la testa appoggiata su un braccio, e respirava fischiando legger- --Non si pu• biasimarlo--disse Sir Howard.--E il primo sonno dopo trentasei ore. Ma ci penso io.--Si chin• sopra la figura distesa e alz• il braccio, tenendo la mano aperta. Sally Mitten gli afferr• il pol- Nol Fara pi— rumore di una fucilata! Lo sentiranno fino ad Am- sterdam!--Soffoc• una risatina.--Ma sarebbe proprio un peccato sprecare un'occasione come questa, vero? --Zoppichi, Howard--osserv• Sally ~litten. Era a cavalcioni del a L sella di lui, e aveva legato alle caviglie l'orlo dei pantaloni con delle stringhe Dietro di leij, l'armatura del cavaliere, con i pezzi ordinata- mente incastrati e legati insieme in un fagotto, era sistemata sulla lar- ga groppa di Paul Jones. Il mucchio d'acciaio tintinnava leggermente. --Niente affatto--disse lui.--Almeno, non molto. E solo un a tra vescica.--Camminava davanti al suo cavallo, aveva un paio di stivali da equitazione da cui quattro giorni di marcia attraverso gli Adiron- dacks avevano cancellato ogni traccia di lucido, e usava la lancia come un bastone da passeggio un po' fuori misura. Si era tlrato sulle orec- chie un berretto rosso. Lyman Haas chiudeva il gruppo, dondolando tranquillamente sulla sella e arrotolandosi una sigaretta. Anche se c e- rano quasi trenta gradi, tutti e tre portavano i guanti (quelli di Sa y Mitten erano di qualche taglia pi— grandi) e tenevano rialzato il col et- E to della camicia. Si picchiavano continuamente il ViSO. --Solo un'altra vescica! Fermati subito, giovanotto, che la curiamo. Hai delle bende? Per oggi, basta camminare. Quei calzoni e quegli sti- vali vanno benissimo per cavalcare, ma non per camminare da queste _ Non Š niente, davvero. E poi, tocca a me camminare. La tabella di marCia dice che devo camminare ancora una mezz'ora. --Tira fuori il lazo, Lyman. Vuol fare il testardo. --Meglio fare come dice la signora--disse Haas.--Certo, signori- na, in una delle tasche della sella ci sono lo iodio e la garza. Quella li e una sella magica. Esprimi un desiderio, dici abracadabra, premi un bottone~ e salta fuori tutto quello che vuoi. Ecco perch‚ How c ha un cavallo fuori misura: una bestia normale non potrebbe portare tutt; quella roba. A volte penso che faceva meglio a noleggiare un elefante delle ferrovie. --Come il Cavaliere Bianco--disse Sally Mitten.--E io, invece che non ho neppure uno spazzolino da denti! --Come chi?--domand• Sir Howard. --Il Cavaliere Bianco. Un personaggio di un libro intitolato Attra verso lo specchio. Nel tuo equipaggiamento ci sono anche alveari e trappole per topi? Nel suo c'erano. --Dici davvero?--disse Haas.--Mi sa che quel tipo era un eccen- trico bell'e buono. Adesso, How, infila l'altro piede in questa radice qui e io tiro. Uh!--Lo stivale si sfil•, scoprendo due grosse dita del piede che sporgevano da un buco nella calza.--Di' un po'--fece l'uomo del West, annusando.--Sei sicuro che quel piede non Š mica morto? Male- dizione!--Si diede uno schiaffo sulla guancia. --Avrei dovuto dirvelo che Š la stagione dei mosconi--disse Sally Mitten.--Spariranno nel giro di qualche settimana. --Non ho la trappola per topi--disse Sir Howard--ma ho un ra- soio meccanico e una mini-macchina fotografica, se possono andar be- ne. Ho anche un binocolo per gli uccelli. Sai, come passatempo vado in giro a cercare cuc— dal becco giallo e usignoli dorati. Mio fratello Frank diceva sempre che era il mio solo lato positivo.--Si diede uno schiaffo sulla mascella, ornata da rivoli di sangue secco a causa delle punture d'insetto.--Forse avrei fatto meglio a tenere addosso l'arma- tura. Almeno avrebbe tenuto lontani gli insetti, sempre che non punga- no attraverso l'acciaio.--Un altro schiaffo.--Questo sentiero sembra proprio una giungla. Perch‚ qualcuno non prende un'ascia e un falcet- to e non lo ripulisce? Sally Mitten rispose:--E proprio questo il punto. Se fosse un bel sentiero pulito, lo userebbero tutti, e noi non lo vogliamo. Abbiamo ad- dirittura piantato degli arbusti sui sentieri che non vogliamo siano usati. Haas disse:--E il bosco pi— fitto che ho mai visto. Dalle mie parti Š diverso. Gli alberi, tutti quanti, crescono belli lontani, cosŤ ci puoi pas- sare in mezzo anche se non sei un serpente.--Accese la sigaretta e continu•.--E queste voi le chiamate montagne, eh? Ho paura che voi yankee non sapete neanche come sono fatte le montagne vere. Prende- te quel Mount Orrey che mi avete mostrato; in Wyoming non gli da- remmo neanche il nome, a un moscerino come quello. Dico, signorina, dobbiamo attraversare ancora molte paludi? Non capisco come fai a girare di notte per questo paese senza cadere neppure in una pozzan- ghera. Per me la gente qui c'ha le zampe palmate, come le anatre. --No--rispose Sally Mitten.--I laghi dei Cedri sono finiti. Se guardi oltre quegli alberi laggi— puoi vedere Little Moose Mountain. E l… che andiamo.--Si diede una manata sul collo. Sally Mitten disse che sarebbe andata avanti ad avvertire la sua gente. Poco dopo si arrampicava sul fianco ripido della montagna, aggrap- pandosi ai rami e ai cespugli. I due uomini continuarono la loro lenta cavalcata a zig zag. Haas disse:--Che mi venga un colpo se non era pi— facile tagliare attraverso la campagna, piuttosto che seguire que- sto cosiddetto sentiero. Sir Howard osservava la sagoma della ragazza che si allontanava sempre pi—, fino a diventare minuscola. Non vide alcun segno di abita- zioni umane. Ma dai pioppi sbuc• un uomo, e poi un altro. Malgrado la distanza, il cavaliere distingueva gli abbracci e le pacche sulle spalle. Fu punto da una sensazione strana, mista alla curiosit… divorante sulla "gente" di quella misteriosa ragazza. Quando lui e Haas raggiunsero finalmente lo spiazzo dove si trova- vano i tre, lei stava ancora parlando animatamente. Si volt• appena smontarono da cavallo, e li present•.--Questi--disse--Š il signor Elsmith, il nostro capo.--~idero un uomo sulla cinquantina, con i ca- pelli sottili e biondicci, e miti occhi scuri dietro le lenti. Strinse loro la mano con tutte e due le sue, in un modo che diceva pi— di tante parole. --E questi Š Eli Cahoon.--Laltro era pi— anziano, con i capelli bian- chi sotto il cappello di feltro pi— vecchio del mondo. Era vestito al mo- do dei tagliaboschi del nord, con i calzoni tenuti su da una bretella sola e arrotolati in fondo, e gli scarponi infangati.--Lyman, ci hai chiama- ti yankees dello stato di York; Eli Š un esemplare tipico. Viene dal Mai- Sir Howard aveva guardato tra i pioppi. ~lide che quella che gli era sembrata dapprima una caverna era invece una casa a un piano, semi sepolta da tonnellate di terra che si confondeva con il fianco della montagna, e mimetizzata ad arte con la vegetazione. Era assolutamen- te invisibile finch‚ non ci si era sopra. L'uomo chiamato Eli Cahoon mosse la lunga mascella, aprŤ le labbra sottili che rivelavano dei denti gialli e storti, e sputacchi• una saliva marrone. --Ben fatto--disse--portare via la nostra Sally da quel castello la.--Aveva gli avambracci grossi e muscolosi, e si muoveva come un gatto. --Un giochetto--disse Haas.--Li ho solo insultati un po' per farl arrabbiare~ e How Š andato dentro a prenderla mentre quelli mi corre- vano dietro. Sir Howard fu sorpreso di vedere che Elsmith si era gi… alzato e vesti to. L'uomo gli sorrise, mostrando due denti da scoiattolo. Chiss… per ch‚, gli faceva venire in mente un simpatico coniglio. --Qui andiamo a dormire presto e ci alziamo presto--disse.--E meglio che ti alzi se vuoi la colazione. Anche se non vedo come potresti mangiare qualcosa dopo la cena di ieri sera. Sir Howard si stir• i muscoli. Era bellissimo dormire in un letto ve ro, una volta tanto.--Oh, io posso mangiare sempre. Parto dal princi_ ; piO che un giorno potrei essere senza cibo, cosŤ Š meglio approfittare di quel che c'Š. Per la verit…, stavamo per provare a fare un'insalata di scorza di betulla condita con un po' di melma quando siamo arrivati E avremmo avuto ancora pi— fame, se Haas non avesse ucciso un cer- biatto durante il cammino. Durante la colazione Sir Howard, che allora non era privo di spirito d'osservazione, tenne occhi e orecchie bene aperti per cercare di capire la natura di quel m‚nage. Elsmith parlava come una persona benedu- cata, termine con cui il cavaliere indicava i membri dell'avida aristo- crazia feudale cui apparteneva. In un certo senso, era vero. Sir Howard ~. decise che si trattava probabilmente di un nobile decaduto che aveva , ~3 fatto qualcosa contro i saltatori, e per questo viveva nascosto. Sally Mitten lo chiamava zio Homer. D'altro canto, Elsmith e la ragazza avevano qualcosa (la tendenza a usare parole inconsuete e astrazioni 3; mentali) che li rendeva diversi da tutte le persone che il cavaliere ave- va conosciuto fino ad allora. Era evidente che Cahoon che pronuncia- va il proprio nome in una sillaba sola, non era un gentiˇuomo Ma nelle rare occasioni in cui apriva bocca, le sue osservazioni in stretto accen- to settentrionale mostravano un'acutezza penetrante che Sir Howard non Si sarebbe mai aspettato da un appartenente ai ceti inferiori. Dopo colazione Sir Howard ammazz• il tempo fumando la pipa e pensando al proprio futuro. Non poteva restare lŤ e approfittare indefi- nitamente dell'ospitalit… di quella gente, salvataggio o no. Era sicuro che da lui si aspettassero qualcosa, e si chiedeva che cosa. Non rimase in dubbio a lungo. --Vieni, Van Slyck--disse Elsmith.--Oggi piantiamo le patate. Sir Howard rest• a bocca aperta, e il suo pregiudizio classista torn• improvvisamente a galla.--Io piantare patate?--Era un'espressione pi— di stupore che di irritazione. --Certo, perch‚? Noi lo facciamo.--Elsmith sorrise impercettibil- mente.--Adesso sei in un altro mondo, sai. Avrai molte sorprese Se l'uomo avesse parlato in tono brusco, il cavaliere probabilmente sarebbe uscito e se ne sarebbe andato sdegnato. CosŤ, invece, la sua in- dignazione svanŤ sul nascere.--Credo abbiate ragione. Ci sono tante cose che non so. Chinato umilmente sopra il suo solco nel campo di patate, chiese a Elsmith:--Coltivate tutto da voi? ~ Quasi. Abbiamo qualche gallina, e tutti gli anni. alleviamo un le. Eli ogni tanto abbatte un cervo. Intomo alla montagna c'Š una rie di cassette di verdure; chiaramente sono ben nascoste. E sorpren- dente quanta verdura si pu• far crescere in uno spazio cosŤ ristretto. Si coltivano le verdure nelle cassette? Mai sentito. ~ Oh, sŤ, molto tempo fa era praticato su larga scala. Ma i saltatori hannř deciso che cosŤ si risparmiava troppa fatica, e l'hanno abolito. Non vogliono che la gente abbia troppo tempo libero, sai. Potrebbero VeQueste frasi, neila mente di Sir Howard facevano I effetto di un lam po attraverso una finestra che illuminasse per un athmo una vasta campagna, di cui non avesse mai sospettato l'esistenza. Chiese:--Siete lo zio di Sally? _ No. In realt… lei Š la mia segretaria. Suo padre era il mio migliore amico. Fu lui a fondare tutto questo. Eli lavorava per lui, e rest• con me quando il signor Mitten morŤ, sei anni fa. Nel pomeriggio, Elsmith annunci• che per quel giorno avevano fini- to, e che doveva sbrigare della corrispondenza. In salotto, Sir Howard not• una serie di paesaggi dipinti ad acquarello appoggiati contro una delle spoglie pareti di legno.--Li avete dipinti voi?--chiese. --SŤ. Arrivano a New Y~k di contrabbando, e un artista li firma e li vende come opera sua. --Mi sembra un trucchetto sporco. --No. E necessario. L'artista Š un mio buon amico. Qui non ci servo- no molti soldi, ma dobbiamo pure averne, e questo Š uno dei modi. D'inverno Eli mette le trappole per gli animali da pelliccia per la stes- sa ragione. "Senti, devo dettare delle cose a Sally per un paio d'ore; perch‚ non dai un'occhiata a qualche libro?--Indic• gli scaffali che ingombrava- ~; no quasi tutta la parete.--Vediamo... Direi questo... e questo... e que- sti.~ I libri erano quasi tutti molto antichi. Le pagine giallastre sembra- vano essere state passate con una specie di vernice lucida. Come con- ~ servante pens• Sir Howard. Cominci• a leggere con una certa rilut- L tanza, piU che altro per cortesia verso l'ospite. Poi, una frase dopo l'al- tra attir• la sua attenzione, sorprendendolo. r~ Sobbalz• quando Elsmith gli fu davanti, e disse tranquillamente: sp _ Ti piacciono? Buon Dio, sono gi… passate delle ore? Temo di non essere andato moltO avanti. Non sono mai stato un gran lettore, e ho continuato a cerCare le cose nel dizionario. "Sinceramente, non so che cosa pensare. Se sono veri, stravolgono tutto quello che ho sempre pensato. Prendete questo libro di Wells, per , esempio. Racconta le origini dell'uomo in modo completamente diver- so da quello che ho imparato a scuola. Gli uomini che si dedicavano la scienza... governi di cui non ho mai sentito parlare che amministra vano interi continenti... nessuna menzione dei saltatori... non riesc proprio a raccapezzarmici." --Me lo aspettavo--disse Elsmith.--Sai, Van Slyck, nella vita di molte persone arriva il momento in cui ci si guarda intorno, e si comin cia a sospettare che molte delle verit… eterne imparate sulle ginocchia - della mamma non sono n‚ eterne, n‚ vere. Allora si hanno due altern tive. Qualcuno decide di essere aperto, di osservare, indagare, speri 3 mentare, e di cercare quale sia la vera natura dell'uomo e dell'univer- so. Ma molti si sentono a disagio. Per eliminare il disagio, mettono a tacere i dubbi e si rifugiano nei dogmi della loro infanzia. Per evitare che il disagio si ripeta, arrivano a sopprimere, con la violenza, quelli che non condividono le loro convinzioni. "Ragazzo mio, ora tu sei di fronte a questa scelta. Pensaci bene." Dopo cena, Sir Howard disse a Elsmith:--Uno di quei libri che ho let- to diceva qualcosa a proposito dell'importanza di ottenere tutte le in- formazioni possibili prima di decidere qualcosa. E quello che ho visto e sentito in questa settimana mi fa pensare di non essere molto infor- mato, dopotutto. Per esempio, chi o che cosa sono i saltatori~ Elsmith si sedette comodamente e accese un sigaro.--E una storia lunga. I saltatori apparvero sulla Terra circa trecento anni fa. Nessuno sa da dove venissero, ma Š quasi certo che provenissero da un pianeta esterno al nostro sistema solare. ' ~1 --Il nostro che cosa? --Il... Immagino che tu abbia imparato a scuola che il sole gira in- ;~ tomo alla Terra, vero? Be', non Š cosŤ. La Terra e gli altri pianeti che ve- ,~ diamo girano intorno al sole. Non voglio cercare di spiegartelo, ades so; qualcuno di quei libri pu• farlo meglio di me. Diremo solo che sono I venuti da un altro mondo, lontano, in una grande macchina volante "A quel tempo, le condizioni dell'umanit… erano press'a poco quelle spiegate negli ultimi capitoli di quei libri di storia. "I saltatori atterrarono in una regione pressoch‚ disabitata del Su- ~- damerica, dove non potevano essere visti da nessuno tranne che da qualche selvaggio senza importanza. Nella navicella spaziale non po- tevano esserci pi— di poche centinaia di saltatori. Ma, vedi, com'Š logi- co aspettarsi, sono molto diversi dagli animali terrestri. In effetti asso- migliano a degli enormi ratti saltatori, ma le somiglianze sono piutto- sto superficiali. Un animale terrestre di quelle dimensioni deve avere uno scheletro interno, come i mammiferi, non esterno, come gli insetti e ha bisogno degli occhi per vedere, della bocca per mangiare, eccete ra. Pero, se tu avessi provato a dissezionare un saltatore, e io l'ho fatto, 460 ammifero- Anche il pelo Š diverso; al microscopio Sl vede che ogm .~ pelo si ramifica come uno scopino. Esistono anche delle differenze chi- iche- hanno il sangue blu perch‚ contiene una sostanza detta emo- Cianina, come gli insetti, invece dell'emoglobina rossa, come I uomo o la rana. Per questo non Š possibile incrociare i saltatori con una specie qualsiasi di animali terrestri. "Tra quelli che, come me, hanno studiato i saltatori, alcuni pensano che il loro pianeta d origine sia molto simile al nostro per quanto rl- guarda la temperatura, e che l'atmosfera sia pi— povera di ossigeno. E anche pi— grande e quindi ha una gravit… pi— forte, perci• i saltatori riesconO a fare suila Terra dei balzi tanto ampi. Essendo pi— grande, ha un'atmosfera pi— profonda e pi— densa alla superficie della nostra. Ec- co perch‚ le loro voci sono cosŤ acute; il loro apparato vocale Š concepi- to per funzionare in un mezzo pi— denso. "Molti sanno gi… che sono bisessuali e ovipari; depongono uova delle dimensioni di quelle di un pettirosso. Crescono molto rapidamente, e raggiungono quasi le dimensioni finali nel giro di un anno dalla cova- ta. E cosŤ che hanno conquistato la terra. Nella loro navicella spaziale c'erano centinaia di migliaia, forse milioni di uova, insieme a delle in- cubatrici che sono state montate appena dopo l'atterraggio. Trovando- si in una zona ricca di foreste, ed essendo vegetariani, non ebbero pro- blemi di cibo. "A quel tempo, la loro scienza era molto pi— avanzata della nostra, ma non tanto da non poter essere raggiunta, se gli eventi avessero se- guito il loro corso naturale. Ci voleva una scienza molto progredita per trasformare il legno, I'acqua e la terra del loro ambiente naturale in ar- mi di conquista a grandissima scala. Ma il fattore sorpresa e il loro nu- mero enorme li aiutarono quanto la loro scienza. "Inoltre, c'era il fatto che agli uomini di allora sembrarono piu buffi che minacciosi; solo dopo un certo tempo furono presi sul serio. Ma la gente smise di considerarli buffi quando conquistarono tutto il Suda- merica dopo una settimana dalle prime notizie sul loro conto, e da al- lora nessuno fece pi— quell'errore. L'Africa venne poco dopo. Le loro macchine volanti erano pi— veloci delle nostre, i loro esplosivi erano pi— distruttivi, i loro fucili sparavano pi— lontano e con maggiore pre- Cisione. Avevano anche tanti congegni particolari, come il raggio con- Vulsivo~ la bomba a protoni e la pistola lampo. "In effetti, questi congegni non sono cosŤ misteriosi come si potrebbe pensare. Il raggio convulsivo emette un fascio di positroni pesanti, particelle-y~ di cui leggerai nei libri. Colpiscono il sistema nervoso del- L I uomo incrementando notevolmente tutti gli impulsi motori nervosi. `4~ Per esempio, mettiamo che tu pensassi di alzare una tazzina di caffŠ per herlo. Il ~ensiero indurrebbe un le~ero impulso motorio nei nervi del braccio e della mano. Se tu volessi davvero alzare la tazzina, il cer vello dovrebbe inviare un impulso molto pi— forte. Ora, mettiamo che un raggio convulsivo fosse puntato contro di te, e tu pensassi soltanto di alzare la tazzina. I tuoi muscoli reagirebbero con una tale violenza che ti tireresti in faccia la tazzina con il caffŠ e tutto. Vedi cosŤ che ii corpo umano diventa completamente incontrollabile sotto l'effetto del raggio. "Prendiamo invece la bomba a protoni. Una bomba pesante una ton nellata ha una parte di ioni di idrogeno delle dimensioni di una biglia che Š llarma vera e propria. Il resto del peso Š costituito dalle bobine e dagli altri apparecchi necessari per mantenere invertito il campo elet- trostatico, in modo che gli ioni non si dividano per effetto della loro re ciproca repulsione. Nell'attimo in cui si interrompe il controllo del campo, gli ioni si separano di colpo. Hanno anche delle difese contro queste bombe, nel caso che gli uomini ne rubassero una lo chiamiamo raggio X. In realt…, si tratta solo di un grande proiettore di raggi Roentgen, mille volte pi— potente di un'apparecchiatura medica. In- verte in anticipo il campo che circonda i protoni. "Ma torniamo al nostro racconto. L'Eurasia, L'America del Nord, i continenti pi— popolosi resistettero per un certo tempo e si cominci• a pensare di poterli sconfiggere. Fu questo l'errore. I saltatori avevano soltanto interrotto l'attacco, per permettere alla loro seconda genera- zione di giungere alla maturit…. Quando vogliono, possono essere in- credibilmente prolifici, e appena la prima nidiata ha raggiunto la ma- turit… sessuale, depongono altri milioni di uova. Ricorda che su un cer- to totale di esseri umani, solo un quinto ha l'et… per combattere. Invece, tra i saltatori, praticamente tutti tranne i caduti sono in grado di attaccare. "Avevano un ulteriore vantaggio. Sembrano immuni a tutti i batteri terrestri conosciuti, pur avendo alcune malattie proprie. Purtroppo non Si pu• dire il contrario. E probabile che abbiano diffuso intenzio- nalmente molti dei loro batteri alieni, e uno di questi trov• nel corpo umano l'ambiente ideale. Caus• un'epidemia chiamata pazzia blu. Una cosa veramente orribile. Quasi met… della popolazione umana morŤ. Insomma, cosŤ i saltatori hanno vinto.n Sir Howard chiese:--Da allora ci sono state altre epidemie blu? --No. Pare che una parte della razza umana sia naturalmente im- mune, e tutti quelli che non lo erano sono morti. Perci• oggi siamo tut- ti immunizzati, perch‚ discendiamo dai sopravvissuti. I saltatori non ci hanno sterminati, pur avendone la possibilit…, cosa alquanto ap- prezzabile. Sembrerebbe che dopo aver visto che la civilt… umana era a uno stadio piuttosto avanzato e aveva una capacit… produttiva enor- me, avessero deciso che sarebbe stato meglio collocarsi come specie dominante, lasciando a tutti glˇ altri il compito di coltivare i campi e ionare le macchine, mentre si godevano i loro divertimenti saltato- rii per esempio dare ordini. Forse hanno avuto piet… di noi, per quanto úa difficile crederlo. In ogni caso, da allora hanno sempre seguito que- sto sistema---Guard• I orologio e si alz•.--Qui si va a letto presto, cai. Puoi stare alzato a leggere, se vuoi, ma io mi ritiro. Buona notte. Risalendo il sentiero che portava al campo, c'era una radura, in mezzo alla quale c'era un ceppo. Su questo ceppo era seduta Sally Mitten, che fumava una sigaretta e sembrava divertirsi molto. Sir Howard girava intorno al ceppo. Non stava guardando la ragazza, come Si potrebbe pensare, ma Lyman Haas. Luomo del West camminava intorno al cep- po nella stessa direzione, ma in un cerchio pi— ampio, con l'espresslone di uno che in nome dell'amicizia stesse compiendo un grande sforzo. --Un po' pi— piano, Lyman--disse il cavaliere. Apparve Elsmith.--Che cosa... che cosa diavolo state facendo? E un ballo nuovo?--No.--Sir Howard si ferm•.--Stavo solo controllan- do l'ipotesi co... copernicana. Sapete, sul moto dei pianeti. Perch‚ a volte sembrano andare indietro nel cielo. --11 moto retrogrado? --Ecco, infatti. Sally Š il Sole, io la Terra e Haas Š Marte. Lo stavc guardando per vedere se sembra andare indietro rispetto agli alberi pi— lontani. Ehm... non vi dispiace se faccio una prova, no? --Al contrario, ragazzo mio. Voglio che tu controlli tutto quello ch~ impari da me, o dai libri, tutte le volte che puoi. Mostra un moto retro- grado? --Gi…. Va indietro come un gambero spaventato appena lo supero --C~JJ-I~C~ .c~r-c?--disse Haas.--Ho camminato sernnrf~ in :lvan- --Certo, ma relativamente a me continui ad andare indietro. Non so spiegarlo molto bene. Ti mostrer• il punto nel libro. Elsmith chiese:--Leggi molti libri, Haas? r~rt~ n ~ he volta mi piace. Solo che ho scassato ~li occhiali .. New York, e non sono mai stato abbastanza nello stesso posto per far- mene un altro paio. Ero in un bar, e c'avevo gli occhiali nel taschino Ho litigato con un tipo. Diceva che era risaputo che nel West nasciamo tutti con la coda. Ora, io sono un uomo pacifico, per•... --Non fa niente Lyman--disse Sally Mitten, suadente.--Lo sap piamo che non ha; la coda. Vero, Howard? La fronte di Haas, che non era abbronzata, arrossŤ.--Ah... ehm. r~ t~v~mo dicendo di ouei nianeti lŤ? Voglio capire 'sta cosa... Sir Howard disse:--Stasera mi racconterete qualcos'altro sui saltato_ Elsmith spense il fiammifero.--Non do mai lezione senza avere il sigaro acceso, e poi si consuma mentre parlo, cosŤ non riesco mai a fu marlo. E stupido, vero? "Ma dove eravamo rimasti? I saltatori videro che avrebbero dovuto riplasmare la societ… umana se volevano tenere sotto controllo gli uo- mini, soprattutto perch‚ questi erano la stragrande maggioranza, e in apparenza erano soddisfatti di questo rapporto da un punto di vista economico. Non potevano permettersi di farci diventare di nuovo po tenti. Bene, che fonti di energia avevamo? "Avevamo veicoli a motore, alcuni si muovevano sulle strade, al sui binari, altri nell'aria e altri nell'acqua. CosŤ li abolirono. Per noi, Š chiaro. Avevamo gli esplosivi, cosŤ ce li tolsero. Avevamo dei governi che amministravano vaste popolazioni; perci• ci suddivisero in picco- le unita. Delle societ… in cui gli individui capaci potevano raggiungere i livelli pi— elevati senza distinzione di origine erano una minaccia. Studiarono la nostra storia e giunsero alla conclusione che un sistema di caste di tipo feudale sarebbe stato l'ostacolo pi— efficace. La ricerca scientifica naturalmente fu bandita, cosŤ come tutte le attivit… scienti- fiche, tranne quelle necessarie per mantenere in funzione l'apparato "Abolirono tutte quelle invenzioni che ritenevano potessero minac- ciarli. Per esempio, sapevi che si poteva parlare via cavo con gli abi- tanti di tutte le parti della nazione? E che le compagnie dei telegrafi possedevano vaste reti di cavi per inviare messaggi quasi istantanea- mente. Adesso sono diventate delle semplici agenzie di fattorini, e in- viano le lettere tramite cavalli o biciclette. "Non Š tutto. Una visione del mondo empirista, materialistica, pote- va permetterci di smascherare la mitologia assurda che intendevano imporre alle nostre menti tramite l'educazione scolastica. Quindi, i l bri improntati a questa filosofia furono messi da parte, e le persone che la conoscevano furono eliminate. Al suo posto ci hanno propinato il misticismo, I'aldil…, l'evasione romantica. Usarono a questo scopo la radlo, il cinema, i giornali e i libri, poich‚ queste istituzioni hanno con- tinuato a operare sotto il loro stretto controllo. Sarebbe stata una cosa stupida distruggere dei mezzi gi… pronti ed efficacissimi di dominio delle masse. Da allora hanno continuato a riempirci di 'Ignoranza in- tegrale e robusta irrazionalit…', come ha detto Bell, uno scrittore pre- saltatori. E devo dire--a questo punto si appoggi• allo schienale, chiuse gli occhi e aspir• una boccata del sigaro--che la mia srecie I~ha affrontato in modo veramente ammirevole. Certo, le ha fatto un ef- fetto terribile. Ma nei momenti di maggiore sconforto mi consola in parte il pensiero che l'uomo non Š diventato COSi folle come avrebbe potuto, considerando quello che ha passato." ~ Ma--obiett• Sir Howard--ma mi avevano insegnato che Dio SŤ~ Ammettendo pure che un Dio ci sia, si Š mai confidato con te personalmente? Chi te I ha insegnato? I maestri di scuola, naturalmen- te E dove l'hanno studiato? Nei libri. E chi li ha scritti? I saltatori. Ammettiamo che io ti abbia detto la verit…; che cosa ti aspetteresti che scrivessero nei libri? La verit… su come hanno conquistato la terra e ne hanno ridotto gli abitanti in schiavit—, cosa che avrebbe rappresentato un incitamento costante alla ribellione? Sir Howard si guardava corrucciato la punta dei piedi.--Signor El- smith, un paio di mesi fa--riflett‚--probabilmente vi avrei fatto in- goiare la mia spada per certe cose che avete detto. Senza offesa, s in- tende. --Lo so--rispose Elsmith.--E se tu fossi stato ancora lo stesso di due mesi fa, non le avrei dette. --Ma ora... non so. Tutto mi sembra sottosopra. E comunque, per- ch‚ la gente non si Š ribellata? --Lo hanno fatto; e quasi in continuazione durante il primo secolo di dominio dei saltatori. Ma le rivolte sono state represse e i rlbelli so- no stati uccisi. I saltatori si sono diffusi in modo capillare. Come forse sai, possiedono una droga, la veramina, che fa dire la verit…. Una volta gli uomini avevano una sostanza simile, ma questa Š molto migliore. L'unico limite che ha Š che l'alcool annulla il suo effetto. Potevano iniettarla a tutti gli abitanti di una certa regione, per esempio per cat- turare un solo ribelle. E per la ribellione c'era una pena solamente: la morte, di solito lenta. CosŤ dopo un po' non ci furono pi— rivolte. Nel secolo scorso non ce ne sono state praticamente pi—, quindi i saltatori hanno alquanto allentato il controllo sugli esseri umani. --Allora--brontol• il cavaliere--cosa si pu• fare? Homer Elsmith aveva gi… visto quello sguardo negli occhi dei giova- ni.--E tu, che cosa faresti?--chiese tranquillamente. --Mi batterei!--Sir Howard senza pensarci aveva stretto i pugni, menando fendenti nell'aria. --Capisco. Ti vedi a capo di uno squadrone di cavalleria corazzata, pronto a infilzare i saltatori come tanti maiali e a spazzarli via dalla faccia della terra. No, non ti sto prendendo in giro, Š una reazione co- mune. Ma lo sai che cosa succederebbe? Hai mai visto come cadono gli steli del grano sotto la falce? La stessa cosa succederebbe a te e ai tuoi valorosi cavalieri se i saltatori aprissero il fuoco contro di voi. Oppure potrebbero usare il raggio convulsivo, far rotolare a terra uomini e ca- valli e farli prigionieri. Sai, I'effetto dura per vari minuti dopo che il raggio Š stato spento. Oppure potrebbero usare un trasformatore, crea re vorhci di corrente all'interno delle corazze e arrostirvi nei vostri ca- --Bene, e allora?--Sir Howard si colpŤ il ginocchio con il pugnO --Non lo so. Finora non lo sa nessuno. Non lo so, malgrado abbia passato gran parte della vita a studiare il problema. Ma questo no vuol dire che non lo sapremo mai. L'uomo ha risolto problemi anche "Oualche vantaggio l'abbiamo: il numero, per dirne uno. Poi, il fatto che i saltatori siano dispersi in piccoli gruppi li rende vulnerabili alle sollevazioni organizzate. Ormai non sono pi— un esercito, ma un'am ministrazione civile e una forza di polizia. Prendiamo Albany: laggi— ce ne sono solo duecento. Li sostituiscono spesso perch‚ non amano restare incollati sempre allo stesso posto. Se ci v˘lessimo nascondere da altri esseri umani, sarebbe uno dei posti meno indicati. Ma per ú sa1 tatori va benissimo, perch‚ sono solo in due a pattugliare tutti gli Adi- rondacks, e si allontanano raramente dalle strade principali. E poi c'Š il fatto che in realt… non sono molto intelligenti." --Non lo sono! Ma come, loro... --Lo so. Conoscono molte pi— cose di noi e hanno in mano la scien- za, eccetera eccetera. Ma quella non Š intelligenza. Un saltatore un po' piu acuto degh altri ha press'a poco l'intelligenza di un uomo stupido. --Lo so, lo so. Ma loro hanno tre grossi vantaggi. Primo: imparano in fretta, anche se non in modo intelligente. Ecco perch‚ gli eserciti dei conquistatori sono stati addestrati e sono diventati soldati specializza- ti tanto velocemente. Secondo: vivono a lungo. Non so quale sia la du- rata media della loro vita, ma credo raggiunga i quattrocento- anni. Terzo: gli elmetti. --Gli elmetti? --Quegli arnesi di cuoio che si mettono in testa. Nella loro storia 1 elmetto fu inventato dal loro dio, di cui non ti posso dire il nome per- ch‚ non so imitare i canarini. Chiamiamolo X. Per quel che ne so, que- in e etti fu un grande genio, un misto tra Archimede, Leonardo Vinci e Isaac Newton. Erano tra le menti pi— fulgide dei tempi anti- chi. X dev'essere stato un mutante sterile. Dopo puoi cercarlo su un li- bro Mi sembra probabile, perch‚ non Š mai pi— apparsa una stirpe di genli tra i saltatori, che allora erano solo un gradino pi— su degli ani- "X scoprŤ abbastanza presto la tecnica dell'indagine scientifica: l'os- servazione e la sperimentazione delle cause. Invent• il loro alfabeto che Š un ibrido tra un sistema fonetico e uno musicale. Invent• un sac- 466 ~==~ ú saltatori ne fecero il loro dio, perch‚ non dovesse pl— lavorare per Vl- vere. Probabilmente anche X la pensava cosŤ. "Quattrocento anni sono tanti, come dicevo. Verso la fine della sua vita invent• l'elmetto. In realt… Š un apparecchio elettrico che ha I ef- fetto di dare al saltatore che lo usa un'eccezionale capacit… di concen- trazione- Per esempio, un uomo non pu• concentrarsi su una cosa per pi— di qualche secondo per volta. Provaci, qualche volta. Per prima co- sa sai che penserai di mantenere la concentrazione su un qualunque oggetto su cui ti devi concentrare, invece di concentrarti sul soggetto stesso Spero di essere stato chiaro. Ma un saltatore con l'elmetto pu• pensare a una cosa per ore e ore alla volta. Credo che perfino uno scim- panz‚ potrebbe imparare a far di conto con questo sistema. "Potrebbe darsi che siano anche pi— stupidi di un uomo stupi o, e che gli elmetti aumentino le loro facolt… intellettuali. E certo che senza gli elmetti sono ancora pi— scervellati di uno scimpanz‚, e sono mca- paci di portare a termine una sequenza complessa di azioni. Uno dei motivi che me li fa ritenere stupidi Š che la loro scienza sembra essere rimasta sempre allo stesso livello dopo tre secoli dalla conquista. Pero potrebbe darsi che avere due miliardi di schiavi, appartenenti a una specie inferiore, addetti ai lavori pesanti, li abbia privati di ambizlo- --Allora--intervenne Sir Howard--direi che si dovrebbe attac- carli di sorpresa e tirargli via gli elmetti. --SŤ? Dimentichi i fucili e il resto. Se potessimo programmare una rivolta con tanta precisione, li potremmo uccidere a mani nude. Ti ri- peto che avevano gi… tentato delle cospirazioni su larga scala. Non hanno funzionato. Per una ragione sola: non abbiamo un'arma che sia abbastanza mortale, semplice e che passi inosservata. Sotto questo aspetto, siamo molto indietro rispetto a com'eravamo al tempo del a conquista. Dobbiamo avere qualcosa che sia almeno migliore delle ar- mi da fuoco. Prendiamo di nuovo i saltatori di Albany. Hanno una ri- serva di armi leggere nel grattacielo dell'Ufficio. L'artiglieria pesante pi— vicina si trova nell'arsenale di Watervliet. Le armi veramente leta- li, come le bombe a protoni, sono a E;ort Knox, negli antichi depositi per l'oro. Se potessimo sopraffare una frazione abbastanza numerosa di saltatori, potremmo catturare abbastanza armi da riequilibrare i confronto. Ma avremmo bisogno di qualcosa per sopraffarne prima una parte, e gli archi e le frecce non serviranno a molto. --Be', e cosa ne direste se si togliessero l'elmetto spontaneamente? ~on si potrebbe mandargli una specie di onda radio o che? --Ci hanno gi… pensato; piani per mettere fuori uso il circuito elet- triCo dell'elmetto; piani per scaldare i cavi in modo da renderli inSOp- ortabili; piani per interferire nel loro funzionamento con la statica. La statica non sembra fare effetto, e bisogna ammettere che non cono. sciamo nessun tipo di onda o di raggio che possa provocare il resto L' dea di riscaldare gli elmetti, per esempio. Ci vorrebbe un'energia Spa ventosa per scaldare milioni di elmetti, e quella che passa nella tua r dio tramite l'antenna Š cosŤ infinitesimale che non riesci a sentirla. La pi— grande stazione radio che esiste non emette l'energia che si svilup- pa in una sola delle moto dei saltatori. Come si fa a costruire una sta zione che emetta mille volte pi— energia, senza le loro conoscenze? --Mmm... sembra davvero senza speranza. Forse se ci mettessimo in testa un elmetto, ci verrebbe qualche idea. --Hanno provato anche questo. Ci ho provato anch'io Ha funziona to bene per circa tre minuti, poi mi Š venuto il peggior mal di testa del- la mia vita; Š durato una settimana. Il cervello dei saltatori Š pi— pri- mitivo del nostro; un trattamento del genere non lo danneggia Co- munque non si pu• fare la stessa cosa al cervello dell'uomo, perlomeno non allo stato attuale delle conoscenze. Forse un giorno ci riusciremo quando li avremo cacciati via. Restarono per un po' in silenzio, fumando. Sir Howard disse---Se non sono indiscreto, dove avete trovato tutte queste informazioni? E da dove vengono quei libri? --Oh, usando gli occhi e le orecchie per tanti anni. Potrei aggiunge- re che sono un provetto scassinatore. I libri, e molte delle informazioni sui saltatori, in parte sono rubati. Il resto Š stato raccolto qua e l… so- prattutto da Thurlow Mitten, prima che mi unissi a lui. Sai, non si pu• pretendere che i saltatori, per quanto minuziosi, frughino in tutti gli angoli di tutte le soffitte e le cantine di tutte le case vecchie della nazio- ne. Sir Howard disse:--Certe vostre affermazioni mi fanno venire in mente quello che diceva mio fratello Frank. Elsmith sollev• un sopracciglio.--Sally mi ha parlato di lui. E Scusa.--Qualcosa nel modo in cui parl• fece pensare al cavaliere che Elsmith sul conto di suo fratello sapesse pi— di quanto volesse dire. Ma anche cosŤ aveva troppe cose a cui pensare per fare altre domande in quel momento. --Insomma, mi lancia il coltello addosso, e mi inchioda il ditone al tronco sicch‚ non posso pi— staccarlo. Ma io ci dico: aMike Brady® ci dico ®ho promesso di farti sputare le budella e vedrai che lo faccio®. Cosi Ci corro dietro con il gancio. Lui scappa, e io dietro. Ma sai, non si i~ 468 orre mica tanto con un tronco d'acero di sei metri inchiodato al piede, doVeva pesare quasi tre quintali, e dopo un chilometro o due ti vedo che quello l… stava allontanandosi! Allora ho tirato il gancio e allora la punta entra in un albero da una parte del collo, e la parte curva gli en- tra nella schiena dall'altra parte e lui rimane lŤ come un salame. Allora prendo il coltello e ci apro le budella. ®CosŤ impari® ci dico ®a sfottere ~li Cahoon.® Lui fa: aVa bene, forse dovevo pensarci meglio. Se tu mi rúmetti dentro le budella io non ti sfotto mai pi—®. Allora ce le ho rl- rnesSe dentro e da quella volta siamo amici. Ci ho ancora la cicatrice _ Dici davvero? Mi ricordo una volta in Wyoming che io e un mio amico tiravamo con I arco. Tiravamo ai tafani. Ecco che arriva una zanzara. Lui fa: ®Scommetto che non riesci a prendere quella zanza- ra® . lo dico: < Quanto ci scommetti? ® . Lui punta un centone, e io centro la zanzara. Allora ne arriva un'altra. Lui fa: ®Troppo facile. Vediamo se riesci a prendere questa in un occhio®. ®Quale dei due?® dico io senza neladue pParlavano piano e con indifferenza davanti al fuoco. ward alz• lo sguardo dal libro.--Signor Elsmith--chiese--che cosa intende dire questo tizio? "Governo del popolo, con il popolo, per il po- polo". Che popolo? --. .e cosŤ ho perso mille dollari, scambiando l'occhio destro con il sinistro. Ma mi ricordo quando che ho vinto quest'orologio a una scommessa. Era di un tipo che si chiamava Larry Hernandez, e per questo c'ha le iniziali come le mie. Volevamo vedere chl dei due riusci- va a scendere col cavallo dalla scarpata pi— ripida... Elsmith parlava. Sir Howard si chiedeva che cosa desse tanta auto- revolezza alle parole asciutte e precise di quell'ometto mite.--Signifi- ca che tutti gli adulti votano per scegliere le persone che li governeran- no per un certo periodo. Alla scadenza prevista si fa un altra elezione, e la gente pu• mandare via i funzionari precedenti se non le piacciono. --Tutti gli adulti? Quindi, perfino i borghesi? E le donne? Ma e un i- dea ridicola! Una persona dei ceti inferiori... Sir Howard aggrott• la fronte concentrandosi.--Ma loro... no ignoranti. Non possono sapere quello che Š giusto per loro. I loro ca- pi naturali...--Si interruppe di nuovo, confondendosi. --Diresti che sono un ignorante?--Lo disse con molta calma. --Voi~ Ma voi non siete un... --Mio padre lavorava in una fonderia, e io ho cominciato come fat- torino delle Poste e Telegrafi. --Ammetto che con una classe dirigente ereditaria ogni tanto si ab- biano degli individui validi. Ma anche degli individui molto discutibi- li. Prendiamo il barone Schenectady. Con il concetto di "governo del popolo, quando ci si accorge che chi governa Š un farabutto o un zo, se non altro si pu• cacciarlo via senza bisogno di una rivolta arma Sir Howard sospir•.--Non riuscir• mai a farmi entrare in test queste idee nuove. Pensarci Š come vedere che tutto il tuo mondo, tutte e tue solite idee, le tue convinzioni, si dissolvono come una zolle~tta d zucchero in una tazza di tŠ. E ... quasi tremendo. Per cominciare bene avrei dovuto venire qui dieci anni fa. --No. --Oh, d…i, Sal. Ti piaccio abbastanza, no? --Non Š quello il punto. --E allora qual Š? --Sarebbe... opportunistico. Ecco; di nuovo una di quelle maledette parole da vocabolario SentŤ un impeto di collera. Ricordando Warren Kelly, nella sua mente prese rma un commento pungente e offensivo. Ma il suo innato senso della decenza lo soffoc• prima che gli venisse alle labbra. Lei stava infilando l'esca sull'amo. La barca dondolava dolcemente sotto le nubi plumbee cariche di neve che incombevano sulla monta gna di Little Moose e sul piccolo Sly Pond --Perch‚... cosŤ. Forse non ci hai fatto caso, ma noi lavoriamo sodo nostro lavoro e l'Organizzazione, e per noi Š letteralmente il lavorb piu importante del mondo. Tra questo e la nostra sussistenza, non ab- p rze per ... Ie relazioni personali --Ho paura che non riuscir• mai a capirti, Sally.--Finora non c'e- ra riuscito. Non aveva i modi di una plebea. Doveva saperlo, le r del popolo per lui erano un gioco da ragazzi. D'altro canto, le aristo- cratiche che aveva conosciuto sarebbero inorridite all'idea di infilare su amo un gamberetto decisamente recalcitrante, per non parlare di squamare e pulire un mucchio di pesci-gatto. Per• era fuori di dubbio e ei fosse di buona famiglia. Se necessario avrebbe capovolto il si- stema feudale (per il quale ormai sentiva moˇto meno rispetto) pw di mettervi in cima la classe cui lei apparteneva, qualunque fosse. -- n altro motivo--continu• la ragazza.--Zio Homer mi ha detto che fra uno o due giorni probabilmente ti unirai a noi. Ufficialmente inten o. Potrei dire che lo spero. Ma, e questo Š importante, tu non de- : Sto, puoi lasc ar perdere fPinrdřnadi. E se hai in mente di farlo pe --Ma perch‚? Cos'hanno di tanto terribile i motivi personali~ --Perch‚ se cambiassi idea su questi motivi personali, potresticam- 470 búare idea su tutto- Idiota, non vedi? Cosa rappresenta una ragazza in — o in meanmilioni di altri?--Il mulinello ronz• per qualche iS p -ma che lei se ne accorgesse. Prese la canna con un movlmento velo- ce eo esperto e in un attimo nella barca ci fu un altro pesce-gatto. Sir lo Mala~ jilcotpodelpesces ~ Stomaco. Un giorno usciamo sul lago di Little Moose a pescare il persi- CřTaOtnando al camPř con iillpesamentidecisidisirHowardesorris astutamente. Sir Howard pi— tardi pens• che pi— di tutto lo preoccu- pava quel sorriso. Sir Howard chiese:--La vostra organizzazione non ha un nome? Vo- li dire tutte le volte dite solo noi 1~0 aniZZaZione I nomi sono come dei manici, e non vogliamo dare a loro pi— manici con cui afferrarci di quanto sia indispensabile. Ora, per favore, potresti ti- rare su la manica?--Tenne controluce un ago ipodermico. _ Avr… qualche effetto permanente? --No, ti far… sentire leggermente ubriaco ed euforico per un po . usano i saltatori durante il terzo grado. E molto pi— efficace della tor- tura, perch‚ si pu• stare sicuri che il prigioniero sta effettivamente i- cendo quella che ritiene la verit…. --Devo fare un qualche giuramento? --Non sei obbligato. Partiamo dal presupposto che quando una per- sona fa una dichiarazione d'intenti, sempre che sia sincera, d… un indi- cazione del suo comportamento futuro valida quanto un giuramento. A volte le persone cambiano idea, ma quando lo fanno trovano sempre una scusa per infrangere un giuramento. --Ditemi, mio fratello Frank era uno di VOi. Elsmith esit•, poi disse:--SŤ. Certo, nell'Organizzazione non era entrato con quel nome. Non abbiamo avuto la possibilita di avvertir o. Il suo diretto superiore, che normalmente avrebbe dovuto fare rappor- t to a me, era scomparso un paio di mesi prima. D accordo, sapevamo che cosa significava, ma non siamo riusciti a riallacciare i collegamen- QuestO Š il centro di tutto?--Sir Howard sollev• p con una certa incredulit…. Nel campo non succedeva un gran che, e co- munque niente che facesse pensare che si trattava del quartier genera- 1- IP ~ ma cospirazione mondiale. --SŤ. So cosa stai pensando. Forse non ti sei accorto ultimamente d- quante volte sei stato allontanato dal campo con discrezione. Si stava- o gen o egli incontn. Il cavaliere era stupefatto. Non ci aveva mai pensato. Cominci• a re ersi conto dei sacrifici enormi sopportati da quella gente. Una co- e genere non Si poteva improvvisare; richiedeva anni di lavoro at- --Come ti senti?--chiese Elsmith --Un po' intontito. --Benissimo, adesso cominciamo. Howard van Slyck, hai tu... --Hai superato la prova a pieni voti, ragazzo mio. Ne sono felice- riuScito non saresti mai uScitore i PřSdsř aggiUngere che se non ci' fPo --Cosa? P-perch‚? Come? Elsmith si frug• nella camicia e tir• fuori la pistola di un salt --A proposito, questa Š la pistola del saltatore che hai ucciso Ne ab amo a tre. Non ti erl accorto che Sally l'aveva rubata al cadavere e se nascosta nei vestiti, vero? Non avresti potuto. Sally sa il fatto suo motivo per cul I'avrei usata, se necessario, Š che sapevi troppe co so ito quassu sono ammessi solo i lavoratori di vecchia e sper- mentata fedelt…. Sally non avrebbe mai portato qui te e Haas - che per 50 Si e unito a noi giovedŤ scorso - se non si fosse trattato di mergenza. Dovevate trovare un nascondiglio, e avevate troppe buone qua ita per cadere nelle ~oro mani. CosŤ ci siamo fidati di voi. Se ci fos- ... non potevamo rischlare di riportare l'Oroa zione indietro di anni.n Sir Howard guard• per terra.--Sarebbe stato giusto~ ~loglio d secondo le vostre idee. Se non avessi voluto rimanere. giuStificare I ingiustizia invOcandaOSIarebbe stato necessario E slea modo sono stati giustificati o perdonati i delitti pi— atroci --Riprovaci, Van Slyck. Sir Howard si volto docilmente e riattravers• la stanza. In effetti si --No, cosŤ non va bene. Troppa tracotanza. --Si sente un rumore metallico anche quando non ha addosso l'ar- a-- isse Sally Mitten.--Non so cosa sia- qualcosa nel modo m CUi la parte inferiore delle gambe viene avanti a ogni passo. -` -- orse o so io--disse Haas. Era seduto con i piedi dentro un chio di acqua calda; era andato a fare un giro con Eli Cahoon, e aveva 472 5o un paio di normali sicalrtpotoniche quelli che lui chiamava tendi~ ta da chillen si erarlo infiam imainique Chili di tubi di stufa e altra ferra menta. Forse se gli mettessimo del piombo negli stivali resterebbe coi PiediGPuarda--disse Elsmith.--Lascia andare le ginocch he si pieghino leggermente a ogni passo. E appoggia completamente il piede, invece di appoggiarti sul tallone. ~cco, cosŤ va meglio. Presto ú insegneremo a camminare da borghese. Fa' un po' di esercizio.-- Diede un'occhiata all orologio.--Dovrebbero arrivare da un momen- to all'altro. Ricordati che per i membri dell'Organizzazione tu sei Charles Weier. Ti presenteremo Lediacre e Fitzmartin, ma neanche questi sono nomi veri. Comunque, Lediacre Š davvero francese. --Perch‚ tutta questa segretezza?--chiese Sir Howard. --Perch‚, mio caro Weier, se non conosci la vera identit… di un uo- mo, non la puoi rivelare sotto l'effetto della veramina. Le uniche perso- ne di cui puoi conoscere la vera identit… sono quelle direttamente sotto di te. Per ora non hai nessuno, e sei direttamente ai miei ordini. Lediacre e Fitzmartin quando arrivarono accettarono senza commenti la presentazione di "Weier". Lediacre era alto come il cavaliere, anche se non cosŤ massiccio; solido, in un certo senso anche bello, con una fi- sionomia volpina, e squisitamente gentile. Sir Howard al suo confron- to si sentiva un montanaro. L'altro era un ometto scuro e nervoso, e aveva una scatola cui sembrava annettere una grande importanza. Quando tutti gli altri si furono radunati intorno l'aprŤ e cominci• a in- stallare dei marchingegni: pulegge, cinghie, stecche d'ottone, dischi di ú vetro con parti metalliche. Sir Howard intuŤ che erano personaggi im- portanti dell'Organizzazione, e si rallegr• al pensiero che gli permet- tesserO di assiStere adq l radio disse FitZmartin--Sulla lung . za d'onda proibita dei saltatori, se potete.--Quando l'apparecchlo Sl fu sintonizzato sul cinguettio sinistro di una stazione dei saltatori, co- minci• a girare una manovella del suo congegno. Presto una serie di scintille azzurre salt• da un pomo d'ottone all'altro in rapida succes- Sione. A ogni scarica di scintille corrispondeva un blup nella radio, che copriVa i cinguettii. Un programma di musiche da ballo su una del e frequenze legali fu reso incomprensibile allo stesso modo. - --Vedete?--disse Fitzmartin.--Con una macchina elettrostatica I a dischi di un metro e ottanta di diametro possiamo disturbare la rice- zione radio abbastanza bene nel raggio di quindici chilometri e anche pi—. Coprendo il paese con queste macchine, possiamo sommergere 473 completamente le comunicazioni dei maledetti saltatori con l'elettro statica. Usano solo delle stupidissime radio. Hanno abolito assolut mente tutte le comunicazioni via cavo secoli fa, e ci vorrebbe un sacco di tempo per montarne di nuove. Mesi, assolutamente. Elsmith aspir• il sigaro.--E allora? --Insomma... Voglio dire... vecchio mio... se potessimo assoluta mente disorganizzarli... --In neanche ventiquattro ore troverebbero le nostre macchine e ri- stabilirebbero le comunicazioni. E sai bene che cosa ci succederebbe Ma aspetta...--Vedendo l'aria abbacchiata di Fitzmartin mise avanti una mano.--E un'idea eccezionale lo stesso. L'ammiro Volevo solo far presente che i saltatori non si suicideranno in massa per un po' di elettrostatica. Per ora non ne costruiremo. Ma faremo elaborare un progetto per macchine di grandi dimensioni, ne faremo fare centinaia i mig iaia di copie e le distribuiremo ai quartieri generali regionali di o i mondo. Penso che se ne possa occupare Baugh Poi, quando avremo il modo di dare il colpo mortale ai saltatori, faremo costruire le macchine, e le metteremo in funzione al momento giusto. Saranno un aiuto di valore incalcolabile. Gli uomini si fermarono alcuni giomi. Il secondo giorno Sir Howard fu eggermente scioccato nel vedere Lediacre e Sally che passeggiavano ungo un sentiero, apparentemente in gran confidenza, e cosŤ assorbiti nei loro discorsi da dimenticare il resto. Osserv• le loro figure che si lontanavano continuando a parlare e pens•, allora Š cosŤ. Decise che i raffinato monsieur Lediacre non gli piaceva. Il giorno dopo incontr• il francese che guardava il paesaggio, fuman- .-- , salve, amico mio--disse Lediacre.--Stavo ammirando il panorama. Mi ricorda il Massiccio Centrale, nel mio paese. --Ci tornerete presto?--chiese il cavaliere, cercando di non sem- brare troppo acido. --No, per almeno tre o forse quattro mesi. Vedete, sono qui per lavo- ro. Sono quello che da voi si chiama rappresentante viaggiatore di una --Posso chiedere che tipo di azienda~ --Certo, caro Weier. Profumeria. Profumeria! Buon Dio! Ormai non faceva pi— caso ai natali plebei ma i profumi I Vide con la coda dell'occhio Sally Mitten che usciva dai stato un modo per nspondere per le rime a nuel venditore di profumi. Era molto abile negli esercizi a cavallo pi— spet- tacolari. Scherma, tornei e corsa a ostacoli non erano cose pratiche Disse:--Ultimamente non mi sono allenato molto. Mi hanno tenuto letto. Sapete fare la lotta? f ~ Da qualche anno non pi—, ma mi piacerebbe riprovare. Dovrei an- ~ / L~ \ ~ , Sir HřWardhe avreb_ 1 ~ ~= Haas stavano řSservdandřLatdenacare Fu letteralmente un ~ancoran- Sir pens•. 10 1~ 475 va cosciente di s‚, come invece non gli era mai successo quando scor- razzava per il paese con la corazza in lega d'acciaio. Avevano avuto il permesso di tenere la spada, perch‚ non attirava l'attenzione maligna e sgradita dei saltatori. --Partiamo dal presupposto che il mio vecchio non deve saper nien- te di questa missione--spieg• ad Haas il cavaliere.--Lui mi crede a Watertown, o chiss… dove. Altrimenti entreremmo tranquillamente in casa. Secondo me, ci stanno facendo recitare questa parte per vedere come ce la caviamo. --Non Š che mi importa molto del travestimento--disse Haas --Solo che ogni volta che vedo un saltatore ho l'impressione che ven ga a fare domande. Mi mette un sacco a disagio. Prima non ci facevo mica caso; li consideravo solo una seccatura che bisognava sopporta- re Adesso non riesco pi— a mangiare un panino al formaggio: I'odore ml fa venire in mente i saltatori. --Per quanto mi riguarda--aggiunse Sir Howard--credo che pre- ferirei quello di un cadavere di tre settimane. Se ci fermano ricordati chi sei e che hai una serie completa di documenti falsi per pr˘varlo.-- Si sentiva pi— o meno allo stesso modo. Un nemico umano, che si pu• disarcionare con un colpo ben assestato di lancia, era una cosa- questo potere invisibile con le sue armi misteriose e la sua feroce capillarit… un'altra. --Qui niente--mormor• Sir Howard. Avevano setacciato accurata- mente la stanzetta nel retro della rimessa degli attrezzi che Frank van Slyck usava come laboratorio. Le loro piccole torce intermittenti rive- lavano solo pezzetti di metallo contorto, reticella metallica e vetri rot- Haas mormor•:--Sembra che i saltatori abbiano ripulito per bene la roba di tuo fratello. --SŤ. Hanno esaminato i suoi miseri apparecchi e poi li hanno fatti a pezzi; da come li hanno ridotti, non li riconoscerebbe neanche la ma- dre. Hanno forzato i contenitori in cui teneva gli insetti, e li hanno but- tati in cortile. Hanno bruciato i suoi appunti, e hanno portato via i suoi libri per metterli in una delle loro biblioteche. Andiamo via, rimango- no da esaminare solo gli appartamenti nel castello. --Sicuro che qui in giro non ci siano dei nascondigli? --SŤ. Questa tettoia Š stata costruita sul terreno, e sotto ci sono solo detriti. Questa parete Š di compensato. Attraverso le crepe si vede la ri- messa degli attrezzi, quindi non ci sono intercapedini tra le pareti o al- tro. Andiamo via. Aspettarono che la sentinella raggiungesse l'altro lato, e attraversa- rono furtivamente il prato. Sir Howard, essendo il pi— robusto, spinse in alto Haas; I'uso attento di un diamante tagliavetro gli diede accesso al chiavistello, e la finestra si aprŤ con un debole cigolio, non pi— forte dei vari rumori degli insetti notturni. L'odore vago di muffa della bi- blioteca si mescolava ai profumi del giardino. --Che Dio ci assista--disse Sir Howard--se il mio vecchio scopre quello che abbiamo fatto alle sue rose. Sar… peggio di un lupo affamato e col mal di denti in mezzo a nove agnelli. Misero il naso dappertutto come due topi curiosi, frugando nei cas- setti della scrivania e nei cestini della carta. Sir Howard disperava or- mai di trovare qualcosa, quando si ricord• che suo fratello aveva l'abl- tudine di mettere dei foglietti tra le pagine dei libri e di dimenticarse- ne. Gli venne un tuffo al cuore illuminando gli scaffali stracarichi con la torcia. Ce n'erano centinaia, tutti i libri che da ragazzo l'annoiava- no: di poesia, fiabe, romanzi, teologia. Che differenza dall'assortimen- to sostanzioso di Elsmith! Almeno, poteva fare una certa selezione. Uno scaffale conteneva libri di agraria, amministrazione e altri argo- menti di carattere pratico concernenti la gestione del ducato. Se Frank aveva letto qualcosa in quella biblioteca, aveva letto quelli. Cominci• a sfogliarli con Haas. Trovarono parecchi foglietti di carta bianca, in apparenza banali se- gnalibri. Sir Howard se li mise in tasca. C'era un bellissimo disegno della testa di un'ape. C'era un foglietto su cui erano scritti vari indiriz- zi. Ce n'era uno con l'annotazione enigmatica: Pulex irr. M-146 Fatt. rid. 0,17 M-147 F.r. 0,88 M-148 F.r. 0,39 M-149 F.r. 0,99!!! Era un volume intitolato Genetica dell'allevamento, che era scientifi- co quasi quanto era permesso dai saltatori. In un piccolo vocabolario c'era un altro foglietto con la risoluzione di un problema algebrico. C'era... --Voi due, mani in alto!--Nel buio si spalanc• un occhio giallastro, che inond• di luce i due scassinatori. Dietro l'occhio si intravedeva a rnalapena un uomo anziano in camicia da notte. Aveva una balestra antirapina, cioŠ una balestra con una torcia all'estremit…. La balestra era carica. --Piano con quel grilletto, padre--disse Sir Howard, alzandosi --se non volete fare un bel buco nel vostro legittimo erede. --Howard! Non ti avevo riconosciuto!--Per non farsi riconoscere il cavaliere aveva trascurato il viso per una settimana, e ora aveva il viso coperto di una stoppa nerofumo terrificante. --Cosa accidenti... cosa diamine... cosa diavolo stai facendo, una ra- pina in casa tua? --Stavo cercando una cosa, e non volevo svegliarvi a quest'ora. Pec- cato che non possiamo fermarci.--Sir Howard sapeva che la Scusa non era molto plausibile. --Insomma, che cosa succede? Cosa stai cercando? E chi Š quell'uo- mo? Sir Howard present• Haas.--Stavo solo cercando delle carte che avevo lasciato qui. Niente d'importante, davvero. --Quali carte? Non Š una spiegazione per questa... questa... --Oh, solo certe carte... Penso che abbiamo quasi finito, eh, Lyman? Sono contento di avervi visto, padre. --Oh, no, affatto. Non ti muovi di qui finch‚ non mi dai una spiega- zione plausibile. --Scusate, padre, ma vi ho detto tutto quello che potevo. E devo propno andare. rl duca stava andando su tutte le furie, come raramente gli accadeva. --Tu... tu piccolo... te ne vai da qui, vestito da vero gentiluomo, e dici che vai in viaggio di piacere. E sei mesi dopo ti trovo vestito come un barbone, che vai in giro con i borghesi e ti intrufoli nelle case degli al- tri. Che cosa significa? Che cosa sig~ifica? --Scusate, padre. Io mi diverto cosŤ. --Ma io non mi diverto affatto! Smettila subito con queste scioc- chezze o ti... ti diseredo. --Sarebbe un vero peccato per il ducato. --Ti taglio i viveri! Controllo ancora quasi tutto il tuo reddito, lo sai. Sir Howard fece attenzione a non mostrare quanto quella minaccia lo sconvolgesse.--Oh, posso cavarmela lo stesso. Se ci sar… proprio bi- sogno, ci uniremo a un circo. --Farai che cosa? Ma non puoi ! Insomma, Š insensato. Un Van Slyck che lavora in un circo! --Sareste sorpreso. Vi ricordate del prozio Waldo? Quello che ha truffato quei banchieri? Potrei trovare lavoro come forzuto, e Lyman sa fare giochi con la corda. Tireremo avanti. rl duca sospir• profondamente.--Hai vinto. Howard, io non ti capi- sco. Pensavo fossi diventato una persona di buon senso, con la testa sulle spalle, e tu ti comporti cosŤ. Ma hai vinto. Piuttosto, qualsiasi co- sa! Un artista da circo!--RabbrividŤ.--A proposito, come avete fatto a scavalcare il muro? --Lyman ha tirato il lazo intorno a uno dei merli della fortificazio- ne. Sapete che cos'Š un lazo, una corda con un cappio mobile. E un esperto. Quando avete fatto costruire il muro, ricordate che vi avevo avvisato di non mettere quelle merlature in cima? --Non ci resteranno per molto! --Oh, prima di dimenticarmi--disse con indifferenza Sir Howard --abbiamo qualche cucciolo nei canili? _ Fammi pensare... SŤ, Irish Mist ha figliato circa sei mesi fa, e ce ne sono alcuni che non abbiamo ancora dato via. Ne vuoi uno? --SŤ, mi piacerebbe. _ E perch‚, se non ti secca la curiosit… di un vecchio? --Oh, avevo solo pensato di regalarlo a una persona. --Una persona, eh? Spero solo che non sia un'altra borghesuccia. --Oh, non dovete preoccuparvi del blasone dei Van Slyck. Niente di serio, ricambio solo un favore. _ Un favore ! Ci sono tanti tipi di favori.--Il duca li condusse ai ca- nili, e Sir Howard illumin• con la torcia i cuccioli di terrier irlandese che uggiolavano. Ne prese uno. --Non vuoi qualcosa per trasportarlo? --SŤ, se ci fosse un cestino o qualcosa del genere. _ Mmm... Penso che questo vada bene. Sei sicuro di non volere re- stare qui con il tuo amico per stanotte? --No, comunque grazie. Ci vediamo. E, a proposito, meglio non par- lare di questa visita. _ Non preoccuparti! Non voglio far sapere a tutti che mio figlio Š di- ventato matto! Stai attento, vero? E cerca di tornare indietro tutto in- tero. Se succedesse qualcosa non potrei sopportarlo. Ti prego, Ho- ward. Addio e buona fortuna! --Odio trattare cosŤ il mio vecchio. Spero di potergli spiegare tutto, un giorno. --Mmm. In effetti, sembrava un po' incavolato. Di', How, forse non Š stata una grande idea cercare di arrivare a Renssalaer. Forse avrem- mo dovuto fermarci per la notte a Hudson. Sar… pi— buio dell'inferno. E credo che stia per piovere.--Haas si stacc• dalla pelle il davanti della camicia bagnata.--Che mi venga un colpo se mi piace la vostra estate umida. Soprattutto quando va a piovere. I vestiti ti si appiccica- no addosso. --Se comincia a piovere ci fermiamo a Valatie. Non Š molto lonta- no. Abbiamo appena passato Kinderhook. --Meglio che accendi la torcia, o finisci nel fosso. La bestiolina Š an- cora nel cestino? Carino, il diavoletto. Oh-oh, ecco un lampo, laggi— a ovest. Se avevo i pantaloni di cuoio mi proteggevo dall'acqua. --Il lampo era sulle Helderberg. La pioggia non arriver… per qual- che ora. Trotto! Plop-plop-plop-ptop facevano gli zoccoli. Qualcosa... Qualcosa fece rizzare i capelli sulla nuca a Sir Howard. Sbagliava, o c'era un leggero odore di formaggio? --Alt, Uomo!--Era il cinguettio familiare e odioso. Sul suo viso era puntata una luce accecante. Si guard• intorno cercando Haas, ma lui e la sua cavalcatura sembravano svaniti nel nulla. Ce n'erano due, in uno d‚i loro veicoli a due ruote. Per meglio dire, uno era nel veicolo, e l'altro era fuori e lo squadrava. Tolse il piede de- stro dalla staffa.--Non smontare!--Nel buio si sentirono dei trilli e dei cinguettii, e quindi l'ordine:--Dammi le redini! Il veicolo avanzava a meno di dieci chilometri all'ora; dietro trotta- va Paul Jones. Uno dei saltatori teneva la testa voltata indietro per controllare il cavaliere. Pens•, questi fanno parte della pattuglia stradale. Mi portano alla stazione di Valatie (che i saltatori si ostinavano a chiamare Vallity, con gran fastidio degli abitanti, che dicevano Valaysha). Mi interrogheran- no, probabilmente usando la veramina. Vorranno sapere la mia vera identit…. Potrebbero volere perfino informazioni su Elsmith. Non devo dire niente. Dovrei uccidermi, piuttosto. Ma forse c'Š una scappatoia pi— semplice. Inutile cercare di scappare. Hanno le fotoelettriche e i fu- cili. Ma se quello l… avesse un crampo al collo... E frug• di nascosto in uno dei contenitori della sella. La processione si ferm• alla stazione di Valatie. Davanti alla porta era di guardia un saltatore con un lungo fucile. I due saltatori scesero dalla moto. Un altro uscŤ dalla porta, e all'interno ce n'era un quinto davanti alla macchina per scrivere. --Smonta, Uomo. Oh, Dio, pens•. Non devo barcollare. Devo restare lucido. Tir• fuori il cagnolino grigio dal cestino sulla groppa di Paul Jones. --Entra. Aspetta! Lascia fuori la spada. Il cavaliere slacci• a tentoni il cinturone e appoggi• l'arrna contro il muro della stazione. --Che cos'Š?--La torcia fece chiudere gli occhi al cucciolo.--Nel- la stazione Š vietato l'ingresso ai cani. Devi lasciare fuori anche lui. --Scapper…, vostra eccellenza. --Allora rimettilo nel cestino. --Il cestino Š scoperto, vostra eccellenza. Salter… fuori. Un cinguettio nel buio. Poi:--Allora lascialo con la sentinella. Lo terr… lui. La sentinella prese in mano il guinzaglio, cercando di dare una grat- tatina dietro alle orecchie al cucciolo con l'altra mano. Il cane indie- treggi• pi— che pot‚, tremando. Sir Howard entr• goffamente nella stazione con una perfetta andatura da borghese. --I tuoi documenti, Uomo. Siediti. Qua il braccio. L'ago entr•. I saltatori scartabellarono i documenti. Pens•, devo parlare bene. Spero che funzioni. Se Dio esiste, spero che mi faccia dire le cose giuste. Mi sembra che per Elsmith Dio non esista; perlomeno, certe volte mi ha dato quest'impressione. Ma se esi- ste, spero che mi far… dire le cose giuste. Eccola, quella sensazione di formicolio e di vertigine. Devo dire le cose giuste. Se comincio a dire quelle sbagliate, ho sempre il mio col- tello a serramanico. Potrei tirarlo fuori velocemente prima che riesca- no a fermarmi. Penso che il punto migliore sia la gola. Non sono sicuro che la lama sia abbastanza lunga per il cuore. Fammi dire le cose giu- ste... Ora iniziava. Il saltatore che sembrava essere il capo alz• lo sguardo dai documenti.--Sei Charles... Weier? --SŤ, vostra eccellenza. --Sei un giocatore di hockey professionista? --SŤ, vostra eccellenza.--Speriamo che non mi facciano domande sull'hockey! --Dove sei nato? Questa domanda era in forma diversa; poteva essere un tranello. Do- veva rispondere: Ballston Spa. --Ballston Spoh, vostra eccellenza.--Grazie a Dio, se l'era ricorda- to! Se avesse obbedito all'impulso di usare la pronuncia meridionale di Spa, si sarebbe tradito. Cinguettii. Poi:--Sai qualcosa sul conto di un uomo, della tua stes- sa statura e con i capelli scuri come te, che ultimamente Š stato segna- lato nella regione dell'Hudson-Mohawk, e che a volte si fa passare per William Scranton, e altre volte finge di essere Sir Howard van Slyck, figlio del Duca di Poughkeepsie? --No, vostra eccellenza.--Sperando di non confondere il suo vero nome con quelli falsi! Scranton--Weier--Van Slyck - non era pi— si- curo di sapere chi era. --Questi documenti sembrano in ordine. Stiamo esaminando uomi- ni con le tue caratteristiche fisiche nel tentativo di risolvere la scom- parsa di uno dei nostri agenti, avvenuta il mese scorso. Ne sai qualco- sa? --No, vostra eccellenza.--Urr…, ce l'aveva quasi fatta! Ulteriori cinguettii. Se si fosse trattato solo dell'ordine di controlla- re i timbri sul suo permesso di viaggio con i registri di Albany e di Poughkeepsie, sarebbe andata bene. I timbri erano autentici. Ma se si fosse trattato di controllare il permesso con gli archivi centrali di New York, sarebbe stato un altro discorso. --Siamo soddisfatti, Uomo. Puoi andare.--La grinfia pelosa gli gett• i documenti attraverso il tavolo. Non devo barcollare quando mi alzo. Non devo neppure essere troppo spavaldo. 480 ~ 481 ~ ~ ~ Davanti alla porta non c'era traccia di sentinella. Il suo lungo fucile era per terra. Sull'orlo della luce che veniva dalla porta aperta c'era il suo elmetto di cuoio. Sir Howard era stupefatto. Non aveva idea di cosa potesse essere successo. Se fossero usciti e avessero scoperto che la sentinella era spa- rita avrebbero frugato dappertutto per scovarla - e per scovare lui. Si volt•.--Eccellenze! --Che c'Š, Uomo? Ti avevamo detto di andartene --La vostra sentinella si Š portata via il mio cane. I quattro saltatori schizzarono fuori dalla stazione. Esaminarono il fucile e l'elmetto abbandonati, facendo pi— rumore di un negozio di uc- celli. Un paio balzarono via nel buio trillando, poi tornarono indietro. Agitarono le grinfie e scossero la testa, gorgogliando. Uno balz• al- I'interno e cominci• a trillare nel microfono. --Che aspetti, Uomo?--Di nuovo il capo.--Qui non sono richiesti i tuoi servizi. --Il mio cane, sua eccellenza. Il saltatore sembr• riflettere brevemente.--Uomo, il tuo comporta- mento Š stato improntato a un senso di cooperazione ammirevole. In ricompensa terremo qui il tuo cane se lo troveremo, per speciale con- cessione, finch‚ non verrai a reclamarlo. Naturalmente dopo che avrai pagato una somma a titolo di deposito per coprire i costi di custodia. Un dollaro sar… sufficiente. Il senso del risparmio di Sir Howard lo fece trasalire, ma pag•, si riallacci• la spada, e condusse via Paul Jones. Quando fu abbastanza lontano dalla stazione cominci• a fischiare prima piano, poi pi— forte. Si udŤ un ticchettio di unghie sul selciato, i rumore di un guinzaglio che si trascinava, e poi la pressione improv- visa delle zampe sul ginocchio. Mise nel cestino il cucciolo, che si di- menava freneticamente per la contentezza, mont• in sella e si allonta- n•. Gli dava fastidio aver lasciato il dollaro al saltatore, ma tornare in- dietro a reclamarlo era un rischio troppo grande. --Ehi, How!--sibil• qualcuno nell'oscurit…. --Lyman! Che ti Š successo? --Avevo visto che quelli ti aspettavano, ma non ho potuto avvertirti perch‚ eri troppo avanti, proprio sopra di loro~quando li ho visti. Pri- ma che accendessero la luce ho fatto saltare Queenie in un fosso e poi per i campi. Ho visto che i saltatori ti portavano via, e li ho seguiti at- traverso i campi per non farmi sentire. E a te, che cosa Š successo? Sir Howard gli raccont• tutto. --Dici davvero? Quello di guardia Š sparito di botto? Che mi ven- ga... Ma come hai fatto a non dirgli la verit…, se ti hanno drogato con quella roba? --Se per caso qualcuno si accorge di una bottiglia vuota di whisky nel fosso vicino alla stazione di Valatie, forse pu• fare due pi— due... El- smith ha detto che l'alcol contrasta l'effetto della veramina sul sistema nervoso, e credo che avesse ragione. Ma tra l'uno e l'altro non mi sento molto bene. Faresti meglio ad andare, Lyman. Credo proprio che il li- quore mi far… stare male per la seconda volta nella mia vita. --Va bene. Meglio puntare a destra, Š sottovento.--Pi— lontano rombb il tuono.--Ragazzo, mi Š caduto un bel gocciolone sulla mano. Mi sa proprio che stanotte ci inzuppiamo. Ma che diavolo. Preferisco stare al bagnato fuori da una casa di saltatori, che all'asciutto dentro. 12 --Oh, grazie, Howard, grazie mille davvero. L'ho sempre desiderato. "Non male come reazione" riflett‚ "soprattutto considerando che il cucciolo non mi Š costato un soldo, a parte quel maledetto dollaro di deposito. Chiss… che effetto farebbe una bici nuova. Vediamo... Una bella bici costa... Magari potrei trovarne una all'ingrosso. Oh, no, lui Š di nuovo qui" pens• con disgusto il cavaliere. Apparve Lediacre, che cominci• a fare versi in francese al cucciolo, che sembrava sbalordito di tanta attenzione. --Non so--disse Elsmith.--Se lo si pu• addestrare come si deve, sar… un vantaggio, ma se si dimostrer… un cane che sa soltanto abbaia- re, dovremo eliminarlo. Attirerebbe l'attenzione. Bene, Weier, che co- s'hai da riferire? Entrarono, e Sir Howard sparpagli• le carte che aveva trovato, rac- contando nel frattempo gli avvenimenti.--Faremo delle prove su que- sti fogli bianchi per essere sicuri che non siano scritti con l'inchiostro simpatico, anche se non penso che ci sia qualcosa. La sentinella Š spa- rita nel nulla lasciando fucile ed elmetto, eh? E strano. Cosa sai di quello che faceva tuo fratello con gli insetti? Tieni presente che abbia- mo perso i contatti con lui per due mesi prima che morisse. --Non molto--rispose Sir Howard.--Sono anche stato lontano da casa per la maggior parte di quei due mesi, e lui non mi ha mai fatto confidenze. ~on sapevo neppure dell'esistenza del laboratorio, finch‚ non sono tornato a casa dopo che mi hanno dato la notizia. E ormai lo- ro avevano distrutto tutto, e confiscato quello che non avevano distrut- to. Hanno buttato gli insetti nel cortile. Per una settimana siamo stati infestati. --Mmm. Mmm.--Elsmith si accese un sigaro.--Secondo me tuo fratello, i suoi insetti e la scomparsa della sentinella sono collegati, an- rhr Cf~ nnn rif~Cco a can_ire come. Sir Howard prese in mano l'appunto con il titolo enigmatico PULEX IR~.--Avete idea di cosa pu• significare, signore? --Suppongo stia per Pulex imtans, la pulce comune. M-146 potreb- be essere il numero di una mutazione artificiale, ammesso che tuo fra- tello stesse lavorando sulle mutazioni. Sai cosa sono, vero? La scritta a destra significa probabilmente 'fattore di riduzione 0,17', e cioŠ che dopo un dato periodo in determinate condizioni solo un sesto di un da- to numero di pulci Š sopravvissuto, come potrebbe succedere con la va- riet… normale, non mutante. I punti esclamativi accanto a M-149 do- vrebbero significare che aveva scoperto un tipo di pulce che resisteva a queste condizioni, quali che fossero, analogamente a come il tipo nor- male resiste alle condizioni normali. Sir Howard riflett‚.--Le pulci non mordono i saltatori no? Lo dico- no tutti che le mosche e le zanzare non danno mai fastidi˘ a quelle co- se. C'Š... Ehii!--Pi— tardi, Sir Howard pens• che fosse stato il momen- to pi— importante della sua vita. Non si spiegava come c'era riuscito. Pass• in un lampo dalla confusione e dallo smarrimento alla chiarez- za. Vide mentalmente l'immagine ormai familiare di un animaletto grigio che si grattava, si grattava.--E il cucciolo! --Cosa? Cosa? Non farlo pi—, ragazzo mio. Perlomeno non al chiuso, se non vuoi farmi venire un infarto. --Il cucciolo, il cane. Supponiamo che Frank abbia scoperto una pulce mutante a cui piacessero i saltatori. Quando loro hanno buttato via tutti i suoi insetti, alcune di queste pulci particolari hanno rag- giunto i canili ed erano sul cucciolo che ho dato da tenere alla sentinel- la. Un paio di queste sono andate in perlustrazione e sono passate sulla sentinella. --Allora? --Allora, che cosa fareste se aveste un cappello in testa e una pulce passasse sotto e vi mordesse il cuoio capelluto? --Mi toglierei il... Per Giove, ho capito. E incredibile ma ci azzecca Di solito gli insetti non pungono i saltatori perch‚ l'em˘cianina del lo ro sangue Š indigesta. Ma se tuo fratello avesse sviluppato una pulce che si nutrisse di emocianina come di emoglobina... e il saltatore, non avendo mai provato a essere morso dagli insetti impazzisse quasi per il fastidio - non hanno portato con s‚ parassiti specifici dal loro pianeta - si toglierebbe l'elmetto e non avrebbe abbastanza buon senso per ri- metterselo. Mentre quelle loro menti artificiali fossero concentrate su qualcos'altro, si toglierebbero l'elmetto per grattarsi senza riflettere... Dove stai andando? Sir Howard era gi… alla porta.--Lediacre!--grid•.--Dov'Š il ca- ne? --E andato con Sally, amico mio. Anzi, lo ha preso lei. Ha detto che voleva fargli il bagno. --Dove? Dove? --Su alla sorgente. Volete che... Sir Howard non rest• ad ascoltare; si diresse di corsa alla sorgente. Il cuore gli batteva. In fondo al sentiero apparve un'immagine grazio- sa, incorniciata dagli alberi; Sally Mitten inginocchiata di fronte a una tinozza, con il sole nei capelli. Sopra la tinozza teneva col braccio di- steso un cucciolotto grigio fumo, dall'aria perplessa. --Satly!--L'urlo frenetico, con tutta la potenza del suo petto mas- siccio, echeggi• in tutta la foresta. --Cosa... Howard, che c'Š? I saltatori ci hanno scoperti? --No... E il cane.--Fece una pausa per riprendere fiato. --Il cane? Stavo appunto per lavarlo. E strapieno di pulci. --Grazie a Dio!--Puff, puff, pu~ --Perch‚ Š pieno di pulci? --SŤ. L'hai gi… messo dentro quella roba? --No. Howard van Slyck, sei diventato matto? --Per niente. Chiedi a tuo zio Homer. Ma io devo prendere le pulci. Vieni, Mutt, Spike o come diavolo ti chiami. --Volevo chiamarlo Terence. --Bene. Vieni, Terence. Terence guard• il cavaliere, scodinzol• poco convinto, si sedette e cominci• a grattarsi. Quando riport• al campo il cane, ormai le idee spuntavano come funghi dopo la pioggia. Elsmith disse:--Probabilmente solo una par- te delle pulci di Terence ci saranno utili. Dobbiamo trovare un modo di dividerle dalle altre. E sembra anche che ce ne siano un bel po'.--Te- rence si mordicchiava il fianco setoso. Sir Howard disse:--Se avessimo un po' di sangue con l'emocianina, potremmo farglielo succhiare, e quelle che non muoiono sarebbero quelle giuste. --SŤ--riflett‚ Elsmith--e questo ci permetterebbe di controllare la validit… della nostra teoria. Per• non so dove potremmo trovare un quantitativo sufficiente di sangue di saltatori. Haas disse:--Magari potremmo rapire una di quelle bestie e to- gliergli il cappello, cosŤ sarebbe inoffensiva. --Bravo!--esclam• Lediacre.--Questo Š il vero spirito america- no, di cui in Francia parlano i libri. --Temo che sia troppo rischioso--disse Elsmith. --Dunque--continu• Lediacre--nient'altro possiede questo san- gue particolare? --E quasi identico a quello degli artropodi, soprattutto dei crosta- _ ('r~ctz ~ s homards, le aragoste? --Allora abbiamo risolto il problema, amici miei! Un nostro uomo Š direttore di Vinay FrŠres, un ristorante di New York. Ci avete mai pranzato? Ma dovete! La loro zuppa di cipolle... magnifica! Mi metter• d'accordo con lui perch‚ faccia dissanguare le aragoste prima di cuo- cerle. Non le roviner…. E possiamo far contrabbandare il sangue fin qui. Ma come si fa ad allevare le pulci? Non si pu• dire- "Qui, pulce qui" quando Š ora di mangiare. --Per esempio si possono mettere sotto un bicchiere e poggiarlo sul polso. Allora mangiano quando vogliono. Ma se riempissimo di sangue delle vescichette di gomma fine, che potrebbero bucare e poi succhia- re. . Una volta iniziato, I'allevamento di pulci crebbe a gran velocit…. In media ci volevano cinque settimane per portare alla maturit… una ge- nerazione, ma la loro capacit… riproduttiva sembrava illimitata alme- no quando venivano coccolate come facevano al campo sugli Adiron- dacks. Sir Howard non ebbe la possibilit… di andare ad Amsterdam a cercare la bicicletta. Un viavai di uomini. Il piccolo Fitzmartin se ne and• tutto contento con l'incarico di costruire pi— elettrostati che po- teva, e dicendo che avrebbero cancellato assolutamente quelle male- dette canaglie. Lediacre era spesso al campo. Per Sir Howard era una magra consolazione il fatto che, se lui era troppo indaffarato per fare la corte a Sally Mitten, il francese era nella stessa situazione. Lavoravano dalla mattina alla sera. Nel fianco della collina si dovette ricavare un magazzino per sistemare migliaia di pulci. C'era un uomo di colore che veniva da un luogo detto Missouri, che partŤ con parecchie migliaia di strani animaletti nascosti nella fodera della sua consunta valigia di fibra. C'era un pellerossa del sudovest, un Navvo, che si rivel• essere un cordiale nemico di Haas. E intanto gran- di pacche sulle spalle e tanti ricordi:--Di', ti ricordi quando vi  bbia- mo fatto calare le brache a South Platte?--Come calare le brache? Eravate due a uno, e anche cosŤ ci siamo ritirati in buon ordine! --C'era Maxwell Baugh, il nuovo capo del ramo Hudson-Mohawk del- I'Organizzazione, che riferŤ che i saltatori locali non avevano dato se- gno di sospetto, ma erano ancora preoccupati per la storia della senti- nella, che era stata ritrovata mentre vagava come un idiota e incapace di dare una spiegazione coerente del suo comportamento dopo che le era stato rimesso l'elmetto. Sir Howard cominci• ad apprezzare che il mondo fosse cosŤ grande. Gli sarebbe piaciuto chiedere a quegli uomini di diversa statura e colo- re qualcosa sul loro paese d'origine. Ma non ce n'era il tempo; andava- no e venivano furtivamente, fermandosi solo pochi minuti. Terence ab- baiava, poi una forma spettrale nell'oscurit…, parole d'ordine, sussurri, e l'uomo se n'era andato. --Adesso--disse Elsmith--stiamo ad aspettare. Ci vuole un certo lasso di tempo. --Che intendete, signore? --Il tempo necessario perch‚ i nostri messaggeri raggiungano le di- verse parti del mondo. Prima dell'avvento dei saltatori, si poteva arri- vare dovunque in pochi giorni, con le macchine volanti e i veicoli terre- stri. Ma con i mezzi di trasporto pi— veloci che abbiamo, per arrivare in Asia centrale ci vuole un mese intero. Perci• dobbiamo aspettare. Per fortuna quasi tutti i messaggeri dei paesi pi— lontani sono partiti presto. Per risparmiare tempo abbiamo mandato molti dei nostri. Ma uno di loro, che doveva raggiungere l'lberia, Š stato trovato dai saltato- ri. Si Š gettato nel golfo di Biscaglia e si Š annegato prima che potesse- ro strappargli delle informazioni. Ma abbiamo dovuto mandare un al- tro carico di pulci. "Perci•, ragazzo mio, per le prossime cinque settimane puoi pro- grammare di passare il tempo andando a caccia, a pesca, e dedicandoti al giardinaggio." --Signore, domani vorrei andare ad Amsterdam... --Temo di no, Van Slyck. Per il mese prossimo dovremo farci notare il meno possibile. Sarebbe intollerabile se qualcosa andasse storto al- l'ultimo minuto. I saltatori non hanno mostrato sospetti, ma chi pu• dire che non stiano facendo il gioco del gatto col topo? E cosŤ non ci sarebbe stata la bicicletta per Sally Mitten. E Lediacre sarebbe tornato fra pochi giorni. Oh, al diavolo! --Quante pulci abbiamo allevato in tutto, signore? --Non saprei davvero. Circa 50 milioni. --Non mi sembra abbastanza. Ci sono 20 milioni di saltatori. Mi sembrerebbe che dovremmo avere pi— di due saltatori per pulce... Vo- glio dire, due pulci per saltatore. Per quanto anche le pulci saltino. --Le avremo. I messaggeri creeranno delle stazioni per l'allevamen- to di altre generazioni di pulci in varie parti del mondo. Anche se avranno tempo per aspettare lo sviluppo di una generazione sola. Al- cuni le stanno facendo crescere in viaggio. --Come fanno a mantenerle in vita? --Male che vada, hanno pur sempre il loro corpo. --Quand'Š il giorno stabilito? --Il primo ottobre. L'attesa si rivel• pi— faticosa dell'attivit…, malgrado Sir Howard fa- cesse il possibile per accelerare lo scorrere del tempo. Si gett• nelle oc- cupazioni che aveva a disposizione con un'energia feroce, come quan- do cammin• per otto chilometri tenendo in spalla un montone che ave- va ucciso. Andava poco a pesca. Era un'attivit… troppo poco movimentata, e poi c'era la probabilit… di arrivare a Sly Pond e trovare Sally Mitten e Lediacre nella barca che dondolava tranquillamente in mezzo al laghetto. Non era affatto divertente restarsene orgogliosa- mente a riva, e dopo la seconda occasione non ne aveva cercate altre. 486 1 487 ~L ~ Preferiva andare al lago di Little Moose con i suoi binocoli da uccelli a guardare una coppia di falchi pescatori tuffarsi per prendere il pesce. Leggeva avidamente. Verso la fine di settembre, quando gli aceri si rivestirono di rosso e d'oro, giunse Maxwell Baugh per discutere nei dettagli i piani per la sollevazione dello stato di New York. Sir Howard fu stupito di sapere che era stato designato per guidare un contingente di cavalleria pesan- te contro quei saltatori di Albany che non fossero stati colpiti dalle pul- ci. I piani erano stati elaborati da tempo. Bastava solo infilare gli indi- vidui al loro posto nello schema. Sir Howard alz• l'elmo.--Questo--disse--Š il bowl. Questa Š la visiera. Questa Š la baviera. --Mamma mia!--esclam• Sally Mitten.--Immagino che anche tutte le altre parti dell'armatura abbiano il loro nome. --Guarda, guarda, cara, non dirmi che ho trovato un argomento in cui ne so pi— di te? Certo che hanno il loro nome, e hanno tutte la loro &nzione. E io so tutto. --Che peccato, Howard. --Eh? --Voglio dire che, se vinciamo, le armature cadranno in disuso ab- bastanza in fretta, vero? Avremo le armi da fuoco. --Dio mio, non ci avevo pensato! Eppure, credo tu abbia ragione. --E avremo anche i veicoli a motore. Chi vorr… andare a cavallo quando si potr… viaggiare in macchina a cento all'ora? --Mi sa che hai vinto di nuovo, signorina. Ho impiegato degli anni per imparare a montare a cavallo, a tenere la lancia, a tirare di scher- ma, a saltare con indosso un'armatura di venti chili. Pi— stratagemmi delle mosche intomo a un cavallo morto. E ora contribuisco a rendere inutili tutte queste preziose conoscenze. Ma direi che ormai Š troppo tardi per rimediare. --Oh, sono sicura che te la caverai benissimo. Sei un ragazzo pieno di risorse. A proposito, non sono mai riuscita a capire come facciano a muoversi i cavalieri con un'armatura completa. Dovrebbero sentirsi come una tartaruga a pancia in su. --Non Š cosŤ difficile. Il peso Š ben distribuito, e le giunture e le placche mobili permettono una certa libert… di movimento. Ma se cer- chi di salire le scale di corsa ti rendi conto di portare qualcosa addosso. --Penserei che la maglia di ferro sia preferibile. Non Š pi— leggera e pi— flessibile? --Questo Š quello che pensano tutti quelli che non l'hanno mai usa- ta. A parit~… di protezione, ha quasi lo stesso peso. E c'Š l'imbottitura. --L'imbottitura? --SŤ. Senza quattro o cinque centimetri di imbottitura di cotone sotto, non serve a molto. Un colpo ti romperebbe le ossa anche senza trapassarti. E, una volta completata I imbottitura, non Š molto pi— flessibile di una corazza, ed Š anche pi— calda del caminetto del demo- nio. La maglia di ferro Š adatta per una camicia come quella di Lyman Haas. Giusto per evitare che qualche simpaticone ti infili un pugnale tra le costole nel cuore della notte. Allacci• la fibbia dell'ultimo cinturino, prese l'elmo e si alz• in pie- di. Il fuoco copriva di bagliori rossi la sua armatura.--Siete pronti, ragazzi? --Seee--rispose Cahoon.--Pronti. --Da mezz'ora--disse Haas.--CosŤ imparo a lasciare tanto tempo alle aragoste per mettersi il guscio. --Howard... --SŤ, Sally? --Volevo dirti una cosa... Sta' attento a non esporti. Chi non ha mai affrontato un fucile non ha idea di quanto sia mortale. --Oh. Non preoccuparti. Anch'io ho una paura matta di quei cosi. Ci vediamo. Spero. Plop-ptop-plop-plop facevano gli zoccoli. La nebbia si stava alzando sul Mohawk. Non si vedevano altro che gli uomini dello squadrone e la strada nera e lucida. La bruma si condensava sulle armature e forma- va dei rivoletti d'acqua. Usciti da Schenectady superarono gli alti pennoni della sede delle telecomunicazioni. Un focherello alla base del pennone pi— vicino era un punto arancione nel grigio. Intomo al pennone c'erano tre uomini, e un quarto era inginocchiato davanti alla base. Stava tranciando un ca- vo con una mannaia da macellaio. La mannaia faceva chunk. Chunk. Chunk. Chunk. --Eccoci a McCormack Corners--disse uno. --Perch‚ Weier ci porta in giro in questo modo?--chiese un altro. --Per Colony Š pi— corta. --Boh. Forse vogliono lasciare libera l'autostrada di Mohawk per qualcun altro. Si fermarono. Pi— avanti si sentŤ l'acciottolio di molti zoccoli. --In fila per uno--disse Sir Howard con voce baritonale.--Avan- Raddrizzarono la fila e videro che un gruppo numeroso di uomini senza ammatura con le balestre appese alla sella trottava lungo l'auto- strada di Cherry Valley. Uno di loro grid•:--Ehi, aragoste! Che cosa siete venuti a fare? Non sarete pi— utili delle aragoste vere! Siamo noi che combattiamo sul seriol --Siamo noi che attacchiamo i saltatori quando sbucano fuori, e voi taglierete la corda--ribatt‚ uno degli armati.--Visto qualcuno? --Uno solo--rispose un balestriere.--Vicino a Duanesburg. Mai vista una cosa tanto ridicola. E rimasto lŤ sulla sua moto a guardarci passare. Non ha mosso un dito. Pensava che fossimo solo una fazione di una guerra locale, credo. --Fazione di una guerra localel Questa Š buona! --Non ha mosso un dito. Non ha neanche detto: ®Alt, Uomini!®. Scommetto che non si aspettava che Schuyler, davanti, lo infilzasse. --E allora che cosa ha fatto? --E caduto e ha squittito per un po'. Poi ha smesso di squittire. I balestrieri andarono avanti. Stava facendosi giorno. La bruma si dissolveva. Davanti a loro, il sole rosso sfumato di arancione colorava allegramente le armature. --Vedo il grattacielo dell'Ufficio--disse uno.--Dite che dentro ci saranno dei saltatori? --Probabile--rispose un altro.--Vanno a lavorare presto. Uno dei motivi per cui non mi sono mai piaciuti sono i loro orari. --Secondo te, andare a lavorare alle sette Š presto! Dovevi lavorare in una fattoria, amico. --Forse ci vedranno. --Forse. Si accorgeranno che qualcosa non va. Quel generatore elet- trostatico dovrebbe cominciare a funzionare da un momento all'altro. --Hanno armi nel grattacielo dell'Ufficio? --Gi…. Penso. --Voglio dire, quelle grosse... Le chiamano artiglieria. --Be', non siamo a Watervliet. - No. Ma da Watervliet possono sparare fino ad Albany, se voglio- - Eh? Non esiste niente che spari cosŤ lontano. --Oh, sŤ. Possono sparare fino a Kingston se vogliono. Ecco perch‚ hanno fatto le macchine elettrostatiche. CosŤ i saltatori non possono dirsi via radio dove sparare. --Ho sentito che anche noi abbiamo delle armi da fuoco. --Qualcuna, penso. Un po' le hanno rubate ai saltatori, un po' le hanno costruite. Il problema Š che nessuno sa come farle andare. Ave- vo pensato di unirmi a una pattuglia armata, e loro mi hanno detto di tenermi stretto il vecchio stuzzicadenti. --Di', chi Š quella mezza cartuccia che sta davanti con Weier? Quel- lo con quel cappello strambo. --Boh. Viene da un posto che si chiama Wyoming. Gi— nel Sud, cre- do. --Non capisco come fa a correre con quel cappello. Fa troppa resi- stenza. --Ehi, non era uno sparo quello? --Gi…. Sembra. --Stanno proprio sparando. Meglio che Weier si sbrighi, o ci perdia- mo il divertimento. Ad Albany i vetri tremavano sotto il fuoco incessante, e Sir Howard condusse la sua pattuglia dietro il palazzo dell'Educazione, di fronte al grattacielo dell'Ufficio. Lungo tutta Elk Street piccoli gruppi di uomi- ni erano in attesa. Il cavaliere disse ai suoi uomini di aspettare, smont• e gir• velocemente dietro l'angolo. Il fuoco proveniva soprattutto dal grattacielo dell'Ufficio. Tutte le fi- nestre ai piani inferiori del palazzo erano infrante. Gli edifici circo- stanti vomitavano frecce e dardi. Agli incroci erano state erette delle barricate. Dietro di esse erano appostati altri balestrieri e alcuni uomi- ni armati di fucili e di pistole. Eli Cahoon era dietro una delle pi— vici- ne. Andava da un uomo all'altro e diceva:--Adesso fa' con calma, fi- gliolo; premi il grilletto lentamente.--Davanti alle vetrate in frantu- mi del grattacielo dell'Ufficio giacevano ammucchiati parecchi saltatori senza elmetti. Una ventina circa di cadaveri erano sparpa- gliati nella vasta Piazza del Campidoglio. Stava alzandosi il vento. Sollevava le foglie gialle e marroni ammucchiate nei canali e le faceva volteggiare allegramente sulla piazza. Sir Howard scorse un ufficiale, un uomo vestito con un comune abi- to da caccia con una fascia sul braccio.--Ehi, Bodansky! Sono pun- tuale, spero. --Grazie a Dio siete arrivato, Weier! Prendete il comando. --Cosa? --Gi…. Tutta la baracca. Baugh Š morto. Ha guidato la carica cer- cando di sfondare al piano terra. Haverhill non si Š visto; non si sa che fine abbia fatto. E McFee ha avuto il braccio spappolato da una pallot- tola. Quindi tocca a voi. --Fiuu! Com'Š la situazione? --CosŤ cosŤ. Noi non possiamo entrare, e loro non possono uscire. Olsen ha liberato le pulci secondo il programma; hanno attaccato qua- si tutti i saltatori. Ma ne sono rimasti abbastanza per rimettere a qual- cuno l'elmetto. Quelli che non si erano rimessi l'elmetto sono usciti dalla porta principale come cretini, e i ragazzi hanno sparato nel muc- chio. Non credo che riuscir… a farli caricare un'altra volta. Hanno visto cosa Š successo al primo gruppo. _ E i trasformatori a cono? t --Ne hanno un paio, ma non possono usarli perch‚ abbiamo tolto I'energia alla citt…. Abbiamo preso subito la centrale elettrica. Aveva- no anche qualche raggio convulsivo, ma di quelli piccoli, che arrivano a un metro e mezzo. Ecco Greene.--Un altro ufficiale correva verso di loro. --Le munizioni dei fucilieri non dureranno molto--ansim•.--Co- munque la met… Š troppo vecchia per funzionare. E stanno sparando a caso. --Dite ai fucilieri di cessare il fuoco--ordin• Sir Howard. Si senti- va allo stesso tempo sbigottito per la responsabilit… inaspettata e straordinariamente importante.--Ci serviranno pi— tardi. --Archi e frecce non raggiungono i piani superiori. --Da qui non possiamo fare molto in ogni caso. Dobbiamo trovare il modo di entrare nei piani inferiori.--Riflett‚ un momento. Si aspet- tavano che tirasse fuori qualche idea brillante. Diversamente, lo avrebbero considerato un fallimento. Alz• la voce:--Ehi, Eli! Eli Ca- hoon! Il vecchio del New England avanz• con passo furtivo. --Eh? --Secondo te, sta per alzarsi il vento? --Mmm. Forse. Non mi stupirebbe.--Guard• il cielo, le foglie svo- lazzanti.--Nord ovest, tra un'oretta. --Bene. Bodansky, fate costruire un'altra barricata nel cortile sul retro del palazzo dell'Ufficio. Usate i mobili, qualsiasi cosa. Dite ai ra- gazzi di stare sotto, che non gli sparino addosso dai piani alti. Portate tutte le cassette e i cartoni che trovate in citt…. Fate un mucchio sul la- to ovest della barricata. Portate pi— foglie secche che potete. --Un fal•? Li affumichiamo? --SŤ. E portate tutte le pattumiere di Albany! Gli insegniamo qual- cosa sugli odori! Ehi, St.John! Faccia uscire i vigili del fuoco. Accen- diamo un fal•, e quando il fumo sar… pi— denso porteremo i camion sul marciapiede davanti al grattacielo dell'Ufficio, e i ragazzi useranno le scale per entrare dalle finestre. Pass• dall'altra parte della piazza da dietro gli edifici, controllando le disposizioni e parlando con gli ufficiali in difficolt…. C'erano uomini con l'armatura, uomini in tuta, in borghese. Uomini con ganci da bo- scaiolo, con l'arco, con coltelli da macellaio legati all'estremit… di pali. C'erano alcuni morti, e ogni tanto veniva portato via qualche ferito. Il mucchio di combustibili assortiti aumentava, davanti al gratta- cielo dell'Ufficio. I vigili del fuoco non si vedevano. Ma certo, pens•, so- no quasi tutti sulla linea del fuoco. Sono stato stupido. Deve pur esser- ci qualcuno che aggioghi i cavalli. Dovr• trovare qualcuno per legarli. Dava ordini e gli uomini correvano via, esitavano e tomavano indietro a farseli ripetere. Il fal• cominci• a crepitare e a fare fumo. Fumava che era una mera- viglia. C'era quel tanto di brezza sufficiente per avvolgere il grattacie- lo dell'Ufficio in un velo di fumi perlati, sicch‚ si vedeva solo in parte. Sir Howard sentŤ un uomo lŤ vicino che tossiva, dicendo:--Ma chi dia- volo vogliono affumicare, noi o i saltatori? Si udŤ un ronzio rauco, e una macchina volante pass• sopra gli edifi- ci. Uno dopo l'altro, gli uomini smisero di sparare per fermarsi a guar- darla ansiosi. Questa disegn• un cerchio e torn• indietro. --Ci bombardano?--chiese un ufficiale. --Gli piacerebbe--rispose Sir Howard.--Ma non sanno dove bombardare. Hanno paura di colpire i loro. Dite ai vostri ragazzi di stare attenti al grattacielo dell'Ufficio, e di non preoccuparsi dell'ap- parecchio. La macchina riapparve, molto pi— in quota e diretta a nord. Era qua- si invisibile oltre gli edifici, quando scomparve in un lampo accecante, come di magnesio. Sir Howard sapeva che cosa stava per succedere, e aprŤ la bocca. Lo spostamento d'aria fece barcollare gli uomini, e qual- cuno cadde. Il cavaliere dopo un momento capŤ che il tintinnio non era nella sua mente, ma erano i vetri di migliaia di finestre che andavano in frantumi. Dappertutto facce spaventate, parecchi perdevano sangue dal naso. Avrebbero abbandonato il campo in un momento. Corse davanti alla linea e spieg•:--Tutto bene! Abbiamo preso Watervliet! Abbiamo puntato uno dei loro raggi X sulla navicella e abbiamo fatto saltare le bombe! Va tutto bene! --Stanno uscendo!--grid• qualcuno. Sir Howard si guard• intorno. Ora che l'arsenale era perduto, sareb- be stato logico che i saltatori abbandonassero il campo. Avrebbe dovu- to trovarsi con il suo squadrone di cavalleria dall'altra parte della piazza. La sparatoria proveniente dal grattacielo dell'Ufficio era dimi- nuita. Avrebbe impiegato tutta la giornata per allontanarsi dalla zona di fuoco. Scavalc• una barricata, quasi cadde sotto il peso dell'arma- tura, e cominci• a correre attraverso la piazza nel modo strano e bar- collante di chi indossa un'armatura. Era quasi in mezzo alla piazza, quando i saltatori schizzarono fuori dal grattacielo dell'Ufficio uscendo dalle porte principali. Gli era pro- prio di fronte. Dai fucili che tenevano fra gli artigli partŤ una scarica di pallottole. Non fu toccato. Continu• a correre. Dai saltatori partirono spari a raffica, qualcosa gli colpŤ la spalla sinistra e rimbalz• via stri- dendo. Fece un mezzo giro su se stesso e cadde. Grazie a Dio Š stata so- lo una pallottola vagante, pens•. Meglio fare il morto per un po'. Ca- dendo, gli era sembrato di udire un lamento nell'esercito degli uomini, ma era tutta presunzione, perch‚ la maggior parte di loro non sapeva neppure chi fosse. Guard• verso i saltatori con la coda dell'occhio. At- traversavano la piazza diretti verso gli edifici. Dovevano essere una cinquantina; minimo erano trentacinque. Dardi sfrecciavano contro di loro, ma quasi sempre mancavano il bersaglio. Una freccia rimbalz• sul dorsale di Sir Howard. Dio, pens•, uno di questi idioti non vorr… uccidermi per sbaglio? I saltatori avevano fatto dietro-front e stavano tornando da dove erano usciti. Sir Howard riuscŤ a rialzarsi. Davanti a lui degli uomini saltavano gi— da una barricata e gli correvano incontro. Indicavano qualcosa gri- dando. Si guard• intorno. A meno di dieci metri c'era un saltatore. Im- bracciava una specie di fucile, collegato con dei cavi a una sorta di zai- no che teneva sulla schiena. Era un fucile a raggio. Scatt• stridendo acutamente e un tratto di luce azzurra super• Sir Howard. Stridette ancora, ancora. Un paio di quelli che erano corsi verso di lui giacevano a terra, gli altri stavano scappando. Il fucile stridette di nuovo e il lam- po termin• sul piastrone della sua corazza. Gli si contrassero tutti i muscoli e sentŤ una vibrazione nelle ossa. Ma non cadde. Il fucile stri- dette di nuovo, di nuovo, con lo stesso risultato. L'armatura lo isolava dalle scariche. Sguain• la spada e fece un passo verso il saltatore. La creatura si allontan• attraversando la piazza a grandi balzi seguendo i suoi compagni che percorrevano saltando State Street. La gente correva fuori dalle porte e gi— dalle finestre e si arrampica- va sulle barricate. Ora che i saltatori erano in ritirata uscivano abba- stanza in fretta. Se non avesse allontanato presto la sŁa cavalleria, la piazza sarebbe stata invasa dalla folla e loro sarebbero rimasti intrap- polati come mosche sulla carta moschicida. Proprio davanti a tutti apparvero Musik, il suo secondo, e Lyman Haas, che galoppavano lentamente. Il primo portava con s‚ Paul Jo- nes. Gli uomini sferragliavano dietro di loro in doppia fila. Sir Howard grid•:--Forza, ragazzi!--e mont• in sella. Frattanto, Haas grid• --La cavalleria di Pittsfield viene verso nord, dal fiume! --Non possono passare di qui, digli di fare il giro a sud della citt… e di andare a ovest. Devono cercare di tagliare fuori i saltatori! Bene, an- diamo!--Attraversarono la piazza a passo pesante; gli uomini che erano appena venuti fuori corsero via come galline spaventate per la- sciar libero il cammino. La barricata attraverso State Street a ovest del grattacielo dell'Uffi- cio non era molto alta, e dietro c'erano solo pochi uomini. Spararono come forsennati finch‚ i saltatori furono a due salti da loro, poi abban- donarono il campo sparpagliandosi come quaglie impazzite. I saltato- ri superarono la barricata con un gran balzo e spararono nella schiena agli uomini che scappavano. Quando Sir Howard arriv• alla barricata i saltatori erano ormai lontani, e si vedevano sollevarsi e cadere come pistoni di un motore. Sir Howard fece passare Paul Jones oltre la barri- cata. Uno schianto tremendo lo fece voltare sulla sella. Musik e il suo cavallo si erano rovesciati sul lato ovest della barricata. Si rialzarono in fretta. Il cavallo di Musik cominci• a inseguire lo squadrone e Musik gli correva dietro a piedi, gridando:--Torna qui, figlio di un cane!-- mentre l'animale lo distanziava sempre pi—. Di lontano udirono le si- rene dei pompieri che infine arrivavano. Tagliarono attraverso Washington Park e si lanciarono al galoppo su New Scotland Avenue, tenendo sempre d'occhio i saltatori, ma senza guadagnare troppo terreno. La gente si rivers• nelle strade, torn• in- dietro quando apparvero i saltatori, uscŤ nuovamente e corse via di nuovo quando venne avanti la cavalleria. Sbucarono nella zona sud ovest di Albany, dove New Scotland Ave- nue diventava Slingerlands Road. Un tempo vi erano state costruite delle strade, ma c'erano pochissime case. Pi— che altro era un grande spiazzo coperto di erbacce. A sinistra avevano altri cavalieri, presumi- bilmente uomini del Massachusetts. Si avventavano contro i nemici con deg~i archi d'acciaio. La combinazione funzionava a meraviglia. La freccia atterrava il saltatore, e quando le aragoste di Sir Howard ci erano passate sopra dando un colpo di lancia, la cosa non sembrava pi— un saltatore. Non sembrava pi— niente in particolare. I saltatori si stavano sparpagliando. Gli uomini, privi di ordini, si di- videvano per dare loro la caccia. Sir Howard si ritrov• solo a rincorre- re un saltatore. Si chiese che cosa avrebbe fatto se il saltatore avesse raggiunto il limite dell'altopiano su cui sorge Albany prima di riuscire a catturarlo. Non poteva lanciare al galoppo Paul Jones sul pendio che finiva a Normans Kill. Ma il saltatore sembrava andare piano. Nel rag- giungerlo, Sir Howard si accorse che aveva una freccia conficcata nel- la coscia. Sir Howard strinse la lancia e mir• al saltatore. Questi si volt• e alz• una pistola. La pistola spar• e qualcosa si stacc• dal fianco del cavalie- re. Gli sembr• che gli venisse tolta la sella di sotto, e cadde nell'erba sulla schiena. Per un momento il fianco gli diede un dolore insopporta- bile, da morire. A causa dell'erba che lo circondava fitta come una foresta, non ci ve- deva. Vedeva solo il saltatore fermo davanti a lui. Il saltatore alz• di nuovo la pistola. La pistola fece cilecca. Se riesco ad alzarmi posso fi- nirlo prima che la ricarichi, pens• Sir Howard. Cerc• di mettersi a se- dere, ma la corazza lo tirava gi—. Il saltatore stava ricaricando la pisto- la, e lui non poteva alzarsi. Sentiva un rumore di zoccoli, ma sembra- vano lontani mille miglia. Oh, Dio, pens•, perch‚ devo morire proprio adesso? Non potevo morire subito? Il saltatore fece scattare la pistola e l'alz• un'altra volta. Il fianco gli faceva un male insopportabile; stava per morire all'ultimo momento. Allora si sentirono degli zoccoli, vicini, e qualcosa di serpentino sibi- l• nell'aria avvolgendo il saltatore. La pistola spar•, ma il saltatore stava balzando via in posizione grottesca. Fece un ultimo balzo e sparŤ tra l'erba. Il dottore sulla soglia disse:--Si rimetter…. E solo una costola rotta. Una pallottola ha attraversato la corazza e gli ha scalfito il fianco. Le due estremit… della frattura lo hanno tagliato leggermente quando Š caduto. Certo che potete vederlo. Allora entrarono tutti: Elsmith e Sally Mitten e Lyman Haas ed Eli Cahoon e Lediacre. Il francese era tutto sporco ed era bendato sopra l'orecchio sinistro. Fu molto comprensivo. Tutti cercarono di parlare nello stesso momento. Sir Howard chiese come stava andando. Elsmith rispose:--Bene. Abbiamo saputo dalla radio - abbiamo spento le macchine elettrostatiche - che tutte le sta- zioni radio di New York sono state prese. Dovevano esserci almeno mille saltatori nel grattacielo della RCA, ma hanno montato alcuni can- noni pesanti a Columbus Circle e li hanno spazzati via. Per quanto ne so, tutte le piazzeforti dei saltatori nel Nordamerica sono state cattu- rate. Ci sono ancora dei saltatori allo sbando ma li uccidono a vista. "Parecchi resistono ancora in Africa, ma un ‚sercito arabo si sta pre- parando ad affrontarli, equipaggiato completamente con le armi dei saltatori. Hanno anche trovato qualcuno disposto a rischiare di pilota- re le loro macchine volanti. In Mongolia non sono mai arrivate le pulci ma laggi— ce n'erano pochissimi. Anche in altri posti Š pressappoco l˘ stesso. Alcuni sono fuggiti con le macchine volanti, usando le bombe e i raggi. Per esempio, hanno raso al suolo Louisville. Ma alla fine sono dovuti atterrare, e hanno trovato solo ostilit…. Dove Š stato liberato il quantitativo maggiore di pulci e tutti i saltatori si sono levati l'elmet- to, come a Watervliet, sono stati uccisi esseri indifesi. Sto cercando di salvarne alcuni." --Perch‚? --Senza l'elmetto sono delle creature piuttosto inoffensive, e abba- stanza interessanti. Sarebbe una vergogna sterminarli completamen- te. Dopotutto, loro potevano farlo e non l'hanno fatto. --Lyman! Certamente mi hai salvato la pelle! --Una cosa da niente, davvero. Per• Š stato un bel tiro. Avevo finito tutte le frecce. Ho rotto il collo al saltatore con un colpo solo. Mi sa che quell'elmetto lo ha fatto concentrare troppo su di te, se no mi vedeva. E il tiro pi— lungo che ho mai fatto con una corda. Peccato solo che quando torno a casa non ci credono. Dovr• portare la corda per farglie- la vedere. --Come hai fatto ad arrivare proprio al momento giusto? --Oh, ti ho raggiunto. Quei cavalli da tiro che usate sono peggio del- le tartarughe. Non capisco perch‚ non usate le tartarughe invece dei cavalli. I gusci fermerebbero le frecce e tutto, e non avreste ;I problema di cadere per il vento. Ad Albany probabilmente ci sar… sempre un albergo Ten Eyck. Erano nel salone del quinto palazzo con quel nome. --Vai via, Howard?--chiese Sally Mitten. --Gi….--Sapeva che era l'ultimo addio. Cerc• di assumere un tono spiritoso e mondano.--Dovr• dare un'occhiata a come vanno le cose, gi— a Poughkeepsie. Anche tu ed Elsmith andate via, no? --SŤ. Prendiamo il battello per New York stasera. Salpiamo alle no- ve, venti permettendo. Non ho mai fatto il viaggio sull'Hudson. --Cosa farete? --Qualcuno sta gi… dicendo di creare zio Homer conte, o re, chiss…. Ma a lui non va. Organizzer… un'universit…. E quello che ha sempre de- siderato. E io sono ancora la sua segretaria. Che cosa conti di fare? Tor- nerai a fare il gentiluomo di campagna? --Non te l'ho detto? Abbiamo avuto tanto da fare tutti e due. Ho una carriera davanti! Sai quei libri che ho letto quando eravamo al campo? Be', mi hanno insegnato a pensare. Per trecento anni siamo ri- masti fermi all'organizzazione politico-sociale che i saltatori ci hanno imposto - anch'io me la cavo bene con le parole del vocabolario, eh? - e non l'hanno creata perch‚ avevano a cuore il nostro benessere, o perch‚ volevano che la nostra posizione sociale migliorasse. L'hanno scelta perch‚ era la forma pi— stagnante che avessero trovato nella no- stra storia. Voglio dire che il nostro... uhm... feudalesimo sintetico ha il dinamismo di una lumaca con l'artrite. Perci• ho pensato che sarebbe una bella idea provare con questo governo del popolo. Senza classi, tutti compagni, come eravamo io e Lyman. --Sono cosŤ contenta. Avevo paura che volessi tornare ai vecchi me- todi. --Pensavo che avresti approvato. Sai gi… come andr…: una lotta sel- vaggia per il potere, tutti i baroni e i marchesi che cercheranno di farsi la pelle a vicenda. Sai quale sar… il loro slogan: lo stato di New York per quelli di New York, Saratoga per quelli di Saratoga e Katerskill Junction per i vattelapesca. Ma io vorrei vedere tutto il continente sot- to un solo governo popolare. Una volta era cosŤ. O anche tutto il mon- do, se un giorno ci si riuscir…. Certo, molti dei nostri signorotti non sa- ranno d'accordo. Quindi ho gi… un lavoro pronto. Non mi aspetta una vita molto tranquilla. --Come farai? --Abbiamo gi… cominciato. L'altra notte ci siamo riuniti, io e altri che la pensano come me, soprattutto membri dell'Organizzazione, e abbiamo formato un Comitato di Organizzazione Politica per lo Stato di New York. coPsY in breve. Mi hanno eletto presidente. --Ma Š meraviglioso! --Be', forse anche perch‚ sono stato io a organizzare la riunione. Ho fatto anche un discorso. --Non sapevo che sapessi fare i discorsi. --Neanch'io. Ero lŤ e ho cominciato a dire ®Ah... ah~. Poi ho pensa- to, diamine, questi non sono qui per sentirmi dire ®Ah... ah®. CosŤ gli ho raccontato quello che ho passato, cosa che sapevano quanto me, e com'era in gamba il defunto Maxwell Baugh. Poi ho ripetuto certe cose che avevo letto nei libri, e ho detto che tanto valeva lasciare i saltatori al potere se non avevamo intenzione di cambiare niente. Poi hanno cercato di portarmi in trionfo. --Oh, Howard, perch‚ non li hai lasciati fare? --Ero anche d'accordo. Solo che uno di loro era il piccolo Fitzmar- tin, I'inventore della macchina elettrostatica - a proposito, si chiama Mudd - e non era proprio in grado di reggere la sua parte dei miei no- vanta e passa chili. CosŤ si Š ritrovato subito sul pavimento con me so- pra. Lei rise.--Avrei voluto esserci! Anche lui rise, malgrado non ne avesse nessuna voglia. Si sentiva da cani. Era un malessere tutto particolare, che non aveva mai provato. --Sembra proprio che io sia tagliato per la politica. Diamine, quando penso all'ignorante che ero! Forse questa Š l'ultima volta che porto la vecchia armatura.--Accarezz• l'insegna della foglia d'acero sul pia- strone.--Ho paura che mio padre non sar… d'accordo col mio pro- gramma, mi sembra di sentirlo, quando inveisce contro i traditori del- la loro classe. Ma non c'Š niente da fare. --Fai il viaggio a cavallo? --SŤ. La costola Š quasi a posto, anche se ho addosso tanto di quel- I'adesivo da fermare il proiettile di una Remington superpotente. Non mi d… fastidio, ma non voglio pensare a quando me lo tireranno via.-- Dai, pens•, Van Slyck, star qui a chiacchierare Š molto peggio. Falla fi- nita. --Potresti prendere un veicolo dei saltatori, penso. --Grazie, ma finch‚ non avr• imparato a guidare da solo, non voglio rischiare il collo con qualche pivello che pensa di saper guidare solo perch‚ lo ha visto fare.--Aggiunse:--Ci siamo divertiti, vero? --SŤ, davvero. Ormai era ora di andare. AprŤ la bocca per dirle addio. Ma lei chiese: --Pensi di venire a New York? --Oh, certo, ci sar• spesso, per la politica. --Verrai a trovarmi? --Come no, ehm, certo, penso di sŤ. --Se non ne hai voglia, non sei obbligato. --Oh, ma certo che voglio. Lo voglio come un pesce vuole l'acqua. Ma, sai... se tu e monsieur Lediacre... forse non vorreste... Rest• interdetta, poi scoppi• a ridere.--Howard, idiota! Etienne in Francia ha una moglie e quattro figli che adora. Ogni volta che pu• mi prende da parte e mi parla di loro. Etienne Š un caro amico, ti darebbe anche la camicia. Ma Š una tale barba con la sua cara piccola Josette, e il suo meraviglioso piccolo Ren‚; un bambino cosŤ intelligente, un pro- digio! Le ultime settimane al campo, poi, sono state proprio un disa- stro. Speravo sempre che tu ci mettessi il naso per interrompere queste sviolinate, e non lo facevi mai. --Be', che... che... che mi venga... --Ma stavi davvero per dirmi addio per sempre solo per questo? Non avrei mai pi— potuto guardare le foglie degli aceri d'autunno sen- za pensare a te. --Ma io... in questo caso verr• di sicuro. Pensavo di essere lŤ fra un paio di settimane; Š... Al diavolo! Dove posso trovare un biglietto per la nave? Non importa, in albergo c'Š un'agenzia. Spero che imbarchino i cavalli, il mio lo imbarcheranno, dovessi portarlo a bordo di nascosto nella borsa. Vedo che devo recuperare un po' del tempo perduto. Sally, una volta hai detto che pensavi che avessi un po' di cervello. Be', non sar• un gran genio come tuo zio Homer. Ma credo di avere abbastanza buon senso per non fare due volte lo stesso sbaglio, grazie a Dio! Per di pi—, penso di sapere come fare per vendicarci perfettamente del nostro amico Lediacre. --Ma come, Howard? Non Š colpa sua, poveretto... --No. E un simpaticone e tutto. Ma un giomo o I'altro--sorrise ri- soluto--sar… un vero piacere chiuderlo in un angolo e somministrar- gli una bella dose della sua stessa medicina! Titolo originale: Divide and rule. Traduzione di Anna Pensante. Jack Wiltiamson LUPI DALLE TENEBRE Le tracce nella neve Involontariamente mi fermai, rabbrividendo, sul piazzale coperto di neve della stazione. Un suono strano, misterioso e in un certo senso terrificante, riempiva il chiarore spettrale della luna in quella notte d'inverno. Era un ululato tremolante e lontano che si ripercuoteva sul mio corpo con brividi ben pi— freddi del penetrante morso dell'aria immota e ghiacciata. Sapevo che quel suono lugubre che lacerava i nervi doveva essere l'ululato dei lupi grigi, chiamati anche lobo, sebbene non li avessi pi— sentiti da quando ero piccolo. Ma questo suono conteneva una nota di terrore puro che nemmeno le tremanti apprensioni della fanciullezza avevano mai colto nella voce dei grandi lupi. C'era un non so che di acuto, di spezzato, in quel lamento arcano, che proveniva da un punto remoto in un pulsare ritmico. Era qualcosa che induceva a pensare che l'ululato giungesse da gole umane tese in uno sforzo inumano... Lottando con me stesso per liberarmi da quel frutto della mia im- maginazione, mi affrettai attraverso il piazzale ghiacciato precipitan- domi nella squallida sala d'aspetto. Il locale era ben illuminato da al- cune semplici lampadine e una stufa rovente lo riempiva di un calore piacevole. Io, a ogni modo, ero pi— contento di aver lasciato all'esterno quell'ululare lontano che di aver trovato il tepore di un riparo. Accanto alla stufa sedeva un uomo alto, completamente assorto con attenzione febbrile a fare un solitario con delle carte da gioco unte, di- sposte su una cassetta da imballaggio che stringeva tra le ginocchia. L'uomo portava un giubbotto di pelle sformato e lucido per l'eccessivo uso. Una guancia abbronzata era rigonfia di tabacco, e le labbra erano striate di macchie color ambra. Sembr• stranamente colto di sorpresa dalla mia entrata improv- visa, e con un brusco sussulto spinse via la cassetta, balzando in piedi. Per un istante i suoi occhi mi fissarono ansiosi, poi sembr• sospirare di sollievo. AprŤ lo sportello della stufa e dopo aver sputato sulla fiam- ma crepitante torn• a sedersi. --Salve, signore--disse con un tono strascicato leggermente forza- to e rauco.--Mi ha quasi spaventato. Ci ha messo tanto, a entrare, che io credevo non fosse sceso nessuno. --Mi sono fermato ad ascoltare i lupi--gli spiegai.--Un suono si- nistro, vero? Mi rivolse uno sguardo indagatore con occhi strani e apprensivi, re- stando a lungo in silenzio. Poi esordŤ in modo sbrigativo:--Be', cosa posso fare per lei? Mentre avanzavo verso la stufa aggiunse:--Sono Mike Connell, il capostazione. --Io sono Clovis McLaurin--mi presentai.--Dovrei rintracciare mio padre, il dottor Ford McLaurin. Abita in una fattoria da queste parti. --Ah, lei Š il figlio del dottor McLaurin, eh?--disse Connell, assu- mendo un atteggiamento visibilmente cordiale. Si alz• e sorrise, spo- stando la cicca di tabacco all'altra guancia, e mi strinse la mano. --SŤ. L'ha visto di recente? Tre giorni fa ho ricevuto da lui uno stra- no telegramma. Mi chiedeva di venire subito. Pare che si trovi in qual- che guaio. Ne sa niente lei? Connell mi guard• con un'espressione poco chiara. --No--rispose alla fine.--Ultimamente non l'ho visto. Sono due o tre settimane che nessuno della fattoria si fa vivo qui a Hebron. Ve- de, sono anni che non viene gi— una nevicata come questa, e non Š faci- le andare in giro. Per• non so proprio come hanno fatto a mandare un telegramma senza venire gi— in citt…. E qui non li ha visti nessuno. --Lei conosce di persona mio padre?--chiesi io, allarmandomi ul- teriormente. --Be', no... non proprio--ammise il capostazione.--Ma l'ho visto abbastanza spesso quando Š venuto qui a Hebron con Jetton e la figlio- la di Jetton. C'Š parecchia roba per loro, qui alla stazione. Scatole e casse... dai marchi si direbbero apparecchiature scientifiche, ma di preciso non saprei. Per• quella Stella Jetton Š un bel pezzo di ragazza, davvero una meraviglia. --Sono tre anni che non vedo mio padre--dissi confidando nel ca- postazione, nella speranza di guadagnarmi la sua comprensione e di ottenere qualsiasi eventuale aiuto potesse offrirmi per raggiungere il ranch attraversando l'insolita coltre nevosa che ammantava le piane del Texas occidentale.--Sono stato in un istituto di medicina nel- I'Est, e non vedo mio padre da quando Š venuto qui nel Texas tre anni fa. 500 1 501 ~ --Lei Š dell'Est, eh? --New York. Ma ho passato un paio d'anni qui con mio zio, quan- d'ero piccolo. Il babbo ha ereditato la fattoria da lui. --SŤ, lo so. Il vecchio Tom McLaurin era amico mio--mi spieg• il capostazione. Erano trascorsi tre anni da quando mio padre aveva lasciato la catte- dra di astrofisica di un'universit… dell'Est, per venire in questo ranch isolato e condurre i suoi nuovi esperimenti. L'eredit… di suo fratello Tom, oltre alla fattoria, comprendeva una piccola fortuna in denaro cosŤ mio padre aveva potuto rinunciare alla propria occupazione acca- demica e dedicarsi interamente ai problemi astrusi su cui stava lavo- rando. Interessandomi maggiormente della scienza medica che di quella matematica, io non avevo seguito completamente il lavoro di mio pa- dre, sebbene di solito l'avessi aiutato nei suoi esperimenti quando di- sponeva solo di un piccolo appartamento e di misere attrezzature Sa- pevo, a ogni modo, che aveva elaborato uno sviluppo della geometria non-euclidea di Weyl in una direzione del tutto differente da quelle scelte da Eddington e da Einstein, e che conduceva a implicazioni ri- guardanti la struttura del nostro universo davvero stupefacenti. La sua nuova teoria dell'elettrone onda, che completava lo smantella- mento della struttura atomica planetaria di Bohr, era stata altrettan- to sensazionale. La prova richiesta dalla sua teoria era il confronto esatto della velo- cit… di raggi di luce ad angoli retti. Per l'esperimento si rendeva quin- di necessaria la disponibilit… di un vasto spazio all'aperto, e che posse- desse un'atmosfera limpida, priva di polvere o di fumo. Da qui la scel- ta di mio padre circa l'utilizzazione della fattoria come luogo in cui portare a compimento il lavoro. Dato che io desideravo restare all'istituto universitario e non ero in grado di aiutarlo ulteriormente, mio padre aveva scelto come suo assi- stente e collaboratore il dottor Blake Jetton, anch'egli studioso di fa- ma grazie ai suoi notevoli studi sulla propagazione della luce e sulle recenti modifiche della teoria quantistica. Il dottor Jetton, come mio padre, era vedovo. Aveva un'unica figlia di nome Stella, che trascorreva parecchi mesi dell'anno insieme a loro al ranch. Sebbene non l'avessi vista che rare volte, potevo senza dub- bio dichiararmi d'accordo con il capostazione circa il fatto che fosse una ragazza graziosa, anzi la ricordavo come una fanciulla dotata di notevole avvenenza. Tre giorni prima avevo ricevuto il telegramma da mio padre. Si tratta- E~4 va di un messaggio allarmante, formulato in modo strano, in cui mi implorava di raggiungerlo senza perdere un solo istante. Diceva che la sua vita era in pericolo, sebbene non accennasse minimamente alla natura di questo pericolo Incapace di comprendere pienamente il messaggio, mi ero affrettato a raccogliere alcuni effetti personali strettamente necessari, tra i quali non avevo tralasciato di mettere una piccola pistola automatica, e senZa indugio ero salito sul primo treno espresso. Avevo trovato la di- stesa del Texas Panhandle coperta da quasi trenta centimetri di neve; un inverno cosŤ rigido non si registrava da diversi anni. E quando ero sceso dal treno nel villaggio solitario di Hebron ero stato accolto da quei terribili e misteriosi ululati. --Era un telegramma urgente, molto urgente--dissi a Connell. --Devo raggiungere il ranch stanotte, se Š appena possibile. Lei non sa come potrei arrivarci? Per un po' Connell rimase silenzioso, guardandomi con un'espres- sione che tradiva una certa paura. --No non saprei--rispose poi.--Ci sono quindici chilometri da qui al r nch. E lungo la strada Š tutto deserto, non c'Š anima viva. C'Š quasi mezzo metro di neve, e non credo che un'auto ce la farebbe. Po- trebbe farsi dare uno strappo da Sam Judson col suo carro, domani. --Pensa che mi porterebbe l… anche adesso? Il capostazione scosse la testa a disagio; guard• nervosamente il de- serto di neve che brillava sotto la luna fuori dalle finestre, e sembr• mettersi in ascolto carico d'ansia. Io stesso riuscii a fatica a reprimere un brivido. --No, penso proprio di no!--esclam• poi Connell all'improvviso _ Da un po' di tempo non Š troppo salutare uscire di notte in quest paraggi- S'interruppe un istante; poi, lanciandomi una fuggevole occhiata in- quieta, mi domand• di colpo:--Penso che abbia sentito quell'ululato, vero? --SŤ. Lupi? --Hmmm, sŤ... credo di sŤ. Strano. Maledettamente strano! Sono dieci anni che non si vede un loafer da queste parti. Hanno cominciato a farsi sentire proprio dopo l'ultima bufera di neve. (Loafer, a quanto pare, era un termine locale derivato dalla parola spagnola lobo che indicava appunto il lupo grigio della prateria, un animale molto pi— grosso del coyote e un nemico temuto da tutti i ran- cheros del Sudovest finch‚ non era stato quasi completamente stermi- --Pare che ci sia un branco intero di quelle bestie che se ne va a cac- cia qui attorno--proseguŤ Connell.--Hanno ucciso un bel po' di be- stiame nelle ultime settimane, e...--s'interruppe, abbassando la voce --...e anche cinque uomini! --I lupi hanno ucciso delle persone?--esclamai. --Sissignore--disse il capostazione lentamente.--Josh Wells e il suo aiutante sono stati uccisi circa due settimane fa... sŤ, con venerdŤ saranno due settimane giuste. Li hanno uccisi mentre erano fuori nel- la prateria. Poi Š toccato ai Simms. Il vecchio, sua moglie e la piccola Dolly. Li hanno attaccati proprio fuori dal recinto delle mucche, cre- do, mentre stavano mungendo. Abitavano a tre chilometri dal paese. Rufe Smith Š andato a trovarli domenica. Nel recinto c'erano delle be- stie morte e c'erano i secchi del latte tutti sfasciati in un mucchio di neve sotto la tettoia. Di Simms e della sua famiglia nemmeno l'ombra, invece! --Non ho mai sentito dire che i lupi attaccassero la gente in questo modo! Connell spost• nuovamente la cicca di tabacco e mormor•: --Neanch'io. Ma vede, signore... questi non sono lupi comuni! --Come sarebbe a dire? --Be', dopo che i Simms erano spariti ci siamo riuniti in una specie di squadra di volontari e siamo andati a caccia di quelle bestiacce. Di lupi non ne abbiamo trovati, per• abbiamo trovato delle tracce nella neve. Di giorno non c'Š in giro nemmeno l'ombra di un lupo! --Be', c'erano 'ste impronte nella neve--ripet‚ lentamente.--E vede, signore, quelle tracce di lupo, maledizione, erano troppo lontane l'una dall'altra per essere quelle di una bestia comune. Quelle bestie devono fare dei balzi di una decina di metri! Dopo di che Connell piomb• in silenzio, fissandomi con una strana espressione. Io ero sconvolto. Naturalmente c'erano alcuni elementi d'increduli- t… nelle mie sensazioni, ma il capostazione non mi sembrava per nulla il tipo che ha appena finito di abbindolarti con una riuscita storiella fantasiosa, dato che i suoi occhi rivelavano un terrore autentico. E poi ricordavo di aver creduto di riconoscere dei toni umani negli strani ululati che avevo udito in lontananza. Non c'era alcuna buona ragione per cui potessi credere di trovarmi semplicemente di fronte a una superstizione locale. Per quanto diffuse possano essere le leggende sulla licantropia, deve ancora giungermi notizia di un racconto di lupi mannari narrato da un texano dell'O- vest. Il racconto del capostazione era stato troppo particolareggiato e ricco di elementi concreti perch‚ io fossi indotto a ritenerlo una fanta- sia infondata o una paura radicata segretamente nel profondo. --Il messaggio di mio padre era urgentissimo--ripetei a Connell. --Devo assolutamente raggiungere la fattoria stasera. Se l'uomo di cui mi ha parlato non vorr… portarmi, nolegger• un cavallo e andr• da solo. --Se Judson accetta di uscire al buio con quei lupi in giro Š proprio un imbecille!--disse con tono convinto il capostazione.--Ma niente le impedisce di chiederglielo. Dovrebbe essere ancora alzato, a que- st'ora. Abita in quella casa bianca, appena girato l'angolo dietro il ne- gozio di Brice. Connell mi seguŤ verso il piazzale per indicarmi la strada. Non ap- pena la porta fu aperta, sentimmo di nuovo il ritmico, intenso ululato proveniente da lontano attraverso la candida distesa nevosa. Non riu- scii a reprimere un brivido. E dopo avermi indicato la casa di Sam Judson, tra le poche sparse abitazioni che costituivano il villaggio di Hebron, Connell rientr• in tutta fretta nella stazione, chiudendosi la porta alle spalle. Il branco sotto la luna Sam Judson possedeva e coltivava una tenuta che distava quasi un chilometro e mezzo da Hebron, ma aveva trasferito la propria abita- zione nel villaggio in modo che sua moglie potesse occuparsi dell'uffi- cio postale. Mi affrettai verso la casa di Judson attraversando strade ghiacciate, felice che Hebron potesse permettersi il lusso dell'illumi- nazione elettrica. L'ululare distante del branco di lupi mi riempiva di una paura vaga e inspiegabile, ma non diminuiva la mia determina- zione di raggiungere il ranch di mio padre il pi— presto possibile, per risolvere l'enigma del telegramma che mi era stato inviato. Quando bussai alla porta, Judson venne ad aprire. Era un uomo cor- pulento che indossava una tuta rattoppata di un azzurro sbiadito e una camicia di flanella marrone. Era quasi completamente calvo, e la sua testa nuda e abbronzata sembrava una striscia di cuoio scuro. Il volto, largo, era coperto da una barba nera che doveva avere parecchie settimane di vita. Judson mi squadr• in viso con un misto di nervosi- smo e di paura. Mi condusse nella cucina posta sul retro della casa, una stanzetta squallida con le pareti coperte da una serie disordinata di pentole e padelle. La cucina economica era accesa; a quanto pare Judson dove- va essere stato seduto tenendo i piedi appoggiati nel forno, intento a leggere un giornale gettato ora sul pavimento. Mi fece accomodare su una sedia scricchiolante e io mi presentai. Disse che conosceva mio padre, il dottor McLaurin, dato che ritirava la posta nella stanza anteriore adibita appunto a ufficio postale. Ma aggiunse che da tre settimane non si era fatto vivo nessuno del ranch, forse perch‚ la neve rendeva gli spostamenti difficoltosi. Mi spieg• che ora al ranch vivevano cinque persone: mio padre, il dottor Jetton e sua figlia Stella, e due meccanici provenienti da Amarillo. Gli parlai del telegramma ricevuto tre giorni addietro e Judson sug- gerŤ che forse mio padre poteva essere venuto in paese di sera, imbu- cando il telegramma all'ufficio telegrafico con il denaro necessario per l'invio. Ma ritenne strano che non avesse parlato con nessuno, e che nessuno l'avesse visto. Allora dissi a Judson che desideravo mi portasse subito al ranch, e alla mia richiesta il suo atteggiamento cambi•: sembrava maledetta- mente spaventato! --Non ha poi cosŤ fretta da voler partire stanotte, vero, signor McLaurin?--domand•.--Possiamo sistemarla nella stanza libera, e domani la porter• al ranch con il carro. Il viaggio Š lungo, per farlo di nolte. --Sono molto ansioso di arrivare al ranch--gli spiegai.--Sono preoccupato per mio padre. C'era qualcosa che non andava quando mi ha telegrafato. Qualche guaio serio. La pagher• pi— che adeguatamen- te, e vedr… che ne vale la pena. --Non si tratta di soldi--mi disse.--Sarei felice di farlo gratis per il figlio del dottor McLaurin. Ma penso che li abbia sentiti anche lei i lupi, vero? --SŤ, li ho sentiti. E Connell, alla stazione, mi ha detto alcune cose in proposito. Hanno proprio attaccato degli uomini? --SŤ.--Per alcuni istanti Judson rimase in silenzio, e il suo viso ispido mi fiss• con due occhi strani. Poi riprese:--E non Š tutto qui. Alcuni di noi hanno visto le tracce. E c'erano anche impronte di uomi- ni! --Ma io devo raggiungere mio padre--insistetti.--Dovremmo es- sere abbastanza al sicuro in un carro, e poi lei avr… un'arma, vero? --SŤ, d'accordo... ho un fucile--ammise Judson.--Ma non Š che abbia molta voglia di trovarmi di fronte ai lupi! Mi ostinai: alla fine, quando gli offersi cinquanta dollari per il viag- gio, lui cedette. Ma disse che lo faceva, e io gli credetti, pi— per cortesia verso un amico che per denaro. And• nella stanza da letto, dove sua moglie stava gi… dormendo, la svegli• e le spieg• che si apprestava a darmi un passaggio. La donna era piuttosto spaventata, come ebbi occasione di giudicare dal tono della voce, ma si calm• sentendo del guadagno di cinquanta dollari. Allora si alz• - era un tipo alto ed estremamente bizzarro in camicia da notte color porpora e cuffietta intonata - e si affaccend• a prepa- rarci un po' di caffŠ sulla stufa ancora calda e a trovarci qualche co- perta perch‚ potessimo avvolgercela addosso sul carro, dato che la notte era freddissima. Nel frattempo Judson accese una lampada a ke- rosene, che era quasi inutile nel riflesso brillante della luna, e si rec• nella stalla dietro casa per preparare il veicolo. Mezz'ora dopo stavamo uscendo dal villaggio a bordo di un carro leg- gero tirato da due cavalli storni. I loro zoccoli affondavano nella cro- sta superficiale di neve a ogni passo, e le ruote del carro facevano al- trettanto, scavando un solco in cui si infilavano saldamente producen- do un curioso scricchiolio. La nostra avanzata era lenta, e io mi preparai subito a un viaggio di parecchie ore. Sedevamo vicini sul sedile a molle, pesantemente infagottati e con delle coperte che ci riparavano stese sulle ginocchia. L'aria aveva un morso pungente, ma non c'era vento, quindi pensai che in fondo non potevo lamentarmi. Judson si era legato alla cintura un vecchio revol- ver, e inoltre disponevamo di una doppietta e di un fucile a ripetizione che stavano appoggiati contro le nostre ginocchia. Una volta fuori dal villaggio di Hebron, ci trovammo circondati su ogni lato da una candida distesa di neve quasi perfettamente liscia. Era interrotta soltanto dalla fila insignificante di paletti che sostene- vano i reticolati e che a quanto pareva rappresentavano per Judson l'unico punto di riferimento. Il cielo era inondato da un'opalescenza spettrale, e sulla neve sfavillavano milioni di diamanti di gelo. Per circa un'ora e mezzo non si verific• nulla degno di nota. Le luci di Hebron impallidirono e a poco a poco svanirono alle nostre spalle. Non incontrammo alcuna abitazione lungo quel deserto di neve scon- finato. L'impressionante ululato, a ogni modo, si faceva sempre pi— in- tenso. Poi quei lamenti misteriosi cambiarono d'un tratto posizione. Jud- son al mio fianco rabbrividŤ e parl• nervosamente ai due storni che ar- rancavano a fatica nella neve. Poi si volt• verso di me e disse conciso: --Credo che stiano arrivandoci alle spalle, signor McLaurin. --Be', in questo caso lei pu• sempre tirarsene dietro qualcuno, per scuoiarlo domani--gli risposi. Le mie intenzioni erano state quelle di mettergli un po' di buon umore, ma la mia voce era stranamente bru- sca, e aveva un tono che suonava falso perfino alle mie orecchie. Per alcuni minuti avanzammo in silenzio. All'improvviso notai un cambiamento negli urli del branco. Quel ritmo strano e profondo si fece improwisamente pi— concitato. Quei lugubri lamenti sembrarono cedere il posto a rapidi guaiti di bramosia, un suono che aveva in s‚ un elemento ventriloquiale che ci impediva di individuare esattamente la direzione di provenienza. Le note rapide e smaniose sembravano giungerci da una dozzina di punti sparsi lungo la distesa candida alle nostre spalle. I cavalli si allarmarono. Drizzarono le orecchie e guardarono indie- tro, riprendendo il cammino con rinnovata foga. Vidi che gli animali stavano tremando. Uno di loro sbuff• di colpo. Quel rumore inaspetta- to urt• i miei nervi gi… strapazzati, e io mi afferrai in maniera convul- sa alla sponda del carro. Judson impugnava saldamente le redini e si puntellava con i piedi contro il cassone del veicolo, parlando sommessamente ai due storni spaventati per calmarli. Se non fosse stato per questo, forse, si sareb- bero gi… dati alla fuga. Si volt• verso di me e disse in un mormorio:--Di lupi ne ho sentiti, ma non fanno certi ululati. Questi non sono i soliti lupi! E ascoltando i latrati del branco capii che aveva ragione. Quegli ululati avevano una sfumatura insolita e aliena, una caratteristica in- trinseca che non apparteneva a questa terra. E difflcile farne una de- scrizione, perch‚ era qualcosa di completamente estraneo. Mi balen• nella mente, allora, che se fossero esistiti dei lupi negli antichi deserti di Marte, morti da secoli, forse avrebbero potuto produrre simili la- menti, mentre si lanciavano all'inseguimento di una creatura indifesa spingendola verso una morte crudele. --Credo che siano alle nostre calcagna--disse improvvisamente Judson, con voce sommessa e stentorea.--Guardi dietro di noi, signo- re. Mi voltai sul sedile a molle, scrutando l'immenso pianoro desolato di neve abbagliante. Per alcuni minuti tesi invano lo sguardo, sebbene l'urlo terribile del branco invisibile crescesse rapidamente d'intensit…. Poi scorsi delle macchioline grigie che spiccavano balzi, molto lon- tane dietro la pista del carro. Normalmente un lupo avrebbe dovuto arrancare a fatica attraverso la spessa coltre nevosa, dato che la crosta superficiale non era abbastanza solida per sostenerne il peso notevole. Ma le cose che io vedevo, agili ombre grigie dalla forma indefinita, avanzavano invece a grandi balzi, con una velocit… stupefacente. --Li vedo--annunciai con voce tremante a Judson. --Guidi lei--mi disse spingendomi in mano le redini e afferrando il fucile a ripetizione. Si contorse sul sedile e cominci• a sparare. I cavalli tremavano e sbuffavano. Nonostante il freddo, i loro corpi ansanti grondavano di sudore. Improvvisamente, dopo che Judson aveva aperto il fuoco, i due storni strinsero il morso e si ribellarono al- la guida fuggendo disperatamente, affondando nella neve e trascinan- do il carro privo di controllo. Per quanto mi sforzassi di riprendere la guida, strattonando con forza le redini, il mio tentativo si rivel• inuti- Judson vuot• ben presto tutto il caricatore. Dubito che fosse riuscito a colpire qualcuna delle bestie che ci inseguivano... infatti era pratica- mente impossibile mirare con precisione stando sul carro che ondeg- giava e traballava. E anche se il veicolo fosse stato immobile, i nostri inseguitori che spiccavano quei balzi selvaggi avrebbero costituito un bersaglio difficile. Judson sbatt‚ il fucile scarico nel cassone del carro e si gir• verso di me con una faccia cadaverica e spaventata. Aveva la bocca aperta e gli occhi sbarrati dal terrore. Sbrait• qualche parola incoerente che io non riuscii ad afferrare, e agguant• le redini. Impazzito evidentemen- te di paura maledisse i due storni che si dibattevano nella neve e li frust•, com‚ se credesse di poter distanziare il branco. Per un po' mi aggrappai alla sponda del carro traballante. Poi i cavalli sbuffando descrissero uno scarto inaspettato, rompendo quasi il timo- ne del carro e per poco non facendolo rovesciare. Il sedile a molle si stacc• dai fermi e cadde nel cassone del mezzo. Io fui sballottato oltre la sponda di tutto il busto e in un istante disperato tentai di arrampi- carmi nuovamente a bordo. Ma i due storni diedero un altro strappo in avanti e fui proiettato nella neve. Infransi la sottile crosta ghiacciata, e lo spesso strato di neve soffice sottostante attutŤ la mia caduta. In pochi istanti riuscii a risollevarmi in piedi, portandomi freneticamente le mani al volto per liberarmi gli occhi da quella sostanza bianca e farinosa. Il carro era ormai a un centinaio di metri. I cavalli pazzi di paura stavano ancora fuggendo, con Judson in piedi sul cassone che strapaz- zava furiosamente le redini ondeggiando avanti e indietro, incapace di frenarli. Quando ero stato sbalzato i cavalli avevano girato brusca- mente e ora stavano lanciandosi a capofitto in direzione di quel miste- rioso branco di belve ululanti! Judson, urlando e imprecando pazzo di terrore, veniva trascinato indietro verso quelle grigie ombre indistinte che saltavano nella notte lanciando spaventosi ululati soprannaturali. L'orrore scese su di me simile a un'enorme ondata che mi paralizza- va l'anima. Provai un desiderio folle di fuggire, di correre e correre at- traverso la distesa innevata finch‚ non avessi cessato di udire il la- mento dello strano branco. Con uno sforzo mi controllai, frenai il tre- mito del mio corpo e deglutii per inumidire la gola secca. qyq Sapevo che con il mio misero arrancare non sarei mai riuscito a di- staccare le ombre grigie sorprendentemente agili che balzavano nei ri- flessi lattei della luce lunare in direzione del carro. E ricordai allora che disponevo di un'arma, I'automatica calibro 25 assicurata sotto un'ascella. Lo strano messaggio di mio padre mi aveva spinto a porta- re con me quella piccola arma mortale e a infilarmi in tasca alcuni ca- ricatori di proiettili. Con mani tremanti mi sfilai un guanto e frugai sotto gli abiti in cer- ca della pistola. Alla fine estrassi la minuscola ma pŠsante automatica, piacevol- mente calda per il contatto con il mio corpo, e feci scattare indietro l'otturatore per accertarmi che ci fosse un colpo in canna. Poi rimasi fermo in quella distesa nevosa che mi arrivava quasi alle ginocchia, e attesi. Il lugubre ululato alieno del branco mi paralizz• letteralmente di terrore. 11 carro doveva trovarsi a circa quattrocento metri da me, quando le indistinte macchie scure del branco abbandonarono la pista e deviaro- no per tagliargli la strada. Vidi allora sottili lingue di fiamma gialla- stre, e udii secche scariche di armi da fuoco, seguite dal sibilo lanci- nante dei proiettili. Judson, almeno cosŤ supponevo io, aveva abban- donato le redini e tentava di difendersi con i fucili e la sua vecchia pistola. Le macchie grigie circondarono il carro. Sentii l'urlo di un cavallo agonizzante, il suono pi— straziante e orribile che io conosca, se si escludevano gli ululati soprannaturali di quel branco. Una massa di figure in lotta sembr• dibattersi a ridosso del carro. Seguirono ancora alcune detonazioni, poi un grido echeggi• sinistro sulla prateria inne- vata, un grido che racchiudeva in s‚ un misto di atroce sofferenza e di terrore inconcepibile... Capii che si trattava di Judson. Dopo di che non rimase altro che l'agghiacciante lamento delle bel- ve, un coro mostruoso che non si era ancora placato. Presto, spaventosamente presto, quel coro alieno parve avvicinarsi. E vidi allora forme grigie che si staccavano dalla macabra scena della tragedia e avanzavano a balzi... verso di me! Il lupo e la donna Non sono assolutamente in grado di spiegare il terrore puro e folle che mi prese quando mi resi conto che le belve si erano lanciate sulle mie tracce. Il mio cuore parve arrestarsi, tanto che pensai che sarei svenu- to; poi prese a pulsarmi cupamente in gola. Avevo il corpo improv- visamente madido di sudore gelido e i muscoli tesi spasmodicamente, e stringevo l'automatica con tanta forza da avvertire dolore alla ma- no. Avevo deciso di non fuggire, ritenendo folle un eventuale tentativo di sottrarmi alla caccia del branco. Ma la mia decisione di resistere a ogni costo era ben poca cosa al cospetto della paura che mi ossessiona- va. Mi gettai attraverso la levigata distesa di neve. I miei piedi sprofon- davano nella sottile sfoglia di ghiaccio e io arrancavo a fatica, con i polmoni ormai esausti. La neve sembrava divertirsi a ostacolarmi, quasi fosse un demone.malvagio. Molte volte incespicai e caddi goffa- mente, rialzandomi con la forza della disperazione e avanzando di nuovo ormai stremato, singhiozzando di terrore e ansando nell'aria gelida. Ma la mia fuga volse ben presto al termine. Le cose che mi stavano inseguendo erano in grado di procedere a una velocit… di gran lunga superiore alla mia. Voltandomi, quando non avevo coperto nemmeno un centinaio di metri, le vidi avvicinarsi, forme ancora vaghe nel chia- rore lunare. Mi accorsi per• che gli inseguitori erano soltanto due. Improvvisamente il mio pensiero torn• alla piccola automatica che stringevo in mano. La sollevai e scaricai tutti i proiettili, sparando il pi— rapidamente possibile; ma anche se colpii una di quelle forme gri- gie, quelle dovevano essere senz'altro invulnerabili alle mie pallottole. Avevo cercato nella tasca un secondo caricatore e stavo tentando con dita tremanti di infilarlo nella rivoltella, quando quelle cose giun- sero sufficientemente vicine, nel chiarore lattiginoso, perch‚ potessi vederle in modo distinto. A quel punto le mie mani si paralizzarono sulla pistola; ero troppo sorpreso e sconvolto per completare il carica- mento dell'arma. Una delle due rorme grigie era un lupo, uno scarno lupo della prate- ria dal lungo pelo ispido, una bestia enorme alta quasi un metro che stava raggiungendomi spiccando balzi che coprivano diversi metri. I suoi grandi occhi avvampavano di una misteriosa luce verdastra, una luce innaturale, strana, terribile e in un certo senso ipnotica. L'altra forma era una ragazza. Era una cosa incredibile, che ottenebr• e fece vacillare la mia mente gi… offuscata dal terrore. Dapprima pensai che si trattasse di un'allu- cinazione, ma mentre lei si avvicinava a lunghi salti con la stessa rapi- dit… del lupo grigio, fui costretto ad accettare quanto vedevano i miei occhi. Ricordai allora la mia impressione di aver udito toni umani nei gridi del branco; ricordai quanto Connel e Judson mi avevano detto circa la presenza di orme umane frammiste a quelle dei lupi nelle tracce lasciate dal branco. La ragazza era vestita in modo piuttosto leggero, per essere fuori al- I'aperto nel freddo pungente della notte invernale. Apparentemente in- dossava solo una leggerissima sottoveste di seta bianca, lacera, che le penzolava da una spalla e non le arrivava nemmeno alle ginocchia. Aveva il capo scoperto e i suoi capelli, che alla luce lunare sembravano di uno strano biondo pallido, erano corti e scarmigliati. Le braccia vel- lutate e le piccole mani, le gambe e perfino i suoi piedi guizzanti erano nudi. La sua pelle era bianca, di un candore freddo, esangue, lebbroso. Quasi bianca quanto la neve. E i suoi occhi scintillavano di un riflesso verde. Erano come gli occhi del lupo, infuocati di una terribile fiamma di smeraldo, la fiamma di una vita aliena, estranea a questo mondo. Era- no malvagi, crudeli, ripugnanti. Erano gelidi come le distese cosmiche al di l… della luce delle stelle. Ardevano di un'intelligenza maligna, pi— forte e spaventosa di quella di ogni creatura terrestre. Le sue labbra e le sue guance, di un candore alabastrino erano se- gnate da una macchia gocciolante di colore rosso scuro ch‚ spiccava quasi nera al chiarore fioco. Io rimasi come pietrificato, svuotato di ogni residua energia per l'or- rore e l'incredulit…. La ragazza e il lupo avanzarono balzando fianco a fianco nella neve come dotati di una forza e di un'agilit… soprannaturali. E mentre si facevano pi— vicini io subii un altro shock terrificante. Il volto della ragazza mi era familiare, nonostante il pallore cadave- rico, I'infernale riflesso maligno degli occhi verdi, e la macchia rossa- stra sulle gote e sulle labbra. Quella donna era una ragazza che io ave- vo ammirato, e che avevo persino sognato di poter amare, un giorno. Era Stella Jetton! La ragazza era la deliziosa figliola del dottor Blake Jetton che, come ho detto, mio padre aveva portato con s‚ in quel ranch del Texas come assistente nei suoi rivoluzionari esperimenti. Mi resi conto che lei era stata trasformata in qualche modo spaven- toso . --Stella!--gridai. Pi— simile a un urlo atterrito di angoscia e incre- dulit… che a una voce umana, quel nome uscŤ dalla mia gola inaridita dalla paura. Io stesso sussultai udendo quel mio appello rauco, stento- reo e ansante. L'enorme lupo grigio si diresse direttamente verso di me, come se stesse per azzannarmi alla gola con un balzo. Ma si ferm• a qualche metro di distanza, accucciandosi nella neve e fissandomi con quegli orribili occhi verdi da cui trapelava un'espressione di guardinga e strana intelligenza. La ragazza si spinse ancora pi— vicina, prima di fermarsi e di restare a guardarmi con occhi terribili, simili a quelli della belva, luminosi e verdi. Il volto, per quanto di un pallore spettrale e orrendamente macchia- to di rosso, era proprio il volto di Stella Jetton. Ma gli occhi non erano i suoi ! Poi lei parl•. La sua voce conteneva ancora qualcosa del suono a me familiare, ma ora possedeva un tono nuovo e strano. Racchiudeva lo stesso mistero alieno e minaccioso degli occhi e della pelle lebbrosa, la medesima sfumatura dei lugubri ululati lamentosi del branco che ci aveva seguito. --SŤ, Stella Jetton--disse la voce.--Come sei chiamato tu? Sei tu Clovis McLaurin? Hai ricevuto un telegramma? A quanto pare non mi conosceva. Perfino la formulazione delle sue parole era un poco strana, come se stesse parlando una lingua con cui non aveva eccessiva dimestichezza. La deliziosa ragazza, la ragazza umana che io avevo conosciuto un tempo, era spaventosamente cam- biata. Pensai che dovesse essere afflitta da una forma di follia, da cui aveva tratto la forza pressoch‚ soprannaturale che aveva dimostrato di pos- sedere quando correva con il branco di lupi. Doveva trattarsi di un ca- so di licantropia davvero molto particolare, immaginai. --SŤ, sono Clovis McLaurin--dissi con voce tremante.--Ho rice- vuto il telegramma di mio padre tre giorni fa. Dimmi cosa c'Š che non va... perch‚ ha usato simili parole nel messaggio? --Non c'Š nulla che non va, amico mio--rispose la strana creatura. --Noi desideravamo semplicemente la tua assistenza in un certo espe- rimento di grande singolarit…, che abbiamo iniziato a condurre. Tuo padre ora attende al ranch, e io sono venuta per condurti da lui. Quel discorso era quasi incredibile. Riuscii ad accettarlo solo par- tendo dal presupposto che chi aveva parlato soffrisse di uno spavento- so sconvolgimento mentale. --Tu mi sei venuta incontro?--esclamai, combattendo contro l'or- rore che stava per sopraffarmi.--Stella, non devi siartene fuori al freddo cosŤ poco coperta. Devi prendere il mio cappotto. Cominciai a togliermelo ma, come mi ero in un certo senso aspetta- to, lei rifiut• di accettarlo. --No. Non mi serve. Il freddo non pu• nuocere a questo corpo. E adesso devi venire con noi. Tuo padre ci attende alla casa per condurre il grande esperimento. Aveva detto noi! Inorridii ancora di pi— notando che la ragazza con- siderava lo scarno lupo al pari di se stessa. Poi balz• in avanti con un'agilit… incredibile nella direzione in cui io e Judson stavamo viaggiando prima. Con un braccio, nudo e di pallore cadaverico, mi invit• a seguirla. Il grande lupo grigio si mosse saltan- do, dietro di me. Stimolato di colpo ad agire, ricordai l'automatica semicaricata che stringevo in mano. Con un gesto brusco finii di inserire il caricatore nuovo, feci scattare l'otturatore e poi scaricai tutti i colpi addosso alla belva dagli occhi verdi. Una strana compostezza era scesa su di me. I miei movimenti furono sufficientemente calmi, quasi calcolati Sono certo che la mia mano non tremasse. Il lupo era solo a pochi metri ed era praticamente im- possibile mancarlo, non centrarlo con almeno un proiettile. Sono sicuro di averlo colpito numerose volte, poich‚ sentii le pallot- tole conficcarsi nel suo corpo scarno, vidi l'animale vacillare sotto il loro impatto, e notai ciuffi di pelo grigio staccarsi nella luce lunare. Eppure non cadde. I suoi terribili occhi verdi non mostrarono il ben- ch‚ minimo cenno d'esitazione e continuarono a fissarmi con quella loro espressione sinistra di malvagit… infernale. Non appena io ebbi scaricato la pistola - mi erano occorsi solo alcu- ni secondi per sparare i sette proiettili - udii un ringhio selvaggio pro- veniente dalla ragazza. Mi ero girato per met… nella sua direzione quando il suo corpo pallido si scagli• contro di me con la velocit… di un proiettile. Caddi sotto di lei, alzando istintivamente un braccio per protegger- mi la gola. E un bene che l'abbia fatto, perch‚ sentii i suoi denti affon- darmi nel braccio e nella spalla, mentre sprofondavamo insieme nella neve. Sono certo che gridai. Lottai con lei selvaggiamente, finch‚ non udii di nuovo la sua strana voce non umana. --Non devi avere paura--disse.--Non siamo intenzionati a ucci- derti. Noi desideriamo il tuo aiuto in un importantissimo esperimento. Per questo motivo tu devi venire con noi. Tuo padre attende. Il lupo Š nostro amico e non ti far… del male. E la tua arma non potr… ferirlo. Dalla gola del lupo, che non si era pi— mosso da quando gli avevo sparato, uscŤ un bizzarro guaito inarticolato, come se la bestia avesse capito le parole della ragazza e stesse confermando. Lei mi stava ancora addosso, tenendomi schiacciato nella neve. I suoi denti insanguinati erano a pochi centimetri dal mio viso e le sue dita affondavano nel mio corpo quasi fossero artigli dotati di una forza sovrumana. La sua gola emise un basso grugnito bestiale, poi riprese a parlare. --Verrai dunque con noi alla casa, dove tuo padre ci aspetta per condurre l'esperimento?--mi chiese con quella voce terribile che ri- cordava il lamento del branco di lupi. --Verr•--acconsentii, leggermente sollevato nel constatare che la coppia di belve non voleva divorarmi sul posto. La donna - non posso chiamarla Stella poich‚, tranne che nel corpo, lei non era pi— Stella - mi aiut• ad alzarmi. Non fece alcuna obiezione quando mi chinai a raccogliere l'automatica caduta nella neve e l'infi- lai in tasca. Lei e il lupo grigio, che misteriosamente i miei proiettili non erano riu- sciti a uccidere, balzarono via assieme sulla candida distesa innevata. Io li seguii, arrancando al massimo delle mie possibilit…, con la mente piena di supposizioni confuse e ottenebrate dal terrore. Ormai non nutrivo pi— alcun dubbio che la donna si considerasse un membro del branco, e che effettivamente lo fosse. Sembrava che tra lei e il grande lupo che l'affiancava esistesse uno strano rapporto empati- co . Doveva trattarsi di una forma di pazzia, pensai, per quanto non avessi mai letto di casi di licantropia dai sintomi cosŤ terribilmente esagerati come quelli che lei presentava. E ormai noto che alcuni ma- niaci abbiano una forza sovrumana, ma il modo in cui lei correva e balzava nella neve era un fatto che esulava dai limiti della compren- sione razionale. Senza contare poi gli altri particolari che la teoria della malattia mentale era incapace di spiegare. Il pallore cadaverico della sua pelle, la terribile luminosit… verde degli occhi, il modo in cui lei parlava... co- me se l'inglese rappresentasse per lei una lingua straniera, ma di cui possedeva una discreta padronanza. L'andatura sostenuta dalla donna e dal lupo era impietosamente ra- pida per me. Per quanto arrancassi al limite delle mie possibilit…, non ero in grado di muovermi con la velocit… che loro desideravano. N‚ mi era concesso di restare indietro, perch‚ ogni volta che mi attardavo il lupo mi raggiungeva, ringhiando minaccioso. Dopo essermi trascinato per alcuni chilometri, i polmoni mi doleva- no ed ero pressoch‚ cieco dalla fatica. Per l'ultima volta incespicai e caddi pesantemente nella coltre nevosa. Quando tentai di risollevarmi i muscoli straziati rifiutarono di rispondere e io rimasi steso l…, pronto a sopportare qualsiasi cosa il lupo potesse farmi, piuttosto che sotto- pormi all'agonia di uno sforzo ulteriore. Ma questa volta fu la donna a raggiungermi. Io ero semisvenuto ma mi resi conto vagamente che mi stava sollevando, caricandomi sulle spalle. Dopo di che i miei occhi si chiusero; ero troppo stanco per os- servare ci• che mi circondava. Per•, da una sensazione di ondeggia- mento, capivo in maniera nebulosa che mi si stava trasportando. Infine le tossine dello sforzo sostenuto presero il sopravvento sui miei tentativi di restare cosciente. Caddi nel sonno profondo della spossatezza, dimenticando che i miei arti stavano gelando e che venivo trasportato sulle spalle di una donna che possedeva gli istinti di un lu- po e la forza di un demonio; una donna che, I'ultima volta che l'avevo vista, era stata una creatura assolutamente umana e adorabile. Uno strano ritorno a casa Non potr• mai dimenticare le sensazioni che provai al mio risveglio. Aprii gli occhi in un'oscurit… attenuata soltanto da una fioca luminosi- t… rossa. Ero steso su un letto, o un divano, e avvolto in alcune coperte. Delle mani, che perfino al mio corpo gelato sembravano fredde corne ghiaccio, stavano massaggiandomi gambe e braccia. E terribili occhi verdastri fluttuavano nell'oscurit… soffusa di sfumature cremisi, fis- sandomi dall'alto con un'espressione orrida. Spaventato, ricordando quanto era accaduto nel chiarore lunare co- me un vago incubo, raccolsi i miei sensi smarriti e con uno sforzo mi sollevai seduto tra le coperte. E strano, eppure la prima impressione che colpŤ la mia mente confu- sa fu la vista degli sgradevoli fiori verdi che spiccavano in file monoto- ne sulla squallida tappezzeria macchiata. Nella luce rossastra della stanza sembravano di una lugubre tinta nera, eppure risvegliarono ugualmente un vecchio ricordo. Mi resi conto di trovarmi nella sala da pranzo della fattoria, dove ero venuto a trascorrere due estati con lo zio Tom McLaurin molti anni prima. Quella camera dall'illuminazione grottesca conteneva pochissimi mobili. Il divano su cui giacevo io era accanto a una parete, di fronte a un lungo tavolo attorniato da una mezza dozzina di sedie. In fondo alla stanza vi era una grossa stufa, e dietro di essa un secchio pieno di car- bone e una cassetta contenente ramoscelli di pino per accendere il fuo- co. La stufa era spenta e la stanza era freddissima. La debole luce cremi- si proveniva da una piccola lampada elettrica appoggiata sul tavolo, provvista di una lampadina rossa probabilmente del tipo usato dai fo- tografi nella camera oscura. Senza dubbio dovetti raccogliere tutte queste impressioni in manie- ra inconscia, dato che la mia mente atterrita era assorbita dalle perso- ne che occupavano la stanza. Mio padre era chino su di me, intento a strofinarmi le mani, men- tre Stella stava massaggiandomi i piedi che sporgevano dalle coperte. E anche mio padre aveva subito lo stesso spaventoso, misterioso cambiamento della ragazza! La sua pelle esangue era di un freddo pallore cadaverico. Le sue ma- ni erano gelide quanto quelle di un morto irrigidito. E i suoi occhi, che mi osservavano con una strana e terribile circospezione, brillavano di un fulgore verdastro, simili a quelli di Stella e del grande lupo grigio. Lei stessa, la cosa orrida che un tempo era stata l'adorabile Stella, non era cambiata. Aveva ancora quella pelle pallidissima, quegli occhi dal- la strana luminescenza verde e quelle macchie sul viso, che appariva- no adesso nere nella tetra luce rossastra. Nella stufa non ardeva alcuna fiamma, eppure, nonostante il gelo che impregnava la stanza, lei indossava ancora la medesima sottove- ste di seta bianca strappata. Mio padre, o almeno la cosa che una volta era mio padre, portava solo una leggera camicia di cotone, da cui era- no state strappate le maniche, e un paio di calzoni logori. Braccia e piedi erano nudi. Constatai un'ennesima cosa spaventosa. Mentre il mio respiro si condensava in bianche nuvole di cristalli ghiacciati nell'aria gelida, dalle narici di mio padre e di Stella non usciva alcuna traccia di vapo- re. Dall'esterno potevo sentire il lugubre lamento soprannaturale del branco. E di tanto in tanto i due guardavano con inquietudine in dire- zione della porta, quasi fossero ansiosi di raggiungerlo. Quando mio padre parl•, io mi ero gi… sollevato a sedere guardando- mi attorno in un misto d'incredulit… e di confusione. --Siamo felici di vederti, Clovis--disse piuttosto freddamente e senza mostrare alcuna emozione, con un atteggiamento affatto diverso dai suoi modi solitamente gioviali e affettuosi.--Sembra che tu abbia freddo, ma tra poco tornerai a essere normale. Noi abbiamo sorpren- dentemente bisogno di te nella conduzione di un esperimento che non possiamo portare a termine senza la tua assistenza.--Parlava lenta- mente, incerto, come uno straniero che ha tentato di imparare l'ingle- se da un dizionario. Io rimasi fortemente perplesso, anche se davo per scontato che sia lui che Stella soffrissero di uno squilibrio mentale. E la sua voce aveva un certo tono lamentoso, che ricordava gli ulula- ti del branco. --Ci aiuterai?--domand• Stella con la stessa terrificante inflessio- ne. --Spiegatemi! Spiegatemi tutto quanto, per favore!-- sbottai. --Altrimenti io impazzir•! Perch‚ tu correvi insieme ai lupi? Perch‚ i tuoi occhi hanno quella luminosit… verde, e la tua pelle Š di un pallore mortale? Perch‚ voi due siete cosŤ freddi? Perch‚ questa luce rossa? Perch‚ non c'Š un fuoco acceso? Mentre io farfugliavo queste domande, loro rimasero a fissarmi si- lenziosi nella strana stanza, con quello sguardo mostruoso. Per alcuni minuti restarono zitti. Poi negli occhi di mio padre apparve un'espressione di scaltra intelligenza e dalla sua bocca uscŤ di nuovo quella voce agghiacciante. --Clovis--mi disse--tu sai che siamo venuti qui con lo scopo di studiare la scienza. E una grande scoperta Š stata effettuata, un'enor- me scoperta riguardante le risorse della vita. I nostri corpi sono cam- biati, come tu sembri vedere. Macchine migliori sono diventati, e pi— forti. Il freddo non li danneggia, a differenza del tuo. Perfino la nostra vista Š migliore, quindi luci intense non ci occorrono pi—. --Ma ancora ci manca il successo perfetto. Le nostre menti sono sta- te cambiate e noi non ricordiamo ci• che un tempo era in nostro pos- sesso. E sei tu che noi desideriamo come nostro aiutante nella sostitu- zione di una nostra macchina che Š stata rotta. Noi vorremmo aiuto da te, cosicch‚ a tutta l'umanit… noi possiamo portare il dono della nuova vita, che Š di forza etema e non conosce morte. Noi cambieremo tutti con la nuova scienza che a noi Š giunta in scoperta. --Vorresti dire che hai intenzione di trasformare la razza umana in tanti mostri simili a voi? Mio padre ringhi• con la ferocia di un animale da preda. --Tutti gli uomini riceveranno il dono della vita simile alla no- stra--ribadŤ.--La morte non sar… pi—. E noi il tuo aiuto richiedia- mo... e otterremo!--La sua voce conteneva un intenso tono malefico di minaccia.--Tu sarai nostro aiuto. Tu non rifiuterai! Si piant• di fronte a me scoprendo i denti e incurvando le dita come fossero artigli. --Certo, ti aiuter•--riuscii a balbettare con voce tremante.--A ogni modo non sono molto brillante come sperimentatore.--Ero sicu- ro che un rifiuto avrebbe rappresentato un mezzo per commettere uno spiacevolissimo suicidio. In quei minacciosi occhi verdi brill• una luce trionfante di astuzia, I'a- stuzia del maniaco che ha appena perpetrato un abile inganno. --Pu• venire adesso, cosŤ da vedere la macchina?--domand• Stel- la. --No--risposi io in tutta fretta, cercando delle ragioni per guada- gnare tempo.--Ho freddo. Devo accendere un fuoco e scaldarmi. E poi ho fame, e sono molto stanco. Devo mangiare e dormire.--Ed era tutto quanto vero, tra I altro. Il mio corpo era interamente ghiacciato per le ore trascorse all'aperto. Gambe e braccia mi tremavano ancora. I due si guardarono scambiandosi strani suoni gutturali, simili a la- menti bestiali. Sembrava che quello, e non le parole, fosse il loro lin- guaggio naturale, e che il loro inglese fosse solo una lingua appresa su- perficialmente da poco tempo. --Vero--disse mio padre, e guard• verso la stufa.--Accendi un fuoco se devi. Quello che ti occorre Š qui?--E indic• con aria interro- gativa il carbone e i legnetti, come se il fuoco fosse una cosa del tutto nuova e sconosciuta per lui. --Noi dobbiamo andare all'esterno--aggiunse.--La luce del fuo- co Š dannosa per noi, come il freddo per te. E in un'altra stanza chia- mata...--esit• visibilmente--... chiamata cucina, ci sar… cibo. L… ti aspetteremo. Seguito dalla ragazza, uscŤ silenziosamente dalla camera. Rabbrividendo per il freddo mi affrettai verso la stufa. Le braci era- no spente; da parecchi giorni non veniva accesa. Scossi gi— la cenere, accesi un fiammifero che trovai in tasca e lo buttai sulla grata, riem- piendo poi la stufa di ramoscelli e di carbone. In pochi minuti si lev• una fiamma crepitante, di fronte alla quale mi accovacciai con un sen- so di gratitudine. Poco dopo la porta si aprŤ lentamente. Stella lanci• un'occhiata guardinga per vedere se c'era della luce nella stanza, poi entr•. La stu- fa, perfettamente chiusa, non lasciava filtrare alcun bagliore. La pallida ragazza dagli occhi verdi aveva le braccia cariche di cibo, un curioso assortimento raccolto evidentemente a casaccio in cucina. C'erano due pagnotte, della pancetta affumicata, una lattina chiusa di caffŠ, un sacchetto di sale, una scatola di farina d'avena, un barattolo di lievito, una dozzina di confezioni di cibo in scatola, e perfino una bottiglia di lucido per la stufa. --Tu mangi questo?--mi chiese con la sua voce stranamente ani- malesca, deponendo il tutto sul tavolo. Era una situazione quasi ridicola, eppure in un certo senso anche terribile. Sembrava che lei non avesse la minima idea riguardo ai biso- gni alimentari umani. Provando finalmente un piacevole tepore al corpo, e letteralmente affamato, mi accostai al tavolo ed esaminai lo strano assortimento. Scelsi una pagnotta, una scatoletta di salmone e una di albicocche. --Alcune di queste cose si mangiano cosŤ come sono--azzardai, chiedendomi come avrebbe reagito.--Altre devono essere cotte, inve- ce. 519 518 --Cotte?--Domand• immediatamente lei.--Cosa vuol dire?-- Poi, mentre io restavo zitto per la sorpresa, aggiunse:--Esprime forse che devono essere calde e sanguinanti dall'animale? --No!--urlai.--No. Per cuocere un cibo lo si riscalda. E di solito si aggiungono condimenti, come il sale, per esempio. E un procedimento abbastanza complesso che richiede una notevole abilit…. --Capisco--disse.--E tu devi consumare simili generi per mante- nere il tuo corpo integro? Le risposi di sŤ, poi le feci notare che mi serviva un apriscatole per il cibo confezionato. Dopo avermi chiesto una descrizione di tale arnese si affrett• in cucina e torn• quasi subito con l'apriscatole. Anche mio padre era rientrato nella stanza. I due mi osservarono con quegli strani occhi verdi mentre mangiavo. L'appetito non ne fu certo stimolato, ma io cercai di protrarre il pasto il pi— a lungo possibile per rinviare qualsiasi cosa mi riservassero per quando avessi finito. Entrambi mi rivolsero parecchie domande. Domande simili a quella di Stella riguardante la cottura, circa argomenti normalmente noti an- che a un bambino. Non si trattava comunque di domande stupide... af- fatto! Entrambi diedero prova di un'intelligenza quasi soprannatura- le. Ricordavano tutto, e io rimasi impressionato dalla loro abilit… nel collegare i fatti che io fornivo loro, per svilupparne altri. I loro occhi mi fissarono incuriositi quando, incapace di protrarre ulteriormente la finzione di avere ancora fame, io estrassi una sigaret- ta e cercai un fiammifero per accenderla. Quando la fiammella balugi- n•, lanciarono un urlo agonizzante e si coprirono gli occhi, balzando indietro tremanti. --Distruggi quella cosa!--ringhi• con ferocia mio padre. Io spensi la minuscola fiamma, sorpreso dai suoi effetti. I due scoprirono gli occhi, sbattendo le palpebre. Trascorsero parec- chi minuti prima che si riavessero completamente dalla loro sbalordi- tiva paura della luce. --Non fare pi— luce quando noi siamo vicini--ringhi• mio padre. --Ti lacereremo il corpo se dimentichi!--E scoprŤ i denti, arriccian- do le labbra come un lupo e lanciando un altro grugnito terribile. Stella corse a una finestra che guardava a est, sollev• gli scuri e sbir- ci• nervosamente fuori. Vidi che stava arrivando l'alba. La ragazza ug- giol• in maniera strana, rivolta a mio padre. Anche lui era inquieto, co- me una preda puntata dai cani, e roteava gli enormi occhi verdi intor- no a s‚. Si volt• nella mia direzione con fare ansioso. --Vieni--disse.--La macchina che noi con il tuo aiuto ripareremo Š nella cantina sotto la casa. Il giorno arriva. Noi dobbiamo andare. --Non posso--protestai.--Sono stanco morto, sono stato in piedi tutta la notte. Devo assolutamente riposarmi, prima di mettermi a la- vorare a una macchina. Ho tanto sonno che non riesco nemmeno a con- nettere. Mio padre rivolse un guaito lamentoso a Stella, come se stesse par- lando in una strana lingua lupina. Lei gli rispose nello stesso modo, poi mi parl•. --Se il riposo Š necessario al funzionamento del tuo corpo, puoi dor- mire fino a quando la luce non andr…. Segui. AprŤ la porta in fondo alla stanza, mi condusse attraverso una sala buia, e da l… in una piccola camera da letto che conteneva un lettino, due sedie, una toeletta e un armadio. --Tenta di non andare--mi avvertŤ con un ringhio--o noi ti segui- remo sulla neve! La porta si chiuse e io rimasi solo. Una chiave cigol• sinistramente nella serratura. La piccola stanza era fredda e buia. Mi infilai in fretta a letto e per un po' rimasi coricato ad ascoltare. L'ululato spaventoso del branco, che era continuato tutta la notte, sembr• farsi pi— intenso e vicino. Poi cess• con pochi uggiolii acuti, ap- parentemente proprio fuori dalla finestra. Con l'alba, il branco era ve- nuto alla casa! Mentre la luce crescente del giorno filtrava nella cameretta, mi sol- levai sul letto per esaminarne di nuovo il contenuto. Era una stanza or- dinata, tappezzata di fresco. La toeletta era coperta da un vivace drap- po di seta su cui erano disposti ordinatamente articoli da toeletta fem- minili. In un angolo, sotto una tenda, erano appesi alcuni abiti, un ber- retto di colore brillante e un maglione. Sulla parete c'era una foto... un mio ritratto! Mi resi conto che la stanza in cui ero stato chiuso a chiave fino al ca- lar della sera doveva appartenere a Stella. E ora capivo anche che nessuna spiegazione terrena, nessuna forma di pazzia, poteva spiegare ci• che avevo visto e sentito. Era un pensiero presente nella mia mente fin dall'inizio, ma avevo tentato di relegarlo in un angolo, in cerca di una spiegazione pi— semplice. Avevo pensato a Marte... e adesso mi rendevo conto che simboleggiava qualcosa di alie- no, qualcosa che non apparteneva a questo mondo. Stella e mio padre erano posseduti da entit… aliene, da entit… intelli- genti e malvagie. Le loro personalit… umane erano state scacciate, o as- soggettate... e le entit… usurpatrici ora volevano il mio aiuto... Passai a esaminare le finestre, prospettando un'eventuale fuga. Ve n'erano due, rivolte verso oriente. All'esterno, comunque, erano state fissate trasversalmente due assi massicce, talmente vicine da toglier- mi qualsiasi speranza di riuscire a sgusciarvi in mezzo. Un'ispezione della stanza non rivel• alcun oggetto con cui potessi tentare di rimuo- verle. Del resto avevo troppo sonno ed ero troppo spossato per tentare la fuga. Al pensiero dei quindici chilometri di neve spessa e farinosa che mi separavano da Hebron, abbandonai subito l'idea. Sapevo che nelle condizioni in cui mi trovavo non avrei mai potuto percorrere una distanza simile nel corso della breve giornata invernale. E rabbrividii al pensiero di essere raggiunto sulla pianura innevata dal branco. Mi coricai di nuovo sul letto di Stella, che conservava ancora una leggera fragranza di profumo, e ben presto mi addormentai. Il mio sonno, per quanto profondo, fu agitato. Ma nessun incubo avrebbe po- tuto essere cosŤ sconvolgente come la realt… da cui avevo trovato scam- po per qualche ora. La macchina in cantina Dormii per gran parte della breve giornata invernale. Al mio risveglio il sole stava tramontando. Una luce grigia scendeva sullo sterminato deserto di neve all'esterno delle mie finestre sbarrate, e il pallido disco della luna quasi piena stava sorgendo nel cielo crepuscolare a oriente. Non si scorgeva traccia di alcuna abitazione lungo le miglia di candida prateria, e io provai un'acuta sensazione di solitudine completa. Non potevo contare su alcun aiuto esterno nell'affrontare la strana e paurosa situazione in cui mi ero inaspettatamente trovato. Se dovevo sfuggire a quei mostri che si celavano nei corpi delle persone a me pi— care, dovevo fare affidamento esclusivamente sulle mie forze. E sareb- be toccato esclusivamente a me l'impresa di restituire loro le persona- lit… che possedevano un tempo. Ancora una volta esaminai le robuste traverse di legno che ostruiva- no le finestre. Sembravano inchiodate saldamente alla parete da en- trambi i lati e io non trovai alcun attrezzo adatto a tagliarle. Avevo an- cora i fiammiferi in tasca, comunque, e pensai che forse avrei potuto bruciarle. Ma non c'era tempo sufficiente per una simile operazione prima che le tenebre facessero tornare i miei catturatori, e inoltre non gradivo per niente il pensiero di fuggire con il branco che mi inseguiva. E poi avevo di nuovo fame e sete. Scese l'oscurit…, mentre io giacevo sul letto tra gli effetti personali di un'adorabile ragazza nei cui confronti avevo nutrito sentimenti di te- nerezza, e aspettavo che lei arrivasse con la notte, in compagnia dei suoi terribili alleati, per trascinarmi incontro a un orrendo destino che ml era ancora ignoto. La grigia luce diurna svanŤ impercettibilmente nel pallido chiarore argenteo della luna. All'improvviso, senza alcun segno rivelatore, la chiave gir• nella ser- ratura. Stella, o I'entit… aliena che dominava il grazioso corpo della ragazza, scivol• nella stanza con una grazia sinistra. --Immediatamente tu verrai--disse con quella voce lupina.--La macchina aspetta l'aiuto di te nel grande esperimento. Subito vieni. Il tuo debole corpo Š riposato? --D'accordo--dissi.--Certo, ho dormito. Per• adesso ho di nuovo fame e sete. Devo assolutamente bere e mangiare qualcosa, prima di mettermi ad armeggiare con una macchina. Ero deciso a posticipare il pi— a lungo possibile qualsiasi prova mi fosse riservata. --Il tuo corpo potrai ancora soddisfare--acconsentŤ la donna. --Ma impiega non troppo tempo!--ringhi• minacciosa. La seguii nella sala da pranzo. --Prendo acqua--mi disse, e uscŤ silenziosa dalla porta. La stufa era ancora tiepida. L'aprii, attizzai le braci e aggiunsi altro carbone, ottenendo ben presto una fiamma crepitante. Poi spostai la mia attenzione al cibo che era avanzato. I resti del salmone e delle al- bicocche erano gelati sui piatti, e io li appoggiai sulla stufa a scaldarsi. Poco dopo Stella fu di ritorno con un secchio contenente un blocco di ghiaccio. Evidentemente sorpresa dal fatto che io non potessi bere l'ac- qua in forma solida, mi lasci• deporre il recipiente sulla stufa affinch‚ il ghiaccio si sciogliesse. Mentre attendevo accanto alla stufa, mi rivolse innumerevoli do- mande, molte delle quali cosŤ elementari da risultare ridicole se mi fossi trovato in una situazione meno tragica, altre riguardanti invece le pi— recenti e astruse teorie scientifiche, di cui la ragazza sembrava possedere una conoscenza superiore alla mia. Mio padre apparve all'improwiso con le braccia cadaveriche piene di libri. Li depose sul tavolo e mi fece un brusco cenno esortandomi a dare un'occhiata. Aveva portato La teoria della relativit… di Einstein, Gravitazione ed Elettricit… di Weyl, e due dei suoi volumi stampati pri- vatamente. Si trattava di Tenson Spazio-~emporali e del volume di ipo- tesi matematiche intitolato Universi interdipendenti, le cui bizzarre im- plicazioni avevano creato sensazione notevole tra gli studiosi ai quali mio padre aveva inviato copie del libro. Cominci• allora ad aprire quei volumi e a bombardarmi di domande a cui spesso non fui in grado di rispondere. Tuttavia la maggior parte dei suoi interrogativi riguardavano semplicemente la grammatica o il significato delle parole del testo. Sembrava che riuscisse ad afferrare facilmente l'essenziale del discorso, mentre la lingua gli creava diffi- colt…. Le sue domande erano esattamente quelle che avrebbe potuto rivol- gere un essere super-intelligente di Marte, nel caso avesse tentato di leggere dei trattati scientifici senza possedere per• una padronanza completa del linguaggio in cui erano scritti. Anche i suoi stessi testi sembravano risultargli poco familiari, come quelli degli altri scienziati. Eppure scorse le pagine a una velocit… im- pressionante, fermandosi solo occasionalmente per chiedere un chiari- mento, e parve acquisire una conoscenza completa del testo man ma- no che procedeva. Quando mi lasci• libero di consumare il mio pasto, il cibo e l'acqua erano ormai caldi. Bevvi, poi mangiai pane, salmone e albicocche, con la massima lentezza che il coraggio mi consentiva. Li invitai a dividere il pasto con me, ma i due rifiutarono seccamente. La filza di domande nel frattempo continu•. Poi, di colpo, concludendo evidentemente che io avevo mangiato a sufficienza, si incamminarono verso la porta ordinandomi di seguirli e io non osai fare altrimenti. Mio padre si ferm• all'estremit… del tavo- lo e prese la lampada rossa, unica fonte luminosa della stanza. Attraversammo di nuovo la sala buia e uscimmo da una porta sul re- tro della fattoria. Mentre percorrevamo un tratto innevato alla luce lu- nare, io rabbrividii per l'ennesima volta udendo il gemito lontano del branco in cui echeggiava ancora quella nota terribile che ricordava de- gli organi vocali umani tesi in uno sforzo inaudito. A pochi metri da noi si trovava la porta della cantina. Il seminterra- to dell'abitazione era stato evidentemente ampliato in maniera consi- derevole di recente, dato che il cortile posteriore era pieno di cumuli di terriccio, alcuni dei quali coperti di neve, altri neri e s~ogli. I due fecero strada lungo i gradini che immettevano nella cantina mio padre portava ancora la lampada che rompeva debolmente l'oscŁrit… con un fievole bagliore cremisi. La cantina era spaziosa e intonacata accuratamente. Non aveva su- bito lavori di ampliamento, ma accanto alla porta si apriva un passag- gio scuro che declinava verso scavi a una profondit… maggiore. Al centro del pavimento c'erano i rottami di uno strano macchinario che era stato evidentemente danneggiato di proposito. LŤ accanto no- tai infatti un'accetta, senza dubbio l'oggetto causa della devastazione. Il pavimento era cosparso di schegge di vetro, appartenenti a valvole termoioniche infrante. La macchina stessa era un ammasso di cavi ag- grovigliati, di bobine contorte e di magneti piegati, sistemato in ma- niera incomprensibile all'esterno di un grande anello di rame, del dia- metro di un metro abbondante. L'anello di rame era montato perpendicolarmente su un telaio me- tallico, di fronte al quale vi era uno scalino di pietra sistemato in modo da lasciar supporre che servisse per salire e penetrare attraverso l'a- nello. Vidi per• che era praticamente impossibile farlo, poich‚ sul lato opposto vi era un ammasso di apparecchiature contorte... un grande specchio parabolico di metallo lucido al centro del quale era avvitato un oggetto che aveva tutta l'aria di un tubo catodico spezzato. Era una macchina davvero sconcertante, che aveva subito una di- struzione pressoch‚ totale. Escludendo l'anello di rame e quel gradino di pietra, le altre sue parti erano quasi tutte contorte o infrante. In fondo alla cantina c'era un generatore di piccole dimensioni, un piccolo motore a benzina collegato a una dinamo, del tipo usato a volte nelle case isolate per fornire corrente elettrica. Vidi che quello non era stato danneggiato. Da un banco vicino alla parete, mio padre raccolse una valigetta da cui tolse un rotolo di cianografie e un fascio di fogli infilati in una car- telletta di cartoncino. Sparse tutto quanto sul banco e vi appoggi• vici- no la lampada rossa. --Questa macchina, come vedi, Š stata danneggiata, con nostra grande sfortuna--mi disse.--Queste carte dicono il metodo di co- struzione da seguire nel montaggio di simili macchine. Il tuo aiuto Š necessario nel decifrare quello che dicono. E la nuova macchina porte- r… una grande e forte vita, come noi abbiamo, a tutto il tuo mondo. --Hai detto tuo mo?~do!--gridai.--Dunque ammetti di non appar- tenere a questa terra? Tu sei un mostro, che ha rubato il corpo di mio padre. Entrambi ringhiarono come belve, scoprendo i denti e fulminandomi con un terribile sguardo dei loro occhi verdastri. Poi nelle pupille di mio padre affior• di nuovo una subdola espressione d'astuzia. --No, figlio mio--mi disse con un uggiolio animalesco.--Un nuo- vo segreto di vita noi abbiamo scoperto. Grande forza esso d… ai nostri corpi. La morte non pi— temiamo. Ma le nostre menti sono cambiate. Molte cose non ricordiamo. Dobbiamo richiedere il tuo aiuto per leg- gere questo che un tempo noi abbiamo scritto... --Sciocchezze !--esclamai.--Non ti credo. E che io sia dannato se vi aiuter• a riparare quel congegno infernale, e a trasformare altri es- seri umani in mostri come voi! I due balzarono verso di me. I loro occhi brillavano orrendamente sulla pelle pallidissima; le loro dita erano incurvate come artigli e dal- le loro bocche ringhianti gocciolava saliva. --Tu aiuterai!--url• mio padre.--O il tuo corpo noi atrocemente distruggeremo. Lo divoreremo lentamente, mentre tu vivi ancora! Accecato dal terrore persi l'uso della ragione, e con un grido selvag- gio e tremolante mi lanciai verso la porta. Era un gesto disperato, poich‚ era impossibile sfuggire a esseri dota- ti della loro forza soprannaturale. Con urli impressionanti si scagliarono dietro di me insieme, gettan- domi sul pavimento e addentandomi selvaggiamente alle braccia e al corpo. Per alcuni istanti lottai sorretto dalla disperazione, mi contorsi e scalciai, riparandomi la gola con un braccio e colpendo alla cieca con l'altro. Poi mi immobilizzarono definitivamente, e non mi rest• altro che imprecare e lanciare una vana richiesta di aiuto La donna, bloccandomi le braccia contro i fianchi, mi sollev• con fa- cilit… e mi caric• sulle sue spalle. Il suo corpo a contatto del mio era freddo come il ghiaccio. Lottai con furia ma inutilmente, mentre lei imboccava il tenebroso pendio del passaggio che conduceva nei recen- ti scavi sottostanti la cantina della casa. Dietro di noi, mio padre raccolse la lampada rossa e le carte del pro- getto, seguendoci nel tetro cunicolo. Il tempio dell'oscurit… scarlatta Impotente tra quelle braccia mostruosamente forti, sebbene avessero il gelo e il pallore di un cadavere, venni trasportato lungo una stretta rampa di scalini in un'altra sala sotterranea pervasa da una fioca luce rossastra che non proveniva da alcuna fonte visibile, tanto da sembra- re un tetro lucore sanguigno prodotto dall'aria stessa. Le pareti del lo- cale sotterraneo erano lisce e scurissime, di una sostanza misteriosa nera come l'ebano. Venni trasportato per diversi metri lungo quella cavit… stranamente illuminata, finch‚ non arrivammo in un locale pi— ampio, con un alto soffltto a volta e ogive sorretto da una doppia fila di colonne massicce e nerissime. Nelle pareti erano scavate numerose e buie nicchie ad arco. Anche questa sala pi— ampia era illuminata in maniera tetra da una lu- ce spettrale e scarlatta che non sembrava irradiarsi da nessun punto definito. Era un posto silenzioso e terribile, una specie di cattedrale delle te- nebre consacrata al male e alla morte. Una sinistra atmosfera di orrore indicibile pareva sprigionarsi da quelle stesse pareti buie come la not- te, simile ai soffocanti fumi d'incenso offerti a un'informe divinit… del- I'orrore. La fioca luce rossastra avrebbe potuto provenire da ceri invi- sibili bruciati in riti proibiti di sangue e di morte. Il silenzio stesso era come un'entit… malvagia e tangibile che strisciava su di me staccando- si da quei muri d'ebano. Mi fu concesso ben poco tempo per poter riflettere sugli interrogati- vi suscitati da quel luogo. Cos'era quella materia nerissima delle pare- ti? Da dove proveniva quel livido lucore sanguigno? Da quanto tempo era stato costruito quello strano tempio del terrore? E a quale divinit… demoniaca era consacrato? Ma non ebbi l'opportunit… di cercare una risposta a queste domande, anzi, non ebbi nemmeno il tempo per ri- prendermi dal mio naturale stupore nel trovare un posto simile sotto il terreno di una fattoria del Texas. La ragazza che mi trasportava mi lasci• cadere a terra, accanto a un pilastro che aveva un diametro di mezzo metro abbondante, e lasci• un guaito stridulo come quello di un cane affamato. Si trattava eviden- temente di un richiamo, dato che due uomini apparvero nell'ampia navata centrale del tempio, verso la quale io ero voltato. Due uomini... o piuttosto due mostruosit… malvagie celate in corpi umani. I loro occhi brillavano di quella verde fiamma aliena, e i loro corpi, sotto abiti stracciati, erano spaventosamente bianchi. Uno di lo- ro mi si avvicin• con un pezzo sfilacciato di corda, probabilmente un frammento di laccio che avevano trovato di sopra. Pi— tardi capii che quei due dovevano essere i meccanici provenienti da Amarillo e che, come mi aveva detto Judson la notte del nostro viag- gio fatale, erano stati assunti da mio padre. Non avevo ancora visto il dottor Blake Jetton, il padre di Stella, che era stato l'assistente capo di mio padre in varie indagini scientifiche... indagini che avevano avuto un risultato terrificante! Mentre la donna mi teneva contro la colonna, gli uomini mi a~ferra- rono le braccia, le tesero dietro il pilastro e le legarono. Io scalciai, lot- tai, li maledissi, ma invano. Il mio corpo sembrava stucco molle di fronte alla loro terrificante forza. Una volta legate le mani, mi passaro- no una seconda corda attorno alle caviglie, stringendola saldamente contro la colonna color ebano. Ero cosŤ del tutto impotente in quel misterioso tempio sotterraneo, in balia di quelle quattro creature che sembravano possedere una su- perintelligenza infernale unita alla forza e alla natura di lupi. --Guarda lo strumento che noi dobbiamo costruire!--esclam• la voce ringhiante di mio padre. Fermo di fronte a me con il rotolo di pro- getti tra le mani cadaveriche, mi indic• un oggetto che non avevo fino- ra scorto in quel macabro baluginio rossastro. Al centro dell'alta navata principale, tra le file~gemelle di neri pila- stri, c'era una lunga e bassa piattaforma di pietra d'ebano, da cui si er- geva un'intelaiatura metallica simile a quella della macchina distrut- ta che avevo visto di sopra, nella cantina. Il telaio sosteneva verticalmente un enorme anello di rame, molto pi— grande dell'anello appartenente all'apparecchio devastato. Il suo diametro era di circa tre metri e mezzo, se non di pi—; la sua curva su- periore si innalzava verso la buia volta del locale, luccicando strana- mente nell'atmosfera sanguigna e spettrale. Dietro l'anello era stato si- stemato un gigantesco specchio parabolico argenteo di metallo lucido. Ma l'apparecchiatura era evidentemente incompleta. Le complesse valvole termoioniche, le delicate bobine, i magneti e l'intricata cablatura, di cui avevo osservato i resti inservibili nel rotta- me dell'altra macchina, non erano ancora state installate. --Guarda!--url• di nuovo mio padre.--Lo strumento da cui verr… sulla tua terra la grande vita che Š nostra. Il progetto su questi fogli ab- biamo fatto. Dal progetto abbiamo costruito la macchina piccola, e ab- biamo condotto a noi stessi la vita, la forza, I'amore del sangue... --L'amore del sangue!--Sussultai, lanciando un urlo angosciato, e fui di nuovo quasi sopraffatto dall'orrore che incombeva in quello stra- no posto. Mi accasciai contro le corde tremando di paura. Negli occhi della cosa che un tempo era stata mio padre comparve ancora quella luce d'astuzia. --No, non temere--mi calm• con un tono lamentoso.--La tua lin- gua Š nuova per me, e io dico quello che non intendo. Non devi avere paura... se farai il nostro volere. Se non lo farai, allora noi assaggeremo il tuo sangue. --Ma la nuova vita Š giunta solo a pochi. Poi la macchina si Š rotta, per colpa di un uomo, e i nostri cervelli sono cambiati; cosŤ noi non ri- cordiamo come leggere i progetti che abbiamo fatto un tempo. Il tuo aiuto vogliamo nel ricostruire una nuova macchina. Per te e per tutta la tua specie di vita!--Si avvicin• con gli occhi verdastri che brillava- no di una luce malevola, e mi srotol• davanti uno dei fogli coi piani e le caratteristiche degli strani tubi elettronici da montare intorno all'a- nello di rame. Dalle labbra gli uscŤ il lamento sinistro, canino, con cui quei mostri comunicavano tra loro. Uno dei meccanici mutati lo segui- va, reggendo con mani di un pallore cadaverico i componenti di uno dei tubi - il filamento, la lamina, la griglia, gli schermi, gli elettrodi ausiliari e il tubo di vetro in cui quegli oggetti avrebbero dovuto essere sigillati. Evidentemente i componenti erano stati fabbricati tentando di obbedire alle specifiche dei fogli - almeno nella misura in cui quelle creature potevano comprenderle, vista la loro tutt'altro che perfetta conoscenza dell'inglese. --Devi controllare la corrispondenza tra i pezzi e i piani--uggiol• mio padre.--Se la corrispondenza non c'Š, devi dire dov'Š l'errore, e spiegare come si pu• fare a ottenerla. Parla in fretta, o morirai lenta- mente--concluse in tono minaccioso. Pur non essendo affatto un fisico di vaglia, non ebbi difficolt… a con- statare che molti pezzi erano inutilizzabili, nonostante fossero stati co- struiti con estrema cura. Le creature sembravano ignorare completa- mente i principi di fondo sui quali si basava il congegno che cercavano di costruire; nello stesso tempo, il modo in cui erano stati fabbricati al- cuni pezzi implicava il possesso di nozioni che, per il momento, erano molto al di l… delle possibilit… della nostra scienza. Il filamento era metallico, questo Š vero - ma di tale spessore che una corrente in grado di portarlo a incandescenza avrebbe danneggia- to irreparabilmente il tubo che lo conteneva. La griglia era un piccolo capolavoro- ma era di radio metallico! Valeva, da sola, una fortuna, ma era del tutto inutile in un tubo elettronico. E la lamina mi sembr• di quarzo puro fuso, lavorato con un'accuratezza che mi sbalordŤ; ma anche quella era del tutto inservibile. --Ci sono pezzi che non vanno bene?--chiese mio padre con voce uggiolante. Evidentemente i suoi luccicanti occhi verdastri avevano letto qualcosa nel mio viso.--Spiega dov'Š lo sbaglio. Spiega come ri- farli nel modo giusto! Serrai le labbra, deciso a non dire nulla. Sapevo che proprio per mezzo di quell'infame congegno mio padre e Stella erano stati ridotti nel loro attuale stato. Per nessuna ragione al mondo ero disposto a far sŤ che al- tri esseri umani subissero una cosŤ orribile metamorfosi. Se portata a termine, la macchina alla quale erano destinati quei pezzi sarebbe sta- ta un pericolo per tutta l'umanit…: questo pensavo, anche se allora ero ben lontano dall'aver compreso fino in fondo la portata di quel perico- Mio padre ringhi• in direzione della donna. Lei allora si gett• carponi e si scagli• contro di me come un lupo, con terribili ululati! Mi prese con i denti i calzoni, sulla met… della coscia destra, e diede uno strappo verso il basso. Poi me li affond• nella carne e cominci• a rosicchiare lentamente... Non mi produsse una ferita profonda, ma il sangue, che appariva ne- ro in quella luce terribile, prese a gocciolare lungo la mia gamba... san- gue che di tanto in tanto lei leccava con gusto, smettendo momenta- neamente di rosicchiare. Era chiaro che tutto ci• veniva fatto con il preciso scopo di causarmi il massimo del dolore e della paura. Per alcuni minuti, forse, io sopportai... minuti che sembravano seco- Il dolore in s‚ era atroce, ma non quanto lo era il terrore del luogo e della situazione in cui mi trovavo. Lo strano tempio delle tenebre, dal pavimento nero, le pareti nere, i pilastri neri, il soffitto a volta nero. La fioca luce color sangue, senza fonti apparenti, che lo pervadeva. Lo spaventoso silenzio, rotto soltanto dai miei gemiti e dal lieve rumore dei denti che rosicchiavano. Il mostro demoniaco che mi stava di fron- te nel corpo di mio padre, che mi fissava tenendo in mano gli schemi e i pezzi della valvola, e che aspettava che io parlassi. Ma la cosa pi— orri- bile era che il demone che mi stava addentando possedeva il corpo del- la cara, adorabile Stella! La ragazza stava ora affondando i denti con un rumore scricchiolan- te. Mi dimenai, urlando per il dolore atroce e grondante di sudore. Die- di strattoni furiosi ai legami che mi bloccavano, cercando di spezzare la corda che imprigionava la mia gamba torturata. Dalla gola di lei si levarono avidi e rabbiosi grugniti. Il suo viso di un pallore cadaverico era di nuovo sporco di sangue, come la prima volta che l'avevo visto. Ma lo strazio della mia gamba continuava interrotto solo occasionalmente quando lei si fermava a leccarsi le iabbra con un'orribile espressione di soddisfazione. Alla fine non riuscii pi— a sopportare quella tortura. Anche se il destino della terra dipendeva da me, come ero convinto, non potevo pi— resi- stere. --Basta! Basta!--gridai.--Parler•. Si avvicin• a me con uno sguardo in cui bruciava una verde fiamma malvagia, e mi srotol• di fronte agli occhi uno dei fogli contenenti i di- segni e i dati delle strane valvole che dovevano essere montate all'e- sterno dell'anello di rame. Dalle sue labbra uscŤ il curioso lamento ani- malesco con cui quei mostri comunicavano tra loro. Uno dei meccanici mutati gli si avvicin• allora, portando in mano le parti di una valvola: filamenti, placca, griglia, schermatura, elettrodi ausiliari e il tubo di vetro in cui dovevano essere sigillate. Le parti evidentemente erano state costruite con la massima confor- mit… possibile alle istruzioni scritte, permessa dalla imperfetta cono- scenza dell'inglese di quegli esseri. --Ci sono i piani di queste parti--disse mio padre.--Se sbagliate, tu devi dire dove sbagliate. Descrivi come metterle assieme. Parla ra- pido, o morirai con lentezza!--E ringhi• minaccioso. Sebbene io non fossi assolutamente un esperto in fisica, vidi abba- stanza facilmente che gran parte di quei pezzi erano inservibili, nono- stante fossero stati fabbricati con sorprendente precisione. Sembrava che quelle creature non possedessero alcuna conoscenza dei principi fondamentali che erano alla base del funzionamento della macchina che stavano tentando di costruire... eppure, nel fabbricare quei pezzi, avevano compiuto realizzazioni che sarebbero state al di fuori della portata della nostra scienza. Il filamento era costruito in metallo, abbastanza bene... ma era trop- po spesso, e la corrente che avrebbe condotto avrebbe fatto saltare la valvola. La griglia era costruita in maniera eccellente... ed era di radio metallico! Valeva una piccola fortuna, ma era del tutto inadatta a una valvola termoionica. La placca era evidentemente di quarzo puro, fu- so. Era modellata con una precisione che mi sorprese, ma anch'essa era inservibile. --Parti sbagliate?--latr• eccitato mio padre, avendomi senza dub- bio letto qualcosa in faccia.--Indica quanto sono sbagliate! Descrivi come farle corrette! Io serrai le labbra, deciso a non rivelare nulla. Sapevo che la spaven- tosa metamorfosi di mio padre e di Stella era avvenuta tramite la mac- china ora distrutta, e non volevo collaborare alla trasformazione di al- tri esseri umani in simili mostri diabolici. Ero certo che quell'apparec- chiatura, una volta completata, avrebbe costituito una minaccia per l'intera umanit…. Piuttosto riluttante la ragazza si alz•, leccandosi le labbra scarlatte. Mio padre - io continuo sempre a chiamare il mostro con questo no- me, ma quello non era mio padre - mi mise gli schemi sotto gli occhi, mostrando nel palmo della mano le minuscole parti che componevano la valvola. Dovetti usare tutta la forza di volont… di cui disponevo per distoglie- re la mente dal dolore pulsante della ferita alla gamba. Ma riuscii a spiegare che il filamento avrebbe dovuto essere molto pi— sottile, che il radio non era adatto per la griglia, e che la placca doveva essere co- struita con un metallo conduttore, invece che con quel quarzo. Fece fatica a comprendere i termini scientifici da me usati. Il nome tungsteno, per esempio, non significava niente per lui, finch‚ non gli spiegai le caratteristiche e il numero atomico di tale metallo. Al che lo indentific• immediamente, e parve possedere in proposito una cono- scenza perfino superiore alla mia. Per lunghe ore risposi alle sue domande e fornii spiegazioni. Alcune volte fui tentato di rifiutare di farlo, ma il ricordo insopportabile dei denti che mi rodevano la gamba finŤ sempre col costringermi a parla- re. La conoscenza scientifica e l'abilit… dimostrate nella costruzione delle parti della macchina, una volta capite correttamente le istruzio- ni, mi sorpresero. Quei mostri, che avevano rubato quei corpi umani, sembravano possedere una loro conoscenza scientifica notevole, spe- cialmente nella chimica e in certi rami della fisica. Per• l'elettricit…, il magnetismo, e le moderne teorie della relativit… e dell'equivalenza, sembravano nuove per loro, probabilmente perch‚ quegli esseri prove- nivano da un mondo i cui fenomeni naturali erano differenti dai nostri. Da una delle cavit… che si aprivano nella grande sala, portarono uno strano congegno luccicante che consisteva in una serie di sfere e di bul- bi collegati tra loro e costruiti con una specie di cristallo. Un blocco di pietra calcarea, che doveva provenire dagli scavi del tempio sotterra- neo, venne posto in una capiente sfera inferiore del macchinario e si dissolse lentamente formando un denso gas iridescente color vioia. Allora, quando mio padre o uno degli altri volevano costruire qual- cosa - una placca o una griglia metallica, una bobina, un interruttore o qualsiasi altro pezzo occorrente alla macchina - modellavano una pic- cola copia dell'oggetto desiderato con una sostanza biancastra e molle, simile a cera. Il modello veniva quindi posto in uno dei bulbi di cristallo che veni- va riempito con il gas violetto, probabilmente un derivato formato dai protoni e dagli elettroni del calcare scisso. L'operatore del congegno azionava un controllo, e al momento giu- sto toglieva dal bulbo di cristallo... non il modello, bensŤ l'oggetto fini- to, formato del materiale desiderato! Non mi spiegarono il processo, ma sono certo si trattasse di formare nuovi atomi partendo dagli elettroni e dai positroni originali- un pro- cesso era esattamente l'opposto della disintegrazione. Si poteva parti- re da atomi semplici come quelli dell'idrogeno o dell'elio e si ottene- vano poi carbonio, silicio, o ferro. E poi argento, se si desiderava, op- pure oro! E infine radio o uranio, i metalli pi— pesanti. L'oggetto veniva tolto quando gli atomi avevano raggiunto il numero adatto per la for- mazione dell'elemento richiesto. Con quell'apparecchio meraviglioso, i cui risultati superavano i so- gni pi— folli degli alchimisti, la realizzazione dell'enorme macchina al centro della navata procedeva a una velocit… impressionante, una ve- locit… che mi terrorizzava. Pensai allora che avrei potuto ritardarne la costruzione escogitando qualche espediente. Spremendo il mio cervello, stanco e offuscato dal dolore, cercai un trucco che potesse sviare i miei astuti avversari. L'i- dea migliore che mi si present• fu quella di fomire una falsa interpre- tazione della parola "vuoto". Se fossi riuscito a nasconderne il vero si- gnificato a mio padre, lui avrebbe lasciato arie nelle valvole, che sareb- bero saltate non appena data la corrente. Quando alla fine mi doman- d• cosa volesse dire quella parola, io gli spiegai che indicava uno spa- Zi0 chiuso. Ma lui aveva consultato opere scientifiche, oltre a sfruttare la mia povera consulenza tecnica. Quando quelle parole uscirono dalle mie labbra, mi balz• addosso con un ringhio terrificante, cercando di gher- mirmi la gola. Se non fosse stato per un'affrettata simulazione di ottu- sit… e di paura, la mia parte in quell'orribile avventura avrebbe potuto giungere a una prematura conclusione. Protestai la mia sincerit…, ad- ducendo come scusa che la mia mente era sfinita e che non riuscivo pi— a ricordare argomenti scientifici, che avevo ancora bisogno di mangia- re e di dormire. Poi mi accasciai contro le corde, con il capo penzolante, rifiutando di rispondere anche di fronte alla minaccia di ulteriori torture. E, a dire il vero, vi era ben poca finzione nella mia stanchezza, perch‚ non avevo mai passato una giornata cosŤ logorante, una giornata in cui gli orrori si erano succeduti cosŤ di continuo. Alla fine mi slegarono, e la ragazza, percorrendo il passaggio di pri- ma, mi condusse di nuovo in casa; ero troppo esausto per camminare da solo. Quando uscimmo nel cortile coperto di neve, il lontano lamen- to del branco mi colpŤ un'altra volta i timpani. A est, sulla sconfinata distesa di neve, il pallido disco della luna dai freddi riflessi argentei stava sorgendo. Era di nuovo notte! Ero rimasto nel tempio sotterraneo per pi— di ventiquattro ore. Sfuggendo al branco Ero di nuovo nella piccola stanza che un tempo era stata di Stella, tra i suoi oggetti personali, cogliendo un occasionale sentore del suo profu- mo. Era una cameretta ordinata e semplice, e io avevo la sensazione di violare un luogo sacro. Ma non avevo scelta, del resto, poich‚ le fine- stre erano bloccate e la porta era chiusa a chiave. Stella, o meglio dovrei dire la donna lupo, mi aveva lasciato fermare nell'altra stanza per mangiare e bere qualcosa, e mi aveva perfino con- cesso di cercare il mobiletto dei medicinali da cui avevo prelevato una bottiglia di disinfettante da applicare alla gamba ferita. Ora, seduto sul letto in un freddo raggio di luce lunare, versai il li- quido bruciante e fasciai la gamba con una benda ricavata da un len- zuolo pulito. Poi mi alzai e andai alla finestra: ero deciso a fuggire se la fuga fosse stata possibile, o a farla finita definitivamente in caso contrario. Non avevo alcuna intenzione di tornare vivo in quel tempio infernale. Ma mentre raggiungevo la finestra udii debolmente il lugubre ulula- to del branco, e cominciai a tremare inorridito, guardando quel biz- zarro deserto di neve argentea che luccicava nella foschia opalescente della luna. Poi colsi di sfuggita due occhi verdi che si muovevano, e lanciai un grido. Un enorme lupo grigio stava andando avanti e indietro tranquilla- mente sotto la finestra, alzando di tanto in tanto il muso e fissando le mie finestre con occhi malvagi. Una sentinella per controllarmi! Alla mia disperazione assoluta si aggiunse allora il peso gravoso del- la fatica Mi sentii improvvisamente stremato, fisicamente e mental- mente. Mi accasciai barcollando sul letto e scivolai sotto le coperte senza nemmeno spogliarmi, addormentandomi quasi all'istante. Al risveglio trovai ad accogliermi una giornata fredda e grigia. Un ven- to gelido sibilava inquietante attorno alla vecchia casa, e il cielo era coperto da tetre nubi bluastre. Balzai dal letto provando un notevole senso di ristoro dopo la lunga dormita. Per un istante, nonostante il giomo cupo, avvertii uno straordinario senso di sollievo; per quell'at- timo fuggevole mi sembr• che tutto quanto era accaduto fosse solo un incubo orrendo da cui stavo risvegliandomi. Poi tornarono i ricordi accompagnati da un dolore sordo alla gamba ferita. Mi chiesi come mai non mi avessero riportato nell'orrido tempio dalla luce rossastra prima dello spuntare del giomo; forse dovevo aver dormito troppo profondamente perch‚ mi svegliassero. Ricordando il lupo grigio, guardai nervosamente dalla finestra. Se n'era andato, ovvio. Sembrava proprio che i mostri non sopportassero la luce del giomo, o qualsiasi altra luce che non fosse il terribile lucore sanguigno del tempio. Mi gettai una coperta sulle spalle, dato il freddo intenso, e cominciai subito a studiare un sistema per fuggire. Ero deciso a conquistarmi la libert… o a morire nel tentativo. Per prima cosa esaminai ancora le finestre. Le traverse esteme quantunque di legno, erano solidissime, e anche sforzandomi al massi- mo non riuscii a spezzarle. Nella stanza non trovai niente che fosse adatto a tagliarle o a spaccarle senza impiegare ore di duro lavoro Alla fine mi concentrai sulla porta, ma pugni e calci non sortirono al- cun effetto sui solidi pannelli. La serratura aveva un aspetto robusto, e poi non avevo n‚ le capacit…, n‚ gli attrezzi per forzarla. Ma mentre ero lŤ a fissare la serratura, mŤ venne un'idea. Avevo an- cora la piccola automatica e due caricatori pieni. I miei carcerieri ave- vano mostrato solo disprezzo per quell'arma minuscolal e io non vi fa- cevo pi— alcun affidamento dopo aveme constatato la sorprendente inefficacia nell'uccidere quel lupo grigio. Indietreggiai, presi la pistola e scaricai, senza fretta, tre colpi nella serratura. Quando provai ancora ad aprire la porta, mi accorsi che continuava a non cedere. Allora spinsi e girai la maniglia in continua- zione finch‚, con un secco scatto, la porta si spalanc•. Ero libero. Se solo fossi riuscito a raggiungere un luogo al sicuro pri- ma che l'oscurit… spingesse allo scoperto quel branco misterioso! Mi fermai nella vecchia sala da pranzo per bere e mangiare affrettata- mente, poi uscii dalla porta anteriore perch‚ non osavo avvicinarmi a quell'infemale tana sotterranea nemmeno di giomo, e con una fretta disperata mi incamminai nella neve. Sapevo che il piccolo centro di Hebron distava quindici chilometri in direzione nord. Sulla spessa coltre nevosa erano visibili ben pochi punti di riferimento, e le nubi grigie nascondevano il sole. Ma io presi ad arrancare lungo un reticolato che sapevo mi avrebbe guidato nella direzione giusta. Lentamente la casa colonica ingiallita dal tempo, una struttura mal progettata e mal costruita dal tetto di assicelle grigiastre, rimpicciolŤ sulla candida distesa alle mie spalle. I fabbricati annessi, piccoli, pi— vecchi e in rovina della casa stessa, parvero raggrupparsi con l'abita- zione, fino a formare un'unica macchia bruna sulla smisurata desola- zione della prateria innevata. La crosta superficiale, per quanto pi— ghiacciata e solida della notte maledetta in cui ero arrivato, era ancora troppo fragile per sorreggere il mio peso. A ogni passo si incrinava sotto i miei piedi, facendomi af- fondare fino alla caviglia. La mia avanzata era una lotta dolorosa e spietata. Gli orrori e gli sforzi estenuanti degli ultimi giorni mi avevano svuotato di qualsiasi energia. Ben presto mi ritrovai ansimante, con i piedi pesanti come piombo e un dolore sordo alla gamba ferita, un dolore intollerabile. Se la neve fosse stata abbastanza ghiacciata da sostenere il mio peso e pemmettermi cosŤ di correre, avrei potuto arrivare a Hebron prima dell'oscurit…. Invece, affondando a ogni passo fino alla caviglia, non riuscivo assolutamente a muovermi con rapidit…. Non avevo nemmeno coperto, a mio avviso, la met… della distanza che mi separava da Hebron, quando le tenebre di quella giomata gri- gia e deprimente sembrarono calare su di me. Mi resi conto, con un fre- mito d'orrore, che la mia fuga non era iniziata di prima mattina. Avevo l'orologio fermo, e poich‚ il sole era stato coperto da nubi plumbee, non avevo la minima nozione del tempo. Senza dubbio, sfinito per quell'intero giomo di torture trascorso nel tempio, avevo dormito per pi— di mezza giornata. Ora la notte mi ave- va sorpreso quando ero ancora lontanissimo dalla meta. Ormai distrutto dalla fatica, mi ero trovato gi… diverse volte sul pun- to di fermarmi e riposare. Ma il terrore mi infuse rinnovate energie e continuai ad arrancare il pi— rapidamente possibile, evitando per• di mettermi a correre, cosa che avrebbe esaurito troppo presto le mie ul- time forze. Avevo forse percorso un altro chilometro e mezzo, quando sentii l'ag- ghiacciante ululato del branco. Dapprima lo sentii lontanissimo, basso e lamentoso, con quella sua orrenda nota di voce umana. Poi per• si fece pi— forte, divenne una se- rie di guaiti striduli e avidi. Capii allora che il branco che aveva assalito me e Judson si era lan- ciato sulle mie tracce. Il terrore che mi afferr•, un terrore pazzesco, assoluto e lacerante, Š inimmaginabile. Urlai perdendo ogni controllo. Il mio corpo passava continuamente da ondate di calore febbricitante a brividi e sudori freddi. Avevo la gola riarsa, vacillavo e sentivo il battito del cuore pul- sare cupo in tutto il corpo. Fuggii. Selvaggiamente, come un forsennato. Corsi con tutte le mie forze Ma dopo alcuni istanti, sembr• proprio che avessi dato fondo a ogni mia energia. Mi sentii di colpo nauseato dalla fatica e barcollai, quasi incapace di reggermi in piedi. Una foschia rossastra, punteggiata da lampi di can- dida fiamma, mi danzava di fronte agli occhi. La vasta piana di neve mi roteava attorno in maniera assurda. Continuai ad avanzare vacillando. Ogni passo mi costava un supre- mo sforzo di volont…; sentivo che ero sul punto di crollare nella neve ma lottavo disperatamente trovando la forza di alzare nuovamente ii piede. Intanto gli orribili latrati si facevano pi— vicini, finch‚ il loro suono lamentoso e caotico non mi martell• nel cervello. Alla fine, incapace di muovere un altro passo, mi voltai a guardare. Per alcuni istanti rimasi lŤ, barcollando e ansando concitato. Gli urli innaturali e agghiaccianti del branco erano vicinissimi, ma io non riu- scivo a scorgere nulla. Poi, attraverso le nubi, un ampio raggio spettra- le di luce lunare sond• la distesa di neve dietro di me. Allora vidi il branco. Li vidi. Il massimo dell'orrore! Lupi grigi che spiccavano balzi, animali scarni dagli occhi verdastri. E tra di loro, in corsa con loro, strane figure umane. Pupille di smeral- do che fissavano, gelide e spietate. Corpi di un pallore assurdo vestiti solo di cenci. E Stella che balzava alla testa del branco! Mio padre la seguiva. E pure altri uomini. Tutti con gli occhi verdi e la pelle di un bianco immondo. Alcuni orrendamente mutilati. Alcuni cosŤ malridotti che avrebbero dovuto essere gi… morti! Judson, I'uomo che mi aveva condotto fuori da Hebron, era tra di lo- ro La carne livida gli pendeva a brandelli dal corpo. Aveva perso un occhio, e l'orbita vuota sembrava cauterizzata da una fiamma verde. Il suo torace era lacerato in modo inconcepibile. Quell'uomo era stato anche... completamente sventrato! Eppure il suo corpo mostruoso balzava accanto ai lupi. Altri erano in condizioni altrettanto orribili. Uno era privo di testa. Una foschia scura sembrava concentrarsi sopra il livido moncone del suo collo, e in essa splendevano malvagi due tizzoni verdi. Nel gruppo c'era anche una donna. Le era stato strappato un braccio e il suo petto nudo era dilaniato. Ma correva con gli altri componenti del branco, latrando a bocca spalancata e con gli occhi verdastri che brillavano. Poi, in quella compagnia grottesca, scorsi anche un cavallo, un pos- sente animale grigio che avanzava spiccando salti impressionanti. An- che nei suoi occhi scintillava il fuoco malvagio di un'intelligenza mali- gna che non apparteneva a questa terra. Si trattava dell'animale di Judson, anch'esso vittima dell'orrida metamorfosi. Dalla sua bocca, tra un luccichio di denti giallastri, uscivano urli terrificanti. L'orda infernale, ringhiando, si avvicin• sempre di pi—, guizzando velocissima verso di me da tutte le direzioni. La mia mente non pot‚ sopportare l'orrore della situazione. Una pie- tosa ondata d'oscurit… mi avvolse, mentre io, barcollando, cadevo sul- la neve. Attraverso il Disco delle Tenebre Mi risvegliai nel silenzio assoluto di un sepolcro. Per un po' rimasi a occhi chiusi, analizzando le sensazioni del mio corpo ghiacciato e do- lente, avvertendo il dolore sordo e pulsante della ferita alla gamba. Rabbrividii al ricordo delle esperienze spaventose vissute negli ultimi giorni, soprattutto al ricordo dell'orrore opprimente nell'attimo in cui il branco- lupi, uomini, cavalli, orrendamente mutilati e dai demo- niaci occhi verdi - mi aveva raggiunto sulla prateria innevata. Per un po' non osai aprire gli occhi. Alla fine, facendomi forza e preparandomi a eventuali nuovi orrori che avrebbero potuto attendermi in quel luogo, sollevai le palpebre. Il mio sguardo si affacci• sul macabro lucore cremisi del tempio dai pilastri d'ebano. Mi trovavo accanto a una di quelle pareti nere come la notte, steso su un mucchio di stracci e coperto sommariamente da un panno. Oltre la fila di massicce colonne cilindriche, vidi lo strano macchinario con l'enorme anello di rame che emanava strani bagliori nella fioca luce sanguigna. Lo specchio parabolico sembrava sprigio- nare un rossore intenso di rubini fusi, e le numerose valvole termoioni- che, ora montate sui loro supporti, irradiavano la stessa incandescen- za. La macchina sembrava ormai completata- Iivide figure dagli occhi verdi vi erano affaccendate, muovendosi con rapidit… ed efficienza meccanica. Fui subito impressionato dal fatto che si muovessero pi— come macchine che come esseri umani. Si trattava di mio padre, di Stella e dei due meccanici. Restai immobile, a osservarli di nascosto, per parecchio tempo. Evi- dentemente mi avevano portato in quella camera sotterranea per to- gliermi qualsiasi possibilit… di tentare una seconda fuga. Cominciai a esaminare l'eventualit… di strisciare lungo la parete verso il passaggio che conduceva di sopra, e poi di imboccarlo a tutta velocit…. Ma vi era- no poche speranze che riuscissi a farlo senza essere visto. E poi non avevo alcun modo di sapere se fosse giorno o notte; sarebbe stata una follia darmi alla fuga nelle tenebre. Sentii che la piccola automatica era ancora sotto il braccio; non si erano minimamente preoccupati di togliermi quell'arrna di cui non avevano alcun timore. All'improvviso, prima che avessi osato muovermi, vidi che mio pa- dre mi si stava avvicinando. Alla vista ravvicinata della sua pelle cada- verica e dei suoi malefici occhi verdastri, non riuscii a reprimere un fremito. Mi immobilizzai, cercando di fingere di dormire. Ma avvertii il glaciale contatto delle sue dita sulla spalla e fui trascina- to in piedi in modo brusco. --Altra assistenza ci devi dare--uggiol• la sua voce animalesca. --E non pi— verrai riportato indietro vivo, se dovessi essere tanto sciocco da fuggire!--E il tono lamentoso della voce si concluse con un ringhio sinistro. Mi trascin• verso quell'apparecchio fantastico che scintillava nel macabro chiarore. Al pensiero che mi legassero ancora alla colonna, mi persi completa- mente d'animo. --Vi aiuter•!--urlai.--Far• quello che vorrete. Ma non legatemi per l'amor del cielo! Non fatemi azzannare da lei!--La mia voce dove- va essersi mutata in un grido isterico. Mi sforzai di assumere un tono pi— calmo, arrovellandomi il cervello in cerca di un appiglio. --Se mi legate un'altra volta, morir•--implorai vigorosamente. --E poi, se mi lasciate libero, potr• aiutarvi con le mie mani! --Sarai libero da legami, allora--disse mio padre.--Ma ricorda! Vattene, e noi non ti riporteremo vivo! Mi condusse accanto alla grande macchina. Uno dei meccanici, a un uggiolio di comando di mio padre, srotol• di fronte a me uno schema e cominci• a rivolgermi parecchie domande riguardanti l'impianto di cavi per collegare le numerose valvole, le bobine e i magneti disposti intorno all'enorme anello di rame. Pareva che il suo strano cervello non possedesse alcuna idea circa la natura dell'elettricit…; cosŤ mi tocc• spiegargli i principi fondamenta- li. Tuttavia afferrava ogni nuova nozione con una prontezza stupefa- cente e sembrava vederne istintivamente le applicazioni pratiche. Apparve cosŤ chiaro che la grande macchina era praticamente finita; in un'ora circa, i collegamenti dei cavi vennero completati. --E ora, cosa ancora dev'essere costruito?--domandb mio padre. Mi resi conto che non si era provveduto affatto all'elettricit… neces- saria per il funzionamento delle valvole e dei magneti. Sembrava pro- prio che quegli esseri ignorassero la necessit… di una fonte energetica. Un'altra possibilit… di fermare l'esecuzione del loro piano diabolico, pensai allora. --Non lo so--risposi.--Da quel che posso vedere, la macchina se- gue tutte le norme costruttive. Non saprei che altro fare. Mio padre ringhi• qualcosa a uno dei meccanici, che prese subito il pezzo di corda insanguinata con cui ero stato legato in precedenza. Stella balz• verso di me, arricciando le labbra in un avido ringhio be- stiale, con un luccichio di denti. Un terrore incontrollabile mi scosse, e mi indebolŤ le ginocchia fino a farmi barcollare. --Aspettate, fermatevi!--urlai.--Ve lo dir• se non mi legherete! Si fermarono. --Parla!--latr• mio padre.--Presto, descrivi! --Alla macchina occorre energia motrice. Elettricit…, forse. --E da dove proviene l'elettricit…? --C'Š un generatore, su in cantina, presso l'altra macchina. Quello potrebbe adattarsi allo scopo. Mio padre e il mostro che un tempo era Stella mi spinsero lungo la sala dai pilastri neri facendomi salire poi il passaggio che conduceva in cantina. Arrivati, io indicai loro il generatore e tentai di spiegare sommariamente come funzionava. I due si chinarono e afferrarono la base metallica dell'apparecchio. Con l  loro forza incredibile lo sollevarono e lo trasportarono verso il 538 1 539 passaggio per trasferirlo nella sala della macchina, costringendomi per• a camminare davanti a loro e frustrando cosŤ un'altra mia speran- za di tentare una fuga improvvisa verso l'esterno. Proprio mentre stavano sistemando il generatore - il motore a ben- zina e la dinamo, assieme, dovevano pesare diverse centinaia di chili - sulla piattaforma nera accanto alla gigantesca macchina misteriosa si verific• un'interruzione. Dal passaggio giunse uno strusciare di piedi, seguito da quel misto di suoni secchi e lamentosi che i mostri usavano apparentemente come sistema di comunicazione. E nella vaga luce rossastra, tra le alte file di colonne tenebrose, apparŤ il branco! C'erano enormi lupi dal corpo scarno. Uomini orrendamente dila- niati... Judson, e gli altri che avevo visto. Il cavallo. Tutti i loro occhi erano di quel verde luminoso, accesi di un fuoco spaventoso e maligno. Le labbra degli uomini, i musi dei lupi grigi e perfino quello del ca- vallo erano macchiati di scarlatto. Portavano la preda! Sulle spalle lacerate di Judson penzolava inerte e coperto di sangue il corpo straziato di una donna... sua moglie! Uno dei lupi trasportava sul dorso il corpo maciullato di un uomo, e lo teneva fermo con le fauci, girando il muso di lato. Un altro portava un vitello chiazzato. Altri due lupi stringevano nelle bocche grondanti di sangue i corpi inerti di due coyote. E uno degli uomini reggeva in spalla i resti di un enorme lupo grigio. Quei corpi esanimi vennero gettati in un cumulo orribile sotto la na- vata centrale del tempio, accanto alla strana macchina che pareva un altare di morte. Il sangue si sparse sul pavimento nero, coagulandosi in spessi grumi viscidi. --A questi noi portiamo vita--ringhi• mio padre rivolto a me, in- dicando con il capo lo spaventoso mucchio di corpi dilaniati. Rabbrividendo e sconvolto dall'orrore, caddi per terra coprendomi gli occhi. Ero in preda a una nausea insopportabile. La mia mente, ot- tenebrata e confusa, stava vacillando e si rifiutava di prendere in con- siderazione il significato di quella mostruosa scena. L'essere demoniaco che si celava sotto le spoglie di mio padre mi sol- lev• violentemente in piedi, mi trascin• verso il generatore e cominci• ad assediarmi con una serie di domande riguardanti il suo fimziona- mento e il modo in cui collegarlo allo strano macchinario con l'anello di rame. Mi sforzai di rispondere ai suoi interrogativi, cercando, ma invano, di dimenticare in questo modo il mio orrore. Ben presto i collegamenti vennero completati. Sotto la sorveglianza di mio padre, esaminai il motore e vidi che era gi… fornito di carburan- te. Poi lui tent• di metterlo in moto, ma non sapeva come far funziona- re correttamente il carburatore. Allora, sotto la costante minaccia del- la corda insanguinata e delle fauci aguzze della donna-lupo, mi misi all'opera attorno al piccolo motore finch‚, dopo aver tossicchiato alcu- ne volte, non si accese con uno scoppio regolare. Mio padre mi fece premere l'interruttore che forniva alla strana macchina la corrente del generatore. Dalle bobine si sollev• un lieve ronzio. Le valvole si accesero di una debole incandescenza. E una cortina d'oscurit… sembr• calare improvvisamente attraverso l'anello di rame. Sembrava che un nero assoluto fluisse dallo strano tu- bo catodico, sistem to posteriormente, e che venisse poi riflesso dallo specchio parabolico. Un disco di fitta e assoluta oscurit… riempiva cosŤ l'anello. Per alcuni istanti fissai la scena sconcertato. Poi, quando i miei occhi cominciarono lentamente ad assuefarsi, scoprii che riuscivo a vedere attraverso il disco... a vedere in un orren- do mondo da incubo. L'anello era diventato un'apertura che si affacciava su un mondo alieno, un mondo d'orrore e di tenebre. Il cielo di quel mondo era di un nero indescrivibile e inconcepibile, era pi— nero della notte pi— buia. Non aveva stelle, non aveva corpi ce- lesti, non mostrava nemmeno un fievolissimo baluginio che ne spez- zasse la terribile e opprimente intensit…. Oltre l'anello era visibile una vasta distesa della superficie di quel- I'altro mondo. Basse colline, desolate e consumate dal tempo, che sem- bravano nere al pari del lugubre cielo. Tra di esse scorreva un largo fiu- me stagnante, le cui acque pigre e cupe brillavano di una vaga lumino- sit… spettrale, un pallido bagliore che aveva qualcosa di immondo e di- sgustoso. E sopra quelle basse e antiche colline, tondeggianti come il petto gonfio di un cadavere, cresceva una vegetazione ripugnante. Orride, oscene parodie di piante normali, dalle foglie lunghe e strette, simili a serpi. Sembravano contorcersi animate da una vita spaventosa e con- traria alla natura; coprivano le colline in grovigli disgustosi e si spin- gevano fino alle fetide acque del fiume. I loro viticci tentacolari, simili a rettili, emettevano una pallida luce spettrale, livida e verdastra. E su una collina, sopra il fiume e la giungla oscena, sorgeva l'equiva- lente di una citt…. Un ammasso caotico di marciume rossastro. Una chiazza immonda di cupo inquinamento cremisi. Non si trattava forse di una citt…... almeno, non nel senso che noi at- tribuiamo alla parola. Sembrava una specie di nube di tenebre, orribi- le e sfumata di sangue, che spingeva i suoi repellenti tentacoli stri- scianti lungo la bassa collina; una chiazza di malvagia nebbia color cremisi. Protuberanze ed escrescenze, folli e repellenti, si innalzavano 540 1 541 intorno in una grottesca caricatura di guglie e torri. La citt… era immo- bile. Io capii istintivamente che una sordida e abominevole forma di vita senziente regnava all'interno di quella spaventosa contaminazio- ne scarlatta. Mio padre salŤ sullo scalino di pietra di fronte all'anello di rame, e cominci• a lanciare un ululato misterioso in quel regno dell'oscuro. In risposta, la caotica citt… d'incubo sembr• agitarsi leggermente. Co- se scure, nere masse fetide, sembrarono muoversi strisciando dalle sue disgustose protuberanze per sciamare verso di noi attraverso l'immon- da vegetazione brulicante. Le tenebre del male assoluto strisciavano da quel mondo d'incubo per penetrare nel nostro! Per lunghi istanti, un terrore folle mi paralizz• in un'impotenza to- tale. Poi, di colpo, nacque in me il coraggio che mi port• alla disperata decisione di ribellarmi ai miei mostruosi dominatori, incurante della minaccia della corda insanguinata. Strappai i miei occhi dalla terrificante attrazione che pareva trasci- narli verso la ripugnante citt…, in quell'orrido mondo di male inconce- pibile. Mi accorsi che nessuno mi controllava pi—. I verdi occhi dei mostri che mi stavano accanto erano fissi con avidit…, ammaliati dall'anello di rame attraverso il quale era visibile il mondo alieno. Sembravano non rendersi conto della mia presenza. Se solo fossi riuscito a distruggere la macchina, prima che quell'or- rore strisciante penetrasse sulla terra! Avanzai istintivamente, ma mi fermai, accorgendomi che sarebbe stato impossibile danneggiare se- riamente la macchina a mani nude, prima che i mostri mi vedessero e attaccassero. Allora pensai alla piccola automatica che avevo ancora in tasca, e che nessuno si era degnato di togliermi. Sebbene i proiettili fossero in- nocui per i corpi dei mostri, avrebbero invece potuto arrecare seri dan- ni al macchinario. La estrassi rapidamente di tasca e cominciai a sparare con decisione mirando alle valvole. Non appena la prima valvola si frantum•, I'im- magine di quel mondo orrendo tremol• e svanŤ. Dietro l'anello di rame torn• di nuovo visibile l'enorme specchio parabolico. Almeno momentaneamente, le nere forme del male assoluto erano state chiuse fuori dal nostro mondo! Mentre continuavo a sparare, sbriciolando le valvole e le altri parti pi— complesse e pi— delicate della macchina, un urlo agghiacciante si lev• dal gruppo di mostri umani e animali colti di sorpresa. Le creature mi si scagliarono addosso lanciando spaventosi ululati. La rivelazione ipnotica Furono le lingue giallastre della fiamma della pistola a salvarmi. Dap- prima quel branco di mutazioni si era gettato nella mia direzione, con gridi di atroce sofferenza causata evidentemente dalla vista della luce. Io avevo continuato a far fuoco deciso a danneggiare il pi— possibile la macchina prima che mi fossero addosso. Ma all'improvviso quelli indietreggiarono con guaiti agghiaccianti, coprendosi gli occhi e scivolando al riparo dietro le massicce colonne nere. Quando la pistola fu scarica, alcuni ripresero ad avanzare verso di me. Ma sembravano ancora scossi, deboli e incerti. Con gesti concitati frugai nelle tasche in cerca di fiammiferi; prima non mi ero reso conto degli effetti devastanti che aveva la luce su di loro. Ne trovai solo tre. Pareva che non me ne fossero rimasti altri. I mostri, dopo essersi ripresi dall'effetto dei bagliori della pistola, mi stavano di nuovo balzando addosso nel tetro chiarore rossastro, men- tre io tentavo disperatamente di creare altra luce. Il primo fiammifero mi si spezz• tra le dita. Ma il secondo avvamp• con una vivida fiamma gialla. Le belve si ri- trassero ancora con gemiti, mentre io reggevo alta la fiammella, e si ri- pararono all'ombra tremolante dei pilastri. La mia mente sconvolta e offuscata fu rischiarata dalla speranza di poter fuggire, e riacquist• rapidamente la sua efficienza. Tenendoli a distanza con la luce, avrei potuto raggiungere l'aria aperta. Senza con- tare, mi resi improvvisamente conto che doveva essere gi… giorno, fuo- ri. SŤ, era mattino, e il branco era stato spinto a nascondersi nella tana dalla luce del sole nascente! Il pi— rapidamente possibile, senza spegnere la debole fiamma con la corrente prodotta dai miei movimenti, avanzai lungo la grande sala sotterranea, tenendomi nella navata centrale per paura che i miei ne- mici mi seguissero strisciando all'ombra delle colonne. Prima che raggiungessi il passaggio che portava in superficie, una fola- ta d'aria colpŤ il fiammifero spegnendolo. Mi trovavo di nuovo immer- so in quella foschia scarlatta in cui, all'estremit… posteriore del tem- pio g~uzzavano malvagie pupille verdastre. Un ululato di rabbia torn• a f rsi sentire, seguito dal rapido muoversi dei passi dei mostri. Mi restava un solo fiammifero. Mi chinai, lo strofinai con cautela sul pavimento nero e lo sollevai sopra il capo... Nuovi guaiti di dolore. Le belve batterono ancora in ritirata. Trovai l'imboccatura del passaggio, che infilai in tutta fretta, pro- teggendo la preziosa fiamma con la mano piegata a coppa. Nel salone alle mie spalle si levarono gli urli agghiaccianti del bran- co. Sentii i mostri riversarsi nel passaggio. Quando raggiunsi la vecchia cantina, il fiammifero si era ormai con- sumato. h~i voltai e lasciai che gli ultimi bagliori rischiarassero il tun- nel. Altri urli di sofferenza e di terrore, e i mostri si ritirarono dal pas- saggiO. Improvvisamente il fiammifero si spense. Nella folle fretta sbattei contro la parete, trovai gli scalini che porta- vano fuori e mi precipitai disperatamente. Il branco intanto stava risalendo il passaggio con una velocit… che non mi era assolutamente consentita. Alla fine la mia mano si pos• sulla porta che chiudeva la scala. Die- tro quella porta c'era l'abbagliante luce del giorno. E nel medesimo istante, dita fredde come quelle di un cadavere mi serrarono la caviglia in una morsa stritolante. Con un gesto incontrollato, io spinsi una mano verso l'alto. La porta si spalanc•, sbattendo rumorosamente. Sopra di me un vi- vido cielo azzurro, il cui sole del mattino sfolgorava accecante. La sua calda radiosit… mi fece lacrimare gli occhi ormai abituati alla penom- bra rossastra del tempio. Alle mie spalle si levarono di nuovo atroci gemiti animali. La morsa attomo alla mia caviglia si strinse in modo convulso, poi si allent•. Voltandomi, vidi Stella ai miei piedi, rannicchiata e tremante come in preda a spasimi insopportabili, che lanciava urli bestiali di sofferenza. Sembrava che la luce abbagliante del sole l'avesse stroncata del tutto, indebolendola a tal punto da non permetterle pi— di ritirarsi come ave- vano invece fatto gli altri. Improvvisamente mi trovai a vederla come un'adorabile fanciulla che soffriva, e non come mostro demoniaco. Mi sentii lambire da una tenera ondata di compassione per lei... forse perfino d'amore. Se avessi potuto salvarla, e restituirle la sua vera personalit…! Mi precipitai gi— dai gradini, I'afferrai per le spalle e cominciai a portarla verso la luce del giorno. Il suo corpo aveva ancora quel pallore e quel rigore cadaverici, e conservava tuttora un residuo della sua for- za sovrumana. La ragazza si dimen• tra le mie braccia, ringhiando e cercando di addentarmi. Per un istante i suoi occhi lanciarono un ultimo guizzo malvagio, ma non appena la luce li colpŤ, lei li chiuse, urlando e ten- tando di ripararli con un braccio. La portai su, sotto un sole sfolgorante. Prima pensai di chiudere la porta della cantina e di cercare di bloc- carla. Poi mi resi conto che la luce diurna, filtrando lungo la scala, avrebbe tenuto lontani i mostri molto pi— effficacemente di qualsiasi porta sbarrata. Era ancora mattino presto. Il sole doveva esser sorto da un'ora circa, e brillava nel cielo terso riflettendosi sulla neve in una miriade di acce- canti bagliori prismatici. L'aria, comunque, era ancora fredda; non c'e- ra il minimo accenno di disgelo, e non ci sarebbe stato finch‚ la tempe- ratura non avesse subito uno sbalzo considerevole. Mentre stavo lŤ al sole, sorreggendo Stella, si verific• in lei uno strano cambiamento. I suoi latrati lamentosi si spensero lentamente. Le sue convulsioni di dolore si affievolirono, come se una marea di vita aliena stesse defluendo, abbandonando il suo corpo. Dopo un ultimo spasmo improvviso le sue membra si afflosciarono. Notai quasi subito che stava mutando colore. L'orrido pallore cada- verico stava lentamente cedendo il posto al normale colorito roseo di una persona sana. Lo strano gelo soprannaturale era sparito; dove il suo corpo era a contatto col mio, sentii una traccia di tepore. Poi il suo petto si sollev•. Respirava. Sentivo il cuore pulsare lenta- mente. I suoi occhi erano ancora chiusi, mentre lei giaceva inerte tra le mie braccia come se stesse dormendo. Liberai una mano e delicata- mente le sollevai una palpebra. L'occhio era di un azzurro limpido... di nuovo normale. La sinistra fiamma verdastra era scomparsa. Per qualche ragione che io non capivo, la luce diuma aveva purifica- to la ragazza, liberando il suo corpo dall'immonda e crudele forma di vita che l'aveva posseduto. --Stella! Svegliati!--gridai. La scossi leggermente, ma lei non si mosse. Sembrava profondamente addormentata. Comprendendo che ben presto lei sarebbe gelata per l'aria glaciale, la portai allora in casa, nella sua stanza, dove io ero stato imprigiona- to, e la distesi sul letto, coprendola con alcuni panni. Ma la ragazza non accenn• a riprendersi. Per un'ora, forse, cercai con ogni mezzo che conoscevo, e che era di- sponibile, di destarla da quel profondo stato di coma o di sincope in cui versava. Ma lei continuava a non riacquistare conoscenza. Era una situazione davvero sconcertante. Stella, la vera Stella, era stata espropriata dal proprio corpo da un immondo essere alieno. Que- sta fomma di vita malvagia era stata distrutta dalla luce, eppure la ra- gazza non era ancora rientrata in possesso del proprio organismo. Alla fine pensai di provare con un influsso ipnotico. Io sono un buon ip- notizzatore e ho studiato a fondo quella tecnica e i fenomeni mentali affini. Un'impresa disperata, forse, dato il profondo stato d'incoscien- za di Stella, ma ero costretto a ricorrere anche al minimo appiglio. Esercitando tutta la mia volont… per richiamarla, mettendole la ma- no sulla morbida fronte o passandola lentamente sul suo bel viso esan- gue, le ordinai ripetutamente di aprire gli occhi. E all'improvviso, quando ero ormai sul punto di piombare di nuovo nella disperazione, le sue palpebre si scossero leggermente e si apriro- no. Naturalmente poteva essersi trattato di un risveglio naturale, seb- bene molto insolito, e non del risultato dei miei sforzi. Ma i suoi occhi azzurri si dischiusero e mi fissarono. Per• non aveva ancora riacquistato uno stato di coscienza normale. Le sue pupille spente non rivelavano alcuna espressione di vita erano annebbiate dal sonno e pareva che si fossero aperte in seguito a Łna ri- sposta meccanica ai comandi che le avevo impartito. --Parla, Stella. Parla. Parlami!--gridai. Le sue pallide labbra si mossero. --Clovis.--Pronunci• il mio nome con voce debole e incolore, an- cora impastata dalla narcosi del sonno. --Stella, cos'Š accaduto a te e a mio padre?--le urlai. E questo Š ci• che mi raccont•, con voce esile e inespressiva. Ho con- densato il racconto, dato che spesso la sua voce stanca si affievolŤ e si spense, cosicch‚ dovetti incitarla, interrogarla, quasi costringerla a continuare . --Mio padre Š venuto qui per aiutare il dottor McLaurin nel suo esperimento--cominci• lei lentamente e con espressione monotona. --Io non ho capito completamente di cosa si trattasse, ma so che cer- cavano altri mondi esistenti accanto al nostro. Altre dimensioni inter- dipendenti con la nostra. Il dottor McLaurin stava elaborando questa sua teoria da molti anni, basando il suo lavoro sulle nuove matemati- che di Weyl e di Einstein. "Il nostro universo non Š semplice. Mondi e mondi sono a fianco a fianco, come le pagine di un libro... e ogni mondo Š ignoto a tutti gli al- tri... strani mondi che si toccano, girano affiancati, eppure sono divisi da mura difficili da abbattere." --Il segreto Š nella vibrazione. Perch‚ tutta la materia, la luce, il suo- no, tutto il nostro universo, non Š che vibrazione. Tutte le cose materia- li sono formate da particelle vibranti di elettricit…... gli elettroni. E ogni mondo, ogni universo, ha il proprio ordine di vibrazione: attra- verso ogni mondo vi sono miriadi di altri mondi, sconosciuti e invisibi- li, che vibrano, ognuno secondo un proprio ordine. 4II dottor McLaurin sapeva tramite la matematica che questi uni- versi dovevano esistere, ed era suo desiderio esplorarli. Venne qui, in cerca di solitudine, perch‚ nessuno curiosasse nei suoi segreti. Aiutato da mio padre e da altri uomini, ha faticato per anni a costruire la sua macchina. "Una macchina che, se avesse funzionato, avrebbe cambiato la velo- cit… di vibrazione della materia e della luce, e avrebbe modificato la vi- brazione della nostra dimensione portandola alla velocit… vibrante di altre. Con questa macchina il dottor McLaurin avrebbe potuto vedere miriadi di altri mondi e anche visitarli. "La macchina Š stata completata. E attraverso il suo grande anello di rame noi abbiamo visto un altro mondo. Un mondo di tenebre con un cielo nerissimo. Sulle sue colline si contorcevano schifose piante verdi dalla mostruosa forma di rettile. Ed era dominato da una vita aliena e malvagia. "Il dottor McLaurin Š penetrato in quel mondo oscuro e l'orrore del luogo ha distrutto la sua mente. E tornato pazzo, e cambiato in manie- ra strana. Aveva gli occhi che brillavano di una luce verde, e la sua pel- le era bianchissima. "E da quel luogo port• con s‚ delle cose... cose striscianti e appicci- cose di un nero disgustoso, che rubavano i corpi di uomini e di animali. Esseri viventi e malvagi che sono i signori di quella dimensione delle tenebre. Uno Š strisciato in me, impossessandosi del mio corpo e domi- nandolo. Ricordo ci• che ne ha fatto solo come un sogno confuso. Per quella cosa io non ero che una macchina. "Sogni confusi. Sogni terribili, in cui correvo sulla neve a caccia di lupi, e tomavo con le prede perch‚ quelle cose nere strisciassero in loro facendole rivivere. Sogni in cui torturavo mio padre, che le creature aliene non avevano soggiogato, in principio.n --Mio padre Š stato torturato, azzannato. E stato il mio corpo a farlo, non io. Io ero lontana e vedevo tutto come in un brutto sogno. aLe creature nere non conoscevano il nostro mondo. La luce le di- strugge perch‚ Š una forza estranea alla loro dimensione. E dato che non avevano alcuna difesa contro la luce, hanno scavato una tana pro- fonda in cui ritirarsi di giorno. "Per loro il nostro era un mondo completamente nuovo e non cono- scevano niente, n‚ la lingua, n‚ le macchine... Hanno costretto mio pa- dre a insegnare loro a parlare, a leggere i libri, ad azionare la macchi- na con cui sono venute. Quelle cose stanno progettando di costruire nubi nere che nascondano il sole per sempre, cosŤ il nostro mondo sar… buio come il loro. Vogliono impadronirsi dei corpi di tutti gli uomini e di tutti gli animali, e usarli come macchine per quello scopo. ''Quando mio padre ha saputo il loro piano, non ha pi— voluto rivela re altro. E cosŤ il mio corpo lo ha azzannato... mentre io ero lontana, mentre guardavo ma non potevo evitarlo. Lui ha finto di accettare le loro richieste, e lo hanno lasciato libero. Con un'ascia, allora, lui ha di- strutto la macchina, in modo che nessun'altra creatura maligna potes- se passare in questa dimensione. Poi si Š sparato un colpo alla testa, co- sŤ non avrebbero pi— potuto torturarlo e costringerlo a collaborare. "Le creature nere non sapevano da sole come riparare la macchina. Ma in alcune lettere avevano appreso dell'esistenza di Clovis McLau- rin, che sapeva qualcosa sulle macchine. Lo hanno mandato a chiama- re, per torturarlo come era stato torturato mio padre. La mia mente era di nuovo piena di dolore, perch‚ Clovis mi era caro. Ma il mio cor- po ha torturato anche lui perch‚ aiutasse le creature aliene a costruire una nuova macchina. "Poi Clovis ha distrutto la macchina. E poi... poi..." La debole voce di Stella si affievolŤ e i suoi occhi azzurri ancora an- nebbiati da un sonno confuso, rimasero fissi nel vuoto. I; suo strano stato di trance era davvero intenso. Non ricordava nemmeno che stava parlando con me! 10 L'oscurit… strisciante La storia raccontata dalla ragazza era terribile e sorprendente. In par- te, quasi incredibile. Eppure, per quanto volessi metterla in dubbio e desiderassi ridimensionare la portata degli orrori che essa prometteva al mondo, sapevo che doveva corrispondere al vero. Eminenti scienziati hanno discusso abbastanza frequentemente cir- ca la possibile esistenza di altri mondi, di altri piani di realt… stretta- mente affiancati al nostro. Infatti non c'Š niente di solido o impenetra- bile nella materia del nostro universo. Si pensa che l'elettrone sia solo una vibrazione nell'etere, e, con ogni probabilit…, esistono campi di forza vibranti che formano altri elettroni, altri atomi, altri soli e altri pianeti, prospicienti il nostro mondo eppure non in grado di manife- stare esplicitamente la loro esistenza. Solo un'esigua banda delle vi- brazioni dello spettro Š visibile ai nostri occhi come luce. Se i nostri oc- chi fossero sintonizzati su altre bande, superiori all'ultravioletto o in- feriori all'infrarosso, quali strani e nuovi mondi potrebbero affacciarsi di prepotenza nel nostro campo visivo? No, non potevo dubitare di questa parte del racconto di Stella. Mio padre aveva compiuto, pi— di chiunque altro, studi circa l'esistenza di questi mondi a noi invisibili, e aveva pubblicato le sue scoperte, com- plete di prove matematiche, nel suo sorprendente lavoro intitolato Universi interdipendenti. Se mai fossero stati scoperti questi mondi pa- ralleli, a rigor di logica mio padre sarebbe stato l'uomo pi— adatto a ef- fettuare la scoperta. E io non potevo dubitare che fosse riuscito nel suo intento... perch‚ avevo visto di persona quell'orrendo universo da in- cubo, al di l… dell'anello di rame! E avevo visto, in quel mondo alieno e oscuro, la citt… delle striscianti creature nere. Potevo quindi credere senza dubbio alcuno anche a quella parte della narrazione che riguardava le entit… maligne che ru- bavano i corpi di uomini e di animali. Forniva una soluzione razionale di tutti i fatti che avevo osservato fin dalla notte del mio arrivo a He- bron. All'improvviso pensai che ben presto gli esseri mostruosi avrebbero riparato la macchina, senza il bisogno di alcun aiuto da parte mia. Do- podich‚ nuove orde di nere creature avrebbero attraversato il varco per impadronirsi del nostro mondo, per rendere schiava l'umanit…. Co- me aveva detto Stella, per servirsi di noi nella trasformazione della terra in un pianeta di tenebre simili al loro repellente luogo d'origine. Dovevo fare qualcosa per contrastarle. Combatterle... combatterle con la luce! La luce era l'unica forza in grado di annientarle, la forza che aveva liberato Stella dalla schiavit—. Ma dovevo trovare fonti lumino- se pi— efficaci di una manciata di fiammiferi. Delle lampade si sareb- bero adattate allo scopo; un riflettore, forse. Ed ero deciso a portare Stella a Hebron, se lei fosse stata in condizio- ni di muoversi. Dovevo raggiungere il villaggio per trovare ci• che mi serviva, ma non riuscivo a sopportare l'idea di lasciarla in balŤa dei mostri una volta calata la notte, di lasciare che s'impadronissero anco- ra del suo bel corpo per i loro fini immondi. Vidi che su mio ordine la ragazza si muoveva, si alzava e riusciva a camminare, per quanto lenta e rigida, come una sonnambula. Erava- mo ancora di prima mattina e io pensai che, aiutandola a camminare, avremmo potuto coprire la distanza che ci separava da Hebron, prima che scendesse l'oscurit…. Cercai tra le sue cose e trovai degli indumenti adatti: calze di lana, scarponcini, calzoni pesanti, maglione, guanti e berretto. I suoi tenta- tivi di vestirsi furono lenti e impacciati, come quelli di un bimbo stan- co che cercasse di togliersi i vestiti semi addormentato, e cosŤ dovetti aiutarla. Non sembrava che avesse fame, ma quando sostammo nella sala da pranzo, dove gli avanzi del cibo erano ancora sul tavolo, le feci bere del latte. Stella lo fece in modo meccanico. Io, invece, mangiai con voraci- t… nonostante gli infausti presagi del ricordo del pasto consumato a qŁel tavolo alla vigilia del mio primo tentativo di fuga. Poi ci incamminammo nella neve, seguendo il reticolato come la pri- ma volta. Accanto alle mie vecchie impronte si notavano quelle del branco di inseguitori composto da lupi, uomini, e dal cavallo. Adesso comunque si avanzava con maggiore facilit…, dato che la neve soffice era stata pressata da tutti quei piedi. Camminavo con un braccio attorno alla vita di Stella, e a volte dove- vo quasi sorreggerla di peso. Le parlavo per incoraggiarla, ma lei rea- giva con tentativi lenti e meccanici. La sua mente sembrava lontanis- sima, e i suoi occhi erano velati da strani sogni. Mentre le ore di faticosa avanzata passavano, stringendo il suo corpo tiepido contro il mio mi accorsi di amare moltissimo quella ragazza. Il sole raggiunse lo zenit e cominci• a calare lentamente verso ovest. Mentre la sera si avvicinava, Stella parve stancarsi... o forse si trat- tava solo di un intensificarsi del suo stato di trance. Comunque reagiva sempre pi— lentamente ai miei incitamenti e quando la mia voce cessa- va di spronarla lei rimaneva immobile, come persa in strane visioni. La incitai dlsperatamente a proseguire, comandandole con decisio- ne di tener duro. I miei occhi si posavano ansiosi sul sole ormai al tra- monto. Sapevo che ci restava poco tempo per arrivare al villaggio pri- ma di sera; era assolutamente necessario affrettarsi. Alla fine, quando il sole affiorava ancora di poco sopra un bianco orizzonte, avvistammo Hebron. Un gruppetto di macchie scure sulla sconfinata distesa di neve. Dovevamo essere a circa quattro chilometri dalla meta. Sembrava per• che Stella continuasse ad affondare sempre pi— nello strano mare di sonno da cui solo l'influsso ipnotico era riuscito a levar- la. Quando ci lasciammo alle spalle un altro chilometro, la ragazza ri- fiut• di reagire alle mie parole. Respirava lentamente e con regolarit…, ma aveva chiuso gli occhi. Io non potei fare nulla per risvegliarla. Il sole era calato sull'orizzonte innevato e tingeva la prateria occi- dentale di pallide fiamme porpora. L'oscurit… era ormai prossima. Disperato, mi caricai il corpo inerte di Stella sulle spalle e avanzai barcollando sotto quel nuovo fardello. Mancavano non pi— di tre chilo- metri a Hebron, e io nutrivo una certa speranza di raggiungere il paese con la ragazza prima che fosse buio. Purtroppo la neve era tanto alta da rendere estenuante perfino l'a- vanzata di una persona non carica, e il mio corpo era gi… stremato dal- le terribili esperienze cui era stato sottoposto ultimamente. Prima di avere coperto barcollando mezzo chilometro, mi resi conto dell'inutili- t… dei miei sforzi. Eravamo al crepuscolo. La luna non era ancora sorta, ma la neve splendeva argentea sotto gli ultimi bagliori spettrali del tramonto che inondavano ancora il cielo. Le mie orecchie erano tese per potere udire subito la voce dello spaventoso branco, ma intorno a me si drappeggia- va un sudario di silenzio assoluto. Continuai a procedere fiaccamente con la fanciulla. Di colpo notai che il suo corpo, a contatto delle mie mani, stava di- ventando stranamente freddo. Preso dall'ansia, la deposi allora sulla neve, per esaminarla... tremando per la premonizione dell'orrore im- minente. Il corpo di Stella era un pezzo di ghiaccio, e aveva pure assunto un pallore assurdo. Era bianca come quando l'avevo vista correre sulla neve in compagnia del lupo. Ma le sue gambe e le sue braccia, stranamente, non si erano irrigidi- te; erano ancora inerti, afflosciate. Non era dunque il gelo della morte che stava fluendo in lei; era il gelo di quella vita aliena che, scacciata dalla luce, stava impossessandosi nuovamente della ragazza con l'av- vento dell'oscurit…! Capii che ben presto non sarebbe pi— stata una fanciulla umana, bensŤ un'orrenda donna-lupo. Per alcuni istanti rimasi accovacciato accanto al suo corpo inerte, implorandola di rispondermi e di seguir- mi, e urlando quasi come un ossesso. Poi mi resi conto che era inutile, e che mi trovavo in pericolo. Quella forma di vita mostruosa sarebbe rifluita di nuovo in lei. E lei mi avreb- be ricondotto a quella insopportabile prigionia nel tempio sotterra- neo, per fare di me uno schiavo dei mostri... o forse un membro della loro malvagia societ…. Dovevo fuggire, per il bene stesso di Stella. E del mondo intero. Me- glio abbandonarla adesso e proseguire da solo, che farmi riportare in- dietro. Forse avrei avuto un'altra possibilit… di salvarla. Inoltre dovevo rendere la ragazza inoffensiva, in modo che non po- tesse inseguirmi una volta schiava dell'orrida forma di vita aliena. Mi sfilai il cappotto e la camicia. Freneticamente strappai la cami- cia in tante strisce che attorcigliai, formando delle corde improvvisa- te. Poi accostai le caviglie di Stella e le legai saldamente. La voltai boc- coni, le incrociai le braccia inerti dietro la schiena e le bloccai i polsi assieme. Dopo, come ultima precauzione, mi tolsi la cintura e gliela al- lacciai stretta attorno ai fianchi sopra i polsi incrociati, immobilizzan- doli definitivamente. Per finire, allargai il cappotto sulla neve e vi deposi sopra Stella, per- ch‚ volevo che fosse il pi— comoda possibile. E ripartii verso Hebron, un gruppetto di luci bianche che brillava nelle ombre del crepuscolo. Non avevo mosso che pochi passi, quando qualcosa mi fece fermare e guardare indietro spaventato. rl corpo inerte e pallidissimo della ragazza era ancora steso sul cap- potto. Poco pi— in l…, intravidi una cosa strana e orripilante muoversi con rapidit… tra le ombre grigie della sera. Era qualcosa di incredibile e di orrendo. Si trattava di una massa di tenebra che scivolava sulla neve, una nube strisciante di nerezza im- monda, informe e tentacolata. Era priva di arti e di tratti definiti... so- lo quelle nere appendici simili a serpi, che estrofletteva per muoversi. Ma all'interno della cosa brillavano due punti verdi... che sembravano occhi ! Verdi pupille malefiche, infiammate di una malvagit… demonia- ca! Era una creatura viva. Un ammasso vivente di tenebra, diverso da qualsiasi forma di vita superiore, anche se in seguito ho pensato che assomigliasse a un'ameba, una massa fluente di poltiglia protoplasmi- ca, un animale unicellulare. Al pari dell'ameba, quell'essere alieno si muoveva estroflettendo stretti pseudopodi dalla massa centrale. E gli orribili occhi verdi, nei quali pareva concentrarsi la sua vita aliena, forse corrispondevano ai vacuoli o nuclei dei protozoi. Mi resi conto, paralizzato da un senso d'orrore indicibile, che si trat- tava di un mostro proveniente dal nero mondo d'incubo che stava oltre l'anello di rame. E che veniva a reclamare di nuovo il corpo di Stella, a cui era ancora collegato da qualche vincolo. Sebbene sembrasse solo strisciare o scivolare, il mostro si spostava con una rapidit… pazzesca... molto pi— veloce dei lupi stessi. L'avevo scorto solo da un istante, e gi… aveva raggiunto il corpo di Stella. Si ferm•, rimanendo sospeso su di lei, in una fitta e viscida nu- be in cui spiccavano quegli spaventosi occhi verdastri. Per un istante il mostro cel• il corpo della vittima con le sue appendici striscianti e in- formi, che si contorcevano come orridi tentacoli. Poi flut all'interno di Stella. Sembr• penetrarle nelle narici e nella bocca. La nube nera sospesa diminuŤ progressivamente. Le pupille verdi rimasero invece all'ester- no fino all'ultimo, poi parvero affondare negli occhi della ragazza, che di colpo si anim• in modo terribile. Stella si dimen•, lottando contro i legami con forza sovrumana, ro- tolando dal cappotto nella neve in preda a tremende convulsioni. I suoi occhi erano di nuovo aperti... e brillavano, non di vita propria, bensŤ del terribile fuoco delle pupille malvagie che li avevano occupati. Dalla gola di lei si lev• l'agghiacciante ululato che ormai conoscevo fin troppo bene, un urlo bestiale in cui risuonava una misteriosa eco umana. Un latrato di richiamo per il branco. Quel suono infuse vigore ai miei arti paralizzati. Nei pochi istanti oc- corsi all'essere alieno per impadronirsi del corpo di Stella, io ero rima- sto immobile, inchiodato sul posto dall'orrore della scena. Mi voltai e corsi come un pazzo verso le luci tremolanti di Hebron. Alle mie spalle la donna-lupo continuava a dimenarsi per rompere le corde, ululando per chiamare a raccolta il branco! Quelle luci baluginanti parevano farsi gioco di me. Sembravano vi- cinissime sulla distesa innevata, eppure mentre correvo si allontana- vano danzando. Sembravano muoversi come lucciole e si fermavano finch‚ non le avevo quasi raggiunte, per poi ritirarsi ancora, scintillan- do remote sulla neve. Dimenticai la mia estrema stanchezza, dimenticai il dolore pulsante della ferita riaperta, e corsi disperatamente come mai avevo corso pri- ma. Non avevo ancora coperto met… della distanza, quando udii alle mie spalle la voce dell'orda. Uno strano e remoto uggiolio che cresceva d'intensit… rapidamente. La donna-lupo aveva lanciato il richiamo, e ora il branco veniva a liberarla. Continuai a fuggire. I miei passi sembravano miseramente lenti. I pie- di affondavano nella neve, che sembrava avvinghiarli con malefiche dita demoniache. E le luci, in apparenza cosŤ vicine, sembravano fug- gire da me in una danza beffarda. Grondavo di sudore e i polmoni mi pulsavano attrocemente. Il cuore sembrava martellarmi alla base del cervello. Avevo la mente sommer- sa da un mare di dolore. E continuavo a fuggire. Le luci di Hebron divennero fiammelle irreali, ingannevoli fuochi fa- tui. Tremolavano dinanzi a me in un mondo deserto di grigia oscurit…, e io mi affannavo per raggiungerle in una foschia d'atroce sofferenza. Non vedevo nient'altro, non sentivo altro che i lamenti del branco. Ero talmente esausto da non riuscire a connettere. Ma mi resi conto all'improvviso che i miei inseguitori erano vicinissimi. Forse girai il capo e lanciai un rapido sguardo. Oppure pu• darsi che io ricordi il branco solo come lo vedevo nella mia immaginazione. Comunque con- servo un'immagine molto vivida di scarni lupi grigi che spiccavano balzi ululando, affiancati nella loro corsa da pallide figure umane con le pupille verdastre. Tuttavia continuai la fuga, combattendo le nere nebbie della spossa- tezza che mi offuscavano il cervello. Un'inerzia atroce sembrava op- porsi ai miei sforzi, come se stessi nuotando contro corrente, e corsi... corsi... non vedendo, non pensando che alle luci di Hebron, luci cosŤ vi- cine, ma che fuggivano sempre dinanzi a me. Poi improwisamente mi trovai steso sulla neve morbida, con gli oc- chi chiusi. Quel dolce giaciglio era un'oasi di benessere per il mio cor- po stremato. Rimasi l…, inerte. Non tentai nemmeno di risollevarmi, non mi rimaneva pi— una goccia di forza. L'oscurit… cal• su di me... uno stato d'incoscienza che neppure gli ululati del branco potevano vince- re. Quei sinistri latrati sembravano affievolirsi lentamente, poi tutto scomparve. Una battaglia tra luce e oscurit… --Direi che Š proprio scoppiato, vero, signore?--Una voce aspra si in- sinu• nella mia mente distrutta dalla stanchezza. Delle mani robuste stavano sollevandomi in piedi Aprii gli occhi e mi guardai attomo, confuso. Due uomini vestiti in modo trasandato stavano sorreggendo- mi. E un terzo, che io riconobbi come il capostazione, teneva in mano una lanterna. Di fronte a me, vicinissime, c'erano le luci di Hebron che prima sem- bravano sfuggirmi beffarde. Mi accorsi che ero crollato proprio ai bor- di del villaggio, talmente vicino alle poche luci stradali che il branco non aveva potuto avvicinarsi a me. --Ah, Š lei, McLaurin?--fece Connell sorpreso, riconoscendomi. --Credevamo che avessero preso lei e Judson. --Infatti--riuscii a rispondere.--Ma non mi hanno ucciso. Io sono riuscito a fuggire. Ero troppo spossato per rispondere alle loro domande. Ricordo solo vagamente che mi portarono in una casa e mi spogliarono; mi addor- mentai mentre stavano esaminando la ferita alla gamba, tra esclama- zioni inorridite alla vista dei segni dei denti. Mi svegliai il giorno dopo, verso mezzogiorno. Accanto al letto sede- va un ragazzino irrequieto di forse dieci anni. Disse di chiamarsi Mar- vin Potts, figlio di Jed Potts, proprietario di un emporio a Hebron. Suo padre era uno degli uomini che mi avevano trovato quando la loro at- tenzione era stata attirata dagli ululati del branco. Ora mi trovavo ap- punto in casa dei Potts. Il ragazzo chiam• sua madre. La donna, sentendo che avevo fame, mi port• quasi immediatamente del caffŠ, biscotti, pancetta e patate fritte. Mangiai con discreto appetito, sebbene fossi ancora lontano dal- I'essermi ripreso completamente dalla mia disperata corsa per sottrar- mi all'orda di belve. Mentre stavo mangiando, ancora a letto appog- giato su un gomito, entr• il padrone di casa, accompagnato da Connell, il capostazione e da altri due uomini. Erano tutti ansiosi di conoscere la mia storia. Io la raccontai in breve, tralasciando le parti che, a mio giudizio, sarebbero risultate incredibi- li a quelle persone. Mi spiegarono che il branco aveva mietuto altre vittime umane. Una fattoria isolata era stata attaccata la notte prima e tre uomini erano scomparsi. Mi dissero anche che le signora Judson, affranta per la per- dita del marito, era uscita nella neve a cercarlo e non aveva pi— fatto ri- torno. Dal canto mio, ricordavo benissimo che alla fine lo aveva trova- to... Mi rimproverai, amareggiato, di aver spinto quell'uomo ad av- venturarsi in quel viaggio notturno con me. Mi informai se non si erano presi provvedimenti per dare la caccia al branco. Mi risposero che lo sceriffo aveva organizzato una squadra di citta- dini che si era spinta fuori Hebron diverse volte. Si erano trovate nu- merose tracce di lupi e di uomini che correvano affiancate, una pista facile da seguire, dunque. Ma, mi parve di capire, i cacciatori non era- no stati poi molto smaniosi di raggiungere la preda. La neve era alta e impediva di muoversi rapidamente, e loro non avevano avuto alcuna intenzione di incontrare il branco di notte. Le tracce non erano mai state seguite per pi— di nove o dieci chilometri fuori da Hebron. Lo sce- riffo era rientrato al comando di contea, diciotto chilometri lungo la ferrovia, promettendo che sarebbe tornato quando la neve si fosse sciolta a sufficienza per permettere spostamenti pi— agevoli. E i pochi abitanti di Hebron, per quanto profondamente turbati dal destino dei loro vicini che erano stati uccisi dal branco, erano troppo terrorizzati per organizzare una battuta per proprio conto. Quando accennai alla mia intenzione di trovare qualcuno che tor- nasse con me al ranch, la mia proposta fu accolta in modo evasivo da tutti. L'esempio della morte di Judson era impresso chiaramente nella mente dei presenti, e nessuno voleva rischiare di farsi sorprendere lon- tano dal paese di notte. Mi resi conto che dovevo agire da solo. Per gran parte della giornata rimasi a letto, recuperando le forze, per- ch‚ sapevo che avrei dovuto disporre di tutte le mie energie per affron- tare la dura prova che mi attendeva. Comunque, mi informai sui mezzi che avrei trovato in paese, e preparai il piano per il mio folle tentativo di abbattere la minaccia che incombeva sull'umanit…. Con l'aiuto del ragazzo, Marvin, che funse da mio rappresentante, acquistai un calesse, completo di un ronzino e dei finimenti; i miei ten- tativi di affittare un veicolo o di assumere qualcuno che mi conducesse sul posto si erano rivelati un fallimento clamoroso. Il ragazzino si die- de da fare anche per procurarmi altre attrezzature. Gli feci comprare una dozzina di lanterne a benzina, con una scorta abbondante di reticelle e due fustini di combustibile da venticinque li- tri. Constatando che la scuola di Hebron vantava scarse forniture di at- trezzature da laboratorio, mandai Marvin in cerca di nastri al magne- sio e di zolfo. Il ragazzo torn• con un bel mazzetto di sottili strisce me- talliche, tagliate in varie lunghezze. Per facilitarne l'accensione, io in- tinsi quindi l'estremit… di ogni fascetta dentro zolfo fuso. Mi compr• anche due potenti torce elettriche con pile e lampadine di scorta, delle munizioni per la mia automatica, e due dozzine di can- delotti di dinamite con capsule e micce. Il mattino seguente mi svegliai di buon'ora sentendomi molto me- glio. La ferita alla gamba stava rimarginand˘si rapidamente e aveva cessato di causarmi forti sofferenze. Mentre sedevo con i Potts a consu- mare una frugale colazione, li assicurai che quello stesso giorno mi ri- promettevo di tornare nella tana del branco, da cui ero fuggito, per far- la finita definitivamente con quelle belve. Prima che avessimo finito di mangiare, sentii la chiamata del tipo da cui avevo comprato il calesse, che veniva a consegnarlo e a riscuotere il generoso prezzo che gli avevo garantito tramite la mediazione di Mar- vin Potts. Il ragazzo uscŤ con me. Ritirammo il veicolo e facemmo il gi- ro dei pochi negozi di Hebron, raccogliendo le cose che il ragazzo ave- va acquistato per me il giorno prima: le lanterne, il combustibile, le torce elettriche e la dinamite. Era ancora prima mattina quando lasciai Marvin alla fine della stra- da, ricompensandolo con una banconota, e mi spinsi da solo nella ne- ve, verso il ranch isolato dove avevo vissuto orribili esperienze. La giornata, sebbene limpida, era fredda. La neve non accennava a sciogliersi ed era spessa come sempre. Il ronzino avanzava lento, men- tre i suoi zoccoli e le ruote del calesse affondavano con un secco scric- chiolio nella crosta superficiale ghiacciata. Quando Hebron svanŤ alle mie spalle e mi trovai circondato soltanto dallo sterminato deserto di neve luccicante, fui preso da un senso di paura, da un violento desiderio di affrettarmi a raggiungere qualche posto affollato di uomini. Nella mia immaginazione anticipai il terro- re della notte, quando il branco sarebbe uscito di nuovo, lanciandosi sulla prateria innevata. Come sarebbe stato facile tornare indietro prendere il treno per New York e dimenticare quel luogo orrido! N˘, sapevo che non avrei mai potuto scordare la minaccia di quello spaventoso mondo, nero co- me la notte, che si apriva oltre l'anello di rame, abitato da una razza che progettava di impadronirsi della terra per farne una seconda sfera di tenebra immonda. E Stella ? Non sarei mai riuscito a dimenticarla. Ora sapevo di amar- la, sapevo che dovevo salvarla o morire con lei. Spronai il cavallo ad avanzare nella solitaria distesa. Raggiunsi la fattoria poco dopo mezzogiorno, ma mi restava ancora un buon margine di luce diurna. Mi misi all'opera immediatamente. C'era parecchio da fare: vuotare le scatole ammucchiate sul calesse; riempire le lanterne di combustibile, pompare l'aria all'interno e assi- curarsi che funzionassero in modo soddisfacente; innescare i candelot- ti di dinamite; provare le torce elettriche; caricare la pistola e riempire i caricatori di riserva; sistemarmi nelle tasche in modo razionale i fiammiferi, le munizioni, le pile per le torce, e i nastri di magnesio. Il sole era ancora alto quando ultimai i preparativi. Allora misi il caval- lo nella stalla dietro la casa, chiusi la porta a chiave e la barricai, per as- sicurarmi che l'animale fosse completamente bloccato, nel caso qual- che orrida metamorfosi lo mutasse in un mostro dalle pupille verdi. Poi entrai in casa, portando con me una lanterna accesa. Era silen- ziosa e deserta. Tutti i mostri erano evidentemente l… sotto. La porta della cantina era chiusa, e anche la minima fessura era stata ostruita per impedire che filtrasse luce. Accesi tutte le lanterne e le disposi a cerchio attorno all'ingresso del- la scala. Dopo di che spalancai la porta. Dal passaggio sottostante si lev• un ululato orribile! Sentii il rumore dei piedi che si affrettavano a ritirarsi lungo il tunnel, tra latrati rab- biosi e aspri gemiti selvaggi. Un'ondata fisica di orrore nauseante mi inond• di brividi, al pensie- ro di avventurarmi in quel tempio sotterraneo di lucore rossastro dove ero stato testimone e vittima di orrori indicibili. Indietreggiai treman- do. Ma al pensiero di mio padre e dell'adorata Stella, gi— in quel covo e posseduti dai mostri, riacquistai coraggio e mi avviai verso l'imbocca- tura spalancata che conduceva nel tempio edificato dalle belve aliene. Prima avevo pensato di lasciare le lanterne in cerchio attorno al- l'imboccatura del passaggio, e di portarne una sola con me. Ora invece mi resi conto che avrebbero impedito con maggiore efficacia la fuga dei mostri se le avessi disseminate lungo il tragitto. Ne raccolsi sei, tre per mano, e cominciai a scendere gli scalini. I loro possenti raggi illuminarono la vecchia cantina con un chiarore graditissimo. Ne deposi una lŤ, al centro del pavimento dello scantina- to; altre tre le sistemai lungo iŤ cunicolo in pendenza che portava negli scavi sotterranei. Avevo intenzione di deporre le altre due lanterne sul pavimento del tempio, e poi di tornare in superficie a prenderne altre. Speravo che la luce liberasse l'intero branco dall'invasore alieno, come si era verifica- to nel caso di Stella. Avrei approfittato del loro stato di incoscienza per trasportare all'aperto Stella e mio padre, e gli altri uomini in condizio- ne di poter riprendere a vivere normalmente. Poi avrei distrutto la macchina e il tempio con la dinamite. Giunsi in fondo al passaggio, sbucando nella vasta sala nera sorretta dalla doppia fila di colonne. Il chiarore intenso proiettato dalle lanter- ne, che ronzavano lievemente, disperse l'oscurit… venata di quel lucore rosso sangue. Udii un coro agghiacciante di urli animali da cui traspa- riva una sofferenza atroce e, in fondo alla lunga sala dietro i massicci pilastri, vidi forme dagli occhi verdastri che sgattaiolavano al riparo, accalcandosi nell'ombra. ~eposi le due lanterne per terra ed estrassi dalla tasca una delle po- tenti torce elettriche. Il suo fascio intenso e penetrante sond• le tene- bre al di l… delle poderose colonne nere. Forme umane e di lupi, urlanti e spaventate, lanciarono gemiti acuti quando vennero raggiunte dal raggio, e si accasciarono sul nero pavimento. Fiducioso, io avanzai per frugare ogni angolo recondito con il bril- lante specillo luminoso. La mia fiducia si rivel• quasi fatale... Avevo sottovalutato l'astuzia e l'abilit… dei miei nemici. Quando mi accorsi del globo nero, il mio pie- de vi era gi… appoggiato sopra. Era una sfera perfetta di tenebra pura un globo di circa trenta centimetri che pareva tornito in un cristall˘ nero come la notte. Ormai non riuscii pi— a evitarlo, e quando lo toccai parve esplodere. Si udii un sordo e minaccioso plop, poi la sfera sprigion• un'oscurit… fluttuante, un gas nero che mi avvolse nel suo buio sudario soffocante. Mi voltai come impazzito, precipitandomi indietro verso il passag- gio che conduceva alla luce del sole. Ero completamente accecato. Le lanterne sfolgoranti erano assolutamente invisibili, e ne urtai una con i piedi mentre avanzavo freneticamente. Poi inciampai e sbattei contro la fredda parete del tempio. Tastai feb- brilmente la superficie... ma in entrambe le direzioni fin dove riuscivo a spingermi con le braccia, il muro era assolutament‚ liscio. Dov'era il passaggio? Avanzai barcollando per alcuni metri, tenendo sempre le mani sulla parete. No, il cunicolo doveva trovarsi dalla parte opposta. Mi girai. I latrati mostruosi e trionfanti del branco colpirono le mie orecchie; sentii i loro piedi muoversi e attraversare il tempio. Allora corsi lungo la parete, ma inciampai e caddi sopra una lanterna rovente. Mi balzarono addosso... Lo strano baluginio rossastro del tempio mi circondava di nuovo. Mi trovavo ancora legato a uno di quei pilastri neri e massicci, impotente e bloccato dalla medesima corda insanguinata. Di fronte a me c'era lo strano macchinario che, cambiando le vibra- zioni della materia, apriva una breccia comunicante con altri universi continui... con la Dimensione Nera. La luce rossastra si rifletteva come una sfumatura di sangue sull'anello di rame e sul grande specchio pa- rabolico. Vidi con un certo sollievo che le valvole erano spente, il gene- ratore silenzioso, e le tenebre scomparse dall'anello. Di fronte, per•, era stato eretto uno spaventoso altare, sui cui erano deposti i corpi straziati e sanguinanti di uomini e donne, di lupi grigi, di piccoli coyote e di altri animali. Il branco aveva fatto buona caccia nelle due notti in cui ero stato assente! Le cadaveriche e mostruose creature, i corpi orrendamente mutati di mio padre e di Stella e degli altri, mi circondavano. --Il tuo ritorno Š una cosa buona--guaŤ in toni bestiali l'essere che occupava il corpo di mio padre.--Il fabbricatore di elettricit… non funziona. Tu che torni lo farai muovere ancora. La strada deve essere di nuovo aperta, perch‚ nuova vita giunga a questi che attendono.--E indic• il cumulo di cadaveri grondanti di sangue. --Poi la nuova vita anche a te noi condurremo. Troppe volte sei fug- gito. Tu diverrai uno di noi. E noi cercheremo un uomo che agisca co- me noi diciamo. Ma prima deve la via essere aperta di nuovo. Dal nostro mondo la vita verr…. Per prendere i corpi degli uomini co- me macchine. Per fare un gas di tenebre come quello che hai trovato in questa sala, per nascondere tutta la luce del tuo mondo e renderlo a noi adatto. La mia mente vacill• inorridita al pensiero dell'inconcepibile e as- surda minaccia che si alzava come un orrido spettro a fronteggiare l'u- manit…, al pensiero che presto anch'io non sarei stato altro che una semplice macchina. Il mio corpo, gelido e pallido come un cadavere, avrebbe svolto compiti innominabili al comando delle creature delle tenebre, e i loro occhi verdastri sarebbero divampati nelle mie orbite! --Presto, spiega il metodo per far funzionare il fabbricatore di elet- tricit…--mi venne ordinato, con un ringhio malvagio e minaccioso --o noi roderemo la carne dalle tue ossa, e cercheremo un altro che eseguir… il nostro volere! 12 Emanazioni della Dimensione Nera Acconsentii ad accendere il generatore, sperando che nel frattempo mi si presentasse qualche opportunit… di ribaltare nuovamente la situa- zione. Ero pi— che certo che non avrei potuto fare niente finch‚ rimane- vo legato alla colonna... e la minaccia che avrebbero trovato un altro uomo per sostituirmi come loro insegnante mi fece capire che dovevo piazzare in fretta il colpo giusto. I mostri erano convinti che, per azionare il generatore, avrebbero avuto bisogno di qualcosa di pi— di un mio semplice aiuto verbale. Uno dei meccanici mi sleg• e mi accompagn• verso la macchina, stringen- domi un braccio in una dolorosa morsa di dita fredde come ghiaccio. Discretamente, io abbassai una mano per tastarmi le tasche. Erano vuote! --Non fare luce!--giunse il ringhio d'avvertimento di mio padre che aveva intravisto il mio gesto. I mostri si erano finalmente resi conto che era opportuno perquisir- mi. Guardandomi attorno vidi le cose che mi avevano tolto, accatasta- te alla base di un pilastro. L'automatica, i caricatori, le torce, le pile i fiammiferi e le fascette di nastro al magnesio. C'erano anche le dŁe lanterne che avevo portato con me nel tempio, e che erano state evi- dentemente spente dal gas nero che mi aveva accecato. Due lupi grigi montavano di guardia accanto agli oggetti, fissando- mi in maniera sinistra. Dopo aver armeggiato per qualche istante attorno al motore, scoprii che si era fermato per mancanza di carburante. Dopo che io avevo dan- neggiato la macchina, i mostri avevano continuato a lasciarlo in fun- zione finch‚ non era finita la benzina. Spiegai a mio padre che non avrebbe funzionato senza altra benzi- na. --Fallo girare e produrre elettricit…--disse, ripetendo il ringhio minaccioso--o roderemo la came dalle tue ossa e troveremo un altro uomo. Dapprima provai a insistere che non potevo trovare della benzina sen- za recarmi in qualche luogo abitato, ma quando mi trascinarono verso la corda insanguinata per sottopormi a nuove torture, confessai che avrei potuto usare il combustibile delle lanterne. Erano sospettosi. Mi frugarono ancora per accertarsi che non avessi addosso altri mezzi per produrre luce. E controllarono attentamente anche le lanterne in cerca di eventuali sistemi di accensione che non ri- chiedessero l'uso di fiammiferi. Alla fine mi portarono le lanterne. Con mio padre che mi stringeva a un braccio, versai la benzina nel serbatoio del motore. Sarebbe stato comunque difficilissimo travasarla senza rovesciame un po', e in ogni modo mi preoccupai di versarne per terra il pi— possibile, senza desta- re sospetti. Riuscii a formare una piccola pozzanghera di benzina sotto lo scappamento, dove una scintilla avrebbe potuto incendiare i val~ori. Poi mi fecero accendere il generatore. Le bobine tornarono a ronzare e le valvole termoioniche si illuminarono. Lo strano tubo catodico cen- trale sembr• produrre una massa oscura che lo specchio parabolico ri- flett‚ nell'anello di rame. Per la seconda volta, guardando attraverso l'anello, vidi la Dimen- sione Nera. Dinanzi a me si stagliava un cielo di oscurit… assoluta, con luride ac- que stagnanti in cui baluginava una luminescenza putrescente e basse colline ammantate da quella vegetazione ripugnante che si contorceva come un ammasso di serpi, sprigionando una fioca luce verdastra. E su una di quelle colline c'era la citt…. Una macchia caotica di rosso malvagio, una chiazza di tenebra cre- misi, di corruzione rossastra. Si allungava sulla collina come un mo- stro di rossa bruma dagli innumerevoli tentacoli. E dalla citt… si innal- zavano orride appendici, verruche e protuberanze assurde, parodie macabre di torri e minareti. Era immobile. E all'intemo della sua fetida oscurit… scarlatta si ce- lavano cose nere e striscianti... innumerevoli orde di cose simili al- I'abominevole mostruosit… che io avevo visto fluire nel corpo di Stella. Neri orrori viventi, informi e dalle pupille verdastre. I mostri attorno a me ulularono attraverso l'anello, in quel mondo nero... lanciando un richiamo! E ben presto, dall'anello fluŤ un fiume di inconcepibile orrore infor- me... Indescrivibili mostri di un universo alieno. Esseri ripugnanti che dimoravano nelle tenebre... Ia razza della Dimensione Nera! Spaventosi occhi verdi nuotavano in masse striscianti d'oscurit… maligna. Sciamarono ricoprendo il cumulo di cadaveri che giacevano al suolo. E i morti risorsero a un'abominevole e assurda vita! Cadaveri mutilati e corpi lacerati di lupi balzarono ritti ringhiando e guaendo. E gli occhi di ognuno erano malvagi occhi di fiamma sme- raldina delle cose che erano entrate in loro. Io ero ancora accanto al piccolo motore scoppiettante. Mentre bal- zavo indietro, alla vista dello spaventoso spettacolo di quei morti che risorgevano a vita sacrilega, i miei occhi si posarono disperatamente sulla pozza di benzina. Non si era ancora incendiata. Accarezzai la fuggevole idea di cercare di impregnarmi la mano di benzina e metterla di fronte allo scappamento per farne una torcia vi- vente. Ma era troppo tardi, e le dita gelide e inflessibili di mio padre continuavano a serrarmi dolorosamente un braccio. Poi mio padre lanci• un ululato lamentoso. Un'oscena e informe massa strisciante, dalle orbite scintillanti di aliena fiamma verde, si stacc• dal fiume nero che si riversava dall'a- nello e avanz• verso di me. --Ora tu diverrai uno come noi!--annunci• mio padre. La cosa stava dunque venendo per fluire nel mio corpo, per rendermi suo schiavo, per mutarmi nella sua macchina! Urlai, lottai contro le mani crudeli che mi bloccavano. Folle di terro- re, bestemmiai e implorai... promettendo di consegnare ai mostri il mondo intero. E la cosa strisciante continu• ad avanzare. Crollai, in- zuppato di sudore gelido, tremante, nauseato per l'orrore. Proprio allora, come avevo sperato e pregato, il motore fece uno scoppio irregolare. Dallo scappamento uscŤ una vampata di scintille seguita da una cupa esplosione di vapori. Un improvviso lampo giallo illumin• il tempio... E una colonna di fiamma tremolante si lev• dalla pozza di benzina accanto al motore. Le creature nere vennero distrutte dalla luce... e svanirono! Il tempio si trasform• in un pandemonio di acuti ululati di dolore, di corpi confusi che si dibattevano in preda al panico. La morsa attomo al mio braccio cedette, e mio padre croll• al suolo, strisciando verso l'ombra dei pilastri e riparandosi gli occhi. Vidi che i lupi avevano abbandonato la sorveglianza alle cose che mi avevano sequestrato, e mi precipitai in quella direzione. In un istante le mie mani tremanti afferrarono una delle torce elet- triche. Con gesti frenetici trovai l'interruttore e lo feci scattare. Con il fascio abbagliante spazzai l'ampia sala e il coro infemale di lamenti animali crebbe d'intensit…. Poi accesi la seconda torcia e, arraffando in fretta la pistola, le muni- zioni, i fiammiferi e il nastro al magnesio, mi ritirai accanto alla pozza di benzina incendiata. Questa volta mi mossi con estrema precauzione, sondando con il raggio luminoso di fronte a me per evitare di inciampare in un'altra bomba d'oscurit…. Credo comunque che la mia cautela fosse inutile. Sono sicuro, da quanto ebbi modo di vedere in seguito, che ne fosse stata preparata una sola. Accostandomi al motore mi resi conto che stava ancora funzionando, tenendo cosŤ aperto il varco che immetteva nella Dimensione Nera. In- terruppi l'erogazione di carburante e il piccolo motore tossicchi• af- fannato, spegnendosi. Il muro di tenebre svanŤ dall'anello di rame in- terrompendo il collegamento con l'orrido mondo appartenente a un al- tro universo. Poi appoggiai frettolosamente le torce sul pavimento, mettendole in modo che proiettassero i fasci di luce in direzioni opposte. Presi i fiam- miferi, allora, e accesi l'estremit… di una striscia di nastro al magnesio a cui avevo aggiunto zolfo per facilitarne l'accensione. Il nastro s'incendi• subito formando un bianco bagliore accecante che pareva un sole in miniatura. Lo scagliai attraverso la sala. La sua luce vivida descrisse una parabola, spezzando le ombre dietro i pila- stri. Le belve nascoste e impaurite ulularono in preda a nuove atroci sof- ferenze e caddero sul nero pavimento, tremando e contorcendosi in maniera convulsa. Io continuai ad accendere sottili strisce metalliche e a gettarle in ogni angolo della sala per scacciare l'oscurit… grazie alla loro scintil- lante fiamma candida. Il latrati si fecero sempre pi— deboli, gli uggiolii lamentosi cessaro- no. I lupi e gli uomini giacevano immobili. La loro violenta lotta con- tro gli spasmi d'agonia era finita. Dopo aver lanciato l'ultima striscia di magnesio, presi l'automatica e sparai nel serbatoio del motorino, appiccando poi il fuoco al rivolo di liquido che fuoriusciva. Mentre una nuova colonna di luce sfavillante divampava verso l'alto, mi affrettai in direzione del passaggio che con- duceva in superficie, attento a non calpestare un'altra di quelle sfere che eruttavano tenebra. Trovai le lanterne ancora accese, poich‚ i mostri evidentemente non erano riusciti a spegnerle. Corsi all'estemo, raccolsi le sei lanteme che avevo lasciato l… e che scintillavano ancora nel crepuscolo imminente, e tornai velocissimo nel tempio. I mostri erano ancora inerti e privi di conoscenza. Sistemai le lanterne sul pavimento, disponendole in modo che ogni recesso fosse rischiarato efficacemente. Andai a prendere altre due lanterne e un fustino di combustibile, e riempii anche quelle lampade da cui avevo tolto la benzina per versar- la nel motorino del generatore. Quindi girai per la sala sotterranea, sempre tenendo due lampade vicine, e distesi i gelidi corpi rannicchiati, rivoltandoli in modo che volgessero la faccia verso la luce. Trovai Stella. Il corpo della ragazza era ancora integro, a parte il pallore impressionante e lo strano gelo. Poi fu la volta di mio padre. C'era anche l'ammasso dilaniato che un tempo era stato il corpo di Judson. E il cadavere decapitato di Blake Jetton, il padre di Stella. Controllai pure molti altri corpi straziati di esseri umani, e le carcasse gelide di lupi, di coyote, del cavallo e di al- cuni altri animali. In mezz'ora circa il cambiamento fu completo. L'assurdo gelo della forma di vita aliena aveva abbandonato le vitti- me. La ma~aior Parte dei corPi si irrigidirono rapidamente in un tardi- vo rigor mortis. Anche mio padre era senza dubbio deceduto. Il suo cor- po rimase freddo e immobile, nonostante lo strano gelo che l'occupava fosse svanito. Ma la squisita figura di Stella torn• a scaldarsi, pervasa di nuovo dal tenue rossore della vita. La ragazza respirava e il cuore le pulsava len- tamente. La trasportai nella cantina e la deposi sul pavimento tra due lanter- ne, per prevenire ogni eventuale ritorno dell'invasore alieno mentre fi- nivo il macabro lavoro che mi attendeva di sotto. Non c'Š bisogno che mi addentri in inutili dettagli... Quando ebbi usato met… della scorta di dinamite, non rimase alcun frammento riconoscibile, n‚ della macchina maledetta n‚ dei corpi posseduti dalla mostruosa forma di vita. Innescai l'altra dozzina di candelotti accanto ai pilastri e nelle pareti del tunnel... Nessuno metter… mai pi— piede nella grande sala sotterranea che io ho chiamato a volte tempio. Ultimato il lavoro, portai Stella in camera sua e la misi delicatamen- te a letto. Vegliai con ansia tutta la notte, mantenendo una brillante il- luminazione nella stanza, ma non si verific• alcun cenno di quanto te- mevo. Stella dormŤ profondamente, ma in modo normale, e sembrava ormai completamente libera da eventuali infestazioni residue della mostruosit… parassita che un tempo era in lei. Dopo una nottata stressante giunse l'alba, e un chiarore rosato si dif- fuse sulla neve. La fanciulla si stiracchi•. Due profondi occhi azzurri si aprirono e mi fissarono, occhi sorpresi e ansiosi, da cui trapelava un'espressione interrogativa. Occhi non pi— offuscati come un tempo da strani sogni. --Clovis!--esclam• Stella con la sua vera voce dal tono morbido. --Clovis, cosa fai qui? Dov'Š pap…? Dov'Š il dottor McLaurin? --Stai bene?--le chiesi ansioso.--Stai bene, Stella? --Bene?--fece lei, sollevando il suo stupendo viso sorpreso.--Ma certo! Che cosa dovrei avere? Il dottor McLaurin tenter… il suo grande esperimento oggi. Sei venuto ad aiutarlo? Allora capii, e ne fui immensamente felice, che tutti gli orribili ricor- di erano stati cancellati dalla sua mente. Stella non ricordava nulla di quanto era accaduto a partire dalla vigilia dell'esperimento, causa di quella catena di cose terrificanti. Guard• improvvisamente dietro di me, verso la mia fotografia appe- sa alla parete, con un'espressione curiosa, e arrossŤ leggermente acqui- stando un aspetto ancor pi— attraente grazie a quel lieve rossore accen- tuato. --Non te l'ho data io quella foto--l'accusai. Volevo evitare, per ora, qualsiasi domanda riguardante suo padre, o il mio, o l'esperimen- to. --L'ho avuta da tuo padre--confess• lei. Ho scritto questo resoconto in casa del dottor Friedrichs, il famoso psi- chiatra di New York, mio intimo amico. Mi recai da lui non appena io e Stella raggiungemmo New York, e da allora mi ha tenuto presso di s‚ sotto costante osservazione. Mi assicura che in poche settimane io sar• perfettamente ristabilito. Ma a volte dubito che riacquister• del tutto il mio equilibrio normale, poich‚ gli orrori di quell'invasione da un altro universo sono incisi troppo profondamente in me. Ora non sopporto di restare solo al buio, o perfino alla luce lunare: tremo ogni volta che sento il latrato di un ca- ne, e cerco precipitosamente la presenza di luci vivide e la compagnia di esseri umani. Ho raccontato al dottor Friedrichs la mia storia, e lui mi crede: mi sono deciso a scriverla in seguito alla sua insistenza. E una verit… stori- ca, sostiene il mio amico, il fatto che le leggende, i miti e il folclore si basino su eventi reali. E non esistono leggende pi— diffuse di quelle ri- guardanti la licantropia. E importante osserv…re come non solo i lupi siano oggetto di tali leggende, bensŤ gli animali pi— feroci di ogni pae- se. In Scandinavia, per esempio, le leggende riguardano gli orsi; nel continente europeo, i lupi; in Sudamerica, i giaguari; in Asia e in Afri- ca i leopardi e le trigri. E pure importante notare come la credenza neˇla possessione da parte di spiriti maligni, e la credenza nei vampiri, siano collegate alla diffusissima credenza dei lupi mannari. Il dottor Friedrichs pensa che, in seguito a qualche incidente cosmi- co, questi mostri della Dimensione Nera abbiano potuto accedere al nostro mondo anche in precedenza; e che quelle leggende, stranamen- te diffuse ovunque, siano ricordi popolari di orrori che hanno colpito la terra quando quelle abominevoli mostruosit… si impossessavano dei corpi degli uomini e di animali feroci, e andavano a caccia nelle tene- bre. Si potrebbe aggiungere parecchio a sostegno di questa teoria, ma io lascer• che la mia esperienza parli da sola. Stella viene spesso a trovarmi, ed Š pi— adorabile di quanto non mi fossi mai reso conto. Il mio amico mi assicura che la mente della ragaz- za Š assolutamente normale. Sostiene che la sua amnesia Š un fatto na- turale, dal momento che la sua mente dormiva quando l'entit… aliena dominava il suo corpo. E afferma anche l'impossibilit… che lei venga posseduta di nuovo. Io e Stella contiamo di sposarci entro poche settimane, non appena il dottor Friedrichs stabilir… che sono sufficientemente guarito. Titolo originale: Wolves of Darkness Traduzione di Piero Anselmi